Jennifer Lopez: Halftime, fra occasioni mancate e ipocrisia

Con curiosità mi sono approcciato al nuovo docu-film su Jennifer Lopez, visto che si tratta indubbiamente di una delle pop star americane più conosciute al mondo, e anche da noi in Italia. Credo che infatti abbia una fama trasversale, visto che fra generazioni più o meno recenti conoscono il suo nome e almeno parte della sua carriera.
Ma speravo che Jennifer Lopez: Halftime riuscisse a dare una visione ancora più profonda e sensibile della sua vita, ma purtroppo fallisce in questo intento.


Genere: biografico
Durata: 95 minuti
Regia: Amanda Micheli
Uscita in Italia: 14 Giugno 2022 (Netflix)
Paese di produzione: Stati Uniti d'America 

Attrice, performer, cantante, e adesso pure paladina dei diritti delle donne latine e degli ispanici in genere: è questa la pluralità di ruoli che JLo cerca di far passare attraverso questo il nuovo documentario, ma il risultato è un auto incensarsi caotico e un po' schizofrenico.
Jennifer Lopez: Halftime infatti prosegue come sulle montagne russe, iniziando proprio dall'organizzazione per lo show durante il 54° Super Bowl del Febbraio 2020, per poi passare rapidamente alla sua infanzia, al rapporto burrascoso con la madre, ai primi ingaggi come ballerina che sembrano volerla incasellare solo in questo campo, e poi i primi successi. Si torna poi ancora una volta alla performance da creare in vista di uno degli spettacoli più visti al mondo, e si cerca a tutti i costi di inserire tematiche più sensibili, come l'immigrazione e l'accettazione di sé.



Nel suo insieme Jennifer Lopez: Halftime non mi è sembrato composto al meglio. Infatti tutte queste parti del documentario, che vanno e vengono, a volte sembrano scollegate e incomplete, forse nel tentativo di farci stare quanta più roba possibile e rendere il tutto una sorta di biografia dei primi 50 anni di Jennifer Lopez.
Allo stesso tempo avrei asciugato il minutaggio dedicato a mostrare il risultato dell'Halftime, perché la performance la possiamo recuperare in qualunque momento, mentre a noi interessano i retroscena. 
Non per mettere il dito nella piaga, ma avrei evitato anche il filtro sfocato di alcune inquadrature, per mettere a fuoco solo la protagonista, perché è davvero fastidioso.

Ma non è solo però una struttura generale un po' caotica, in questo continuo muoversi fra passato, presente e futuro senza quasi un percorso da seguire, a non funzionare del tutto, ma temo che anche il contenuto andasse rivisto, perché alcuni messaggi che vuole trasmettere risultano un po' strani e sempre rivolti all'esterno, ma mai con un senso di analisi, riflessione e autocritica. 

Jennifer Lopez è infatti da sempre un personaggio che vuole unire più talenti e ruoli, ma non viene mai messo in discussione all'interno del documentario il fatto che magari non è sempre possibile ambire al top in ogni singola categoria. Ed è secondo me una occasione mancata, visto che viviamo in una società in cui la sconfitta, anche parziale, viene demonizzata

Inoltre, tralasciando gossip più o meno verificabili, è a tutti noto che la carriera musicale di Jennifer Lopez non è iniziata nel modo più limpido, visto che più e più volte pare abbia sottratto brani e persino parti cantate ad altre artiste, quindi avrei cercato di soprassedere sulla visione della donna che si è fatta da sola ed ha fatto strada solo grazie al suo talento. 

E ancora, lamentare ad esempio il dover dividere il palco con Shakira, con la scusa che ai piani alti che controllano il Super Bowl ci sia ancora l'arcaica idea che "servano due donne latine per fare il lavoro di una persona bianca", mi è sembrato un atteggiamento ipocrita (e anche poco carino rispetto alla collega), visto che altri artisti hanno già condiviso il palco con altri cantanti in passato, ed accadrà in futuro sicuramente. 

Ma credo che le perplessità più profonde mi siano sopraggiunte per questo tentativo forzoso da parte di Jennifer Lopez di immergere gambe e braccia nella tematica politica e attuale, in maniera quasi esagerata, considerando che fino a ieri il suo intento era quello onorabilissimo, ma sicuramente più superficiale, di creare contenuti "mainstream" di intrattenimento di vario genere. 
Lei stessa infatti ammette candidamente di non essere mai stata interessata alla politica, ma arrivata a 50 anni, e vedendo l'America cambiare in peggio sotto ai suoi occhi, non ha potuto, a suo dire, tirarsi indietro. Un atteggiamento positivo e maturo, che però arriva in modo repentino e studiato, almeno da quanto si coglie da Jennifer Lopez: Halftime.

Il lato forse più genuino che emerge da questo documentario è forse la frustrazione nel non vedersi sempre riconosciuta il risultato dei suoi sforzi, ma pur riconoscendo l'indubbio, grande lavoro che l'artista svolge quotidianamente per portare avanti il suo brand, è chiaro che si parla di un personaggio affermato che non ha bisogno di ulteriori conferme esterne. 
Lo dimostra lo sciorinamento di guadagni e numeroni che inseriscono loro stessi alla fine di Jennifer Lopez: Halftime.

Le lacrime (non ne ho vista scorrere una ad essere sincero) per il mancato arrivo di un Golden Globe o di una candidatura agli Oscar, per quanto simboli di traguardi importanti, risultano un po' retoriche se fatte in un comodo albergo di lusso con trucco, capelli, e gioielli perfetti. E le trovo anche un po' contraddittorie, se poi l'intento della cantante è quello di influenzare ed ispirare le giovani ragazze e donne latine ad inseguire i loro sogni nonostante tutto e tutti, e "rendere nel suo piccolo il mondo un posto migliore". 

Sarebbe stato inoltre più interessante affiancare alla preparazione fisica per il Super Bowl, anche quella mentale e psicologica, considerando la parentesi sull'insistenza dei media sui suoi rapporti sentimentali e sul suo aspetto fisico. Ma, in questo continuo auto complimentarsi per l'impegno, non c'è spazio per qualcosa di più profondo. 
JLo tutto sommato mi suscita simpatia, credo sia una brava attrice, e credo che Jennifer Lopez: Halftime si guardi tutto sommato volentieri, vista la durata.
Ma, a parte questo, credo che il documentario non raggiunga il suo intento di spogliare Jennifer Lopez dal suo ruolo di imprenditrice e personaggio pubblico per restituirne una immagine più umana. 




Review Prodotti Corpo PH Bio Plus+

Non è proprio una novità, ma di tanto in tanto rifanno apparizione da Lidl i prodotti PH Bio Plus+ e solo con l'ultima uscita ho potuto acquistare qualcosa da mettere alla prova, a cominciare da due prodotti corpo.



