Tre film dal "passato" in streaming... cosa mi è piaciuto e cosa no!

Tempo di recuperoni queste settimane, in un vaghissimo tentativo di smaltire qualche titolo rimasto indietro e su cui la mia curiosità non si era ancora spenta, ma anche un film, sempre del passato più o meno recente, che mi era sfuggito.


Finché morte non ci separi (2019)


Titolo originale: Ready or Not
Genere: Thriller, Horror, Commedia
Durata: 95 minuti
Regia: Matt Bettinelli-Olpin, Tyler Gillett
Uscita in Italia: 24 Ottobre 2019 (cinema)
Paese di produzione: USA


Qualche giorno fa mentre leggevo le mie notizie, scoprivo che su Rai4 era andato in onda un film con Adam Brody e Samara Weaving che, risalendo al 2019, non ricordavo. In realtà pensavo che anche il genere di Finché morte non ci separi potesse non fare al caso mio, ma mi sono ricreduto. 

Samara Weaving (e il suo profilo perfetto) interpreta una giovane sposina di nome Grace, la quale si è unita in matrimonio con Alex (Mark O'Brien), uno dei rampolli della dinastia dei Le Domas, che hanno costruito un impero nell'impresa dei giochi da tavolo. La prima notte di nozze però non è esattamente friccicarella come ci si aspetta, perché la famiglia di Alex, ed in particolare Tony (Henry Czerny), il patriarca dei Le Domas, invita Grace a fare un gioco. La ragazza dovrà estrarre una carta da un mazzo e scopre che il gioco che dovrà fare è nascondino, ma quella che può sembrare una tradizione innocua o magari buffa, diventa una lotta alla sopravvivenza. Grace infatti si ritroverà ad essere inseguita da tutti i le Domas armati, che vogliono farla fuori per far fede ad un antico patto di sangue, mentre lei non conosce nulla della grande villa di famiglia.

Diretto da Matt Bettinelli-Olpin e Tyler Gillett, già registi di altri film horror, Finché morte non ci separi non era nelle mie corde sulla carta, ed invece si è rivelato un ottimo intrattenimento. 
Probabilmente gli amanti del genere non lo apprezzeranno perché si tratta più che altro di una commedia con accenni di orrore più o meno splatter e con una costante e crescente tensione. 
Il centro del film è la Grace di Samara Weaving (e il suo profilo perfetto), una esile pagliuzza bionda, come viene definita da Tony, che, nel lottare per la sua stessa vita, farà uscire tutta la sua grinta e la sua determinazione. Si gioca così, in una velata critica, anche sulle differenze di classi sociali, dove la giovane sposa non viene percepita come parte del gruppo di eletti/elitari, ma come l'ultima arrivata che può essere tolta di mezzo per il bene della famiglia.
Proprio Grace, al contrario di quanto capiti nei film horror in genere, è invece decisamente sveglia, ha delle reazioni logiche di chi si vuole mettere in salvo e non a vantaggio dei suoi carnefici.


La parte più divertente di Ready or Not sta nei dialoghi, che però non sono inseriti, come spesso capita negli action movie, nei momenti peggiori per i protagonisti, e in alcune scene.
Ma soprattutto è un film che riesce a tenerti ancorato perché sa far ripartire la tensione quando serve, rimescolando le carte e i ruoli dei protagonisti, senza addormentarsi troppo quando invece tocca prendere respiro.

L'unico appunto che posso fare è che forse si poteva costruire qualche elemento in più a sostegno della maledizione, o meglio, del patto che i Le Domas devono rispettare, e non limitarsi a raccontarcelo in un breve dialogo. Per il resto Finché morte non ci separi fa il suo nell'intrattenere bene, sa usare tutti i generi che vuole toccare senza ridicolizzarne qualcuno, e che appunto su di me ha avuto effetto perché non si limita all'horror tradizionale, ma punta sulla suspense. Ed ha un cast di tutto rispetto, fra cui anche Andie MacDowell, oltre quelli che vi ho già nominato.

Finché morte non ci separi è disponibile su Raiplay quindi pure in streaming gratis per tutti.


The Strays (2023)


Genere: Thriller, Drammatico
Durata: 100 minuti
Regia: Nathaniel Martello-White
Uscita in Italia: 22 Febbraio 2023 (Netflix)
Paese di produzione: UK

Dall'anno scorso avevo curiosità su The Strays, film di Netflix arrivato in streaming più o meno in concomitanza con Sharper, con protagonista Ashley Madekwe, forse più famosa per i suoi lavori televisivi che cinematografici.
Madekwe è Neve, una donna che sembra avere una vita perfetta, con un marito impeccabile e due figli adolescenti che tutto sommato non le danno troppi grattacapi. Eppure la testa di Neve prude molto perché continua a nascondere i suoi capelli reali sotto parrucche dalle acconciature bon ton, esattamente come tenta di nascondere il suo passato tutt'altro che borghese. Neve infatti è scappata da una vita fatta di espedienti e difficoltà, per costruirsi un presente decisamente più agiato, con un bel lavoro, begli abiti e la famiglia del Mulino Bianco, ma di bianco c'è ben poco. La donna infatti tenta in tutti i modi di nascondere il suo essere afrodiscendente, con trucco e capelli che cercano di nascondere le sue reali origini, ed impedendo ai figli di seguire mode che possono farli apparire come neri alla comunità praticamente a prevalenza bianca. Ma cosa accade quando il passato bussa alla porta di Neve?

È un film strano questo The Strays, che secondo me fa leva molto sull'appunto concetto di randagi, di creature di strada che si adattano al momento, che non hanno radici e che di conseguenza sono spesso portati a cambiare strada senza guardarsi troppo indietro, sviluppando un certo egoismo. In questo senso non ci sono personaggi buoni o cattivi, ma semplicemente persone che hanno sviluppato i loro traumi per ciò che hanno vissuto.
Neve, che ha in realtà un altro nome, ha ad esempio un forte razzismo interiorizzato, probabilmente nato per distacco e disprezzo del suo passato.
L'interpretazione di Ashley Madekwe è valida secondo me perché appunto a volte ci fa intravedere come la sua Neve stia recitando una parte, non sia realmente se stessa, ma semplicemente il riflesso di ciò che vorrebbe essere.

Inoltre The Strays è strano perché unisce generi differenti, anche se, al contrario di quanto ho visto su Wikipedia ad esempio, non ha nessun aspetto horror, ma è più che altro un thriller psicologico dove appunto si arriva ad un culmine più angosciante e tensivo. 

