Tre commedie in streaming per una serata senza pensieri

Ho volutamente pescato a caso fra le tante commedie (o presunte tali) che vengono proposte sulle varie piattaforme di streaming e ne ho scelte tre, lasciandomi guidare dai titoli e dagli attori coinvolti, semplicemente perché mi andava di vedere qualcosa su questo genere, seguendo le orme di The Idea of You. Vi lascio le mie impressioni.


Vicini davvero (2024)


Titolo originale: Pared con pared
Genere: 
commedia, sentimentale
Durata: 98 minuti
Regia: Patricia Font
Uscita in Italia: 12 aprile 2024  (Netflix)
Paese di produzione: Spagna

Non sapevo che questo Vicini Davvero, disponibile su Netflix dal 12 Aprile di quest'anno, fosse in realtà il remake di una commedia francese del 2015 che non avevo visto, per cui la storia mi è sembrata abbastanza inedita, al netto ovviamente di tutta una serie di caratteristiche del genere.
Valentina (interpretata da Aitana, cantante spagnola pare famosa) è una pianista che si è appena traferita in un nuovo appartamento e sta preparando una audizione importante, ma soprattutto sta cercando un nuovo equilibri fra lavoro e amore. Inaspettatamente dovrà avere anche a che fare con un vicino che non sembra darle pace: David (Fernando Guallar) è infatti un misantropo sviluppatore di videogiochi, che pur non abitando nello stesso edificio di Valentina, sente tutto ciò che accade in casa della ragazza. I due cercheranno una via di incontro e non sarà semplice.

Due quasi opposti che si attraggono e che soprattutto devono uscire dalle loro abitudini, dalle zone di comfort in cui, per motivi svariati, si sono rintanati, al fine ultimo di trovare qualcosa che davvero vale la pena provare, ovvero l'amore. Diciamo che così potrei riassumere il senso più profondo di Vicini Davvero, sebbene di profondo ci sia ben poco, perché appunto abbiamo a che fare con una delle tante commedie romantiche che si trovano ormai sui siti di streaming.
Con questo non intendo dire che Pared con pared non sia una gradevole compagnia, anzi l'ho trovato fresco, scorrevole, con qualche idea carina, come l'incipit stesso che vedrà i due protagonisti comunicare da dietro una parete. È ovvio che altrettanto leggero deve essere l'umore con cui si vede questo film perché spesso non tutto volge verso un'ottica severamente realistica, e si arriva proprio al finale prevedibile a cui sicuramente starete pensando anche se non avete visto ancora il film.


Vicini davvero ha anche un cast carino, penso azzeccato per i ruoli, e fra cui c'è anche Miguel Ángel Muñoz che io ricordo ancora da Paso Adelante. Forse si poteva fare qualcosa in più nel caratterizzare i personaggi, che spesso risultano un po' superficiali e con reazioni non sempre comprensibili o comunque ben spiegate. Penso ad esempio alla decisione dei due protagonisti di non incontrarsi subito che poteva essere impostata in maniera un po' più convincente.
In ogni caso Vicini Davvero resta un intrattenimento semplice, dolce, che tiene compagni senza stancare.



Fingernails - Una diagnosi d'amore (2023)


Genere: commedia, fantascienza, drammatico
Durata: 113 minuti
Regia: Christos Nikou
Uscita in Italia:  3 novembre 2023  (Apple Tv+)
Paese di produzione: Stati Uniti d'America

Per la quota dei recuperi tardivi nomino Fingernails, film dello scorso anno proposto da Apple Tv + e che non rientra perfettamente nel genere commedia, ma è più una commistione di generi, che sfumano nel fantasy (anche se secondo me è più semi-distopico) e nel dramma. 
Anna (Jessie Buckley) vive una relazione con Ryan (Jeremy Allen White da The Bear) e il loro amore sembra essere stato confermato, tre anni prima, da un particolare test che sembra garantire se le persone stiano davvero con la persona destinata a loro. Un test che comunque fa discutere non solo perché ha distrutto diverse coppie ma anche perché si basa sull'asportazione di un'unghia che viene inserita dentro un macchinario che elabora appunto la diagnosi d'amore.

Anna non è però sicura che la sua relazioni sia davvero appagante per lei, e proprio per cercare di conoscere meglio l'efficacia e le fasi del test, troverà lavoro in questo istituto in cui si eseguono le diagnosi, ma anche dei corsi per coppie, e proprio questo lavoro metterà in dubbio il suo rapporto con Ryan, specie perché incontra lo specialista Amir (Riz Ahmed che non vedevo da The Night Of).


Si può calcolare l'amore attraverso una formula specifica o attraverso un macchinario? Cosa caratterizza una relazione davvero, cosa tiene insieme due persone, quali sono i legami che valgono? Sono un po' queste le domande che Fingernails tenta di porre attraverso questa storia e soprattutto la clinica in cui vengono messe sotto esame le coppie. Ma è un racconto grottesco, già solo per il fatto dell'esportazione dell'unghia, ma anche per gli esperimenti e i corsi che vengono portati avanti nell'istituto, per dimostrare che in fondo calcolare l'amore è impossibile e soprattutto da evitare, se non si vuole finire in una miseria umana e sentimentale.
Tutto sommato è un film che riesce comunque nell'intento di appunto intrattenere perché non si tratta di una storia particolarmente cervellotica anzi, si nota subito dove vogliono andare a parare perdendo quella ricercatezza e quello spessore che forse era l'intento principale di Fingernails.


