Ho testato i patch anti punti neri diventati virali per vedere se sono davvero i migliori

È periodo di debunking da queste parti, visto che dopo il famoso olio di rosmarino per i capelli, ho voluto provare un altro prodotto uscito dai frame di TikTok e dai vari social, ovvero una maschera che sembra rimuovere punti neri e filamenti sebacei con estrema precisione in un solo colpo.
Avrete visto forse anche voi i video di questi ragazzi che rimuovo soprattutto dal naso questa cartina bianca e anche io, su Threads vi avevo fatto gli auguri di Natale con una foto non proprio nelle migliori condizioni, in cui avevo sul viso uno dei Nose Plants Pore Strips Lanbena.

Nose Plants Pore Strips Lanbena


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💸 €14
🏋 30g
🗺 Cina
⏳ 12 Mesi
🔬 //

Ricordate quando andavano di moda le back mask (in realtà ne ho provata una proprio l'anno scorso, senza andare lontano), che altro non erano che maschere peel-off a base di sostanze filmanti che creano una sorta di effetto cerotto per rimuovere superficialmente le impurità? Ecco il concetto è più o meno quello anche con questa maschera anti punti neri Lanbena.

Bisogna fare una premessa necessaria quando si parla di punti neri e filamenti sebacei. Non so voi ma nonostante una buona routine di detersione, e prodotti specifici come quelli a base di acido salicilico e retinolo, non ho mai debellato del tutto i pori ostruiti sul naso. È vero che la mia pelle non presenta in generale particolari impurità, e che con appunto le dovute accortezze la situazione si mantiene sotto controllo, anzi ritengo fondamentale una buona skincare, ma io continuo a provare soddisfazione con tutti i vari patch e cerottini anti punti neri che attraverso una azione meccanica mi danno, seppur temporaneamente, un aspetto più omogeneo alla zona.
Con questa logica ho voluto dare una chance anche ai Nose Plants Pore Strips Lanbena, che rispetto ad altri prodotti con lo stesso scopo hanno un uso leggermente differente.

Si presenta come una sorta di fluido gelatinoso e filamentoso che però, sotto i 25 gradi si solidifica e quindi va scaldato (basta metterlo in acqua molto calda per una decina di minuti) proprio per farlo ritornare liquido e poterlo stendere sulle aree interessare. Una volta applicato uno strato sottile di questa maschera su pelle pulita, si ricopre con uno dei foglietti in dotazione, facendolo aderire bene perché poi appunto ci permetterà di rimuovere i punti neri. 
Dopo circa 10/15 minuti, la maschera si solidifica e può essere delicatamente rimossa, insieme - si spera - alle nostre impurità. Nella confezione ci sono comunque tutte le istruzioni chiarissime. 

Questi Pore Strips secondo me vanno bene sia per il naso che per altre aree problematiche del viso come fronte e mento, ed in effetti si dimostrano più versatili dei vari cerottini già pronti perché, volendo, si può ricoprire un'area più vasta, o, al contrario, adattarli a zone piccole del viso.
Non mi soffermo su INCI e ingredienti perché, come vi anticipavo prima, la questione è puramente meccanica, non si basa tanto sulla qualità degli ingredienti o su sostanze che agiscono chimicamente sulla produzione e l'eccesso di sebo. Certo, c'è dentro l'estratto di aloe e quello di crisantemo, ma immagino inseriti giusto per poter dare una versione più poetica al nome del prodotto e fare riferimento alle piante.

Nose Plants Pore Strips Lanbena come si usa

O ancora il diossido di titanio ha un effetto assorbente e opacizzante, ma qui credo sia stato usato come addensante e per dare colore al prodotto. 
Lanbena ha aggiunto anche profumo nella formulazione di questa maschera, ma io ci sento proprio l'odore di colla, un sentore chimico, non nauseabondo o infestante, ma comunque si percepisce quando la si usa (anche perché ce la spalmiamo proprio in faccia).
L'uso di questi Nose Pore Strips dà sicuramente soddisfazione: è vero, dover scaldare ogni volta il prodotto è abbastanza noioso (anche se il problema si risolverà completamente in estate), ma andare a rimuovere questi patch da un senso di guilty pleasure, visto che diventano rigidi. Avete presente quando ci fu la moda di fare i cerottini per il naso con albume e carta igienica (lo so, frequento troppo internet)? Ecco, questi Strips Lanbena diventano croccanti come quella pessima idea di qualche anno fa. 
Inoltre, e cosa più importante, io credo che funzionino perché, anche quando mi sembra di non avere i pori particolarmente ostruiti, poi sopra ci ritrovo davvero tanti filamenti sebacei e qualche punto nero.

Credo di poterli annoverare fra i migliori provati fino ad ora, e li consiglio ovviamente con un approccio realistico, senza pensare che siano la panacea di tutti i mali.
Come sempre infatti, i punti neri più ostici non vengono estratti dai pori, e, come immaginavo, buona parte dei video che ho visto sono in parte falsi o comunque mostrano pelli con imperfezioni magari molto più grandi delle mie, che di conseguenza vengono ancorate meglio dal patch e soprattutto fanno molta più scena sui social. 

Anche questi Nose Plants Pore Strips Lanbena vanno sempre usati con cautela: rimuoverli non è particolarmente doloroso (lasciano qualche residuo che va via con acqua) e non mi hanno creato irritazione o arrossamenti, ma indubbiamente non consiglio di farli quotidianamente. A me capita di utilizzarli quando vedo i pori più ostruiti o magari ho un evento particolare e voglio che la mia pelle sia perfezionata il più possibile. Ma dobbiamo sempre essere consapevoli che la skincare è alla base e che questi cerottini, in qualunque forma si presentino, danno un effetto più superficiale ed estetico, ma mai completamente risolutivo.
Comunque se rispettate queste premesse e questa logica, secondo me questa maschera anti punti neri merita una chance. Inoltre penso che un flaconcino duri davvero un bel po'.



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Ho recuperato Un inganno di troppo su Netflix, ecco cosa ne penso 🤦🏻‍♂️

Ne stanno parlando tutti (o quasi) e questo ha spinto Un inganno di troppo (Fool me once) a diventare una delle serie tv (anzi miniserie, visto che si conclude) Netflix più viste del periodo, già a pochi giorni dall'uscita, il 1 gennaio di quest'anno.
È tratta da un romanzo thriller di Harlan Coben, che già nel 2018 aveva collaborato con il colosso per la creazione di un altro adattamento, che si chiamava Safe, e che a pensarci di nuovo mi aveva lasciato le stesse impressioni di Un Inganno di Troppo.

In questo caso conosciamo Maya Stern (Michelle Keegan), un ex soldato che sta affrontando molti traumi nella sua vita privata: ha perso infatti prima la sorella e poi il marito, entrambi vittime di una tentata rapina e sta ancora elaborando quanto le è capitato durante una missione di guerra. La sua vita non è esattamente facile, visto che deve crescere una bambina piccola da sola, mentre sopporta il non proprio celato odio della suocera (ex ormai) Judith, a capo della facoltosa famiglia Burkett, e dall'altro deve cercare di aiutare il cognato, anche lui rimasto solo con due ragazzini da crescere.
Un giorno però Maya resterà sconvolta nel vedere, nel filmato di una telecamera di sicurezza, il marito che credeva essere morto e da lì cercherà di scoprire cosa stia accadendo, ma finirà in una rete più grande di lei.