PHBIO Plus+
affianca la linea tradizionale di PH Bio, di cui ho provato moltissimi prodotti, dal corpo all'igiene orale, ma non ci sono differenze abissali sia nelle categorie di referenze proposte, ad eccezione per alcuni cosmetici per il viso, sia per quanto riguarda alcune caratteristiche generali.
È sempre la THE DECK S.R.L a produrre questi brand, e anche i cosmetici PH Bio Plus non contengono ingredienti di origine animale, fragranze sintetiche, parabeni, paraffine, oli minerali, siliconi, ed altre componenti poco amate, visto che sono certificati da Natural Origin (Standard ECO-BAC Bioagricoop), Bio Eco Cosmesi AIAB e Vegan OK.
Non mi è chiaro insomma perché questa linea venga identificata come "Plus", ma ho sperato in performance magari migliori rispetto a quella originale, ed ho voluto provare questi due prodotti corpo. 


PH Bio Plus+ Bagnoschiuma Energizzante e Tonico
con olio essenziale di arancio dolce



PHBIO Plus presenta ben quattro diversi bagnoschiuma, ma ho scelto questo con olio essenziale di arancio non solo perché ne amo il profumo, ma perché mi sembrava adatto alla stagione calda: contiene infatti anche estratti di menta, eucalipto e lavanda, tutti con azione rinfrescante e purificante. Nell'INCI però troviamo anche aloe e glicerina per idratare.
Il Bagnoschiuma Energizzane e Tonico ha una consistenza in gel fluido, in cui appunto spicca una delicata profumazione agrumata. Usato con una spugna crea una bella schiuma soffice e che resiste durante il lavaggio. Non posso dire lo stesso della fragranza che purtroppo sparisce in fretta una volta che si esce dalla doccia.



Questo Bagnoschiuma PhBio Plus+ mi è piaciuto ma non l'ho trovato eccezionale: deterge abbastanza bene la pelle, è adatto alla detersione quotidiana di un po' tutta la famiglia, ma non lo trovo particolarmente delicato. Saltuariamente infatti ho avvertito qualche leggero e temporaneo pizzicore sul corpo, e credo che se abbiate una sensibilità da questo punto di vista, è meglio rivolgersi ad altro.
Su di me non ho riscontrato vere e proprie irritazioni o arrossamenti, e per questo do la mia approvazione al prodotto, ma ricordo che ad esempio il bagnoschiuma all'Achillea della linea PHBIO base non mi aveva dato alcun problema, e su di me era più dolce.
Il risciacquo è comunque abbastanza rapido, altro motivo per cui ho usato questo bagnoschiuma Energizzante con piacere, ma non me ne sono innamorato al punto da immaginare un futuro riacquisto.

INFO BOX
🔎 LIDL
💸 € 2.89
🏋 500ml
🗺 Made in Italia
⏳  6 Mesi
🔬 Bio Cosmesi AIAB, Vegan OK, Natural Origin 


PH Bio Plus+ Crema Corpo Nutriente
con oli essenziali di arancio dolce, limone ed estratti di mandorle, olivo e burro di karitè



Mi è piaciuta invece senza ombre di dubbi la crema corpo PhBio Plus, che ho trovato perfetta per il periodo e per la mia pelle. Ha una consistenza decisamente ferma, ma è molto facile da stendere sulla pelle e pur essendo a base di ingredienti naturali ed economica, non è una crema corpo che fa scia bianca. Su di me nel giro di un paio di minuti si assorbe senza residui.
La Crema Corpo Nutriente ha una fragranza molto carina, anche in questo caso delicata e con note agrumate, ma per poco riesce a permanere sulla pelle.



Quello che ho però apprezzato maggiormente del prodotto è la sua consistenza perché riesce a idratare e nutrire, ma senza ungere, ha proprio un bel tocco asciutto, che la mia pelle non risuda, specie adesso che è estate e fa decisamente caldo.
Certamente non è una crema super nutriente che posso suggerire a pelli aride e screpolate, che purtroppo devono spalmarsi di sostanze più corpose e occlusive. Dall'altro lato man mano che le temperature aumenteranno opterò per qualcosa dalla texture più leggera, ma questo è un discorso che affronteremo più avanti.
Se però come me durante la bella stagione non avete esigenze particolari, la crema corpo Nutriente PhBio Plus va più che bene nel lasciare la pelle morbida, elastica e abbastanza carezzevole fino alla doccia successiva.

INFO BOX
🔎 LIDL
💸 € 3.79
🏋 250ml
🗺 Made in Italia
⏳  6 Mesi
🔬 Bio Cosmesi AIAB, Vegan OK, Natural Origin 

C'è qualche prodotto di PhBio Plus che dovrei provare?
Ho purtroppo notato che l'azienda ha tolto l'ecommerce ufficiale, ed è un peccato perché era una piattaforma dove reperire almeno la linea base per chi ha Lidl lontano. 
Se state cercando informazioni sulla linea Vegetal di PhBio, potete fare un salto qui.




Stranger Things 4: cosa mi è piaciuto e cosa mi ha deluso...

L'attesissimo ritorno di Stranger Things è stato decisamente strano. Infatti fin da subito a fare discutere è stata la durata degli episodi che gli showrunners hanno dichiarato a pochi giorni dall'uscita di questa quarta stagione, il 27 maggio 2022.


Questa prima parte di Stranger Things 4 è stata infatti praticamente dopata visto che ognuno dei sette episodi pubblicati da Netflix fino ad ora, sfiora la durata di un film. Un aspetto che ha esaltato molto i fan più accaniti, che si sono ritrovati fin da subito con più materiale con cui sfamarsi.
Io invece, che non sono mai stato in questa folta schiera, ho storto un po' il naso ma ho deciso comunque di godermi questa nuova stagione, sperando che le cose andassero per il meglio, come in fondo era successo con la terza, e che avessero davvero molte cose da raccontarci.
Se però la visione dei nuovi episodi ha fatto esaltare tantissimi spettatori, tanto da definirlo il miglior capitolo di sempre, questo Volume 1 non mi ha convinto fino in fondo, e purtroppo sono più le cose che mi hanno deluso.
Vi avviso, anche se immagino non serva più: ci saranno degli spoiler e magari alcuni passaggi sono comprensibili se avete visto la serie.

Le qualità di Stranger Things reggono anche in questa quarta stagione, soprattutto nel suo saper ricostruire l'epoca, nell'inserire quei riferimenti culturali sottili e puntuali, e nell'aver creato una storia coerente e interessante da seguire, che sa rinnovarsi senza appunto uscire dai binari.
Oltre alla durata degli episodi, ci sono stati però due cambiamenti a primo impatto più palesi: il primo riguarda i protagonisti, cresciuti esteticamente e con maturati nuovi problemi ed interessi.
Troviamo inoltre una leggera variazione nello stile generale, che ai canonici colpi di scena aggiunge un sapore più horror, pur restando, almeno per me, non eccessivamente truculento da vedere. Elementi che ho apprezzato perché ben amalgamati con quanto già accaduto nella serie.