Se si scava un po' a fondo secondo me non tutto risulta credibile e spesso la superficialità è la spiegazione di alcuni elementi, anche nell'ottica distopica o fantasy che il regista Christos Nikou ha voluto creare. Ad esempio il macchinario che dovrebbe esaminare la validità delle coppie appare molto rudimentale, non mi pare che venga spiegato come funzioni, e di conseguenza non si capisce come venga preso in così tanta considerazione generale. 
Si arriva poi ad un certo punto che tutto diventa abbastanza prevedibile e in cui il ritmo si perde un po' dalla parte centrale alla fine, pur senza risultare noioso. 
Buono il cast, anche se è il personaggio di Jessie Buckley ad avere più spazio, mentre Riz Ahmed non ha un approfondimento particolare, e Jeremy Allen White si limita a ripetere tutto il tempo le stesse due battute ed espressioni. 

 

La madre della sposa (2024)


Titolo originale: Mother of the Bride
Genere: 
commedia, sentimentale
Durata: 88 minuti
Regia: Mark Waters
Uscita in Italia: 9 maggio 2024 (Netflix)
Paese di produzione: Stati Uniti d'America

Concludo brevemente con l'ultima uscita su Netflix che vede protagonista Brooke Shields nei panni di Lana, una genetista di successo che scopre che sua figlia Emma (Miranda Cosgrove) improvvisamente si sposa con il suo compagno e collega RJ in Thailandia. I due ragazzi infatti sono influencer e brand ambassador e avranno le nozze organizzate dalle aziende per cui lavorano. Lana però non è convinta, non solo perché teme di perdere sua figlia, ma anche perché scoprirà che il padre di RJ è una sua vecchia conoscenza del college. Si ritroverà in sostanza fra tante emozioni differenti, ma non può mettere in difficoltà la figlia e soprattutto dovrà affrontare alcuni fantasmi del passato.


Non mi soffermo troppo su La madre della sposa perché già capite che è un film estremamente derivativo. Il titolo magari riporta alla mente "Il padre della sposa" con Steve Martin e Diane Keaton, ma tutte le dinamiche e le vicende ricordano tantissimi altri film più o meno noti ed anche recenti.
Per dirne alcuni che mi sono venuti in mente Ticket To ParadiseTi presento i suoceri e Tutti tranne te, ma se ci riflettessi un attimo avrei ancora più titoli da indicare. Non c'è insomma alcuno sforzo di portare qualcosa di particolarmente originale, ma alla fine non è tutto da buttare.
La madre della sposa è comunque simpatico, grazioso, mette in scena attori belli e spiagge e location ancora più spettacolari. Qualche gag comica è più riuscita di altre, al netto di tanti equivoci prevedibili e appunto tipici del genere.

Le parti di tensione maggiore si sciolgono molto facilmente, non ci sono complicazioni drammatiche, e si arriva alla fine senza colpo ferire.
Purtroppo infatti i temi più interessanti vengono appena accennati: nonostante ad esempio Lana ed Emma svolgano due mansioni diametralmente opposte non c'è alcun conflitto da questo punto di vista, ma anche il mondo del web marketing e dei content creator poteva essere una idea carina da sviluppare in chiave umoristica e invece nada.
Mother of the Bride è un film di compagnia, che metti lì mentre stiri, cucini o ti fai le unghie perché tanto non richiede particolare attenzione. Come è arrivato sicuramente se ne andrà e ce ne dimenticheremo, ma intanto non fa danni e sicuramente ho visto di peggio.








Nuova maschera Contorno Occhi Geomar: la mia esperienza

Negli ultimi mesi ho avuto due focus in particolare per quanto riguarda la cura della pelle: il primo è essere più costante con le maschere viso, esattamente come facevo tempo addietro, ma anche concentrarmi di più sui trattamenti del contorno occhi, considerando che fra qualche mese saranno 35 e che questa è sempre stata una zona del mio viso che mi richiede più attenzione.

Casca perfettamente a fagiolo la nuova Maschera Contorno Occhi 2 in 1 di Geomar, ad effetto antifatica e decongestionante. 


INFO BOX
🔎 Grande distribuzione
💸 €1.59
🏋 12 ml
🗺 Italia
⏳ 6 Mesi
🔬 //

Negli scorsi mesi avevo già avuto modo di mettere alla prova i nuovi trattamenti che Geomar sta via via lanciando, che sono andati ad affiancare le loro maschere viso già arcinote (qui quelle in crema e qui quelle in tessuto), ma credo sia la prima volta che l'azienda abbia pensato ad un prodotto per la zona perioculare, e quindi non potevo non provarla. 


  • Cos'è e come si usa 📋

La Maschera Contorno Occhi Geomar si vuole occupare delle problematiche della zona oculare come borse, occhiaie, ma anche disidratazione, e segni di stanchezza in generale. 
Si presenta come una crema bianca inodore per essere più delicata sulla zona, abbastanza soda e compatta ma facile da prelevare e stendere.

La cosa interessante è questo utilizzo doppio perché da un lato può essere utilizzata essenzialmente come un contorno occhi, quindi prelevando piccole quantità da picchiettare e far assorbire, come una qualunque crema, sia al mattino che alla sera, oppure come una vera e propria maschera. In questo secondo caso va prelevato più prodotto e lasciato agire per circa 10 minuti, e poi tamponare l'eventuale residuo rimasto senza sciacquare. Non è specificata la frequenza dell'uso come maschera, ed immagino che un paio di volte a settimana siano sufficienti, ma potendola usare tutti i giorni come crema, non credo vi sia problema ad aumentate la frequenza, ovviamente a secondo delle necessità.
Inutile specificare che va applicata su pelle pulita.
Io l'ho testata in entrambi i modi e non avendo avuto problemi di sorta l'ho fatta diventare una maschera notturna, quindi dopo i miei sieri e le mie creme ne applico un layer abbondante e omogeneo prima di andare a dormire.
La confezione è richiudibile proprio perché ci si possono fare più applicazioni e dosi.