Ormai ho capito che le produzioni di Netflix sono quasi sempre per me come una coperta corta, per cui se manca sempre qualcosa, da un lato o dall'altro, mantenendosi così in un equilibrio instabile di mediocrità. Pensavo che anche Fool Me Once seguisse questa logica, per cui, pur mancando di qualcosa, funzionasse come storia thriller con momenti di suspense e twist generali, che ti portano fino alla fine.

Ad esempio subito mi è mancata una messa in scena o una regia particolarmente curata, dandomi l'impressione di quelle produzioni secondarie che magari si vedono in tv, e mi sembrava che forse gli attori non fossero i più espressivi ed adatti. Un aspetto secondario che non vi fa spoiler, e lungi dal fare ageismo, ma è evidente secondo me la differenza d'età fra Michelle Keegan e l'attore che ne interpreta il marito ovvero Richard Armitage, che funzionava bene come daddy in Ossessione, meno come rampante quarantenne qui, sebbene abbia un ruolo più marginale.

La stessa Keegan non è sempre credibile, specie nel ruolo di soldatessa per una questione di physique du rôle o quando deve esprimere toni più drammatici. 
A parte questo, dal primo episodio, Un inganno di troppo sviluppa una serie di colpi di scena, di battute e arresti, legati insieme da flashback e frammenti di immagini che mi hanno lasciato pensare ad una storia stratificata, complicata, da seguire con attenzione per destreggiarsi fra personaggi e linee narrative e che comunque mi ha portato ad essere curioso di come le cose si sarebbero disposte e poi eventualmente risolte. 
Inoltre ho apprezzato che un po' tutti i personaggi, inclusi i principali, fossero ambigui e non proprio impeccabili, come se nascondessero qualcosa.
È vero che sin da subito ho notato alcune stranezze, nel senso che alcuni personaggi non agiscono secondo una logica comune, ma secondo un modo che funziona solo nella serie.


Una dimostrazione di ciò arriva quasi subito quando Maya viene aggredita da una persona, e nonostante avverta la polizia, è sempre lei che cerca il suo aggressore per capirne le ragioni, quando avrebbe senso che siano appunto le forze dell'ordine ad occuparsene.

Nel corso degli episodi però Un inganno di troppo apre parentesi che, arrivati alla conclusione, non hanno molto senso di esistere o semplicemente vengono abbandonate a loro stesse. Non è uno snodo centrale, ma per esempio una amica di Maya le confessa che il marito la tradisce, ma è qualcosa del tutto fuori contesto che poi non trova un collegamento o una spiegazione. Ed è soprattutto il finale ad avermi lasciato perplesso, in primis perché quelli che mi sembravano buchi narrativi si sono rivelati tali, e col senno di poi, riflettendo su tutta la serie, si sono aggiunti ancora più elementi che semplicemente non quadrano e che per essere accettati richiedono una messa da parte totale della logica.

La stessa conclusione di Fool Me Once, per quanto concettualmente credibile ed in linea con quello che ci avevano mostrato, avviene in un modo decisamente poco credibile, che, per come appunto viene messo in scena, risulta evitabile. Inoltre la chiusura della linea narrativa intorno al mistero da risolvere lascia dietro delle domande senza risposta.

Anche in prospettiva, i personaggi perdono di quella ambiguità perché molti si dimostrano esattamente come appaiono, e quindi appiattendo quell'ipotetica e più interessante dualità.
Devo quindi ammettere che sono arrivato alla fine abbastanza perplesso, dispiaciuto, ed anche scarsamente convinto di aver impiegato positivamente il mio tempo con Un inganno di troppo, e credo, a questo punto, che se dal 2018 ad oggi non ho mai letto alcun libro di Harlan Coben e non mi sono piaciute le serie tv che ne sono nate, evidentemente non può essere uno scrittore nelle mie corde.


È di Bellflower la crema viso al retinolo da provare

Non manca mai il retinolo nella mia skin routine serale durante le stagioni fredde, ma sto proseguendo con dei prodotti dalle concentrazioni basse, nonostante la mia pelle mi permetta di poter puntare più in alto. Questo perché mi piace far agire questa sostanza (o famiglia di sostanze) in sinergia con altri attivi e credo che la persistenza nel tempo sia la miglior soluzione se si intendono ottenere risultati, anche perché non è che la vitamina A agisca dall'oggi al domani, dandoci una pelle perfetta.
Inoltre questo mi sta portando a scoprire ottimi prodotti per chi non ha mai provato i retinoidi ma vorrebbe provare. Così ad esempio mi sono piaciuti il siero al retinal di Beauty of Joseon e i due prodotti di L'Oreal
Credo che se come me condividete questa filosofia o siete alle prime armi, vi potrebbe piacere la Retinol Cream di Bellflower.


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💸 €7.60
🏋30ml
🗺 Made in Corea
⏳ Scadenza sulla confezione
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Vi avevo già parlato di un siero da questa azienda coreana, e complice la positiva esperienza precedente ho pensato di provare questa crema viso al base di retinolo. Vi dico subito che Bellflower specifica la percentuale e si tratta dello 0.096% (mi chiedo perché non direttamente lo 0.1% ma fa nulla), che è indubbiamente bassa, ma è perfetta se siete in rodaggio con questa sostanza e soprattutto mi ha convinto tutta la formulazione. Credo, anche se non ne ho letto da nessuna parte, che anche in questo caso il retinolo sia incapsulato (molto spesso si usano sostanze come il colesterolo e acidi grassi per farlo), così da favorirne l'assorbimento ma renderlo più delicato.
Contiene infatti anche niacinamide e adenosina, sostanza forse poco nota che ha potere antiinfiammatorio e cicatrizzante, e vari emollienti, come l'olio di macadamia, ma anche ingredienti lenitivi come la allantoina e l'estratto di un'erba medicinale tradizionale, ovvero la Coptis Japonica.

Mi piace inoltre che non sono stati aggiunti siliconi o oli minerali, ma anche la consistenza di questa Retinol Cream Bellflower: è infatti una sorta di lozione, una via di mezzo fra una crema e un gel che si stende facilmente, e si assorbe su di me molto rapidamente. Una texture davvero gradevole, con solo il vago odore degli attivi, che si è sempre sposata bene con gli altri sieri a cui l'ho combinata. Infatti per me, per raggiungere l'idratazione di cui necessito in questo periodo, devo comunque accompagnarla ad un altro prodotto idratante (a me piace molto la combo con sieri peptidici per la sera, ma anche acido salicilico), ma da sola può andare bene su un viso dalla pelle mista o grassa. 

È però la sua leggerezza e delicatezza secondo me ad avere la meglio, al punto che io sono riuscito ad usare questa crema viso al retinolo come all over, incluso il collo, che per me è una delle aree che reagisce a questo attivo, e il contorno occhi senza fastidi.