Non è probabilmente il film che mi sentirei di consigliare a scatola chiusa, ma mi ha convinto sia perché ha una durata corretta, sia per il suo finale che secondo me è completamente logico con quanto abbiamo già visto ed anche spiazzante.
Poteva essere fatto meglio, potevano essere fatti più approfondimenti e i personaggi avere qualche dettaglio e sfumatura in più, ma a volte trovo più interessante un film che lascia qualche dubbio piuttosto che uno dalle brutte certezze.


Challengers (2024)


Genere: Drammatico
Durata: 100 minuti
Regia: Luca Guadagnino
Uscita in Italia: 24 Aprile 2024 (Cinema)
Paese di produzione: USA

Decisamente più recente e sicuramente più noto, Challengers è l'ultimo dei lavori editi di Luca Guadagnino, che ormai è acclamato oltreoceano, ed ha anche altri film in prossima uscita. Io l'ho volutamente perso al cinema, poco attirato dal chiacchiericcio che si era creato soprattutto sulle fantomatiche scene erotiche fra il terzetto Zendaya, Josh O'Connor e Mike Faist, ma quando è arrivato su Prime Video mi sono dovuto mettere di buona lena per recuperare Challengers. Me ne sono pentito? Forse.

Nonostante Tashi Duncan (Zendaya), Patrick Zweig (O'Connor) e Art Donaldson (Faist) siano tre abilissimi giovani tennisti, Challengers non mostra solo le loro prodezze in campo, ma si concentra soprattutto nel rapporto fra i tre. Art e Patrick hanno infatti un rapporto di amicizia fraterna, ma quando arriva Tashi nelle loro vite, gli equilibri si incrinano e fra i due nasce una rivalità che si riverserà anche sul tennis.

Quello di Guadagnino non è un film sul tennis, ma su una passione bruciante, come quella per lo sport restando nel paragone, sul sesso, sul controllo, ma anche sull'amicizia, sull'amore e ovviamente come dicevo sull'ambizione personale. Il trio in un certo senso rappresenta diverse personalità, con Patrick particolarmente concentrato su di sé, ma troppo lavativo per poter avere futuro in un mondo rigido come quello del tennis, con Art invece molto più disciplinato ma succube, e Tashi che un po' capeggia e controlla entrambi, un po' per reale interesse, un po' per suo egoismo. Il rapporto fra i tre si impasterà quando il passato incontrerà il presente e le cose irrisolte si ripresenteranno.

Il problema di Challengers è che non mi ha lasciato molto, non l'ho trovato così coinvolgente, anzi tante caratteristiche mi hanno alla lunga anche scocciato. 
I personaggi infatti non mi hanno trasmesso qualcosa, non hanno una vera e propria parabola, non migliorano né peggiorano, per quanto i tre attori siano sicuramente bravi e versatili. Anche questa sensualità tanto venduta in fase di promozione, non è esattamente così scottante o perversa. 

Ci sono poi gli aspetti tecnici che non mi hanno convinto, sia nella lunghezza del film in sé, assolutamente non necessaria per la storia da raccontare, anche perché le dinamiche sono sempre quelle, sia per questi continui salti temporali, che a volte confondono, tanto da costringere a mettere proprio delle scritte per chiarire in che momento ci troviamo.
La regia di Guadagnino a volte è davvero efficace, altre non mi ha convinto, come ad esempio nelle partite di tennis dove ci fa quasi venire la nausea con i continui andirivieni a seguire i colpi. Smaccati poi i tanti product placement e queste imbarazzanti inquadrature dei piedi nudi maschili, che sembrano inserite a forza nelle scene.

Se vi aspettate poi una rappresentazione particolarmente accurata del tennis, lasciate stare perché è tutto molto spettacolarizzato, così come è tutto abbastanza patinato, misurato, controllato.
Guadagnino ha una cifra stilistica sempre più precisa e riconoscibile, la fotografia risulta molto gradevole, ma Challengers per me com'è arrivato se ne va. 



Ho provato la Essence di Mixsoon, virale sui social e più venduta in Corea

Quando si parla di cosmesi coreana, c'è differenza fra quei prodotti e quei marchi che noi reputiamo validi e famosi, e quelli che invece in Corea diventano dei best sellers. Non è detto insomma che ciò che da noi piace, poi sia anche apprezzato nel luogo in cui è nato, ma non è il caso della Bean Essence di Mixsoon, che non solo è diventata virale su Instagram e Tik Tok ma sembra essere amatissima nella sua madrepatria. 


INFO BOX
🔎 StylevanaAmazon, Yesstyle (sconto PIER10YESTYL) 
💸 € 24
🏋 50ml
🗺 Corea
⏳  12 mesi
🔬Vegan

Unendo la parola inglese "mix" ovvero miscela, a quella coreana "soon" che significa purezza, Mixsoon racchiude la sua filosofia nel concetto di pure blend, quindi dell'unione di pochi ingredienti puri per creare cosmetici funzionali ed efficaci, e questa Bean Essence ne è la prova.

L'INCI è infatti cortissimo, come molte essence viso coreane che spesso sono composte da un unico attivo funzionale, e infatti troviamo glicerina, e alcuni ingredienti fermentati, processo ormai molto usato in cosmesi perché sembra essere in grado di aumentare l'efficacia degli attivi rendendoli più biodisponibili e migliorandone la loro penetrazione cutanea.
Nello specifico la Bean Essence contiene appunto:

  • Estratto di soia fermentata in Lactobacilli (2.5%): un ingrediente probiotico con proprietà antiossidanti e idratanti, che ha effetti lenitivi e aiuta a rinforzare la barriera cutanea grazie alla grande quantità di aminoacidi, e pare che aiuti anche a stimolare la produzione di collagene,
  • Estratto fermentato di melograno in Lactobacilli: offre un'alta dose di antiossidanti, ha proprietà anti-infiammatorie e, grazie al processo di fermentazione, concentra enzimi con effetti illuminanti e che favoriscono il rinnovamento cellulare,
  • Estratto di semi di orzo fermentato da lieviti Saccharomyces: mantiene l'idratazione cutanea e stimola delicatamente il turnover cellulare, contribuendo a una pelle liscia e morbida,
  • Estratto fermentato di pera coreana o nashi: durante la fermentazione, il suo contenuto di zuccheri idratanti viene concentrato, migliorando l'elasticità cutanea e lenendo la pelle.

Quindi una formulazione vegana e senza alcuna fragranza aggiunta, che serve a prendersi cura della pelle su più fronti, idratandola e rigenerandola delicatamente, oltre ad agire su luminosità e grana.