  • Gli ingredienti 🧪

Questa maschera Geomar ha un INCI particolarmente ricco ed interessante, ed è composta dal 95 % di ingredienti origine naturale.
È arricchita con alcuni emollienti come burro di karité, tridecane e olio di semi di girasole, ma anche una vasta componente di agenti idratanti come glicerina, acido ialuronico, ma anche ingredienti rinfrescanti, addolcenti e lenitivi come l'estratto di cetriolo, quello di centella e quello di fiordaliso. 

Gli altri elementi particolari di questa maschera occhi Geomar sono la combinazione di due diverse alghe, una rossa e una bruna, che vengono uniti in un composto chiamato PHYCO’DERM®, a cui vengono associati tantissimi benefici, dal potere antiossidante a quello di stimolare i fibroblasti e il collagene, ma anche di attenuare borse e occhiaie. Poi troviamo anche l'acqua fermentata di riso che non solo ha un effetto addolcente, idratante e lenitivo, ma funge da post-biotico per la pelle quindi ripara la barriera cutanea, e la rinforza.

La particolare tecnologia che deriva dall'amido di patate e che dovrebbe dare un effetto rinfrescante a cui Geomar fa riferimento, dovrebbe essere il Sodium Carboxymethyl Starch, che in realtà nasce per dare corpo alle creme, ma che ha un tocco fresco e setoso. 



  • Perché mi piace 👍🏻

Non ho alcun dubbio nel dire che questa maschera occhi Geomar per me è più che promossa e credo che per il rapporto qualità - quantità - prezzo sia davvero una piccola chicca per un marchio economico da grande distribuzione. 
La trovo molto gradevole in entrambi i modi d'uso che vi suggerivo sopra perché non si asciuga ma viene bene assorbita dalla mia pelle, e non crea patine o pellicine anche in combinazione con altri prodotti, e mi sembra ideale per un contorno occhi come il mio che tende a seccarsi e quindi segnarsi. È infatti una maschera nutriente e idratante, che lascia la zona morbida, distesa, davvero più carina e riposata, anche abbastanza compatta ma elastica. Come dicevo non la trovo untuosa o pesante, non mi lascia residui ma credo sia più adatta a pelli secche o normali, meno a chi magari ha una zona perioculare non particolarmente bisognosa o giovane. 

L'effetto rinfrescante di cui vi parlavo sopra è molto delicato, leggero, non aspettatevi una sensazione mentolata, anzi è un prodotto delicato che non mi ha mai dato fastidio agli occhi. 

Se dosata nelle giuste quantità, questa Maschera Occhi 2 in 1 Geomar può essere appunto una buona crema idratante per il giorno e fungere da base trucco, io però l'ho preferita come trattamento ricostituente per la notte o comunque come maschera extra, e spesso l'ho utilizzata con i patch di silicone di Catrice per creare un effetto ancora più occlusivo e ancora più distensivo.


  • Perché non mi piace 👎🏻

Non ho aspetti negativi da raccontare di questa maschera Geomar, se non due caratteristiche che credo siano secondarie. La prima l'ho già accennata e riguarda appunto le personali necessità: secondo me la presenza di emollienti medio-pesanti la rendono più adatta a chi deve nutrire la zona perioculare, meno per chi ha una pelle giovane e poco segnata. Il secondo aspetto riguarda l'azione decongestionante e defaticante che non ho visto così marcata su di me. È vero che non ho borse o occhiaie marcate, ed è anche vero che una zona perioculare più nutrita, idratata e distesa, già appare meno stanca e più omogenea, ma dirvi che ho notato un vero e proprio effetto sulla parte più scura delle occhiaie sarebbe insincero.
Probabile che chi in questo senso ha necessità più marcate possa vedere dei benefici, ma io nel dubbio vi consiglio di comprarla con aspettative medie da questo punto di vista.






Ripley: le differenze fra i film e la nuova serie tv Netflix

Ci sono quelle storie che vengono riproposte non sempre con la fortuna di essere apprezzate dal pubblico, ma non è il caso di Ripley, personaggio tratto dai romanzi di Patricia Highsmith, e che è tornato in auge quando Netflix (e ShowTime) ha proposto la sua serie tv, tanto che è diventato uno dei prodotti più visti sulla piattaforma. 

Ma Tom Ripley era già stato al centro di altri due film prima che venisse interpretato da Andrew Scott, e proprio fra queste tre diverse versioni vorrei fare un confronto, fra similarità, differenze e scoprire quale meglio rende secondo me l'essenza del personaggio. 

L'incipit è sempre lo stesso e penso che ormai sia più che noto: siamo negli anni '60, ed il giovane e scapestrano Thomas Ripley viene assoldato dal benestante signor Greenleaf affinché riporti a casa suo figlio Richard "Dickie" che si trova in Italia, dove fa una vita da nababbo con la compagna Marge Sherwood, con la scusa di cercare ispirazione per dipingere. In Tom però scatterà altro nei confronti di Dickie, una sorta di amore-ossessione che non solo è legato allo stile di vita agiata che il ragazzo conduce, ma anche verso il rampollo stesso, e proprio per questa sua estrema brama si ritroverà a compiere i peggiori atti pur di arrivare al suo scopo. 
Roba che l'Oliver di Saltburn non si è inventato nulla a confronto.