Quelle sul retinolo sono recensioni in parte in divenire: è vero che ogni prodotto ha le sue caratteristiche specie in termini di percentuali e formulazione, ma io penso che sarei stupido a dirvi che un unico siero con Vitamina A abbia rivoluzionato e migliorato la mia pelle, anche perché sono necessari mesi per apprezzarne i risultati, e non sempre un solo prodotto dura così tanto. Al contrario invece, se un prodotto fa più danno che bene, me ne accorgerei subito. 
È un percorso che si inizia e si prosegue e io credo che al momento la mia pelle ne stia solo beneficiando, visto che non ho maturato particolari segni di espressione, anzi vedo che la pelle si mantiene elastica e morbida, e la zona dei miei pori dilatati sembra stia trovando sempre più giovamento. 

Usando nello specifico questa Retinol Cream Bellflower non posso dirvi che il mio incarnato sia diventato particolarmente tonico, ma mi piace molto la pelle con cui mi risveglio al mattino, che appare luminosa, sana, rosea e distesa, che risulta idratata quanto basta.

È indubbio per me che sia troppo delicata, soprattutto nel lungo periodo, ma la stessa azienda ne ha anche una versione allo 0.2% e un siero con lo 0.3% di retinolo che conto di mettere alla prova prima o poi (so già quali altri prodotti userò più avanti che hanno percentuali più elevate di retinoidi), ma intanto sono contento di averla provata e spero di avervi dato una alternativa economica ed efficace.



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Dopo Oliver poteva finalmente essere un bel film su Netflix

Ci sono tematiche che a volte, se trattate in un certo modo, risultano banali e già viste, anzi pure noiose, ma c'è chi trova quella chiave, quella variazione che può risultare interessante. Ho pensato che fosse accaduto proprio questo con il nuovo film Netflix Dopo Oliver, diretto, scritto e interpretato da Dan Levy.


Titolo originale: Good Grief
Genere: 
drammaticocommedia
Durata: 100 minuti
Regia: Dan Levy
Uscita in Italia: 5 gennaio 2024 (Netflix)
Paese di produzione: Stati Uniti d'America

Marc (Levy appunto) sta ancora elaborando il lutto della perdita della madre, che lo ha spinto a smettere di dipingere, ma ha comunque ripreso la sua vita in mano grazie al marito e scrittore Oliver (Luke Evans). Quando però anche questo improvvisamente viene a mancare, Marc si sente del tutto spaesato. Ma, come se questo carico emotivo non fosse già abbastanza, inizia a scoprire aspetti della vita del marito che non conosceva, e che lo porteranno addirittura a Parigi, insieme ai suoi migliori amici, per elaborare ed affrontare quanto è accaduto e sta accadendo nella sua vita.

La rielaborazione del lutto è al centro di Good Grief e sin da subito ho avuto l'impressione che volesse trattare questo ed altri argomenti che riguardano sempre la sfera umana, in una maniera diversa, non superficiale, ma più leggera, più nuova, meno pesantona e strappalacrime ad ogni costo. Già il funerale di Oliver, un esempio spoiler free, ha una vena sopra le righe che rende quel momento, almeno in parte, un po' più sarcastico. 
O ancora, potrebbe essere interessante il fatto che gli amici di Marc prestino il fianco ad altri argomenti, meno drammatici, ma comunque universalizzabili e difficili nella vita di giovani uomini e donne, come una rottura amorosa, o il bisogno di cercare il proprio posto nel mondo. L'intendo di Dopo Oliver a puntare tutto su questa sfera, si capisce molto sia da come la regia punti molto a mostrare la gestualità e l'espressività dei personaggi, sia dall'attenzione che viene prestata ai dialoghi.

Sarebbe insomma un bel film, che dovrebbe investire lo spettatore con una serie di emozioni, se non fosse che tutti questi argomenti devono passare attraverso dei caratteri che tendono ad essere più che altro respingenti e meno accoglienti nei confronti dello spettatore.
Dan Levy ad esempio a volte funziona nel ruolo di Marc, altre invece si perde in una serie di faccette che risultano un po' caricaturali, un po' finte, e ho notato che si è affibbiato certe battutine acido-piccate che non lo rendono arguto, ma lo fanno sembrare un lupo vestito da agnello, e che stridono con i continui salamelecchi e "ti voglio bene" del finale. 
Un altro errore è stato tentare di dare spazio agli amici Thomas (Himesh Patel) e Sophie (Ruth Negga) senza però costruirne un arco narrativo, con la conseguenza che risultano centrali anche se non dovrebbero esserlo, e molte delle loro reazioni sembrano esagerate, irreali, basate su nulla.

Da spalle per supportarlo in questo momento difficile, i due amici di Marc infatti sembra quasi che pretendano di avere uno spazio sulla schermo che non gli spetta del tutto e, peggio ancora, che nessuno vuole dargli.
I più silenti personaggi secondari riescono a fare quasi di meglio, sebbene siano un po' svuotati da caratteristiche particolari.
Mi è piaciuta però la musica di questo film, che ho trovato raffinata, e non invadente, ed in generale Good Grief ha un buon ritmo che non annoia.
La prima prova da regista di un lungometraggio è secondo me superata da Daniel Levy, perché in fondo si concentra su ciò che avrebbe dovuto, ovvero l'espressività dei suoi personaggi e sui dialoghi, e soprattutto su due bellissime città che fanno da sfondo come Parigi e Londra. Ma avrebbe dovuto dare secondo me altre caratteristiche e trovare interpretazioni differenti ai protagonisti di Dopo Oliver per poter trasmettere quelle sensazioni che avrebbe dovuto e potuto. 


L'olio di rosmarino fa crescere i capelli? L'ho provato per 3 mesi e questa è la mia esperienza

Da TikTok escono varie mode e trend, non tutti però sono esattamente nuovi per noi della vecchia guardia. Adesso ad esempio si chiama hair oiling, ma la pratica di fare impacchi oleosi ai capelli per rinforzarli e proteggerli come trattamento pre-shampoo, non solo risale all'antica tradizione ayurvedica, ma credo che in casa mia si faccia da almeno gli anni '80 (sì, quando andava di moda anche l'uovo sui capelli). 

È vero però che nel tempo abbiamo imparato a scegliere gli oli naturali più indicati per i nostri capelli in base alle loro qualità, e quelli più adatti alle nostre esigenze. Ad esempio adesso c'è chi afferma che l'olio di cocco sia più efficace per le lunghezze perché fa in modo che non si spezzino per un eccessivo assorbimento d'acqua, mentre per il cuoio capelluto può risultare troppo occlusivo sui bulbi. Ma soprattutto è sorto un forte interesse sul potere anti caduta dell'olio di rosmarino.