Non riesco però a promuovere questa quarta stagione di Stranger Things a pieni voti, perché la durata degli episodi per me si è tradotta in lungaggini inutili che hanno tolto ritmo all'insieme.
Si assiste a situazioni che vengono stiracchiate, anche contro la logica comune e che portano a piccole incongruenze, che alla lunga mi hanno anche stancato.
Per essere più specifico ho fatto proprio fatica fra gli episodi 5 e 6, quando diverse cose hanno iniziato a non funzionare.
Ad esempio la caccia al nuovo cattivone, chiamato Vecna, che minaccia Hawkins e la terra, molte volte sembra muoversi senza un piano, pur non sapendo esattamente contro quale entità i protagonisti si stanno scontrando. 

Peggio mi sento per quanto riguarda il percorso di Joyce e Murray Bauman alla ricerca di Hopper in Russia: non l'ho trovato particolarmente avventuroso, anzi mi è spesso sembrato ripetitivo e poco divertente, e avrebbe dovuto avere molto meno tempo sullo schermo.
Avrei dato un taglio anche alla parentesi su Suzie, la fidanzata di Dustin, che si presta ad aiutare Mike, Will, Jonathan e Argyle a rintracciare Undici, in una sequenza di scene alla Piccole Canaglie.
Queste scene infatti purtroppo prendono del tempo allo sviluppo dei personaggi: proprio Mike, Will, Jonathan, Robin e Dustin vengono praticamente lasciati da parte nei loro percorsi individuali.
Lucas ha un piccolo mutamento, seppur risulti poco interessante e stilizzato. 
Max invece ci rivela qualche aspetto più intimo del trauma che ha subito, ma mi è sembrato sbrigativo. 


Anche il nuovo personaggio Eddie Munson, per quanto susciti molta simpatia sin da subito, si spegne in una fuga che ho trovato a tratti risibile.
Sicuramente questa nuova stagione di Stranger Things si concentra molto su Eleven, sul suo passato, ma anche sul suo presente senza i poteri ed estranea dalla realtà che la circonda.
Ho quindi da ridire anche su di lei? Certo. Infatti Undici non ha secondo me quel viaggio dell'eroe così originale, visto che passa dall'essere bullizzata nel modo più banale (ma non per questo meno doloroso), alla riscoperta del suo potere seguendo quelle dinamiche già viste, facendo leva sui suoi sentimenti come la paura, la rabbia o lo stress.

Ho apprezzato invece il racconto fatto su Henry Creel/ Uno/Vecna, sul suo percorso che lo fa sembrare quasi un angelo caduto, un Lucifero degli anni '60. Tuttavia non posso dire che il colpo di scena su di lui, concentrato nell'episodio sette, sia stato così imprevedibile, e lo spiegone sulla sua vita mi è sembrato un po' didascalico. Resta però un personaggio inquietante che saprà segnare secondo me anche le ultime due puntate.
Insomma, dopo aver visto questa prima parte di Stranger Things 4 ho avuto l'impressione che la scelta di allungare così tanto gli episodi sia stata una mossa di presunzione, più che per reale esigenza, solo perché i fratelli Duffer possono imporsi con il successo ottenuto in questi anni, e dare l'apparenza di un lavoro monumentale e curato.

Nella sostanza però, pur riuscendo ad intrattenere, e pur avendo una qualità innegabile nella messa in scena, mi ha lasciato poco, con un retrogusto di delusione.
Tra l'altro, mi chiedo, se questa quarta stagione è stata allungata così tanto, cosa faranno con la quinta ed ultima? Ci dovremo accampare davanti alla tv con acqua, cibo e un vaso per le emergenze fisiologiche? Ogni puntata durerà quanto Il Signore degli Anelli Extended Edition?
Lo scopriremo. 
Qui vi ho raccontato le mie idee sul volume 2 di Stranger Things 4. 

Ho provato un prodotto La Sciampista, e vi dico la mia

Era una domenica qualunque, quando mia sorella, mentre eravamo a pranzo, mi chiese se notavo una differenza nei suoi capelli. In verità la mia risposta è stata negativa, ma bisogna dire che mia sorella è dotata di capelli già decenti con il minimo sforza, la genetica invece ha voluto che io avessi una paglia in via di incanutimento sulla capoccia. 
Qualche giorno dopo quel pranzo domenicale, mi sono visto recapitare a casa un paio di flaconcini che lì per lì mi avevano lasciato perplesso, ma poi ho capito essere il magico prodotto di cui mia sorella decantava le lodi, ovvero Umiltà de La Sciampista.



Se bazzicate il web probabilmente sarete incappati in qualche prodotto La Sciampista, una gamma di hair care creati da Serena Porcelli, parrucchiera ed esperta che si è fatta le ossa da Aldo Coppola, con uno stile giocoso (basta guardare i nomi) ma un occhio alla sostenibilità, senza rinunciare all'efficacia. 
Umiltà, che segue la sua filosofia di Hair Therapy, è un trattamento capelli molto particolare, che La Sciampista descrive come
"illuminante e condizionante per capelli, li protegge dalle aggressioni esterne.
L'azione ristrutturante dell’olio di Baobab combinata con flavonoidi della curcuma rende i capelli sani, lucidi e morbidi.
Trattamento specifico per i capelli medi, fini e trattati chimicamente (colorati, meche, ecc)."
Al suo interno troviamo, oltre all'olio di baobab, anche aminoacidi, niacinamide, e glicerina e il tutto è racchiuso in una texture che, a primo impatto, sembra un olietto.
Appena ho visto questo prodotto sono perplesso perché è un piccolo boccino, ma Umiltà La Sciampista non va però usato tal quale, infatti la sua peculiarità sta nel fatto che va miscelato con acqua fredda, in una diluizione 1 a 2. 
Per esempio per capelli medi servono 5ml di Umiltà e 10ml di acqua, per capelli lunghi è necessario miscelare tutta la confezione con 20 ml di acqua. 


A contatto con l'acqua, si attivano subito gli emulsionanti e questo olio diventa una sorta di crema-gel soda, facile da utilizzare e anche gradevole, visto che Umiltà ha questa profumazione zuccherina molto piacevole.
È una maschera trattante da usare dopo lo shampoo sui capelli ancora umidi, e dopo averlo steso, va fatto agire per almeno 8 minuti coprendo la chioma con una cuffia o un asciugamano.