Erano gli anni '60 anche quando un giovanissimo e ancora non particolarmente famoso Alain Delon vestì i panni di Ripley in Delitto in pieno sole (Plein soleil), che è poi fra i primi adattamenti cinematografici di questa storia.


Titolo Originale: Plein Soleil
Genere: 
drammaticothriller
Durata: 118 minuti
Regia: René Clément
Uscita in Italia: 1960
Paese di produzione: Francia, Italia

In questo caso si conosce poco della vita e della provenienza di Tom, si sa solo che appunto che è stato ingaggiato dal padre di Philippe (sì, non Dickie) "Filippo" Greenleaf (Maurice Ronet) affinché lo convinca a ritornare a casa. Tom e Philippe sono già a Roma, folleggiando come sempre, ma sarà una lunga traversata verso Taormina che spingerà Ripley ad iniziare il suo piano di rivalsa e vendetta contro lo pseudo amico.

Filippo infatti si prende gioco di Tom più e più volte durante il viaggio, al punto da sottovalutarlo anche quando questo gli dichiara apertamente le sue vere intenzioni. Così Tom avrà la strada spianata e alla prima occasione utile metterà in atto i suoi intenti criminali, e da quel momento costruirà un castello di inganni verso la famiglia Greenleaf e Marge (Duval in questo caso), iniziando a spacciarsi per Philippe, imitando la sua voce e scrivendo lettere per suo conto, e soprattutto riuscendo più e più volte a farla franca quando la polizia indagherà sulla scomparsa del ragazzo.

Delitto in pieno sole prende la storia di Ripley per farne un thriller abbastanza lineare, in cui a dirla tutta il personaggio principale viene un po' appiattito. Alain Delon è bravissimo ad interpretarlo, ha un fascino naturale, ma già non conoscere almeno sommariamente le sue origini e far diventare le sue intenzioni come mosse sì, dalla voglia di riscatto, ma soprattutto dalla vendetta verso Filippo, toglie alcune sfaccettature a Tom. In questo caso infatti il rampollo dei Greenleaf è davvero il tipico spaccone insopportabile che non si crea scrupoli con nessuno, lo si vede sin dalle prime scene, e che non rispetta nemmeno le aspirazioni della sua ragazza, quindi è più una rivincita che Tom vuole nei confronti di Philippe.

In questo Ripley infatti secondo me manca quella fascinazione e quella ambiguità che Tom ha nei confronti di Dickie, ma sembra più che altro interessato ai suoi soldi e a Marge, e ovviamente a salvarsi la pelle. Credo sia stata una scelta voluta sia per semplificare i livelli narrativi, sia forse per evitare di sfociare in temi più spinosi per l'epoca.


Tom infatti sembra abbastanza intenzionato a sedurre Marge, anche solo per aggiungerla all'elenco di cose che ha sottratto al suo "amico" più che per reale amore.
Se il Ripley di Delon come dicevo si perde qualche sfaccettatura, un po' più didascalici risultano anche il Filippo di Ronet e la Marge di Marie Laforêt, che si strugge per il suo amato in maniera molto semplicistica, senza poi avere una reale influenza nella storia.

Ma questo non toglie meriti al cast che è convincente (c'è pure un cameo di Romy Schneider) e Plein soleil in generale è un film che si lascia seguire, nonostante possa risultare un po' datato: infatti ha un ottimo ritmo, vengono raccontati abbastanza bene tutti i vari escamotage e spostamenti che Ripley mette in atto, oltre alla sua affabilità.
Cambia però il finale, che forse aggiunge una accezione morale che il romanzo di Highsmith sembra non avere.

Qualche decennio più tardi, il regista premio Oscar Anthony Minghella, riprenderà la storia di Ripley con un cast eccezionale: Jude Law, Matt Demon, Gwyneth Paltrow, Cate Blanchett, ma anche una bella scelta di attori italiani come Fiorello, Sergio Rubini, Stefania Rocca e Ivano Marescotti.
Era il 1999 e Il Talento di Mr. Ripley si beccò anche tante candidature ai vari premi, fra Golden Globes, Oscar e Bafta, ma le vittorie furono magre.

Titolo Originale: The Talented Mr. Ripley
Genere: 
drammaticothriller
Durata: 139 minuti
Regia: Anthony Minghella
Uscita in Italia: 17 Marzo 2000 (Cinema)
Paese di produzione: Stati Uniti d'America

Il Thomas Ripley di Matt Demon si avvicina per certi versi a quello di Delon, ma viene raccontato in maniera più ampia: sappiamo infatti che si occupa di piccoli lavori umili per sopravvivere, e come incontra quasi casualmente i genitori di Dickie, che lo assumono per riportare l'erede a casa. Inoltre sin da subito dimostra il suo carattere e i suoi talenti, perché sembra dolce e affabile, ma è anche scaltro e pieno di assi nella manica, al punto che pur rivelando a Richard il suo piano, saprà recuperare terreno e trovare un modo coerente e convincente per restare con lui.
Ripley infatti viene descritto come uno capace di imitare le voci, falsificare le firme degli altri, ma anche studiare le sue prede e trovarne i punti deboli. E poi c'è quella costante ambiguità, anche sessuale, nei confronti di Greenleaf che invece manca nel film degli anni '60.

Il Dickie di Jude Law è anch'esso ben bilanciato perché fa il latin lover affascinante e sensuale, un po' gradasso, ma è anche un po' gigione e a tratti ingenuo, egocentrico e lunatico al punto da far entrare Tom comunque nella sua sfera più privata e intima, e creando un legame che Ripley farà diventare malsano.
Ma anche Marge in questa versione riesce ad avere maggiore spazio e voce in capitolo. 