Dal 2014 ad ora mi sono reso conto che vi ho parlato di tanti impacchi e oli per la cura del cuoio capelluto e appunto delle lunghezze, a cominciare dal semplice olio di cocco puro, come quello di Tea Natura e Khadì, declinato anche nella versione Monoi, o a quello di ricino, da usare in combinato con altri oli (ne parlo meglio qui) passando per pozioni più elaborate e miscele di varie sostanze.
Se scavate nelle mie recensioni trovate ad esempio prodotti di Phitofilos, Khadì, più di recente quelli di Orietana, ma anche un paio di flop (qui e qui ad esempio).
Eppure in tutta questa sequela di prodotti non avevo ancora provato questo arcinoto olio di rosmarino, ed ho voluto recuperare con il Rosemary Mint Hair and Strong Roots Oil di Sunny Isle.

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💸 €14
🏋88ml
🗺 Made in USA
⏳ 24 mesi
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Bisogna fare alcune, necessarie premesse: la prima è che dal rosmarino si possono ricavare diversi sottoprodotti, come olio essenziale, oleolito, decotto e idrolato, che hanno più o meno potere rinforzante sui capelli. Su TikTok ad esempio si vede che molti utilizzano questa famosa acqua di rosmarino, semplicemente fatta lasciando macerare i rametti della pianta in acqua bollente così da estrarne le proprietà; lo stesso concetto vale per l'oleolito, in cui la macerazione avviene in un olio. 
Idrolato e olio essenziale invece vanno acquistati, perché il processo di produzione è differente. 
Personalmente non ho voglia di spignattare, ma soprattutto mi sembra giusto sperimentare seguendo quanto dice la scienza e i test in merito.


Ci sono ancora pochissimi studi sull'effetto anti caduta e stimolante dell'olio di rosmarino, ma dal 2010 ad oggi sono state condotte alcune indagini, ed è uno studio del 2015 in particolare, quello a cui tutti fanno riferimento, che sembra aver dato una svolta.
È stato infatti condotto un test comparativo fra una soluzione di olio essenziale di rosmarino e una di minoxidil, uno dei farmaci più utilizzati contro la caduta dei capelli, e si osservato che questi due prodotti sembrano avere lo stesso potere di stimolare la crescita di nuovi capelli, ma l'olio essenziale sembrerebbe non solo naturale, ma più efficace e anche senza particolari effetti collaterali (anche se ora ci arrivo).
I vari studi condotti avrebbero stabilito che il rosemary oil agisca in diversi modi sulla crescita dei capelli e sulla loro salute in generale, e riassumendo si potrebbe dire che

  • ha un effetto stimolante del microcircolo sanguigno che va a rendere i bulbi piliferi più forti e nutriti,
  • essendo naturalmente ricco di tannini e flavonoidi, ha un effetto antiossidante, quindi in grado di proteggere i capelli dai radicali liberi che ne possono determinare la caduta, e anti infiammatorio, da cui deriva un cuoio capelluto più sano,
  • pare sia in grado di inibire anche il DHT, un ormone che svolge un ruolo importante nella caduta dei capelli sia negli uomini che nelle donne,
  • può ridurre il prurito, la forfora e le problematiche al cuoio capelluto,
  • ha una azione antibatterica.

Sembra bello bellissimo ma bisogna fare attenzione e non pensare che sia la panacea di tutti i mali. È fondamentale considerare che la caduta dei capelli è data da tantissimi fattori, ambientali, genetici, interni ed esterni, quindi sperare che un solo olio possa trattare una moltitudine di problematiche, crea delle aspettative irreali e ancora non supportate dagli studi.
L'olio essenziale di rosmarino inoltre deve essere diluito con un altro olio vettore, o inserito comunque all'interno di altri prodotti perché potrebbe essere fortemente irritante. In generale come, qualunque prodotto naturale puro, può essere sensibilizzante, quindi state attenti. Pare inoltre che servano almeno 6 mesi di uso costante per vedere i benefici.

I capelli grassi e sottili potrebbero trovare l'uso di un olio poco adatto, quindi meglio in questi casi farsi un decotto. 
Inoltre non ci sono ancora indagini precise sull'uso dell'olio di rosmarino in gravidanza e allattamento quindi meglio evitare.
Ma torno alla mia personale esperienza con il Rosemary Mint Hair Oil di Sunny Isle.

Si tratta di una azienda americana che sfrutta nei suoi prodotti per capelli l'olio di ricino nero giamaicano, uno dei più pregiati e utilizzati soprattutto su capelli afro, e ho scelto il Rosemary Mint Oil perché mi sembrava avesse la composizione più adatta alle mie esigenze. Io infatti ho dei capelli spessi e secchi, con un cuoio capelluto che può disidratarsi e desquamarsi ed anche essere sensibile, e con un normale diradamento dato sia dall'età, sia dai cambi stagionali.

Questo olio capelli Sunny Isle mi ha convinto per la formulazione che non ha bisogno di diluizione, e mi è sembrata perfetta da inizio a fondo dell'INCI: si comincia con gli oli di ricino, avocado, cocco, di germe di grano e vite che già di loro sono nutrienti, emollienti, e ristrutturanti, e sono molto usati nei prodotti per capelli. C'è anche la biotina, che è nota come vitamina per rinforzare i capelli, ma non ci sono molti studi a supporto.

Seguono poi questo benedetto olio di rosmarino, affiancato da altri oli essenziali come quello di menta, che dovrebbe stimolare il microcircolo, e quelli di lavanda ed eucalipto. Credo che questi oli siano anche i responsabili della profumazione balsamica intensa al punto che quando mi è arrivato credevo che si fosse versato dell'olio fuori dalla confezione, ed invece era perfettamente pulita.


Non contiene invece parabeni, solfati, paraffine, olio minerale e non è testato su animali.

Capite bene che questa sequela di oli non può che dare al Rosemary Mint Hair and Roots Oil una consistenza medio-spessa, che si distribuisce abbastanza bene grazie alla pipetta contagocce, ma indubbiamente non mi sento di consigliarlo a chi ha un cuoio capelluto già molto sebaceo perché risulterebbe troppo pesante. Sunny Isle ha fatto una versione Lite di questo olio capelli, e sarei curioso di vederne le differenze.
L'uso che l'azienda suggerisce è duplice: può essere usato a piccole dosi quotidianamente o come impacco da tenere in posa e da scaldare. Io ho preferito quasi esclusivamente la seconda opzione, e applico il Rosemary Mint Oil su capelli leggermente umidi solo per stenderlo meglio, faccio un bel massaggio che comunque cerca di muovere la cute, e lo lascio agire circa un'oretta e mezza; se non mi scoccia di tanto in tanto scaldo il tutto con il phon con attaccato il diffusore così da distribuire meglio il calore.
Vi dico subito che la presenza di olio di menta non crea un effetto rinfrescante spiacevole durante la stagione fredda.

Su di me che ho comunque dei capelli corti ma abbastanza folti, utilizzo circa due pipette e mezza per sentire tutto il cuoio capelluto ricoperto.

Ho utilizzato quest'olio capelli al rosmarino per più di tre mesi consecutivi, per due volte a settimana, ovvero nei giorni del lavaggio, anche se qualche volta ho applicato pochissime gocce di prodotto all'attaccatura e l'ho lasciato agire tutta la notte, con la consapevolezza che tanto il giorno seguente avrei fatto lo shampoo. Secondo me è impensabile usarlo come fosse un siero acquoso perché anche a micro dosi si nota che è stato applicato un olio. Io infatti ho preferito comunque in questo lasso di tempo continuare ad utilizzare altri prodotti anti caduta quotidianamente (ad esempio questo siero Revox di cui vi avevo parlato), perché è ormai nella mia routine, e poi devo ammettere che non mi fidavo moltissimo a lasciare che questa parte della mia cura dei capelli si basasse su un solo prodotto per di più con un uso settimanale. 