Tutto questo è racchiuso in una texture particolare, vischiosa da sembrare quasi miele, che però si applica facilmente. Non fatevi spaventare dai video in cui fanno vedere che il fluido crea tantissimi filamenti, perché questo accade quando si preleva molto, troppo prodotto.
Sull'utilizzo della Bean Essence Mixsoon ci sono diverse cose da chiarire, visto che la confezione è magra di indicazioni, ma sul sito di Yesstyle e sul web in generale ho trovato parecchie dritte.
Infatti ha un doppio modo d'uso, come semplice idratante quotidiano, sia al mattino che alla sera, o come trattamento esfoliante due o tre volte a settimana.
Parto dalla base: come con qualunque prodotto, questa essence prevede di essere inserita in una skincare stratificata dopo le texture più leggere, quindi i tonici e le mist, ma anche nel caso di sieri acquosi magari quelli semplici a base di acido ialuronico. 


Questo è il mio utilizzo preferito della Essence Mixsoon perché la trovo profondamente idratante e avvolgente sul viso, e nonostante la consistenza "slime" si assorbe bene, non la trovo particolarmente appiccicosa. Non è però come uno di quei sieri acquosi a cui facevo riferimento sopra: nonostante non ci siano ad esempio oli, è comunque un prodotto che si sente sulla pelle, che può soddisfare cuti da limitatamente miste verso il secco, e che mi piace adesso che la mia pelle è più bisognosa. A me inoltre è sembrato che la Bean Essence lavorasse molto bene in sinergia con prodotti e attivi che hanno una funzione simile alla sua, come retinolo e vitamina C. Infatti mi stupisce ancora vedere come al mattino il mio viso sia particolarmente luminoso.

Tra l'altro la sento anche molto addolcente e restitutiva, anche dopo la rasatura mi dà la sensazione di lenire e ammorbidire la pelle appena applicata. 
Inoltre si è sposato bene con tutti i prodotti con cui l'ho fatto agire, sia appunto di giorno, eventualmente associato al make-up, che la sera. 

Come esfoliante, questa Bean Essence non è proprio il prodotto dei miei sogni. In questo modo va utilizzata una buona quantità di prodotto, magari aggiunto man mano, e si massaggia con la punta dei polpastrelli seguendo movimenti circolari. Così facendo si dovrebbero notare dei grumetti, il famoso pilling che dovrebbe essere appunto composto da cellule morte della pelle, e che poi andrebbero rimossi sciacquando il viso o con un dischetto imbevuto di tonico.


Nelle volte in cui ho provato questo metodo ho notato qualche pallino formarsi dopo circa un paio di minuti di massaggio, ma secondo me si tratta essenzialmente degli eccessi di essence che si raggrumano per via dello sfregamento insistente. Poi magari questi grumi di prodotto riescono ad inglobare anche cellule morte, impurità e pellicine, quindi purificano la pelle, ma io non credo sia necessario usare questo prodotto con queste modalità perché già di per sé ha un effetto rinnovatore e rigenerante. Inoltre non elimina come si può pensare i punti neri, a meno che non siano particolarmente superficiali.

In ogni caso non boccio la Bean Essence Mixsoon come esfoliante sia perché rende il prodotto multifunzionale, sia perché lascia la pelle più liscia e fresca, e non irrita quindi è delicata, ma ammetto che raramente mi sono messo lì ad usarla in questo modo, soprattutto perché ci sono altri prodotti che fanno lo stesso ma più velocemente.

Per il resto capisco come mai sia tanto amata in Corea e non solo perché nella sua semplicità fa la differenza in una skincare. Inoltre, oltre al mio codice sconto su Yesstyle, potete trovare questa essence in formato da 30ml qui, così da provarla senza sprechi e senza spendere troppo.

Voi avete provato nulla di Mixsoon?




💖alcuni link sono affiliati, per te non cambia nulla, ma puoi usarli per sostenere le mie recensioni. Grazie!

Disclaimer con Cate Blanchett è la miglior Serie TV dell'anno?

Quando una serie tv finisce per rimbalzare fra social, concorsi, eventi, articoli di varia natura, si crea sempre tanta aspettativa ed in effetti Disclaimer - La vita perfetta già si portava dietro un carrozzone di attese, visto che è stata scritta e diretta da Alfonso Cuaròn, ed avere Cate Blanchett e Kevin Kline come figure principali del cast ti fa subito pensare che sia un prodotto da non perdere.

Proprio giorno 8 Novembre è stato reso disponibile su Apple Tv + l'ultimo dei sette episodi di Disclaimer e quindi è arrivata l'ora di un verdetto.
In effetti non abbiamo a che fare con un canovaccio del tutto inedito perché la serie è tratta dall'omonimo romanzo di Renée Knight e si concentra sulla figura di Catherine Ravenscroft (Blanchett appunto), una affermata e come vedremo premiata giornalista e autrice di documentari che sembra vivere comunque una esistenza comune, è infatti sposata con Robert (Sacha Baron Cohen) e i due hanno un figlio, Nicholas (Kodi Smit-McPhee), con cui i rapporti sono altalenanti.

Questa pace da tipica famiglia borghese si incrina del tutto quando Catherine si vede recapitare a casa un romanzo, intitolato The Perfect Strangers, che incredibilmente parla proprio di lei e di un viaggio in Italia che fece 20 anni prima, quando conobbe un giovanissimo ragazzo di nome Jonathan.
Così è come se da quelle pagine iniziasse a sprigionarsi un fumo oscuro e tossico, che invade tutta la vita della giornalista, e presto scopriremo che dietro a quel romanzo c'è un uomo di quasi ottant'anni, Stephen Brigstocke (Kline), che ha riversato in quel libro il suo dolore e il suo piano di vendetta.

Messa così, nera su bianco, la trama di Disclaimer - La vita perfetta non fa pensare a nulla di originale, ché di drammi in cui si innestano situazioni personali e familiari traballanti e circostanze mystery, magari provenienti dal passato che, come cold case, devono essere chiarite, ormai ne siamo pieni.
Allo stesso modo giocare sul mettere in scena diversi punti di vista sulla stessa vicenda, è qualcosa che abbiamo già visto, e che per esempio la serie tv The Affair aveva portato all'estremo già 10 anni fa, figuriamoci prima e dopo quante volte sia stata usata come tecnica. Eppure a volte non è tanto il cosa, ma il come lo fai.

Già solo poter contare sulle interpretazioni di Cate Blanchett e Kevin Kline, che non hanno affatto paura a vestire i panni dei "cattivi", ma che anzi sembrano padroneggiarli al meglio, fa alzare l'asticella del valore di Disclaimer. Entrambi infatti riescono a rendere il dolore dei loro personaggi in modo differente: da un lato Catherine sembra che ve venga sopraffatta improvvisamente, come un'onda che la travolge e che inizia a farla annaspare spasmodicamente per cercare di restare a galla.