Narrativamente parlando credo che questo film del 1999 sia quello più articolato e complesso, perché racconta tutte le tecniche e le fughe di Ripley, e tutte le occasioni in cui dovrà agire per attuare il suo piano, ma in questo caso abbiamo un maggior numero di personaggi principali e secondari che finiscono per mettere Tom in ulteriore difficoltà, come ad esempio Meredith Logue interpretata da Cate Blanchett. Questo però non va ad appesantire troppo la visione, proprio perché sono personaggi funzionali alla narrazione. 
Ho trovato anche lo scontro fra Dickie e Tom, che poi è il momento di svolta, più convincente e coerente con il Ripley che ci hanno presentato, che in Delitto in pieno sole, in cui sembra più calcolato.


È insomma un crescendo, un vortice quello rappresentato in questo film che diventa sempre più oscuro, e che ha tutte le caratteristiche del thriller psicologico, fino al finale che lascia quell'alone di ambiguità su cosa sarà del destino di Ripley.
Nonostante i suoi 25 anni di età credo che Il Talento di Mr. Ripley sia ancora godibile e affascinante, con una regia piacevole e ottime interpretazioni. Avrei forse evitato una rappresentazione dell'Italia così stereotipata, ma in questo senso si vede anche molto di peggio in pellicole contemporanee, quindi ho poco da lamentare.

La versione in formato miniserie di Netflix, arrivata il 4 Aprile di quest'anno, si innesta quasi perfettamente in mezzo ai due predecessori cinematografici.

Andrew Scott è un Ripley più scafato, che vive di espedienti poco leciti per cercare di sopravvivere, per cui con altrettanta premeditazione accetterà il ruolo che gli richiede il signor Greenleaf, e dovrà adattarsi a tutto pur di raggiungere i suoi scopi. È un Tom più freddo, distaccato, calcolatore, a tratti quasi senza emozioni quello di Scott, e la sua è una interpretazione perfetta.
Il titolo non credo sia stato scelto in modo casuale per distinguersi dalle produzioni precedenti: infatti il "talento" di Ripley in questo caso è la sua astuzia più che la capacità di imitare qualcuno, e tutto gira intorno a lui. 

Manca però quella ambiguità sessuale che invece si trova spiccata nella versione del 1999, e secondo me, questo ed altri elementi, contribuiscono a settare la miniserie Netfilx molto più sul genere crime-thriller, mettendo da parte la componente psicologica del personaggio: questo Tom non mi è sembrato affascinato da Dickie, ma più che altro dalla sua posizione sociale e dal denaro, oltre che costretto a muoversi nel delicato castello di bugie che ha costruito. In questo senso ad esempio, nello scontro fra i due protagonisti, c'è meno pathos drammatico, si parla meno dei sentimenti che Ripley prova per il rampollo e più di come si sia compromessa la sua posizione. Sono insomma molto vaghe le vibes omoerotiche nella miniserie.


A proposito di Richard, interpretato qui da Johnny Flynn (visto l'anno scorso in The Lovers) non mi ha conquistato in questa veste forse meno stereotipata e più realistica, quasi bohemien del giovane americano che si trasferisce in Italia (la vera Atrani in questo caso e non la finta Mongibello) per dipingere, ma in cui manca verve e un carattere forte e deciso. Ad esempio la leggerezza del Dickie di Jude Law mi convince di più quando si tratta di non dar peso alle stranezze di Tom, mentre questa versione più serie e posata rende meno credibile le sue decisioni. È interessante che comunque abbiano scelto degli attori più maturi per i ruoli. 

La Marge Sherwood di Dakota Fanning è invece praticamente una via di mezzo rispetto alle precedenti versioni, quindi a tratti sospettosa di Tom, ma non abbastanza da non cadere nel suo inganno.
Dai nomi che ho snocciolato comunque potete capire che le interpretazioni sono comunque ottime, e non posso non nominare anche i personaggi secondari e le partecipazioni dei nostri attori italiani come Margherita Buy e Maurizio Lombardi.

Ripley non manca poi di tensione, e riprende quel finale aperto che già avevamo visto, ma comunque si discosta molto dai film per quanto riguarda lo stile, visto che Steven Zaillian (già regista di The Night Of per dirne una), che ha diretto e scritto la serie, ha dato un taglio più autoriale. Non solo il bianco e nero, ma anche i tempi dilatati da una macchina da presa che indugia su dettagli, parti di corpi, sguardi e oggetti, costruendo dei quadri estatici che richiamano il cinema degli anni passati.

Una scelta stilistica che rende la serie meno adatta ad una maratona di streaming e diversa rispetto alle altre produzioni, ma ammetto che non l'ho amata dogmaticamente, perché a volte mi è sembrato che alcune parti di alcuni episodi funzionassero meno proprio perché troppo allungati.
Inoltre si gioca a sottrazione visto che la pluralità di personaggi del film del 1999 non trova spazio nella miniserie, e fa strano considerando gli 8 episodi da quasi un'ora ciascuno.

A questa versione seriale di Ripley si deve però riconoscere una cura dei dettagli estrema, una eleganza nel raccontare l'Italia degli anni '60 che passa anche dalle musiche (si punta giustamente su Mina e non sul jazz) e che secondo me è il riflesso del fatto di essere una produzione Showtime, che in cambio ha preso da Netflix Uncoupled (che non avrà mai una seconda stagione), e sottolinea che forse la qualità va ricercata su altre piattaforme. 