Non ho insomma foto di crescite di capelli straordinarie da mostrarvi, ma devo dire che questo Rosemary Mint Oil mi ha convinto. 
La prima cosa che ho notato è un cuoio capelluto meno secco, meno screpolato, più equilibrato ed idratato. È vero indubbiamente che sto utilizzando prodotti delicati, ma vi posso dire non sempre è sufficiente. Inoltre anche i capelli mi sono sembrati più morbidi, ma anche più forti, e con l'uso nel tempo più corposi.

In questi tre mesi non ho attraversato fasi di caduta dei capelli particolarmente intense, perché per me il periodo critico in questo senso è durante o subito dopo l'estate e in questo senso posso solo dirvi che questo olio di rosmarino ha dato forse un piccolo contributo a diminuire ulteriormente la caduta, che però non cessa mai al 100% (come è fisiologico). Credo però agisca molto di più sullo stimolare e sul rinforzare i nuovi capelli, specie quelli più sottili: io mi vedo parecchi baby hair sia all'attaccatura, che risulta folta ed omogenea, sia nelle aree più interne.

Come vi dicevo, questo olio Sunny Isle non mi appesantito o fatto sporcare i capelli in anticipo, anzi sono sempre leggeri e voluminosi, e io l'ho trovato anche abbastanza facile da rimuovere con un comune doppio lavaggio senza bisogno di fare cose straordinarie. Pare che il rosemary oil non sia in grado di allungare i capelli in maniera diretta, ma io ho notato una crescita più rapida dall'ultimo taglio, però potrebbe anche essere dato da altri fattori o da altri ingredienti come l'olio di cocco, quindi non ci metterei la mano sul fuoco.
I miei capelli sono anche tinti, ma questo prodotto rinforzante non ha deteriorato il colore prima del tempo.
Per me che faccio comunque impacchi oleosi, ha senso continuare ad usare l'olio di rosmarino e sicuramente, appena termino questo Sunny Isle proverò altre miscele magari meno ricche. Sono molto curioso di vederne l'effetto nel lungo periodo, quindi da 6 mesi in poi e nei periodi in cui la caduta è più intensa.
Aggiungo che in modo del tutto improprio l'ho applicato anche sulle sopracciglia e pare funzioni molto bene, anche in questo caso, più nello stimolare la crescita e richiudere alcuni buchetti. Non provate per nessuna ragione ad applicarlo sulle ciglia, vi ho avvisati.


Voi avete provato questo famigerato olio di rosmarino?
Qui trovate un mio aggiornamento sulla questione. 




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Mi spiace, ma Fellow Travelers non mi è piaciuta

Basata sull'omonimo romanzo di Thomas Mallon, da Ottobre a dicembre dello scorso anno è stata resa disponibile su Paramount+ una nuova miniserie con protagonisti Matt Bomer e Jonathan Bailey, che si intitola Compagni di viaggio.

Siamo negli Stati Uniti e in un moto costante fra passato e presente, dagli anni '50 caratterizzati dal maccartismo, che fra l'altro unì la caccia ai comunisti a quella degli omosessuali, e passò alla storia come Red e Lavander Scare, fino agli anni '80, quando tutto il mondo veniva colpito dalla pandemia di AIDS, conosciamo la complicata storia d'amore fra due uomini, Hawkins “Hawk” Fuller (Bomer) e Timothy “Tim” Laughlin (Bailey)
Il primo è un politico ed eroe di guerra, affascinante, sicuro di sé, capace di cadere sempre in piedi ma non per questo meno spaventato da quanto l'influenza politica possa contagiare e riversarsi nell'ambito privato; il secondo invece è uno stagista mosso da grandi ideali e una forte fede religiosa, sognatore e romantico, ma combattuto nel cercare di accettare e comprendere la propria omosessualità, ritenuta ancora come una malattia. 

Quindi la difficoltà si fa doppia, non solo per tutte le turbolenze che una storia d'amore, specie se vissuta nell'ombra, può comportare, ma anche il complicato contesto socio-politico-culturale, dovute sia all'operato del senatore McCarthy, ma anche alla Guerra in Vietnam, gli ostacoli multilaterali della comunità LGBTQ+ e nera, e molto altro ancora, in decenni fatti di lotte e contraddizioni. 
Fellow Traverlers ha il pregio ed il merito di raccontare una storia che merita di essere raccontata, al punto che sembra basata su personaggi realmente esistiti, ed invece sono soltanto verosimili, emblemi di quella che era l'atmosfera che si poteva vivere (e purtroppo a volte si vive ancora) in quegli anni.
Il problema è però tutto il resto, e più ci penso, più noto cose che non mi sono piaciute in questa serie.

La prima e forse la più importante è il rapporto fra i protagonisti, e la loro caratterizzazione. Matt Boomer nel ruolo di Hawk sembra granitico, sempre uguale, sempre con gli stessi atteggiamenti e modi, da inizio a fine; mentre Jonathan Bailey (sì, quello di Bridgerton) fa un Tim/Skippy che a volte risulta quasi isterico, con delle reazioni che ho fatto fatica a comprendere. Ma soprattutto manca un tassello importante: cosa unisce queste due persone? Cosa li ha colpiti l'uno dell'altro e li ha tenuti insieme così tanto tempo? Ancora una volta si sceglie una rappresentazione dei personaggi queer super fisicata, bellissima e sensuale, ma al posto di darci maggiori aspetti del loro carattere, ci imbottiscono di scene sessualmente esplicite che non solo non servono a nulla, ma diventano anche poco credibili: in un'epoca in cui anche i muri hanno le orecchie, di certo stai ben attento a fare rumori, anche solo litigando.

Inoltre non si coglie la differenza di età fra i due, e  mi sembra estremamente inverosimile poi il trucco prostetico che dovrebbe trasformare giovani aitanti in arzilli ultra sessantenni. 
Per questo motivo a volte certe parti, come ad esempio l'episodio 7 (sono 8 in totale), mi hanno dato l'idea di riempitivo e di noia, perché qualunque divagazione sembra porti lontano da quello che invece vorresti vedere ovvero i due protagonisti principali.
Soffrono ancora di più i personaggi secondari di Compagni di Viaggio, che diventano meri strumenti per aggiungere tematiche sensibili, come appunto la doppia discriminazione subita dai neri omosessuali. Purtroppo nessuno di loro trova uno sviluppo soddisfacente anche se offrono spunti interessanti, come l'omofobia interiorizzata. 