Stephen invece ha nutrito il suo dolore, lo ha fatto crescere, maturare fino a mostrare le sue marcescenze e decide di usarlo per un piano che alla fine non gli ridarà quel che ha perso. Entrambi però sanno rendere credibili anche i momenti in cui si esaspera, in cui le circostanze sembrano estremizzate.
Poi ci sono le ottime interpretazioni degli altri, come Leila George che interpreta Catherine da giovane, o lo stesso Sacha Baron Coen che ho stentato a riconoscere in prima battuta, in un ruolo decisamente più serio e misurato rispetto al solito.

Ma Disclaimer ha qualità anche nella cura dei dettagli, e questo è merito in buona parte della direzione di Alfonso Cuaròn che sa dove soffermarsi e dove invece muoversi più rapidamente con la sua macchina da presa, e soprattutto valorizzare quella ricercatezza fotografica che ogni scena regala, specie nei colori scelti e dove i paesaggi partecipano emotivamente alla narrazione.

Tutto questo può far sembrare Disclaimer come la classica roba autoriale di difficile comprensione, che ti vuole a tutti i costi dimostrare che loro sono migliori e le cose le sanno fare, ed invece no, è tutto estremamente fruibile e comprensibile, non si strafà a nessun livello. Ad esempio il ritmo e la durata degli episodi sono perfetti per un prodotto televisivo adatto agli standard delle serie tv usa e getta (è brutto da dire ma ci capiamo) e la storia ti spinge a crearti delle domande che ti portano a voler vedere la prossima puntata. 

Rispondere alla domanda se sia una delle migliori serie di questo 2024 non è semplice, anche perché bisogna vederle tutte, ma secondo me può rientrare in una ipotetica top 10 delle più efficaci.
Disclaimer riesce anche a far sorvolare su alcune cose che mi hanno convinto meno, come i voice over, che spesso finiscono per sovrapporsi alle emozioni che vorremmo vedere, o questi effetti iris in e out che vengono utilizzati troppo spesso in un modo che ancora non ho capito. Ma d'altronde non sono un regista da premio Oscar.

Ci sono poi dei punti che mi hanno lasciato perplesso, come ad esempio il fatto che Catherine, pur essendo una studiata e del settore, non abbia mai nemmeno pensato di contattare un avvocato di fiducia a cui rivolgersi per difendere la sua reputazione. È solo un esempio per dire come a volte Disclaimer perde un po' il senso di realismo sia nelle dinamiche che nelle tempistiche, ed è in particolare forse il finale un po' affrettato, a soffrirne. Per quanto ti porti a rileggere tutto quello che hai visto in precedenza, ho sentito che il settimo episodio mancava della giusta cadenza per far quadrare le cose, soprattutto le reazioni, e collegare tutti i punti anche con quello che è accaduto in passato e con una nuova visione dello stesso. 

Disclaimer riesce comunque a mettere sullo schermo una umanità variegata senza dimenticarne la fallacità, in cui ognuno deve fare la sua dichiarazione di responsabilità, piccole o grosse che siano, ma senza dimenticare che in fondo siamo tutti cattivi in una storia raccontata male.

La recensione aggiornata delle Maschere Viso in tessuto Geomar

Quest'anno ho dovuto un po' aggiornare le mie recensioni sulle maschere viso di Geomar perché l'azienda ha in parte aggiunto, in parte modificato alcuni prodotti. Proprio ad inizio di quest'anno ad esempio vi ho detto la mia sulle nuove aggiunte alla gamma Geomar (trovate qui) ma poi ho scoperto che l'azienda aveva cambiato il pack delle maschere in tessuto, e poi, controllando, ho visto che avevano anche cambiato totalmente la formulazione rispetto a quelle che avevo provato tempo fa. 

Le nuove maschere viso di Geomar in verità sono tre, ma io sono riuscito ad accaparrarmene due nonostante non credo siano state lanciate sul mercato da pochissimo, e proprio queste che ho potuto acquistare ricordano molto nella colorazione le confezioni della precedente versione, ma è completamente diversa.

Entrambe le maschere viso in tessuto che ho provato hanno una formulazione con ingredienti al 95% di origine naturale, aspetto che non mi pare fosse sottolineato precedentemente. Inoltre, nonostante composizioni differenti, di base sono entrambe arricchite con glicerina e acido ialuronico.

Fra gli aspetti in comune di queste maschere viso Geomar c'è anche il materiale, che è un tessuto di origine naturale molto sottile e secondo me della grandezza giusta, ben tagliato e che si adatta bene al viso senza bisogno di altri aggiustamenti, oltre ad aderire senza scivolare e senza bisogno di star sdraiati.

Geomar ha poi abbondato con il siero e infatti queste tissue mask sono un po' gocciolose nei primi minuti di posa, mi è anche capitato di sentire rivoli di siero lungo il collo, ma essendo così imbevuta è anche normale. Ho rimediato semplicemente tamponando la maschera ancora piegata sul viso, così da distribuire prima parte del siero, e poi spiegare e applicare il tessuto.


Geomar Maschera Viso in Tessuto Idratante Rinfrescante


INFO BOX
🔎 Grande distribuzione
💸 €1.50
🏋 22ml
🗺 Italia
⏳ maschera monouso
🔬 //

La maschera rinfrescante Geomar è arricchita con diversi oli nutrienti, come quelli di oliva, semi di canapa e avocado, che sono anche ricchi di acidi grassi essenziali e di vitamine, infatti mi aspettavo un siero quasi lattiginoso, ed invece è semplicemente acquoso e fluido come dicevo su. 

Gli estratti di camomilla, rosa damascena, fico d'india e allantoina invece agiscono come lenitivi, mentre estratti di tè verde matcha, rooibos e tocoferolo fungono da antiossidanti. Freschezza invece è data dall'estratto di lavanda.

Fin dal primo utilizzo ho notato che questa maschera Rinfrescante Geomar non era così fresca sul viso come viene spontaneo pensare, anzi è stato gradevole e rilassante usarla anche adesso che le temperature sono leggermente più basse di sera. Infatti sono riuscito a lasciare in posa il trattamento ben più dei 15 minuti suggeriti da Geomar e questo ha portato a sfruttare il siero al meglio e non mi ha creato irritazioni. Ho poco da dirvi anche sulla profumazione perché è fresca e delicata.