La recensione del siero ciglia Balea (super economico!)

Dopo il siero di Wet & Wild per rinforzare le ciglia ho pensato di mettere alla prova un prodotto molto simile ma ancora più economico di quello, ed è il Teint Perfektion Wimpern Serum di Balea, disponibile da DM.


INFO BOX
🔎 dm-drogeriemarkt.it, catene DM
💸 €6.55
🏋 4.5ml
🗺 Svizzera
⏳ 12 Mesi
🔬 Vegan

Quando cerco un siero per la crescita delle ciglia, come prima cosa guardo l'INCI perché mi aspetto che ci siano parte di quegli attivi che credo abbiano un effetto su di me in questo senso. 
Nel caso del siero volumizzante di Balea la stessa azienda ci avvisa che troviamo caffeina, che dovrebbe appunti stimolare il microcircolo e quindi la radice del pelo, l'acido ialuronico idratante, e i peptidi, in particolare il Miristoil Pentapeptide-17 che viene spesso inserito nei sieri per ciglia e capelli perché pare stimoli la sintesi della cheratina che crea appunto i peli. Inoltre abbiamo allantoina e Biotina e anche a quest'ultima viene associata una azione rinforzante. 
La composizione sembra essere oftalmologicamente comprovata e non contiene profumo per essere ancora più delicata. 
Una formulazione abbastanza tipica per questa tipologia di sieri stimolanti per le ciglia, ma anche l'uso di questo di Balea è canonico.

In verità, cercando di tradurre un po' la confezione dal tedesco, ho scoperto che può agire anche sulle sopracciglia ma già vi dico che nemmeno ci ho provato.
L'azienda dice di applicarlo due volte al giorno e che i primi risultati si vedono già dopo 6/8 settimane. L'applicazione è semplice e rapida perché il Teint Perfection ha il tipico pennellino da eyeliner con cui è facile seguire l'attaccatura delle ciglia e farne un uso preciso e mirato, e va utilizzato su cute pulita mattino e sera. Ammetto che sono stato molto costante nell'applicazione prima di andare a dormire, ma molto meno di giorno, proprio perché non è una mia abitudine. C'è anche da dire che il siero ciglia Balea è un liquido trasparente che asciugandosi può creare qualche residuo, quello che io chiamo effetto ragnatela. Non è difficile da rimuovere questi piccoli eccessi che si seccano con uno scovolino, ma immagino che se volete truccarvi possa allungare un po' i tempi.


Al netto di ciò, è stato facile usare questo siero rinforzante perché non mi ha mai creato bruciore o fastidio agli occhi, quindi è entrato nelle mie abitudini senza problemi, anche la sera quando ho gli occhi già stanchi e irritati di loro. 
Anticipo anche che nella mia esperienza non ho fatto le foto seguendo le indicazioni di Balea, cioè ho documentato gli eventuali progressi seguendo la mia logica abituale, quindi ad inizio trattamento, dopo un mese e dopo due mesi.
Era Febbraio quando ho messo in uso questo siero Balea, ed ammetto che non ne avevo, in quel momento una estrema necessità.

Avevo terminato da poco, come anticipavo, il Boost Me Up di Wet & Wild, e quindi ne traevo ancora qualche beneficio, e venivo da mesi di utilizzo di bimatoprost, infatti le ciglia erano abbastanza lunghe, ma non particolarmente folte. Devo però dire che non avevo una caduta particolare, quando ho iniziato ad usare il siero Balea e quindi il risultato è stato un cambiamento molto graduale, seguendo quella che secondo me è la natura delle ciglia.

Dopo il primo mese di trattamento direi che il risultato è stato più di assestamento perché, penso si noti anche dalle foto, non c'è stato un cambio estremo, anzi mi sembrava che non stesse agendo benissimo e quindi ottenendo un miglioramento, anche se mi sembrano leggermente più scure. Ecco infatti come apparivano a marzo.

Ovviamente il mio utilizzo di questo siero ciglia Balea è proseguito per un altro mese sempre con costanza, e in questo periodo come anticipavo le mie ciglia sono rimaste abbastanza forti, sane, morbide ed elastiche. La caduta non è né aumentata ma non posso nemmeno dire che sia completamente azzerata, anche perché parliamo di un prodotto che non contiene sostanze "equivoche" come ormoni e prostaglandine che possano davvero agire sulla natura del pelo. 

Dopo un ulteriore mese di applicazione Teint Perfektion Balea, questo è il risultato che ho ottenuto.


Secondo me c'è un miglioramento abbastanza visibile, sia del colore perché mi sembrano decisamente più scure, che della foltezza, caratteristica che ho notato in modo particolare con questo siero rinforzante. Infatti non posso dire, e credo che le foto lo dimostrino, di aver notato un particolare allungamento delle ciglia, sebbene non siano assolutamente corte, ma penso che questo prodotto Balea abbia agito più che altro nell'armonizzare i peletti, nel renderli più uniformi, a ventaglio, e far apparire le ciglia più appunto armoniche e carine nel loro insieme. Non ha invece agito sulla curvatura delle ciglia, che si è mantenuta decisamente naturale (nel mio caso non particolarmente accentuata).
 
