Mi spiace, ma Fellow Travelers non mi è piaciuta

Basata sull'omonimo romanzo di Thomas Mallon, da Ottobre a dicembre dello scorso anno è stata resa disponibile su Paramount+ una nuova miniserie con protagonisti Matt Bomer e Jonathan Bailey, che si intitola Compagni di viaggio.

Siamo negli Stati Uniti e in un moto costante fra passato e presente, dagli anni '50 caratterizzati dal maccartismo, che fra l'altro unì la caccia ai comunisti a quella degli omosessuali, e passò alla storia come Red e Lavander Scare, fino agli anni '80, quando tutto il mondo veniva colpito dalla pandemia di AIDS, conosciamo la complicata storia d'amore fra due uomini, Hawkins “Hawk” Fuller (Bomer) e Timothy “Tim” Laughlin (Bailey)
Il primo è un politico ed eroe di guerra, affascinante, sicuro di sé, capace di cadere sempre in piedi ma non per questo meno spaventato da quanto l'influenza politica possa contagiare e riversarsi nell'ambito privato; il secondo invece è uno stagista mosso da grandi ideali e una forte fede religiosa, sognatore e romantico, ma combattuto nel cercare di accettare e comprendere la propria omosessualità, ritenuta ancora come una malattia. 

Quindi la difficoltà si fa doppia, non solo per tutte le turbolenze che una storia d'amore, specie se vissuta nell'ombra, può comportare, ma anche il complicato contesto socio-politico-culturale, dovute sia all'operato del senatore McCarthy, ma anche alla Guerra in Vietnam, gli ostacoli multilaterali della comunità LGBTQ+ e nera, e molto altro ancora, in decenni fatti di lotte e contraddizioni. 
Fellow Traverlers ha il pregio ed il merito di raccontare una storia che merita di essere raccontata, al punto che sembra basata su personaggi realmente esistiti, ed invece sono soltanto verosimili, emblemi di quella che era l'atmosfera che si poteva vivere (e purtroppo a volte si vive ancora) in quegli anni.
Il problema è però tutto il resto, e più ci penso, più noto cose che non mi sono piaciute in questa serie.

La prima e forse la più importante è il rapporto fra i protagonisti, e la loro caratterizzazione. Matt Boomer nel ruolo di Hawk sembra granitico, sempre uguale, sempre con gli stessi atteggiamenti e modi, da inizio a fine; mentre Jonathan Bailey (sì, quello di Bridgerton) fa un Tim/Skippy che a volte risulta quasi isterico, con delle reazioni che ho fatto fatica a comprendere. Ma soprattutto manca un tassello importante: cosa unisce queste due persone? Cosa li ha colpiti l'uno dell'altro e li ha tenuti insieme così tanto tempo? Ancora una volta si sceglie una rappresentazione dei personaggi queer super fisicata, bellissima e sensuale, ma al posto di darci maggiori aspetti del loro carattere, ci imbottiscono di scene sessualmente esplicite che non solo non servono a nulla, ma diventano anche poco credibili: in un'epoca in cui anche i muri hanno le orecchie, di certo stai ben attento a fare rumori, anche solo litigando.

Inoltre non si coglie la differenza di età fra i due, e  mi sembra estremamente inverosimile poi il trucco prostetico che dovrebbe trasformare giovani aitanti in arzilli ultra sessantenni. 
Per questo motivo a volte certe parti, come ad esempio l'episodio 7 (sono 8 in totale), mi hanno dato l'idea di riempitivo e di noia, perché qualunque divagazione sembra porti lontano da quello che invece vorresti vedere ovvero i due protagonisti principali.
Soffrono ancora di più i personaggi secondari di Compagni di Viaggio, che diventano meri strumenti per aggiungere tematiche sensibili, come appunto la doppia discriminazione subita dai neri omosessuali. Purtroppo nessuno di loro trova uno sviluppo soddisfacente anche se offrono spunti interessanti, come l'omofobia interiorizzata. 

Il contesto storico invece a volte risulta un po' confuso, principalmente per i continui salti temporali, e credo che diano per scontato alcune nozioni che non è detto siano conosciute.
A volte mi è mancata un po' di quella tensione che secondo me doveva esserci, anche se tutto il cast comunque fa del suo meglio.
Per quanto invece riguarda il tema dell'HIV e dell'epidemia degli anni '80, penso che ci siano miniserie come It's a sin ad esempio, che ne hanno saputo raccontare meglio la drammaticità e la complessità. 
Tutta la produzione di Compagni di viaggio mi è sembrata spesso artefatta, patinata, credo volutamente per creare questo appeal che può colpire un certo tipo di pubblico che cerca più l'appagamento visivo, e magari spacciarla per sofisticata. 
Per quanto mi riguarda, ma questo diventa ancora più personale come punto di vista, non ho avuto nemmeno quell'onda emotiva coinvolgente, che seguisse tutte le oscillazioni di un racconto che dovrebbe provocare rabbia, tristezza, ma anche tenerezza.
Quindi per tutto questo, per me, Fellow Travelers è una occasione mancata. 

2 commenti:

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  1. Mi consoli, l'ho abbandonata al terzo episodio in cui mi ero resa conto che mi interessava poco della storia, che tutto mi sembrava esagerato, con troppe scene di sesso esplicito che mal si incastravano con il resto.

    Visto a pochi giorni dalle classifiche di fine anno, sapevo non ci sarebbe entrata e l'ho lasciata lì, ma non ho ancora avuto voglia di finirla...

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    1. Ti confesso che io l'ho terminata per inerzia, alla ricerca di qualcosa che poi non è mai arrivato, e se non dovessi proseguirla secondo me non è una gran perdita

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