Uno dei problemi che riguarda Umiltà secondo me è che non ci sono indicazioni sulla confezione, ma c'è solo questo spiegone sul sito La Sciampista. Sembra una sciocchezza ma anche a me capita di avere perplessità e non avere delle spiegazioni sulla confezione può essere scomodo. Mancano indicazioni importanti come il PAO.
Inoltre, dover miscelare sul momento il prodotto, seguendo quel concetto dei cosmetici "freschi", è qualcosa di poco pratico da fare ad esempio in vacanza.



Volendo infatti essere precisi serve ad esempio una bilancia o un misurino per calibrare le dosi, personalmente però dopo le prime volte mi sono mosso ad occhio.
A parte questi appunti, Umiltà è prodotto abbastanza efficace su di me, soprattutto per questo particolare potere ammorbidente e setificante, in grado quasi di lisciare i capelli. Però non appesantisce, infatti si sciacqua molto facilmente, ed essendo una sorta di gel non unge né mi sporca i capelli in anticipo. Umiltà però non ha su di me questo potere lucidante incredibile, e da questo punto di vista un po' mi ha lasciato dubbioso.

Lo dico sempre di avere capelli complicati pur non essendo lunghi, però immagino che dei capelli un po' più facili e sottili, come indicato dall'azienda, possano avere dei benefici a 360 gradi. 
Non so se La Sciampista stia pensando ad esempio ad una versione ancora più pratica magari pronta all'uso di Umiltà, ma mi piacerebbe provare qualcosa che si avvicini di più alle mie necessità. 

INFO BOX
🔎 Sito dell'azienda
💸 € 5/45 kit da 10 fiale
🏋 10ml
🗺 Made in Italia
⏳  ??
🔬 //


Conoscevate La Sciampista?




Ho terminato questi tre libri e mi sono piaciuti (più o meno)

L'ultima volta che ho parlato di libri la piega era assolutamente negativa, visto che si trattava di letture che non avevo nemmeno terminato visto lo scarsissimo impatto che avevano avuto su di me. 
Questa volta vorrei parlarvi di tre romanzi che invece mi hanno intrattenuto da inizio a fine e che sono molto diversi fra di loro. 
Ho dato un'altra chance a Wulf Dorn, dopo che uno dei suoi libri non mi aveva entusiasmato: questa volta ho letto Il Superstite, e devo ammettere che mi ha convinto, seppur non sia diventato il mio thriller preferito.

Genere: thriller/giallo
Editore: Corbaccio
Pagine: 354
Data di pubblicazione: 2011
Prezzo: €12.35 / ebook € 6.99

Dorn questa volta ci fa scoprire l'intricata storia dello psichiatra Jan Forstner, il quale da anni si porta il peso della scomparsa del fratello minore Sven, quando entrambi erano poco più che ragazzini. Jan vive la dicotomia di voler finalmente ricominciare a vivere, ma soffre il senso di colpa per quella maledetta sera che distrusse la sua famiglia, cominciando dalla morte del padre.
Dopo un brusco colpo alla sua carriera, Jan inizierà così a lavorare alla clinica proprio in cui lavorava il padre, ma non riuscirà a chiudere la porta col passato perché tutto lo risucchierà verso quel dramma vissuto, a cominciare da alcune morti misteriose.

Il superstite è secondo me un thriller abbastanza solido, anche se non lo definirei strettamente psicologico perché non ho notato una disanima così profonda dei protagonisti e delle loro reazioni. È stata una lettura abbastanza facile da affrontare, grazie ad un ritmo costante, e nonostante alcuni passaggi un po' più crudi. Anche in questo caso ho ritrovato lo stile abbastanza asciutto e fluido della scrittura di Wulf Dorn, che personalmente apprezzo, specie considerando che Il Superstite è un romanzo a più livelli, con più storie e personaggi da seguire. In questo senso, a volte sembra perdersi il fulcro centrale, ma alla fine tutto si chiarisce. 

Lo definirei un thriller estivo da sotto l'ombrellone, che spero non suoni dispregiativo, perché non mi è sembrato comunque un capolavoro. Infatti nonostante lo abbia letto con piacere, non posso dire di esserne stato rapito. Mi è mancato un colpo di scena forte che riuscisse a scompigliare tutte le carte, ma soprattutto il finale, un po' frettoloso, forse toglie di enfasi a quello che dovrebbe essere l'epilogo più amaro ma liberatorio.
Per il resto Il superstite di Wulf Dorn ha diciamo risvegliato un po' più di curiosità negli altri libri di questo autore, e magari più avanti recupererò il famoso La Psichiatra

È forse poco conosciuto, ma merita di essere scoperto il romanzo storico di Simonetta Tassinari, Le donne dei Calabri di Montebello, che ci porta in Toscana durante la corte medicea nella metà del '600, e soprattutto alla scoperta della famiglia Calabri di Montebello, e di tre donne che hanno avuto un ruolo centrale all'interno di essa.


Genere: romanzo/storico
Editore: Corbaccio
Pagine: 540
Data di pubblicazione: 2021
Prezzo: €17 / ebook € 9.99

Conosceremo Elisabetta, detta Betta Bai, sua zia suor Carmela del Gesù, al secolo Barbara Calabri, e Camilla, ma i cui destini sono legati anche a delle figure maschili centrali, come Filippo Salimbeni, che sposerà Elisabetta, e il fascinoso cortigiano Ludovico Manobruna.
Le donne dei Calabri di Montebello è un libro che mi è piaciuto tantissimo perché è una giostra, passa da toni più leggeri e frizzanti, a momenti drammatici non da poco, fino ad un accenno più tensivo, il tutto con una scrittura curatissima che non stanca davvero mai.

È uno di quei romanzi in cui ci si appassiona e ci si affeziona ai personaggi, anche con le loro imperfezioni e con quelle che poi sono umane declinazioni. Come vi dicevo si tratta di un romanzo dove le figure femminili spiccano maggiormente, anche in negativo se necessario, ma Simonetta Tassinari dà a tutti i suoi personaggi una conformazione ben precisa e chiara, che sembra quasi di vederli e di conoscerli davvero.
Anche il contesto storico, gli usi e i costumi dell'epoca vengono raccontati con dovizia di particolari ma senza ammorbare e senza stancare.

Nonostante l'ambientazione inoltre Le donne dei Calabri di Montebello non è un libro ampolloso o pesante, anche in questo caso la potrei definire una lettura estiva, ma credo che il caos di una spiaggia affollata non sia il giusto contesto per gustarsi quello che reputo davvero un buon libro. A me ha emozionato e non è semplicissimo.
Mi spiace solo che non credo sia un libro particolarmente conosciuto, e che Simonetta Tassinari abbia nel suo curriculum soprattutto manuali di filosofia (è una docente). Ci serve proprio un altro romanzo con il suo stile.