Devo anche dire che si tratta di un prodotto parecchio durevole, infatti superati questi mesi di test più scrutinati, ho ancora siero disponibile, quindi immagino di poterci fare almeno, in totale, cinque mesi abbondanti di utilizzo. Da aprile ad ora ammetto che non ho trovato ulteriori miglioramenti oltre a quelli che vi ho mostrato.
Direi che le accezioni di volumizzante e infoltente si adattano bene a questo siero per ciglia Balea, che oltre ad essere economico mi sembra un prodotto adatto a chi cerca un trattamento rinforzante, idratante, che renda delle ciglia rade, magari con qualche buchetto, e un po' maltrattate, più spesse e folte. E, come anticipavo, è anche delicato, che non guasta.

L'avete provato?






The Idea of You, il nuovo film con Anne Hathaway poteva essere una bella rom-com

È uno dei titoli più attesi di questo 2024, o per lo meno uno dei più curiosi che stavamo aspettando in questa prima parte dell'anno perché The Idea Of You trova come interpreti addirittura Anne Hathaway insieme all'ormai richiestissimo Nicholas Galitzine (fresco da Mary & George).
La prima veste i panni di Solène, gallerista e mamma quarantenne che sta ancora affrontando gli strascichi di un divorzio e ovviamente la gestione della figlia adolescente, che per caso incontra al Coachella il poco più che ventenne cantante Hayes Campbell (Galitzine appunto), frontman di una boyband chiamata August Moon in cui sta però un po' stretto.

Genere: commedia, sentimentale, drammatico
Durata: 115 minuti
Regia: Michael Showalter
Uscita in Italia: 2 Maggio 2024 (Prime Video)
Paese di produzione: Stati Uniti d'America

Fra i due scatta subito una scintilla particolare e Solène deciderà di abbracciare questa storia romantica pur con la consapevolezza della differenza di età e di status rispetto al giovane Hayes, e andrà tutto molto bene fino a quando la loro relazione non finisce sui giornali. Ancora oggi purtroppo è difficile che un rapporto in cui la donna è molto più grande del suo partner non susciti chiacchiere, cattiverie e critiche, e il mondo dei social ha enfatizzato questa radicata concezione. Come farà la relazione fra i due a sopravvivere?

Se state cercando una rom-com favoleggiante che non si prende troppo sul serio, allora questa di Prime Video potrebbe convincervi e devo dire che pensavo fosse peggio.

Devo ammettere infatti che credevo che la coppia Hathaway/Galitzine fosse stata messa come specchietto per le allodole, per attirare un pubblico quanto più ampio possibile, ma alla fine le loro interpretazioni mi sono piaciute, credo abbiano una chimica discreta, e mi sono sembrate giuste per The Idea of You. Il film è tratto da un romanzo di Robinne Lee, e bisogna ammettere che non porta niente di nuovo sul tavolo: da Nothing Hill a Marry Me, passando per il meno noto e più dimenticabile At Midnight, siamo pieni di storie in cui una celebrità si innamora di una persona comune. In questo caso però si esplora una situazione un po' più contemporanea dove abbiamo una grande differenza di età fra i due protagonisti e questi devono interfacciarsi con l'odio online e sui media, oltre che con tutte le difficoltà che una coppia può avere a prescindere.

Il personaggio di Solène cerca anche di rappresentare un po' tutte quelle caratteristiche, anche fisiche, che una donna di 40 anni ha, incluso un passato emotivo burrascoso e appunto una figlia che può non essere pronta ad un mondo poco accogliente.

Parto con una opinione di The Idea Of You generalmente positiva, specie se ci si abbandona appunto ad una visione più favolistica, leggera, romantica e non troppo impegnativa, con un buona messa in scena e un comparto tecnico piacevole. Anche le musiche ad esempio sono ben scelte, e sono stati creati addirittura dei profili reali degli August Moon, visto che comunque Nicholas Galitzine è anche cantante e ci sono dei brani inediti nel film. Nulla di memorabile, almeno sentendole durante la visione, ma apprezzo lo sforzo. 

Tuttavia non posso non considerare che tante cose potevano essere studiate meglio per risultare più credibili, anche in aspetti secondari. 
Hayes/Nicholas ad esempio pur essendo questa star di livello mondiale o quasi, non viene seguita da un manager o una sorta di team.
Penso anche che Anne Hathaway, per quanto sia una quarantenne e quindi possa essere un'ottima rappresentante della "cougar", è comunque una bella donna che dimostra meno dei suoi anni, quindi in un certo senso vince facile. La sua Solène poi è sempre abbigliata in modo troppo glamour per essere una persona qualunque, ed è un errore che vedo spesso in certe produzioni.

Secondo me i protagonisti sono convincenti e carini nei rispettivi ruoli, funzionano ma non sono certo che sia l'accoppiata con la massima intesa che si potesse avere. 

Sono convinto anche che Nicholas Galitzine possa fare di più nelle parti drammatiche, lo preferisco in una commedia più brillante come Rosso, Bianco e sangue blu, ma è la sceneggiatura di The Idea of You che non aiuta entrambi. In due ore di film mi aspetto che ci siano molti più dettagli sul versante umano, come ad esempio la costruzione della relazione fra la gallerista ed il cantante poteva avere molto più costrutto che ne giustificasse l'intensità, e soprattutto fosse meno uno stereotipo da commedia romantica. Invece si ripiega su delle scene più fisiche che dovrebbero ripagare l'occhio e il chiacchiericcio online. 

O ancora, non tutte le scelte dei protagonisti sono sempre particolarmente logiche, come quando ad esempio, una volta scoperta la relazione fra la star e una donna comune, questi continuino a vivere nella casa di lei che ovviamente è presa d'assalto dai fotografi e giornalisti. The Idea of You vuole comunque rappresentare anche quanto distruttivi possano essere stampo e internet rispetto ad una relazione diventata pubblica, e anche il doppio standard che anche nella vita privata le donne sono costrette a subire, ma restiamo nell'ambito della commedia, e quindi nulla viene approfondito particolarmente.