Il contesto storico invece a volte risulta un po' confuso, principalmente per i continui salti temporali, e credo che diano per scontato alcune nozioni che non è detto siano conosciute.
A volte mi è mancata un po' di quella tensione che secondo me doveva esserci, anche se tutto il cast comunque fa del suo meglio.
Per quanto invece riguarda il tema dell'HIV e dell'epidemia degli anni '80, penso che ci siano miniserie come It's a sin ad esempio, che ne hanno saputo raccontare meglio la drammaticità e la complessità. 
Tutta la produzione di Compagni di viaggio mi è sembrata spesso artefatta, patinata, credo volutamente per creare questo appeal che può colpire un certo tipo di pubblico che cerca più l'appagamento visivo, e magari spacciarla per sofisticata. 
Per quanto mi riguarda, ma questo diventa ancora più personale come punto di vista, non ho avuto nemmeno quell'onda emotiva coinvolgente, che seguisse tutte le oscillazioni di un racconto che dovrebbe provocare rabbia, tristezza, ma anche tenerezza.
Quindi per tutto questo, per me, Fellow Travelers è una occasione mancata. 

Prova questi sieri di Revolution al posto di The Ordinary se...

Non è un mistero che Revolution Beauty (che molti conoscono come Revolution London o Skincare o Makeup Revolution) abbia creato una linea di prodotti per la cura del viso ispirandosi a chi già stava avendo successo in questo settore, ed in particolare a The Ordinary e The Inkey List (ve l'ho raccontato già qui).

D'altronde loro stessi non si sono mai nascosti dietro un dito a riguardo, ed esattamente come hanno fatto con il make-up per diversi anni, seguendo i trend del momento.
Proprio per questa ragione, nel corso del tempo, per me è stato quasi scontato confrontare i prodotti di Revolution con quelli che conoscevo meglio, e vorrei fare un'altra comparazione anche in questa recensione.

Spoilero però che penso sarà una delle ultime (se non proprio l'ultima) review/comparazioni che dedico in questo modo la brand, non perché non intendo usare più i prodotti di Revolution ma perché ho notato una loro sterzata ulteriore verso quei marchi virali, mettendo da parte quella gamma di attivi e prodotti che invece piacciono a me. Adesso ad esempio vedo che ultimamente stanno in qualche modo proponendo sieri e creme dupe o alternative a brand come Charlotte Tilbury e Estée Lauder, anche se onestamente non mi sono soffermato sulle formulazioni, ma già le confezioni e i nomi Revolution richiamano fortemente i top sale di queste aziende.

Ma metto da parte tutti questi miei pensieri di cui non vi interesserà nulla e vi racconto la mia esperienza con gli ultimi prodotti del brand che ho provato.


Revolution Skincare 10% Matrixyl
Siero anti segni di espressione e rughe


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🔎 Sito dell'aziendaOnline
💸 €10.99
🏋30ml
🗺 Made in UK
⏳ 12 mesi
🔬 Cruelty Free

È quasi impossibile non pensare subito al siero di The Ordinary quando si parla di Matrixyl, una delle componenti peptidiche che l'azienda utilizza spesso e volentieri e che Revolution ha declinato in un siero essenziale, in cui è l'unico attivo presente oltre la glicerina.
Infatti troviamo presenti due diverse generazioni di Matrixyl che, in sintesi estrema, stimolano la pelle ad aumentare la produzione di collagene, riducendo la formazione di rughe e segni, ma al contrario di The Ordinary non c'è l'acido ialuronico. Inoltre, e questa per me è una stranezza, nonostante Revolution dichiari il 10% di peptidi, questi si trovano praticamente agli ultimi posti nell'INCI, quindi non so come sia possibile che si raggiunga questa quantità, ma possiamo anche sopravvivere senza saperlo, no?

Per quanto riguarda la consistenza, si tratta di un siero piacevolissimo, acquoso, che scompare sulla mia pelle, che lo assorbe in maniera veloce e che non lascia residui appiccicosi. Anche in combinazione con altri sieri e creme la sua consistenza resta invisibile, non rendendo la skincare tutta sbriciolosa. Inoltre è inodore, e l'ho potuto applicare su tutto il viso, il collo e il contorno occhi senza fastidi.
A me il 10% Matrixyl Revolution è piaciuto anche perché lo trovo un siero idratante e compattante, che lascia una bella sensazione di pelle leggermente distesa, ma che si traduce in un effetto tensore non fastidioso, e che si adatta secondo me a cuti normali e miste, ma anche a quelle più secche, con la consapevolezza che sopra ci va altro. È un siero che potrei utilizzare tutto l'anno con piacere.

Dirvi cosa lo possa diversificare dal Matrixyl di The Ordinary non è semplice, perché sono davvero molto simili per la mia esperienza. A far vincere questo di Revolution è forse un costo più basso, che può portare anche chi non ha mai provato i peptidi sul viso a dargli una chance, ma anche l'assenza di acido ialuronico se avete sensibilità a questa sostanza, o pensate che la vostra skincare ne sia già sufficientemente carica, può essere un motivo per optare per questo siero.



Revolution Skincare Multi Peptide Serum
Siero anti linee sottili e rassodante


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🔎 Sito dell'aziendaOnline
💸 €10.99
🏋30ml
🗺 Made in UK
⏳ 12 mesi
🔬 Cruelty Free

Ora che il Buffet ha cambiato nome, la somiglianza fra Revolution e The Ordinary sembra ancora più sottile ma non è così, perché il Multi Peptide Serum è molto più vicino al 10% Matrixyl dell'azienda inglese o ad esempio al Collagen Booster di The Inkey List. Al suo interno troviamo infatti propri quella miscela di peptidi che compongono questa molecola, ma anche un altro ingredienti, dal nome lunghissimo, che è pur sempre un tripeptide e che molti conosceranno come "veleno di vipera". No, non strizzano le vipere per rubarne il fiele, ma è una sostanza costruita in laboratorio che vuole mimare l'effetto bloccante dei muscoli, e che rientra nella categoria dei "botox like" o "botox in bottiglia". In realtà, è importante che siamo tutti consci che non può avere lo stesso effetto della tossina botulinica iniettata da un medico estetico.

Il Multi peptide Serum Revolution è quindi una versione davvero molto, ma molto diluita del siero The Ordinary per cui un paragone sarebbe un passo più lungo della gamba, ma non per questo lo reputo sgradevole. Anzi mi è piaciuto molto: è un siero acquoso, che non si differenzia molto dal Matrixyl in termini di consistenza (è forse appena più sodo, ma proprio a volergli fare le pulci) e sensazione sul viso. 

Non lo trovo vischioso, si assorbe in fretta e anche in questo caso si ha a che fare con un siero viso idratante che mi lascia una bella sensazione di pelle morbida e rassodata. Avverto meno in questo caso l'effetto tensore.
Inoltre questo Multi Peptide Revolution mi sembra anch'esso adatto a pelli normali, secche e mature, e non si è comportato male quando l'ho fatto lavorare in sinergia con altri prodotti.
Personalmente non credo che questo siero batta in qualche modo il Multi Peptide Serum + HA di The Ordinary, perché quello credo sia nel top dei miei prodotti viso preferiti, ma Revolution Skincare ha indubbiamente un costo più accessibile, che può spingere una persona curiosa verso i peptidi a dargli una chance e magari a cominciare da qui per poi provare prodotti più elaborati. Ancora una volta inoltre l'assenza di acido ialuronico per alcuni può essere un plus, perché in fondo ormai si trova praticamente ovunque. L'unico siero che può dargli del filo da torcere è forse, come dicevo, quello di The Inkey List ma che ha una consistenza più liquida che non piace a tutti.