L'ultimo libro che ho terminato di recente non saprei come definirlo se non una sorta di diario, e si chiama Libri che mi hanno rovinato la vita e altri amori malinconici di Daria Bignardi.


Genere: narrativa/biografico
Editore: Einaudi
Pagine: 176
Data di pubblicazione: 2022
Prezzo: €15 / ebook € 9.99

Era la prima volta che leggevo qualcosa della Bignardi che ho sempre visto più come presentatrice e giornalista che come autrice, ma è stata una lettura interessa e credo anche una delle più oneste. Perché sì si parla di lettura e di come alcuni autori in particolare l'abbiano colpita fin da ragazzina, quando forse iniziò troppo presto ad appassionarsi a certi tipi di letture e di libri "da grandi", ma è anche l'occasione per parlare del suo privato. 

Daria Bignardi infatti si apre anche su momenti più personali, che passano dal rapporto con una madre particolarmente ansiosa, fino ai primi amori non propriamente raccomandabili, passando per quelle ombre che tutti noi, più o meno intimamente attraversiamo in certi periodi della vita. 
Lo capisco che non si tratta di un libro adatto a tutti, eppure lo trovato abbastanza sincero, con uno stile pulito e maturo, e una impostazione come vi dicevo che sembra quella di un diario. 

 Libri che mi hanno rovinato la vita è quasi un libro all'interno di un libro, visto che racconta anche il processo della stesura del romanzo stesso. 
Non so se ho fatto bene ad iniziare proprio da questo ultimo lavoro della Bignardi, che è forse il più particolare, ma credo sia anche un modo diverso per conoscere l'autrice, e se vi incuriosisce secondo me merita una chance perché è alla fine un libretto non troppo impegnativo, con alcune vene più ironiche che non guastano. 


Che libri avete letto di recente? E avete già scelto le prossime letture da portare in vacanza?




Nuovi solari Cien Sun Love Your Planet... top o flop?

Non avevo bisogno di altri solari ma quest'anno ho deciso di provarne quanti più possibili, e quando ho visto che anche Cien ha aggiunto una nuova limited edition non potevo lasciarla lì senza provarla e dirvi la mia. Si chiama Love Your Planet, perché Cien Sun ha creato una piccola gamma di solari viso e corpo (tre diverse referenze esattamente) più ecosostenibili e reef friendly, al fine di salvaguardare la salute dei nostri mari. 



Infatti le protezioni solari di questa linea non contengono octinoxate e ossibenzone, due filtri chimici spesso discussi per il loro possibile impatto sui coralli marini. Infatti le Hawaii e altri stati hanno bandito l'uso di questi ingredienti nelle creme con SPF.
Sebbene i prodotti Love Your Planet contengano profumo, l'azienda specifica che è 100% facilmente biodegradabile. Questo non significa che siano dei solari biologici da "bollino verde" come intendono molti qui in Italia, ma posso anche dirvi che non ho notato siliconi negli INCI

Le formulazioni Cien Sun sono vegan, non hanno inoltre microplastiche e i packaging sono composti dal 50% di materiale riciclato.
Se questo non bastasse, Lidl donerà 50 centesimi con l'acquisto dei solari Love Your Planet e della linea bambini alla fondazione Veronesi per la ricerca sui tumori della pelle fino al 19 Giugno. Quindi una linea legata ad una buona causa, ma sarà anche valida?

Ho scelto di provare la Crema Solare SPF 50 viso e decolletè, e la Crema Solare SPF 50 che trovate declinata anche con fattore di protezione 30.



L'impatto iniziale che ho avuto è che si tratta di prodotti per l'uso in spiaggia e non per la città (in questo senso è meglio la versione opacizzante con SPF30), non solo per il loro essere ocean friendly, ma anche perché Cien specifica che queste protezioni sono resistenti all'acqua, ma già dopo 40 minuti di permanenza in acqua pare che perdano circa il 50% del loro potere protettivo. In effetti non sono di quelle creme ostiche da rimuovere, anzi con un semplice detergente vanno via facilmente.
Credo insomma che esistano altre protezioni solari molto più durature sulla pelle (tipo questa di Avene che ho provato quest'anno), specie se ad esempio praticate sport acquatici.


Per addentrarmi nella recensione di questi solari Love Your Planet non posso che sottolineare una mossa di marketing non a poco: se la versione per il viso ha una sua destinazione d'uso conclamata, non vi è alcuna specifica sul formato da 150ml. Può sembrare un caso, e si può essere portati automaticamente a pensare che il solare più grande sia per il corpo, ma secondo me la scelta di non specificare non è casuale.
Guardando infatti gli INCI di queste creme solari Cien, si nota che sono a base di filtri chimici, ed offrono una protezione dai raggi UVA e UVB. Devono ovviamente essere applicate abbondantemente affinché il loro fattore di protezione venga rispettato. 



Tuttavia è palese come la Crema Solare SPF 50 abbia gli stessi identici ingredienti della protezione viso e decolleté: una lista essenziale, con una base idratante data dalla glicerina e appunto i filtri solari.
Entrambi questi nuovi solari Love Your Planet hanno una consistenza cremosa abbastanza fluida, facile da stendere, e decisamente piacevole visto che risulta abbastanza fresca.
La texture non lascia scia bianca, e anche se Cien avverte che possono macchiare gli indumenti, non ho notato nulla di ciò.
Entrambi i solari inoltre condividono una fragranza floreale abbastanza persistente, forse un po' più delicata nella versione per il viso.
Se la teoria accomuna di molto queste due creme, anche nella pratica non ho trovato grosse differenze.


La protezione SPF 50 Viso e Decolleté ha un finish abbastanza lucido sulla pelle, e seppur non la trovi particolarmente grassa, untuosa o occlusiva sul viso, credo che, come vi anticipavo, esistano formulazioni più eleganti e leggere per la città o come base per il trucco, mentre questa va bene per il mare. In generale non mi fa sudare.
La composizione poi è idratante, si stende e assorbe bene e lascia la pelle abbastanza morbida, e resta confortevole nel corso delle ore, e a me non brucia affatto gli occhi.

Non la ritengo però la scelta più adatta a pelli sensibili, né a quelle particolarmente grasse che già si lucidano molto per natura.
Ho cercato di ovviare al problema lucidità applicando questa crema Cien Sun da sola, skippando in toto la skincare, e ammetto che ho ottenuto un miglioramento estetico, ma non posso dire che la mia pelle sia compiaciuta da un salto così netto. 
Se mi conoscete un po', saprete che un solare con queste caratteristiche non può non essere un mio preferito, ma l'ho trovata utilizzabile e accettabile per il rapporto con il prezzo. 



