Dopo Oliver poteva finalmente essere un bel film su Netflix

Ci sono tematiche che a volte, se trattate in un certo modo, risultano banali e già viste, anzi pure noiose, ma c'è chi trova quella chiave, quella variazione che può risultare interessante. Ho pensato che fosse accaduto proprio questo con il nuovo film Netflix Dopo Oliver, diretto, scritto e interpretato da Dan Levy.


Titolo originale: Good Grief
Genere: 
drammaticocommedia
Durata: 100 minuti
Regia: Dan Levy
Uscita in Italia: 5 gennaio 2024 (Netflix)
Paese di produzione: Stati Uniti d'America

Marc (Levy appunto) sta ancora elaborando il lutto della perdita della madre, che lo ha spinto a smettere di dipingere, ma ha comunque ripreso la sua vita in mano grazie al marito e scrittore Oliver (Luke Evans). Quando però anche questo improvvisamente viene a mancare, Marc si sente del tutto spaesato. Ma, come se questo carico emotivo non fosse già abbastanza, inizia a scoprire aspetti della vita del marito che non conosceva, e che lo porteranno addirittura a Parigi, insieme ai suoi migliori amici, per elaborare ed affrontare quanto è accaduto e sta accadendo nella sua vita.

La rielaborazione del lutto è al centro di Good Grief e sin da subito ho avuto l'impressione che volesse trattare questo ed altri argomenti che riguardano sempre la sfera umana, in una maniera diversa, non superficiale, ma più leggera, più nuova, meno pesantona e strappalacrime ad ogni costo. Già il funerale di Oliver, un esempio spoiler free, ha una vena sopra le righe che rende quel momento, almeno in parte, un po' più sarcastico. 
O ancora, potrebbe essere interessante il fatto che gli amici di Marc prestino il fianco ad altri argomenti, meno drammatici, ma comunque universalizzabili e difficili nella vita di giovani uomini e donne, come una rottura amorosa, o il bisogno di cercare il proprio posto nel mondo. L'intendo di Dopo Oliver a puntare tutto su questa sfera, si capisce molto sia da come la regia punti molto a mostrare la gestualità e l'espressività dei personaggi, sia dall'attenzione che viene prestata ai dialoghi.

Sarebbe insomma un bel film, che dovrebbe investire lo spettatore con una serie di emozioni, se non fosse che tutti questi argomenti devono passare attraverso dei caratteri che tendono ad essere più che altro respingenti e meno accoglienti nei confronti dello spettatore.
Dan Levy ad esempio a volte funziona nel ruolo di Marc, altre invece si perde in una serie di faccette che risultano un po' caricaturali, un po' finte, e ho notato che si è affibbiato certe battutine acido-piccate che non lo rendono arguto, ma lo fanno sembrare un lupo vestito da agnello, e che stridono con i continui salamelecchi e "ti voglio bene" del finale. 
Un altro errore è stato tentare di dare spazio agli amici Thomas (Himesh Patel) e Sophie (Ruth Negga) senza però costruirne un arco narrativo, con la conseguenza che risultano centrali anche se non dovrebbero esserlo, e molte delle loro reazioni sembrano esagerate, irreali, basate su nulla.

Da spalle per supportarlo in questo momento difficile, i due amici di Marc infatti sembra quasi che pretendano di avere uno spazio sulla schermo che non gli spetta del tutto e, peggio ancora, che nessuno vuole dargli.
I più silenti personaggi secondari riescono a fare quasi di meglio, sebbene siano un po' svuotati da caratteristiche particolari.
Mi è piaciuta però la musica di questo film, che ho trovato raffinata, e non invadente, ed in generale Good Grief ha un buon ritmo che non annoia.
La prima prova da regista di un lungometraggio è secondo me superata da Daniel Levy, perché in fondo si concentra su ciò che avrebbe dovuto, ovvero l'espressività dei suoi personaggi e sui dialoghi, e soprattutto su due bellissime città che fanno da sfondo come Parigi e Londra. Ma avrebbe dovuto dare secondo me altre caratteristiche e trovare interpretazioni differenti ai protagonisti di Dopo Oliver per poter trasmettere quelle sensazioni che avrebbe dovuto e potuto. 


2 commenti:

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  1. Delusione anche per me, che ci tenevo visto quanto ho voluto bene a Dan Levy in Schitt's Creek.
    Per me l'errore è soprattutto a livello di sceneggiatura, pesantissima di parole che non fa che passare da una confessione all'altra a un certo punto senza lasciare respiro.
    Ci sono momenti belli, altri di troppo, e si intuisce che sì, poteva essere migliore. Peccato. I quadri di Marc, però, li comprerei tutti!

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    1. Io lui lo conosco più che altro per video e scene (e gif) che ho visto qui e lì, e forse qualche intervista. L'ho sempre immaginato come un attore comico, quindi doveva indubbiamente fare un salto differente e immagino che abbia cercato di rendere il film intenso, finendo nell'artificioso.
      I quadri di Marc li ho trovati un po' cringe ad essere sincero tutti con amici e parenti... però bello stile!

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