Non senza dubbi ho deciso di vedere e recuperare un paio di serie tv che, per vari motivi, avevo lasciato indietro. Avrei forse fatto meglio a non farlo.
Il Sarto
Seconda stagione
A distanza di pochi mesi dalla prima stagione, Il Sarto 2 è arrivata il 28 Luglio su Netflix. Nulla di strano perché Terzi è stata fin da subito pensata come una serie in tre capitoli e infatti la terza stagione arriverà il 3 Novembre.
Quando ho condiviso la mia recensione della prima stagione su Facebook, come faccio di solito, molti mi sono saltati alla giugulare dicendo essenzialmente che ero un incompetente e che la mia opinione, in quanto negativa, non era da prendere in considerazione (mentre la loro, positiva, invece sì, capite il livello). Obbiettivamente, Il Sarto 1 non mi è piaciuta perché non trova un modo sofisticato per raccontare la sua storia, ma punta a melodramma, esagerazioni e superficialità e stavo per abbandonarne la visione, ma poi mi sono fatto forza e ho visto la seconda stagione, nella speranza che magari funzionasse meglio.
La serie turca riprende esattamente dove l'avevamo lasciata, ma, ovviamente, il nostro amatissimo (?) Peyami è prevedibilmente vivo e vegeto, altrimenti come sarebbe andata avanti?, e deve sempre affrontare i suoi tormenti, provando in qualche modo a cambiare direzione. Così decide di iniziare a frequentare una nuova ragazza, Suzi, molto lontana dallo stile di Esvet, e che possa aiutarlo ad allontanarsi dai suoi tormenti. Però non c'è pace per il ragazzo che deve fare i conti con la propria vita e quella della sua famiglia.
Nel frattempo, prevedibilmente, le nozze fra Dimitri ed Esvet sono andate a buon fine purtroppo per la ragazza e anche fra di loro le cose devono trovare un equilibrio.
Il Sarto, anche in questa seconda stagione, si conferma una soap opera di scarsa fattura, in cui nulla trova un approfondimento sensato, e dove si riesce a cogliere le motivazioni e la ratio dietro ai personaggi. Speravo ci spiegassero ad esempio le dinamiche dietro al rapporto fra Dimitri e il sarto, ma ancora una volta, nonostante il primo sia tutt'altro che un amico per Peyami, li ritroviamo assurdamente insieme.
Un altro esempio banale è la stessa new entry Suzi, che viene inserita senza spiegarcene chiaramente le ragioni. Noi possiamo ipotizzare che Peyami ne resti colpito, o che semplicemente cerchi qualcuno con cui distrarsi, ma non è comunque esplicitato, e ce la ritroviamo sempre di mezzo. Bisogna dire che è l'unica che ha una mezza logica fra i personaggi, ma questo è un altro discorso.
La cosa che mi spiace, e sono sincero, è che in Terzi 2 ci sono anche delle storie da raccontare, come il rapporto di Peyami con la madre e la famiglia in genere, e ci sarà una evoluzione in questo senso, ma sempre con questo stile esagerato, inverosimile e schizofrenico. Anche i momenti positivi finiscono per essere buttati a caso e in situazioni del tutto random.
Purtroppo, anche l'attore che interpreta il sarto, non riesce ad essere coinvolgente, probabilmente perché non gli è stato fornito abbastanza materiale per poter dare di più.
La stessa Esvet sembra avere una parabola evolutiva, ma in ogni caso anche lei resta stranamente nella sua situazione senza alcuna risoluzione definitiva.
Come vi anticipavo, la terza stagione de Il Sarto arriverà ad inizio Novembre, ma all'ottavo episodio ci hanno praticamente anticipato buona parte di ciò che accadrà e quindi la mia voglia anche solo di portare a termine la serie è svanita.
Transatlantic
Miniserie
Con tutte le carte in regola per diventare una di quelle serie tv che mi appassionano, Transatlantic non ha superato ben due scogli: il primo, quando uscì il 7 aprile di quest'anno, dato dalle scarse opinioni che sentivo qui e lì, e che mi hanno spinto ad evitarne la visione fino ad ora, e la seconda è stata l'impostazione della serie stessa che mi ha completamente deluso.
Tratta dal romanzo The Flight Portfolio di Julie Orringer, Transatlantic si ispira alla storia vera di un gruppo di volontari che, negli anni '40 a Marsiglia, salvarono centinaia di persone per lo più ebree, fra cui molti artisti e intellettuali dell'epoca, a scappare in America e fuggire dai nazisti.
Seguiamo così le vicende di Varian Fry (Cory Michael Smith), giornalista e attivista, segretamente omosessuale, e l'ereditiera Mary Jayne Gold (Gillian Jacobs) che cerca di non farsi frenare dal padre che vorrebbe riportarla in America, entrambi membri dell'Emergency Rescue Committee, fondata da Eleanor Roosevelt.
Ammetto che non conoscevo le imprese che i protagonisti di Transtlantic hanno dovuto affrontare, nonostante appunto i veri protagonisti possono considerarsi a tutti gli effetti degli eroi. I volontari dell'ERC infatti salvarono artisti come Marc Chagall e la moglie, e filosofi come Hannah Arendt e Lévi-Strauss, oltre a migliaia di persone, ma questa serie tv Netflix purtroppo non ha saputo secondo me trovare la via giusta per raccontare queste vicende.
I toni infatti scelti sono spesso frivoli, leziosi, il mood è più quello di una spy story dalle venature romantiche e ironiche più che un ritratto di uno spaccato storico importante e drammatico.
Le stesse atmosfere, per quanto ci sia una buona ricostruzione dell'epoca, risultano troppo leggere, mi hanno ricordato un po' quelle di Hotel Portofino, altra serie tv in cui il fantasma del fascismo risulta troppo annacquato e trasparente.
Secondo me non hanno saputo bilanciare bene gli elementi, con la conseguenza che Transatlantic non risulta né carne né pesce: non ha una profondità e drammaticità tale da risultare una completa ricostruzione storica, anzi molto spesso, quei personaggi di spicco a cui facevo accenno sopra, appaiono e scompaiono ad ogni episodio, senza essere ben contestualizzati e presentati ed, a volte, finiscono sullo sfondo senza un chiaro riferimento al loro ruolo. Non ha momenti di azione che possano dargli quel sapore di thriller e di spionaggio tipico in molti prodotti sulla seconda guerra mondiale.
Inoltre c'è una quota romantica abbastanza stucchevole e telefonata, che, oltre ad essere fuori contesto, non è ben approfondita, e di cui alla fine poco ci interessa.
Non ne escono benissimo i personaggi principali: Mary Jayne Gold, più che una donna pronta a spezzare gli stereotipi per una causa superiore, sembra spesso frivola, mentre Albert Hirschman appare davvero di punto in bianco, e assume un ruolo centrale senza che ci venga raccontato perché. Mi ha fatto sorridere la presenza di Grégory Montel perché sono abituato a vederlo in un ruolo più leggero in Chiami il mio agente! e qui veste i panni quasi caricaturali dell'ufficiale Philipe Frot.
Transatlantic ha il merito di avermi fatto conoscere una storia affascinante che purtroppo ignoravo, ma lo fa in un modo poco appassionante e senza la giusta intensità secondo me.