Il solare SPF 50 Love Your Planet Cien non si discosta molto da questa descrizione: l'ho provato sul corpo ed idrata senza risultare troppo pesante o appiccicoso, si stende bene e si assorbe abbastanza rapidamente, ma anche qui credo che esistano solari un po' più impalpabili, adatti alla città. Anche in questo caso la sensazione è quella di pelle morbida ed elastica.

Ho voluto ovviamente testare anche questo solare sul viso, e rullo di tamburi, il feeling e l'effetto finale sono pressoché identici alla versione Viso e Decolleté, risultando forse un po' più occlusiva, ma non per questo fastidiosa. 
Credo insomma che questi due nuovi solari Cien Sun Love Your Planet siano intercambiali (per non dire la stessa cosa in formati diversi), e se scegliete di acquistarne uno da utilizzare esclusivamente per il mare, credo che la versione più grande sia la scelta più conveniente. 

INFO BOX
🔎 LIDL
💸 € 3.99/5.99
🏋 50/150ml
🗺 Made in Germania
⏳  12 mesi
🔬 Vegan


Avevate scovato questa novità da Lidl? Ve li avevo anche mostrati su Instagram, se vi va seguitemi per non perdere le anteprime.

A questo link vi parlo invece della Crema Solare Anti-Age e Anti Spot SPF50+ Cien Sun.

 


Le Fate Ignoranti La Serie: hanno sbagliato tutto

Quando nel 2001 uscì al cinema, Le fate ignoranti divenne subito un successo destinato a diventare un cult sia nel cinema italiano, che nella comunità LGBTQ+ . Un film che dalla sua aveva una trama interessante, specie per l'epoca, ma anche un cast in grado di dare alla storia il giusto spessore e intensità.
Tuttavia le idee del passato a volte è meglio che restino nel passato, o per lo meno, sarebbe stato meglio se Ferzan Ozpetek non avesse preso un film valido (per alcuni un capolavoro) per trasformarlo in una miniserie che non ha niente a offrire.



Le Fate Ignoranti - La Serie, che trovate su Disney+ dal 13 Aprile, infatti non aggiunge nulla alla storia già nota di Michele, Antonia, Massimo e tutta la combriccola, anzi la segue passo passo cambiando il 99% degli attori, ma non proponendo alcuna novità effettiva sia alla vicenda, sia al percorso dei suoi personaggi. Per questo, qualunque cosa dirò, non credo possa essere considerato spoiler.
Si tenta di ricreare quelle atmosfere fatte di feste, di amicizia, amore e calore, quei dialoghi, quel mood tipico dei lavori di Ozpetek, con nuovi volti e con il vago tentativo di contestualizzare la storia ai giorni nostri, fra chat e smartphone. 
In pratica, come diciamo noi gente semplice, allungano il brodo tirando il freno a mano, perché d'altronde da un'ora e mezza di film hanno deciso di tirarci fuori ben 8 episodi.

Questo è uno dei tanti problemi de Le Fate Ignoranti La Serie, direi anzi il più grosso. Più volte infatti mi sembrava che gli attori stessero recitando lentamente, e se questa flemma può essere interessante per assaporare i momenti più intensi e drammatici, è necessario che ci sia qualcosa di fondo da voler condividere, e questa serie secondo me non ce l'ha. 
Il racconto che fa Ozpetek di questo mondo LGBTQ+ risulta infatti anacronistico, punta troppo a stereotipi non eccessivi ma già noti e poco freschi per il mondo seriale (e sociale in genere) attuale. 
Penso ad esempio al far intendere che nel mondo gay sia normale e ben accetto che ci sia una diffusa promiscuità: la relazione fedifraga fra Michele e Massimo viene palesata come nulla fosse, e i suoi amici non la vivono con qualche remora o perplessità. 



Il rapporto fra Massimo, Antonia e Michele poteva essere l'occasione di una riflessione matura sulle coppie aperte e poliamorose, e invece, per come Ozpetek lo racconta, sembra "sia inevitabile" per un omosessuale mettersi in discussione e domandarsi se una donna gli possa piacere, chiave di lettura che risulta forse più facile da mostrare ad un pubblico generalista.
Non voglio dire che tutto questo sia problematico, perché ne capisco il buon intento, ma mi è risultato abbastanza datato e poco entusiasmante. 
Inoltre il tema del tradimento non è sviscerato o approfondito da angolazioni diverse, ma sembra solo l'escamotage su cui puntare ripetutamente per creare dinamiche facilmente, come accade fra Annamaria e Roberta, fra i genitori di Antonia, e più velatamente fra Luciano e Riccardo.



Mancano insomma idee, spunti nuovi, ma si preferisce giocare su situazioni consolidate, non inserendo qualche approfondimento ad esempio sui protagonisti.
È vero che in questa "nuova" versione de Le Fate Ignoranti ci sono episodi dedicati ai personaggi secondari, ma non aspettatevi chissà che visione dettagliata o originale del loro vissuto, e purtroppo anche per i principali non ci viene offerto un quadro completo. Michele tutto sommato si salva, ma la Antonia di Cristiana Capotondi è decisamente lagnosa. Il Massimo di Luca Argentero è invece un fantasma a tutti gli effetti e nulla o quasi si sa di lui, se non la fredda battuta che recita ad ogni inizio episodio. 


Se avessero pensato ad un sequel o ad un reale cambio di prospettiva, Le fate ignoranti La serie poteva avere un senso, ma così risulta una visione distaccata, dove nemmeno tutte le interpretazioni risultano all'altezza e che non offre particolari momenti di riflessione, specie rispetto alla sensibilità attuale. 


Maschere Viso Apivita: questa volta mi sono piaciute!

Non vi ho parlato molto spesso di Apivita, e l'ultima volta che l'ho fatto è stato per una recensione altalenante delle loro maschere viso. Di recente ne ho provate altre quattro che invece sono finito per apprezzare molto più volentieri.



Se non avete alcuna conoscenza di Apivita vi consiglio di fare un salto a questo post perché trovate una breve introduzione su questo brand greco, ma già il nome dice moltissimo, visto che suggerisce l'uso di ingredienti provenienti dalle api, come miele, propoli e pappa reale



Apivita Express Beauty Face Mask Pomegranate Radiance & Revitalization
Maschera Viso Illuminante e Rivitalizzante



Ho trovato molto carina questa maschera al melograno Apivita, che ha una azione ringiovanente e protettiva della pelle. Contiene infatti estratto di melograno che è antiossidante, ma anche olio di oliva, burro di karitè, acido ialuronico e miele per una azione idratante.
La maschera Pomegranate Apivita è una crema bianca fluida con dentro degli sparuti granellini bianchi e rossi che non fanno un effetto scrub, ma si sciolgono già quando la si stende. Sul viso è freschina, ma si comporta come una comunissima maschera in crema, non si secca né tira. La profumazione è gradevole ma non ve la so spiegare, non ricorda però il melograno secondo me.