Solo dopo averla tolta devo dire che l'appellativo Rinfrescante ha avuto molto più senso: una volta tolta la mia pelle mi sembrava appunto lenita, più fresca, con un colorito più omogeneo e leggermente schiarito. 

L'idratazione e il nutrimento di questa maschera sono davvero intensi e profondi, che significa però che lascia, almeno su di me, una leggera sensazione di pelle appiccicosa per diversi minuti, ma non è comunque sgradevole, non ho sentito il bisogno ad esempio di sciacquare il viso. Inoltre questo feeling al tatto non interferisce con l'uso di altri prodotti se lo si desidera, perché io ci ho messo sopra quello che volevo senza problemi. 

Nonostante il nome che può far pensare ad un prodotto fresco, leggero, per pelli miste, questa maschera in tessuto Geormar mi sembra più adatta proprio a pelli secche e disidratate, magari anche un po' arrossate o che hanno bisogno di ripristinare la barriera cutanea, pecie adesso che ci avviciniamo alle stagioni più fredde. 


Geomar Maschera Viso in Tessuto Idratante Anti-Age


INFO BOX
🔎 Grande distribuzione, Amazon
💸 €1.50
🏋 22ml
🗺 Italia
⏳ maschera monouso
🔬 //

Ha attivi interessanti questa maschera Geomar, che però presenta forse meno nutrienti. Troviamo sempre l'olio di oliva, la lavanda, l'estratto di tè verde, di rooibos, ma è arricchita con più attivi che si prendono cura della barriera cutanea, come pantenolo, allantoina e betaine, e poi c'è questo attivo che ormai penso un po' tutti conosciate, ovvero il Bakuchiol. Io ne ho scritto qui molto qualche tempo fa, approfondendo tutti i dettagli su questo ingrediente, ma vi basti sapere che è considerata una alternativa al retinolo, ma con un potere rigenerante più delicato e che può essere utilizzato anche da pelli sensibili.

Ancora una volta abbiamo una maschera in tessuto ricca di siero fluido e in questo caso la profumazione è più floreale, ma resta comunque molto volatile. Anche questo prodotto Geomar non mi è sembrato particolarmente fresco sul viso, anzi è stato piacevole utilizzarla tutte le volte che l'ho applicata.

La maschera Anti-age Geomar è secondo me in parte più interessante rispetto a quella Rinfrescante, per via degli attivi, ma ha un target differente. Infatti su di me il livello di idratazione che lascia devo dire che mi è sembrato alto, ma la mia pelle assorbe meglio questo siero, risultando meno appiccicoso, e assorbendosi in meno tempo. Questo mi porta a dire che sì, abbiamo un trattamento per pelli comunque a tendenza secca o non troppo miste, ma che svolge un altro compito.

Infatti secondo me è vero che questa maschera Geomar ha un effetto più tonificante e compattante rispetto all'altra, e lascia la pelle un po' più distesa, quindi più adatta in effetti a pelle più matura e magari leggermente segnata, non solo per la presenza di bakuchiol.
Anche in questo caso comunque la pelle risulta un po' più carina esteticamente, in parte rinfrescata e appunto ho potuto proseguire la mia routine senza che si creassero cattive interazioni fra le texture. 
Quindi è uno di quei trattamenti che sicuramente, in offerta, continuerò ad acquistare.


Non mi sono soffermato sul fare un paragone con la vecchia versione delle maschere in tessuto di Geomar perché non avrebbe avuto senso, non essendo più disponibili e perché comunque non le ho usate troppo di recente da averne un ricordo particolare. Credo che però queste riformulazioni non facciano rimpiangere il prodotto precedente. Le avete provate?




💖alcuni link sono affiliati, per te non cambia nulla, ma puoi usarli per sostenere le mie recensioni. Grazie!

Rivals su Disney + è la serie tv che non ti aspetti

Ho avuto l'impressione che non si sia parlato molto di Rivals, nuova serie tv atterrata su Disney + il 18 Ottobre e tratta anch'essa da un romanzo, di Jilly Cooper, che risale al 1988, ma voglio parlarne perché non mi aspettavo fosse così.

Rivals ci catapulta nel 1986 in Inghilterra, nello specifico nella fittizia contea di Rutshire, dove conosciamo Lord Tony Baddingham (David Tennant), il quale è proprietario di una emittente televisiva privata che conta di far crescere esponenzialmente e far diventare un suo personalissimo impero. Per far questo riesce a sottrarre alla tv pubblica lo stimato e abile giornalista Declan O’Hara (Aidan Turner) che si unisce al suo gruppo con la rampante produttrice Cameron Cook (Nafessa Williams), pensando di poterli gestire come meglio crede da bravo burattinaio. Ma Baddingham non ha fatto bene i suoi conti e per tutta una serie di dinamiche si ritroverà a sfidare il suo rivale di sempre Rupert Campbell-Black (Alex Hassell), ex fantino pluripremiato che ha perso parte del suo lustro ma non del suo fascino.
Ma non è l'unico problema perché in questo ambiente televisivo tossico, marcio, ed estremamente competitivo, ognuno vuole la sua fetta di soldi, successo e potere, ed anche soddisfare la propria fame di controllo e... di sesso.

Questa è più o meno una esemplificazione generale di quello che accade in Rivals, perché le dinamiche sono decisamente più articolate e soprattutto concitate, perché è una di quelle serie tv in cui il ritmo si rinnova costantemente, in una catena di eventi effetto domino per cui un tassello ne fa cadere un altro e così via. Nulla però che renda la visione pesante o difficoltosa perché Rivals è alla fine una dramedy con appunto dei momenti di tensione che si possono creare soprattutto nei rapporti interpersonali fra i tantissimi personaggi che gravitano attorno ai tre protagonisti che vi ho nominato. 

In questo senso Rivals ha una struttura chiara e semplice, per cui ogni pedina di questa scacchiera ha un suo ruolo preciso e si muove nella direzione che tutto sommato ci si aspetta o quasi (non in modo prevedibile) e nell'insieme mi è sembrata godibile e di intrattenimento. 
Non si parla infatti solo di affari, non si cade in tecnicismi televisivi che non ci interessano se non in quelli che sono funzionali alla serie, e soprattutto è preponderante anche il risvolto della vita personale dei personaggi.

È forse il privato, che inevitabilmente si lega anche col pubblico, ad azzoppare un po' Rivals: infatti tutti i personaggi, uomini e donne, giovani e vecchi, sono estremamente attratti dal sesso e lo fanno continuamente. C'è addirittura una intera scena a fine di un episodio in cui sono state montate diverse copulazioni nello stesso momento, quasi ci fosse una sincronia d'amplesso.