Revolution Skincare 5% Caffeine Solution + Hyaluronic Acid
Siero Contorno Occhi Rivitalizzante


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🔎 Sito dell'aziendaOnline, Amazon
💸 €6.99
🏋30ml
🗺 Made in UK
⏳ 12 mesi
🔬 Cruelty Free

Non sono un portatore costante di occhiaie: a volte, magari per mancanza di sonno o troppe ore al pc, posso notare un alone grigiastro e un maggiore inscurimento della zona perioculare, ma in generale ho solo una ondina bluastra dall'angolo interno dell'occhio. Non ho, se non in rarissimi casi, gonfiori o borse. In questo senso sono fortunato (ma in compenso ho un metabolismo lento) per cui mi basta poco per migliorare la situazione. 
Ricordo di non essere rimasto entusiasta dall'uso della Caffeine Solution 5% di The Ordinary perché mi sembrava più decongestionante che anti occhiaie e soprattutto credo tendesse un po' a seccare la pelle del contorno occhi, nonostante anche qui ci fossero acido ialuronico e glicerina. La mia recensione però risale ormai al 2017 (qui) ed è possibile che in 7 anni la formulazione sia cambiata. Ho però apprezzato molto la versione di Revolution Skincare.

È vero che la formulazione non ha l'estratto di tè (EGCG) che pare contribuisca a migliorare i problemi di gonfiore e occhiaie ma in compenso ci hanno messo la niacinamide, che comunque non solo ha un effetto benefico sulla pelle ma contribuisce anche con una azione anti macchia. Glicerina e acido ialuronico invece apportano idratazione al contorno occhi.
La 5% Caffeine Solution Revolution si presenta come un siero fluido, meno liquido di quanto ricordi sia quella di Deciem, che consente di fare una applicazione abbastanza precisa e mirata, e che non ha profumo aggiunto. Io infatti l'ho trovata delicata e l'ho applicata sia sulle palpebre superiori che inferiori senza fastidi.


Di questo siero mi è piaciuto il fatto che da un lato contribuisca ad illuminare e schiarire leggermente la zona perioculare, dall'altro apporti comunque idratazione al contorno occhi, che sento pure più liscio e morbido (ipotizzo da ignorante grazie ad una maggiore quantità di propanediolo, ma non prendetela per corretta). È vero che se come me avete superato i 30, non lo utilizzate da solo ma lo potenziate con una crema idratante, ma se la formula di The Ordinary è rimasta invariata (sono curioso di riprovarla a distanza di così tanto tempo, lo ammetto), credo che questa di Revolution Skincare sia un gradino migliore proprio per chi ha la zona del contorno occhi più secca e segnata. Inoltre si comporta bene anche insieme ad altri prodotti, incluso il trucco. Anche in questo caso inoltre, da un punto di vista puramente pecuniario, c'è del risparmio, che non guasta. 


Revolution Skincare 2% Salicylic Acid Serum
Siero Anti imperfezioni


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🔎 Sito dell'aziendaOnline, Amazon
💸 €8.99
🏋30ml
🗺 Made in UK
⏳ 12 mesi
🔬 Cruelty Free

Revolution ha una gamma molto ampia di sieri e prodotti con betaidrossiacidi, ma io ho scelto il siero al 2% perché mi sembrava quello più funzionale per le mie esigenze. Premetto però che in questa recensione, che dall'inizio è stata anche una comparazione, non posso fare un vero e proprio paragone con la Solution di The Ordinary perché ancora non l'ho provata, e comunque si tratta di due formulazioni abbastanza differenti.
Infatti, oltre al due percento di acido salicilico che è deputato a contrastare eccessi di sebo, punti neri e brufoli, il siero Revolution ha anche acqua di amamelide, anch'essa astringente e lenitiva, oltre che appunto la glicerina che aggiunge una funzione idratante. Si presenta come un siero molto liquido, leggero e fresco, con una delicatissima fragranza questa volta e che si assorbe alla velocità della luce senza risultarmi appiccicoso.

Gli alfa e beta idrossiacidi vanno sempre applicati su pelle asciutta, perché una pelle umida potrebbe favorirne un eccessivo assorbimento e portare ad irritazioni, anche se il prodotto di per sé è delicato e ben bilanciato. Questo per dirvi non che il 2% Salicylic Acid Serum sia aggressivo, anzi, ma che nella fretta in un paio di occasioni mi è capitato di applicarlo su pelle umida subito dopo il tonico, ed è come se si emulsionasse. Non se ne inficia l'efficacia ma ovviamente cambia consistenza e richiede qualche secondo in più ad assorbirsi. 
Piccola stranezza a parte, a me questo siero è piaciuto molto perché mi aiuta a contrastare la formazione di punti neri, filamenti sebacei e ho notato che fa asciugare e guarire prima quei brufoletti che saltuariamente mi ritrovo sul viso.

In generale io ho utilizzato questo prodotto Revolution soprattutto sulla zona T che è per me la più impura, ma lo trovo delicato da applicare anche su tutto il viso, cosa che faccio saltuariamente proprio per esfoliare, purificare e prevenire eventuali punti neri.
Come vi anticipavo, non posso fare un confronto fra i sieri a base di acido salicilico di The Ordinary e Revolution perché non ho una esperienza diretta. Il mio fiuto mi fa dire però che non ci sarà una reale differenza, perché in fondo sono entrambi formule molto semplici e acquose, e il BHA agisce praticamente sempre alla stessa maniera. Inoltre anche il costo non è così differente quindi credo si possano alternare senza grossi problemi.


Vi piacciono questi confronti? Sono utili?



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I film che ho visto su Prime Video in queste settimane

In queste settimane, più o meno dalle scorse feste natalizie ad ora, mi sono dedicato a qualche film uscito su Prime Video (che sembra lo snobbi ed invece non è così e poi diamo senso al pagamento dell'abbonamento), e, oltre a Saltburn, ho recuperato a tre titoli in particolare.

Il primo è Non così vicino, con Tom Hanks.


Titolo originale: A Man Called Otto
Genere: 
drammaticocommedia
Durata: 126 minuti
Regia: Marc Forster
Uscita in Italia: 16 febbraio 2023 (Cinema), Agosto 2023 (Prime Video)
Paese di produzione: Stati Uniti d'America, Svezia

Tratto da un libro bestseller svedese, che era già diventato un film in patria, A Man Called Otto è la storia di un uomo, Otto appunto, che, ormai giunto alla pensione, vede la sua vita perdere di senso: vive da anni da solo, non ha figli, e gli sembra che il mondo intorno a lui sia composto solo da maleducati e approfittatori. Cerca di mantenere l'ordine nella sua quotidianità e nell'area del suo abitato, riparando e sistemando qualunque cosa gli sembri fuori posto, ma è ormai stanco e vorrebbe farla finita. I suoi piani vengono però scombussolati dall'arrivo di una chiassosa famiglia, con a capo Marisol, la quale ha già due bambini ma aspetta il terzo, ed un marito che non sa parcheggiare a S. 