Non dandomi problemi o fastidio ho allungato sempre  i tempi di posa suggeriti da Apivita (10 minuti) ad almeno mezz'ora.
Oltre che semplice da usare, questa maschera mi è piaciuta perché, dopo averla sciacquata, la mia pelle resta liscia, più idratata, un pochino più luminosa e tonica. Nessuno di questi risultati è così travolgente da aver cambiato in meglio definitivamente il mio viso, ma credo che la maschera Apivita possa piacere a pelli miste e giovani, che non vogliono un prodotto untuoso e pesante e che magari lasci residui. Infatti si sciacqua semplicemente con acqua, e poi si può proseguire con la propria skincare se se ne sente la necessità come per me. 

INFO BOX
🔎 Farmacia, Parafarmacia, ShopFarmacia, eFarma, Online
💸 € 2.70/3
🏋 2x8 ml
🗺 Made in Grecia
⏳  Scadenza sulla confezione
🔬 //



Apivita Express Beauty Face Scrub Bilberry for Brightening
Scrub viso illuminante



Credo sia molto interessante questo Scrub al mirtillo Apivita perché unisce sia una azione esfoliante fisica, grazie a a polvere di noccioli di mandorle dolci e jojoba, ma anche chimico grazie agli acidi contenuti naturalmente appunto nel mirtillo. In più nell'INCI ho notato olio di mandorle dolci, di oliva, miele, e tanti attivi emollienti e idratanti.
Si tratta di una crema morbida con dispersi tanti piccoli granellini sottili poco visibili in effetti ma che si percepiscono. In effetti è uno di quegli scrub viso che piacciono a me perché abbastanza delicati (in questo caso forse un po' troppo) e che producono una esfoliazione abbastanza gentile adatto anche a pelli un po' più sensibili ed un uso un po' più frequente. 



Lo Scrub Bilberry Apivita ha un profumo fruttato gradevole e tutta l'esperienza d'uso è piacevole. Personalmente cerco di usarlo come una maschera-scrub, lasciandola in posa per la mia solita mezzoretta dopo averlo massaggiato, insistendo sulle zone più problematiche. Sul viso non si secca malamente, ma si comporta come una maschera viso qualunque.
Il risultato su di me è quello di una pelle più liscia e morbida, con una grana più omogenea, e senza pellicine e zone secche. Come vi dicevo però questo scrub di Apivita non è indicato a chi invece vuole un azione strong, a pelli molto ispessite e magari chi cerca qualcosa di più purificante, ma proprio a chi vuole rinfrescare la pelle con una esfoliazione gentile e veloce. A me ad esempio non ha mai irritato, arrossato o seccato la cute. 

INFO BOX
🔎 Farmacia, Parafarmacia, ShopFarmacia, eFarma, Online
💸 € 2.70/3
🏋 2x8 ml
🗺 Made in Grecia
⏳  Scadenza sulla confezione
🔬 //



Apivita Express Beauty Face Mask Pink Clay Gentle Cleansing 
Maschera Viso all'argilla pulente delicata


Un'altra delle maschere viso Apivita che mi è piaciuta molto è questa all'argilla rosa che è un ingrediente che è apprezzato dalla mia pelle. In questo caso si tratta di una maschera più ricca, visto che contiene attivi anti impurità e sebo assorbenti come caolino, illite e talco, ma anche una parte di ingredienti idratanti e lenitivi come aloe, camomilla, estratti di rosa centifolia e canina, miele e proteine del grano. 
In questo caso abbiamo a che fare con una consistenza cremosa, ma ovviamente più spessa e argillosa, facile comunque da applicare sul viso e tenere in posa perché si secca ma non diventando fastidiosa. Anche in questo caso è presente una profumazione fresca e vagamente dolce al mio naso. 



La Gentle Cleansing Face Mask rispetta a pieno il nome che le hanno dato: ha secondo me infatti una azione riequilibrante che da un lato aiuta ad assorbire il sebo, a rendere i pori meno visibili e in generale la pelle meno infiammata. Dall'altro lato però non secca, anzi ha una leggera azione idratante, che secondo me la rende perfetta per pelli miste che magari hanno aree secche e sensibili. Meno indicata a mio avviso per pelli davvero oleose con parecchie impurità che vogliono una azione purificante strong.
Anche questa maschera viso Apivita non mi ha mai seccato la pelle, anche lasciandola in posa 15 o 20 minuti, ha anzi una azione lenitiva e rinfrescante che si sente. Inoltre si sciacqua facilmente, che non guasta. 

INFO BOX
🔎 Farmacia, Parafarmacia, ShopFarmacia, eFarma, Online
💸 € 2.70/3
🏋 2x8 ml
🗺 Made in Grecia
⏳  Scadenza sulla confezione
🔬 //



Apivita Express Beauty Face Mask Royal Jelly Firming & Revitalizing 
Maschera viso tonificante liftante



L'ultima maschera Apivita che ho provato è a base di pappa reale, miele acido ialuronico, pantenolo e olio di oliva, ma è all'estratto di semi di ziziphus che l'azienda attribuisce il potere tonificante e liftante. La Royal Jelly Face Mask è una maschera in gel, ma il profumo mi ha ricordato più un ammorbidente o un detersivo per i pavimenti. Non è quindi adatta secondo me a chi non sopporta o comunque ha una sensibilità alle fragranze nei cosmetici, perché la ritengo particolarmente intesa. Risulta facile da stendere sul viso e non si secca creando ad esempio una pellicola, di conseguenza si rimuove facilmente.



Sono rimasto stupito dall'uso di questa maschera rassodante Apivita perché credo funzioni davvero. Mi rende infatti davvero la pelle più compatta, morbida ed elastica, dandole un aspetto più carino, disteso ed omogeneo. Inoltre mi lascia la cute anche più idratata, cosa che non guasta.
Non sarà il miracolo in bustina, che fa sparire le rughe e le lassità cutanee in un unico passaggio, specie se la vostra pelle non è molto curata in generale, ma credo che anche visi un po' più secchi e segnati potrebbero trovare giovamento da questa Royal Jelly Face Mask

INFO BOX
🔎 Farmacia, Parafarmacia, ShopFarmacia, eFarma, Online
💸 € 2.70/3
🏋 2x8 ml
🗺 Made in Grecia
⏳  Scadenza sulla confezione
🔬 //


Che ve ne pare di Apivita? Avete testato nulla del brand?

Qui trovate altre nuove recensioni.