Ora, qui non siamo per fare la morale, e capisco anche gli intenti di questa serie tv Disney + di rappresentare un'epoca e un ambiente più dissoluti, fare quasi satira su una parte della nuova borghesia, e raccontare come coloro che sono coinvolti anche in decisioni imprenditoriali importanti, siano spesso mossi da istinti primitivi, animalesci, e appunto passionali più che cerebrali, ma a tutto c'è un limite. 

Nonostante infatti i toni di Rivals siano sicuramente leggeri, a tratti sopra le righe dallo sfiorare il grottesco, e ci sia la palese voglia di mostrare in modo quasi voyeristico e friccicarello i retroscena dell'universo televisivo, aggiungere del minutaggio extra per appunto inserire gli atti sessuali, a volte anche random, mi sembra uno spreco di tempo.

Ma soprattutto questo espediente assottiglia la caratterizzazione delle psicologie e i moventi dei protagonisti finiscono per appunto essere banalmente una questione di ormoni.
Non so se sia stata una scelta voluta per rendere tutto più friccicarello e cercare di portare maggiore attenzione su Rivals per far conoscere la serie, o se semplicemente il romanzo da cui è tratto era così, in ogni caso capisco come tutto questo sesso buttato a caso possa far storcere più di qualche naso.

Questa più che una critica è insomma un avvertimento per chi volesse approcciarsi a Rivals, perché non si possono nemmeno negare tutte le sue buonissime qualità che ha, fra una produzione massiccia in budget che valorizza la bellissima e luminosa campagna inglese, e che ricostruisce minuziosamente un'intera epoca, ed un cast azzeccato e convincente, una colonna sonora ficcante, oltre appunto la facilità e la voglia con cui si consumano questi primi otto episodi.

Qualcuno anzi potrebbe trovare questo gioco di tradimenti (a letto o meno) e coltellate alle spalle decisamente più realistico o meno politicamente corretto di quanto ci si possa aspettare da una serie tv Disney, e apprezzare la capacità di raccontare in modo satirico un'epoca e il suo contesto storico-politico-culturale.

Non è forse la miglior serie tv di quest'anno, ma una di quelle che merita una chance e sembra che, sebbene manchi una conferma ufficiale, già circolino voci per una seconda stagione di Rivals, perché sì tutto sommato ne voglio ancora.



Apples Never Fall, il mystery drama imperfetto ma gradevole su Tim Vision

Nel corso di Ottobre su Tim Vision è arrivata la miniserie tratta dall'omonimo romanzo di Liane Moriarty, autrice di Big Little Lies e Nine Perfect Strangers, e già per questo Apples Never Fall si portava dietro grandi aspettative.

La miniserie ci fa entrare nella casa di Joy (Annette Bening) e Stan (Sam Neill) Delaney, entrambi ex allenatori di tennis che però hanno venduto la loro scuola, ed hanno quattro figli adulti, che ormai hanno preso strade diverse rispetto al successo tennistico del padre.

Una tipica famiglia americana, con i suoi equilibri, più o meno stabili, come d'altronde tutti i conglomerati di persone, ma con l'improvvisa e misteriosa scomparsa di Joy, un velo che nascondeva tutti gli scheletri dei Delaney cade, lasciandoli liberi di vagare. Così non solo Amy, Troy, Logan e Brooke dovranno scoprire cosa è accaduto alla loro madre, ma anche chiarire tutti i problemi che sono venuti a galla e soprattutto confrontarsi con i loro sbagli e quelli della loro famiglia. 

Unendo una crime story al dramma familiare abbastanza tradizionale, Apples Never Fall finisce per pendere più verso quest'ultimo genere, coprendo uno spaccato privato particolare, a tratti condivisibile, a tratti meno. La famiglia Delaney infatti sembra unita, ma in fondo ci sono delle crepe, delle spaccature che rendono ognuno distante dall'altro, siano esse individuali, come la frustrazione di Stan di non avere più la sua fulgida carriera, siano fratture condivisibili da tutti.

Le mele non cadono lontano dall'albero, eppure in questo caso finiscono per rotolare via: i figli di Joy e Stan somigliano molto ai loro genitori, ognuno ha nascosto segreti e mentito per difendere se stesso, eppure tutti metteranno in dubbio proprio il loro stesso sangue quando le cose cambiano.

In 7 episodi, che si concentrano quasi esclusivamente sui singoli personaggi, si esaminano proprio le diverse vite e le diverse prospettive di ognuno, sia appunto per conoscere cosa hanno dovuto affrontare, sia il loro ruolo nella scomparsa di Joy, e non ne escono dei ritratti proprio edificanti.

Infatti non c'è un solo personaggio con cui sia riuscito a creare sintonia o simpatia, perché sono tutti non solo fallaci ed umani, cosa comprensibile, ma talvolta insopportabili. La peggiore per me è la stessa Joy, che da un lato è una donna dal carattere forte, una matriarca, dall'altro ha dei risvolti che mi hanno portato un po' a detestarla: un esempio no spoiler è il suo lamentarsi che nessuno la aiuti in casa, ma lì sta anche al ruolo del genitore educare i propri figli a non voler essere riveriti, ma a fare il loro.

In questo contesto si inserisce la misteriosa Savannah (Georgia Flood) che sembra avere quelle attenzioni che i figli dei Delaney non hanno avuto, ed ancora una volta Joy è stata quella che mi ha lasciato più perplesso per il suo atteggiamento troppo accogliente verso una perfetta sconosciuta, che non sembra ben predisposta a chiarire la sua situazione. 

Perché sto raccontando queste cose, che non sembrano poi così importanti? Perché questi sono secondo me alcuni dei difetti di Apples Never Fall: delle leggere forzature inserite per mettere in moto le vicende, ma che ai miei occhi fanno un po' traballare la stabilità della serie.
Anche alcune particolari casualità mi sono sembrate calate al momento giusto in modo un po' troppo scafato per sembrare davvero credibili.

Eppure nonostante queste piccole défaillance, Apples Never Fall convince e funziona, è un thrillerino televisivo tutto sommato leggero che coinvolge fino alla fine, e che appunto rimette tutti i pezzi insieme nell'episodio finale senza farne una tediosa spiegazione, ma anzi aggiungendo anche qualche momento più ironico. Oltre ad essere esteticamente gradevole, e rimpinguare lo scarso catalogo Tim Vision, è perfetta anche per chi non ama le serie tv interminabili ma preferisce qualcosa che si apra e termini con un senso compiuto.