Non ho visto il film originale a cui si ispira Non così vicino, ma pare che ne abbiano tolto quell'humor nero che la caratterizzava, per farne un film più buonista forse. A me però il risultato non è spiaciuto, l'ho trovato emotivamente coinvolgente, con qualche momento inatteso, e qualche battuta riuscita.

È vero che quella di Otto è la parabola di molti altri personaggi già visti che, a primo impatto e per motivazioni differenti, possono risultare rompiballe, scorbutici e respingenti, ma che attraverso una serie di situazioni cambiano atteggiamento verso gli altri e la vita, ma non per questo il film mi è risultato noioso. È probabilmente qualcosa che al cinema non mi avrebbe appagato, mentre mi risulta più giusto e adatto ad una situazione come appunto l'home vision.

Uno di quei film che ti tengono compagnia senza richiedere grossa attenzione, che magari non vi lasciano di stucco, ma danno sicuramente una bella sensazione, e fa anche un po' riflettere.
Tom Hanks fa un ottimo lavoro nei panni di Otto, ci mette la sua eleganza, ed è stata una idea carina far interpretare il protagonista da giovane dal figlio dell'attore, ovvero Thruman Hanks. Mi ha fatto piacere rivedere Mariana Treviño, che io conosco tramite la serie Cecilia, su Paramount +, e mi ha fatto sorridere ritrovare Manuel Garcia-Rulfo in una veste più impacciata e meno da "quanto 'so figo" come in Avvocato di Difesa


Il secondo film che ho visto su Prime Video, solo per la presenza di Jennifer Lawrence è Fidanzata in affitto.


Titolo originale: No Hard Feelings
Genere: 
commedia
Durata: 103 minuti
Regia: Gene Stupnitsky
Uscita in Italia:  21 giugno 2023 (Cinema), 8 Febbraio 2023 (Prime Video)
Paese di produzione: Stati Uniti d'America

J Law è Maddie un ragazza più che trentenne che sta attraversando dei problemi economici e così decide di mettere a frutto la sua avvenenza e la sua intraprendenza attraverso un annuncio in cui si richiede, in effetti, una fidanzata in affitto. Il suo compito è infatti far uscire dal suo guscio il giovane Percy, in procinto di andare al college, dove i genitori temono possa essere messo in difficoltà da suoi compagni. Ovviamente il ragazzo deve restare all'oscuro di questo accordo, ma per Maddie non sarà facile perché Percy non è solo timido o introverso, ma è sensibile, divertente, ed ha, come tutti i giovani, paura per ciò che lo aspetta in futuro.

No Hard Feelings mi sembra un titolo migliore da quello proposto in italiano, perché rispecchia forse meglio la leggerezza degli intenti, ma anche il fatto che si parli di sentimenti. Perché l'incipit di Fidanzata in Affitto è proprio quello della commedia americana tipica, un po' fine anni '90 inizi 2000, con qualche battuta riuscita, qualche momento sexy (incluso un nudo inatteso ma non volgare), ed un linguaggio colorito e a volte sboccato, ma poi rivela il suo animo un po' più profondo sul finale. Non è che cambi del tutto genere nel corso del minutaggio, ma si cerca una maggiore maturità ed un livello di riflessione più profondo, che corrisponde ovviamente ad una crescita dei personaggi.

Purtroppo Fidanzata in affitto non mi ha lasciato granché perché la parte comica, per quanto efficace, non ha qualcosa di particolarmente brillante, anzi spesso si torna su schemi e battute già sentite (esempio blando, sottolineare che Maddie sia "vecchia" rispetto a Percy). La parte più profonda è quasi incidentale, trova giusto spazio in pochi minuti finali e non spicca per particolare tenerezza o appunto maturità. Diciamo che nell'insieme l'ho trovato un pelo lungo per gli intenti e con un ritmo non sempre calzante.
Jennifer Lawrence fa un buon lavoro, e lo stesso vale per Andrew Barth Feldman, mentre i personaggi secondari, seguendo il genere, hanno le loro piccole o grandi stramberie ma non trovano uno sviluppo, ma sono poco più che funzionali alle storie. 
Anche in questo caso un film che al massimo consiglio per una visione casalinga ma che al cinema mi avrebbe davvero deluso.

Il terzo film è una delle uscite più recenti e si chiama Gioco di ruolo, con Kaley Cuoco.


Titolo originale: Role Play
Genere: 
commedia, azione
Durata: 101 minuti
Regia: Thomas Vincent
Uscita in Italia: 12 Gennaio 2024 (Prime Video)
Paese di produzione: Stati Uniti d'America, Francia, Germania

Emma (Cuoco appunto) ha una doppia vita: da un lato è una moglie e una mamma amorevole, sebbene distratta dai molti viaggi di lavoro, dall'altro è una killer spietata che si fa chiamare Anna durante le sue missioni sotto copertura e che fa fatica a mantenere segreta la sua identità. Proprio per via dei suoi continui viaggi Emma dimenticherà l'anniversario col marito Dave, e cercando di recuperare la mancanza, decide di proporgli un gioco di ruolo: faranno finta di essere completi estranei e si incontreranno in un albergo. Quello che però dovrebbe essere un semplice modo per ravvivare il rapporto di coppia, creerà una reazione a catena che poterà Emma a far scontrare i due mondi in cui vive e a dover proteggere la sua famiglia.

Ho molta simpatia per Kaley Cuoco e la ritengo una brava attrice, e questo mi ha spinto a vedere questo film, che sulla carta e nella realtà funziona, ma che punta ad uno standard di sceneggiatura troppo comune e prevedibile. 
Gioco di ruolo mixa un po' i generi puntando sia alla commedia ironica, leggera, con qualche equivoco e i tipici film di azione, con inseguimenti, sparatorie, scazzottate. In entrambi questi settori non spicca particolarmente perché da un lato non mi ha proprio fatto sganasciare dalle risate, dall'altro la parte action non è così emozionante e al cardiopalma. Il problema è che buona parte degli snodi e dei momenti di sorpresa sono prevedibili, e soprattutto la spiegazione che subito dopo ci mostrano, tende ad azzoppare ancora di più la fluidità.

Molti hanno paragonato Role Play a Mr and Mrs Smith, e siamo tutti d'accordo che il filone delle pellicole basate su doppie vite è già affollato, ma restando nella carriera di Kaley Cuoco a me ha ricordato più L'assistente di Volo (purtroppo fermata alla seconda stagione) non solo per l'attrice ma anche per le dinamiche più buffe. 
Il cast è comunque carino, e sia la Cuoco che David Oyelowo traducono bene le loro parti, ma non hanno sfumature particolari, e molto spesso anche le loro reazioni sono telefonate. In ogni caso è un film guardabile, che fa passare una serata piacevolmente, e penso che un po' tutti abbiamo visto di peggio nella nostra vita, ma penso che Gioco di ruolo sia un film troppo secondario per essere ricordato. 

Vi sono piaciuti