Cosa mi è successo a Torino

Tutti parlano di Torino come una città a misura d'uomo, ma su di me, che vengo da un paesino sperduto del profondo sud italiano, che impatto avrebbe avuto? Da tanto volevo scoprirlo, e seppur un lungo week-end non basta per farti conoscere un luogo nuovo, certamente ti dà un punto di partenza. 



Come sempre, con un piano di battaglia spalmato per tre giorni, con tutti i punti di interesse che avevo intenzione di visitare, e un provetto compagno di viaggio (e non solo), ho iniziato quella che doveva essere una vacanza tranquilla. Ma fra una partenza con due ore di ritardo, che ci ha costretti ad un arrivo in notturna, un tassista che credeva di essere in GT Racing, e un albergatore con una insolita passione per lo Statuto Albertino, l'incipit sembrava decisamente traballante.
Fortunatamente, dopo poche ore di sonno, è iniziato il vero viaggio, partito dalla Venaria Reale


Se ve lo steste chiedendo, sì, il mio itinerario includeva anche gli orari perché abbiamo prenotato online quanto più possibile, per assicurarci i posti ed evitare le file. 
Venaria Reale si raggiunge facilmente con i mezzi pubblici nel giro di circa 50 minuti dal centro, ma la mia idea era quella di visitarla il venerdì sperando che fossimo più riposati e soprattutto che la calca del weekend non ci inseguisse. 
La reggia di Venaria ci ha accolti dopo una passeggiata lungo un vialone, e si apre con la parte più umile del piano interrato, in cui viene raccontata la storia e la struttura della tenuta, per poi condurci verso la parte nobile, barocca, sontuosa e ricca. Una passeggiata sempre a naso all'insù, specie nella luminosa e iconica Grande Galleria.

È vero, lascia di stucco, ma armatevi di pazienza se volte fare una foto in cui non appaiano decine di turisti alle volte spalle. 
Meritano l'altrettanto la suggestiva Cappella di Sant’Uberto e i giardini che avvolgono Venaria Reale, ma la pioggia (e la stanchezza) ci ha sorpresi ed ha accorciato, seppur di poco, la nostra visita. 
Per fortuna il resto della giornata siamo stati graziati da un clima più piacevole, leit motiv di tutta la mia permanenza a Torino, e dopo un po' di riposo, una passeggiata ci ha portati a Piazza San Carlo, che mi ha dato una impressione diversa rispetto alle immagini viste in giro, di maggiore calma.

È seguita una breve visita a Palazzo Carmignano ma era solo un intermezzo rispetto alla nostra reale meta, ovvero l'aperitivo/esperienza al particolare Floris House e una cena nel meno entusiasmante, ma comunque gradevole, ristorante Kipling di fronte a Piazza Bodoni
Il dopo cena è stato un ulteriore occasione per scoprire la Torino notturna, sempre affascinante e misteriosa, e le scarpe ci hanno portato fino a ponte Vittorio Emanuele I, ma i miei piedi imploravano pietà, pensando anche al giorno successivo e alla visita del Museo Egizio
Il giorno seguente infatti, dopo un passaggio al museo del Risorgimento, che onestamente poco mi incuriosiva, la mia fascinazione per l'antico Egitto ha brillato quando abbiamo varcato le soglie di quello che è il secondo museo sulla popolazione nilotica più antico al mondo. 


È vero che l'inizio della visita può risultare un po' tiepido, con questa lunga pergamena e l'introduzione al museo stesso, ma già al secondo piano ci si addentra nella parte più interessante e impressionante, fra resti umani, sarcofagi, statuette, utensili per la vita quotidiana, resti del cibo e ovviamente dell'ampio culto della morte con le sue pratiche che nel tempo hanno subito mutamenti. Se è difficile restare indifferenti alla sala dei sarcofagi, è la galleria dei Re che secondo me resta più impressa per la sua impostazione e imponenza.
Poco impattante ma sempre piacevole la mostra temporanea al terzo piano sulla nascita dell'Aida, l'opera di Giuseppe Verdi.
Inutile soffermarmi sul fatto che anche il Museo Egizio richiede gambe resistenti, e dopo un pranzo veloce a base di bagel, e un breve riposo, ci siamo diretti al Parco del Valentino



Il parco si è prestato davvero ad una passeggiata in relax, ma sarebbe stato troppo spingerci oltre il posticcio Borgo Medievale (costruito a fine '800). Ci sarà occasione in futuro di vedere la parte frontale del Castello Valentino, ma intanto la sera ci aspettava una cena da Razzo che non posso non eleggere come il miglior ristorante del mio breve soggiorno torinese.
La sera invece siamo arrivati nei pressi della cattedrale di San Giovanni Battista, ma non abbiamo voluto arrivare eccessivamente affaticati alla tappa del giorno seguente, ovvero la Mole Antonelliana e il museo del cinema.

Credo sia stato geniale allestire all'interno della Mole un museo così particolare, che mischia cultura a puro intrattenimento e che in ogni suo angolo ha qualcosa di curioso da mostrare. Non essendo un fan di Dario Argento e dell'horror in genere, anche questa parte temporanea della mostra non mi ha annoiato. 
Purtroppo già da giorni non erano disponibili i biglietti per l'ascensore verso il Tempietto, per cui per questa volta è saltata. 
Per pranzo ci ha rinfrancati il buonissimo cibo Il Melograno, proprio a pochi passi dalla Mole, ed in effetti abbiamo avuto bisogno di energie perché prima abbiamo visitato la Chiesa della Grande Madre di Dio, e il pomeriggio è stato dedicato al Palazzo Reale.



Pienissimo di tesori (e di polvere, allergici avvisati), il Palazzo Reale è un altro di quei luoghi che ti riempie gli occhi e ti tiene a testa all'insù fin dall'entrata, e per tutto il percorso non delude mai, dall'armeria Reale, fino all'altare della Sindone che non può non lasciare a bocca aperta. Anche la parte più museale dell'edificio si è rivelata interessante, ma è stata la galleria archeologica a trattenerci di più.
Non ho una opinione particolarmente entusiasmante della esposizione temporanea "Animali a Corte", che spesso secondo me disturbava degli ambienti già bellissimi. I giardini, ultimo step, si sono prestati per una sosta all'ombra per riprendere un po' di fiato. 


Quello che restava del mio viaggio a Torino è stato dedicato ad una serata rilassante nel dehor di Luogo Divino, ma le sensazioni erano quelle malinconiche del ritorno.
D'altronde Torino ci ha accolti e fatti star bene lungo tutti questi giorni, il suo fascino, il suo mistero, quel vago sapore di piccolo mondo antico, quel passato a cui la città tiene e cura molto, mi sono piaciuti e mi hanno lasciato una bella sensazione.
Torino è diventata parte dei bei ricordi, e anche se penso già alla prossima tappa, ci ritornerò volentieri. 




Vi sono piaciuti