Tutto sulla prima Body Lotion di The Ordinary

Da quest'anno The Ordinary ha deciso che era arrivato il momento di prendersi cura anche della pelle del corpo, con le stesse accortezze e gli stessi ingredienti che da anni utilizziamo sul viso, e io man mano vi sto raccontando la mia esperienza con i nuovi prodotti che hanno lanciato.
Il mese scorso infatti vi ho parlato del Salicylic Acid 0.5% Body Serum The Ordinary, e dopo averla messa bene alla prova, posso dirvi la mia sulla Natural Moisturizing Factors + Inulin Body Lotion.


INFO BOX
🔎The OrdinaryLookfantastic, SephoraBeauty Bay
💸 €16.70
🏋 240ml
🗺 Made in Canada
⏳ 12 Mesi
🔬 Vegan, Cruelty Free


  • Cos'è la Natural Moisturizing Factors + Inulin Body Lotion The Ordinary?

In pratica The Ordinary ha preso il già tanto amato Natural Moisturizing Factors, la loro crema viso con aminoacidi, che poi ha declinato in una versione più nutriente e una in gel, e l'ha fatta diventare una lozione corpo, arricchendola con inulina. Il suo scopo è quindi ripristinare il giusto livello di idratazione dopo la doccia e rinforzare o ristabilire la barriera cutanea della pelle del corpo, e quindi aiutarla ad essere più sana e meno propensa a seccarsi e irritarsi, e promette di mantenere l'idratazione per tutto il giorno.

The Ordinary ha indicato questa crema corpo come adatta a tutti i tipi di pelle, ma specifica anche che ha una consistenza leggera e appunto dalla consistenza fluida, tipica di una lozione, per cui devo fare delle specifiche a riguardo.
Non ci sono ovviamente particolari indicazioni di uso: si può applicare sul corpo in base alle necessità, generalmente una volta al giorno come qualunque crema corpo.

  • Tutti i dettagli della formulazione

Nello specifico la composizione di questa Body Lotion The Ordinary è appunto caratterizzata, come la sua versione per il viso, da una sfilza di aminoacidi skin-identical, ovvero che già sono presenti nella nostra pelle e che, oltre ad idratare, rinforzano la barriera cutanea. Fra le sostanze che sono parte del fattore idratante naturale e che hanno sempre uno scopo riparatore c'è anche l'urea.
In particolare poi The Ordinary ha aggiunto Inulina, che ha diverse funzioni: essendo un carboidrato complesso, un oligosaccaride, ha un effetto idratante sulla pelle, ma fa anche da prebiotico, andando così a rinforzare il microbioma cutaneo.
Poi troviamo tutta una serie di sostanze idratanti e umettanti, come glicerina, acido ialuronico e appunto alcuni derivati degli zuccheri. 


Completano poi la formulazione della Natural Moisturizing Factors + Inulin Body Lotion anche l'allantoina, dall'azione lenitiva, e un classico antiossidante ovvero il tocoferolo.

Si tratta di una crema corpo oil-free, e senza siliconi, in cui non è stata aggiunta come sempre profumazione e che ha pochi emollienti, più che altro utilizzati per migliorare la consistenza del prodotto.

La consistenza di questa NMF + Inulin Body Lotion è appunto quella di una lozione, direi fluida ma non liquida come un latte, si stende infatti molto facilmente non fa scia bianca e su di me si assorbe molto facilmente e nel giro di poco, non risultando appunto untuosa o appiccicosa, anzi è gradevolmente fresca.


  • Le miei opinioni sulla Natural Moisturizing Factors + Inulin Body Lotion The Ordinary

Ho usato la prima lozione corpo di The Ordinary praticamente da quando l'ho ricevuta ed è subito stata una piacevole aggiunta alla mia skincare corpo. 

Ammetto che a primo impatto ho odiato la confezione: per prelevarla è necessario ruotare la testina, che altrimenti è bloccata per evitare che si prema inavvertitamente. Solo che alcuni flaconi con questo sistema diventano delle vere e proprie casseforti, per cui devi trovare l'esatto punto in cui ruotare il dispenser o non ti si apre. Nel caso della Body Lotion The Ordinary, o per lo meno della mia confezione, mi ha fatto davvero impazzire nello sbloccare l'erogatore, infatti non l'ho più richiuso per paura che mi facesse perdere troppo tempo inutile all'utilizzo seguente.

Al netto di questo piccolo problema tecnico, mi è piaciuta questa lozione perché idrata la pelle molto bene, a fondo, ed anche per parecchie ore come promette l'azienda, e me la lascia morbida e liscia al tatto. Dà proprio una bella sensazione di comfort alla pelle, la rende elastica e secondo me si sente quell'efficacia lenitiva che gli attivi inseriti all'interno hanno.

Considerate che ho avuto modo di mettere alla prova la Natural Moisturizing Factors + Inulin Body Lotion dalla fine dell'estate fino ad ora, che le temperature autunnali stanno scendendo e che la mia pelle sta diventando più secca. Anzi l'impressione che ho è che più la utilizzo e più ne traggo benefici.

Andando però incontro ad una stagione più fredda, che renderà la mia pelle ancora più secca secondo me questa crema corpo The Ordinary mostrerà i suoi limiti, non avendo quella quota nutriente ed occlusiva che danno certi burri ed oli naturali, che qui non sono presenti.

Per questo penso che questo nuovo prodotto sia più adatto a pelli a tendenza secca ma non super disidratate, a meno che non cerchiate una lozione magari per il giorno più leggera ma riparatrice, da affiancare ad un olio o un burro più nutriente. 

E sì, anche il fatto che la Natural Moisturizing Factors + Inulin Body Lotion non abbia un aroma può essere un pro per chi cerca un prodotto ancora più adatto a pelli sensibili, ma alla lunga può essere un po' noioso per me, ma vi rivelo un tip: prelevate un po' di crema e spruzzateci su un po' del profumo che utilizzerete, così avrete una crema corpo profumata che appatta con la vostra fragranza ed anzi ne enfatizza l'intensità.

Spero che The Ordinary, come per la versione viso, crei altre varianti di questa Body Lotion, magari un gel super leggero e fresco per l'estate, e un burro più consistente per pelli esigenti.


Che ne pensate di queste novità The Ordinary?



💖alcuni link sono affiliati, per te non cambia nulla, ma puoi usarli per sostenere le mie recensioni. Grazie!

I film tratti da storie vere da vedere anche stasera

Film ispirati da storie reali anche questa settimana, ma meno crudi rispetto a quelli su veri serial killer della volta scorsa, tanto che potreste vederli anche stasera, in streaming, senza pensarci troppo perché si concentrano più sull'intrattenimento che sulla suspense.


Due vite Parallele (2024)


Titolo originale: El lugar de la otra
Genere: drammatico, storico, poliziesco
Durata: 89 minuti
Regia: Matt Ruskin
Uscita in Italia: 11 Ottobre 2024 (Netflix)
Paese di produzione: Cile

Nel 1955 in Cile la scrittrice María Carolina Geel, già di discreto successo nel suo paese, uccise il suo amante in pubblico, nell'Hotel Crillón. La vicenda ovviamente si diffuse a livello nazionale e divise l'opinione pubblica, ma Due Vite Parallele ci racconta la storia da un'altra prospettiva, quella della modesta segretaria Mercedes (Elisa Zulueta), che vede nella scrittrice quasi una musa. La quotidianità della segretaria è infatti ben distante dall'indipendenza e dalla forza che Geel aveva, e proprio scoprendo sempre più dettagli sulla sua vita, lavorando col giudice che si occupa del caso, Mercedes inizierà a mettere in discussione tutto, dal suo rapporto col marito, al suo atteggiamento sul posto di lavoro.

Come spesso accade, la traduzione italiana del titolo secondo me non rende bene il senso del film, perché credo che In Her Place, ovvero al suo posto, sottintenda meglio cosa accade alla protagonista (immaginaria, non realmente vissuta come la scrittrice), che proprio vivendo gli spazi di Maria Geel inizierà quasi ad assorbine i modi ed immaginandone il vissuto, troverà la forza di reagire ad una vita che non la soddisfa più e soprattutto in cui si sente poco valorizzata. 

L'intento quindi di Due Vite Parallele, che non camminano appunto proprio in senso parallelo, non è tanto di raccontare una biografia, o mettere in scena un poliziesco tradizionale cercando di capire di più dell'assassinio, ma di parlare di due femminilità diverse e di femminismo in senso più ampio, non solo per quanto riguarda Mercedes. Si cerca quindi uno spazio per avere un'ottica più contemporanea con una storia dal passato.
I toni però sono in parte anche leggeri, per poi sfociare in una certa dolcezza e delicatezza, si capisce che l'intento del film non è proprio sovvertire il genere, ma raccontare una storia che intrattenga.

Questo lo dico perché magari ci si può aspettare altro da questo film Netflix, magari un twist psicologico cupo e quasi perverso.
Nonostante fra i produttori figuri anche Pablo Larrain, Due Vite Parallele è un prodotto è patinatamente televisivo, che ricorda proprio un film drammatico degli anni '50, ha uno stile narrativo semplice, che è arricchito dalla fotografia e dalla luce composta dalla regista Maite Alberdi, ma che non trova mai un vero e proprio guizzo o un impatto emotivo davvero forte.

La cosa migliore è forse di Elisa Zuleta, che con garbo e dolcezza trasmette il bisogno che ha la sua Mercedes di auto determinarsi, di trovare un suo spazio e un suo silenzio.
Due vite parallele si lascia comunque seguire, con una bella ricostruzione dell'epoca, e racconta una storia che da noi non è molto famosa, altro motivo di attrazione, e non richiede troppa attenzione, quindi perfetto per una serata tranquilla ma non troppo vuota. Unico appunto: se siete persone molto sensibili, evitate i titoli di coda dove hanno messo alcune foto delle persone reali fra cui quella dell'uomo morto.


Libre (2024)


Genere: drammatico, romantico, storico, poliziesco, 
Durata: 118 minuti
Regia: Mélanie Laurent
Uscita in Italia: 1 Novembre 2024 (Prime Video Amazon)
Paese di produzione: Francia

Lucas Bravo dismette i panni dello chef sexy di Emily in Paris e si catapulta in un ruolo decisamente diverso: un ladro gentiluomo. Non solo Lupin o l'Assane Diop di Netflix, ma una storia realmente accaduta che si ispira alle vicende del ladro Bruno Sulak, che agì soprattutto in Francia fra la fine degli anni '70 e gli inizi degli '80.
Libre però non è solo il tipico film sul grosso furto messo a segno dal ladro furbo e sempre un passo avanti rispetto alla polizia, ma racconta la filosofia di Sulak, il suo lato gentile, la sua nobiltà d'animo per certi versi, il suo senso per la libertà.

Se non fosse a tutti gli effetti un criminale, ed il film Prime Video secondo me non ne romanticizza troppo le gesta in quanto appunto atti illegali, questo Bruno Sulak portato sullo schermo ha anche dei valori importanti e condivisibili, come il rispetto dell'amicizia, dell'amore per la sua compagna e complice Annie (Léa Luce Busato), il suo approccio non violento, ma anche quella avversione verso tutto ciò che tende ad intrappolare l'uomo in una vita statica e poco avvincente.

Con la regia curata ed elegante dell'attrice Mélanie Laurent, che sta sempre più facendosi strada in questo ruolo dietro la macchina da presa, che sa valorizzare luci ed ombre, Libre secondo me non è incasellabile in un solo genere. Non è come dicevo solo un heist movie in senso stretto, nonostante ci siano le scene di azione di alcune delle rapine condotte da Sulak, iniziando da quelle ai supermercati finendo alle gioiellerie di lusso, e le varie fughe che ne seguono una volta che il commissario George Moréas (Yvan Attal) riesce a catturarlo.
Ma Libre si trasforma in un noir più intimo, quando appunto si devono mettere in scena quei valori a cui facevo riferimento sopra, e soprattutto trova delicatezza e romanticismo nelle parentesi private, ovviamente del tutto inventate.

Lucas Bravo ha il giusto fascino per questo ruolo, i suoi occhioni azzurri sanno essere sornioni, ironici, suadenti quando serve, e se la cava anche con i tratti più drammatici del suo personaggio. Probabilmente il film in sé non gli dà l'opportunità di spaziare davvero nel mostrare emozioni differenti rispetto a quello per cui tutti lo conosciamo, ma in fondo va bene così.

L'intoppo con Libre sta secondo me nel fatto che si tratti di un film cotto e mangiato, che non dà molto altro oltre quello che vediamo sullo schermo, e anche gli approfondimenti più profondi e psicologici tendono ad essere relegati a qualche dialogo buttato qui e lì. Ne escono forse peggio in questo senso i personaggi secondari, le spalle di Sulak che non avranno mai spazio.
Diciamo che avrei preferito anche una durata leggermente inferiore visto che Freedom, come molte storie vere, si porta un senso di inevitabilità che forse una maggiore brevità e appunto un ritmo più incalzante avrebbero potuto attutire.
Per il resto Libre è un film che intrattiene esattamente secondo le aspettative. 

Vi sono piaciuti