Anche il modo in cui la relazione fra Solène e Hayes viene resa pubblica mi è sembrato decisamente prevedibile, e al tempo stesso si assiste ad una dilatazione temporale prima che ne prendano consapevolezza che non si spiega al tempo dei social (e appunto di quel team che invece il cantante dovrebbe avere).

Avrei qualcosa da dire anche sul finale di The Idea of You. Senza alcun spoiler posso anticipare che è differente rispetto al libro ma, tralasciando i gusti personali, anche in questo caso serviva secondo me un po' più tempo per sviluppare una emotività più complessa. 

Ci sono insomma degli sbilanciamenti in questo film Prime Video, per cui ci ritroviamo con esibizioni canore e rapporti fisici che occupano un po' troppo tempo rispetto a quello che avrei voluto vedere davvero, cioè due personaggi con una emotività più complessa ed empatizzabile. 
Purtroppo non mancano quindi i difetti e le problematiche che hanno quasi tutte le rom-com al giorno d'oggi, ma che sia ispirata alla storia di Harry Styles o meno, The Idea of You risulta tutto sommato credibile nel mettere in scena quei compromessi e quelle difficoltà che un amore può richiedere.
Non pesa troppo nella sua durata anche grazie ad uno stile fruibile, magari non ricercatissimo nella regia ma comunque gradevole e con qualche momento comico riuscito e riproponendo quella favola adolescenziale di essere "salvati" da una star che un po' tutti abbiamo fatto almeno una volta nella vita. 

La nuova protezione solare di Dear, Klairs e qualche info su come funzionano i con filtri minerali

Continua la caccia alle migliori protezioni solari per questo 2024, e dopo il nuovo solare di Nivea (qui la review) ho avuto l'occasione di dare una chance ad una altra uscita recente, ovvero la All-day Airy Mineral Sunscreen SPF 50+ di Dear, Klairs, un solare viso a base di filtri minerali.

INFO BOX
🔎 StylevanaYesStyle (coupon sconto PIER10YESTYL)
💸 €13
🏋 35g
🗺 Made in Corea
⏳ 12 Mesi
🔬 //

Per mia abitudine ho trovato la mia quadra nei solari con filtri chimici che a me non danno in generale problemi, ma il mondo cosmetico è bello perché è vario ed ognuno ha le sue peculiari necessità e preferenze, e quindi avendone l'opportunità mi sono detto che può essere sempre utile ed interessante mettere alla prova un SPF che magari non sceglierei ma che può avere delle qualità che convincono qualcuno.

Personalmente non amo i filtri fisici perché secondo me è inevitabile che questi facciano una sorta di patina o alone biancastro, ma è innegabile che la cosmesi in questo senso ha fatto dei passi avanti e che i coreani in particolare abbiano saputo sviluppare dei prodotti con texture più eleganti ed esteticamente gradevoli. Credo però che chi sceglie un filtro minerale lo faccia principalmente per una preferenza personale, dopo un po' di test. Pare infatti sia stata scardinata la convinzione che questi siano in grado di proteggere la pelle dal sole attraverso un meccanismo di rifrazione dei raggi: studi recenti hanno dimostrato che i filtri inorganici assorbano e disperdano i raggi UV come gli SPF a base di filtri chimici, ad eccezione di circa un 5/10% di raggi che invece vengono riflessi, quindi una minima parte.
Purtroppo le aziende e una fetta di esperti continuano a ripetere questa pappardella ma la verità è che filtri organici e inorganici funzionano e proteggono alla stessa maniera e che, in breve, i solari con filtri fisici farebbero da barriera per il sole solo se ci si spennellasse letteralmente di bianco. 

Credo che quindi la scelta per un prodotto con filtri come Ossido di zinco e Biossido di Titanio sia dovuta ad una generica minore propensione di questi fattori di protezione a creare reazioni e irritazioni cutanee, e in generale la percezione psicologica che vedere più concretamente dove e quanto solare stiamo applicando, ci convinca che stiamo davvero proteggendo la pelle. Mi raccomando però di non cadere nella trappola opposta: la paura di sembrare dei fantasmi può spingere ad usare meno SPF di quanto invece è necessario. Inoltre i filtri fisici tendono ad essere un po' più adatti a pelli grasse. 
E qui entra in gioco il mio lavoro alla ricerca di solari validi in base a quanto sia gestibile questo white cast.

Tornando alla All-day Airy Mineral Sunscreen SPF 50+ Dear, Klairs è appunto una crema solare viso a base ossido di zinco e che garantisce un livello di protezione ad ampio spettro dei raggi UVA e UVB, infatti troviamo il simbolino PA++++.

A prendersi cura della pelle invece sono stati inseriti attivi come la niacinamide, la glicerina, alcuni emollienti fra cui l'olio di moringa che ha anche proprietà antiossidanti, l'ectoina, ovvero una sostanza che non solo ha un effetto protettivo contro i radicali liberi, ma pare aiuti la barriera cutanea anche nel mantenere l'idratazione e ridurre le irritazioni, le ceramidi che rinforzano l'epidermide e l'estratto di thè verde, noto antiossidante e lenitivo.

La formulazione è pensata per pelli sensibili e non contiene fragranze aggiunte, infatti è completamente inodore o quasi. Dear, Klairs non dà invece indicazioni su una sua resistenza particolare all'acqua, ma d'altronde parliamo di un solare viso che, nomen omen, nasce per un uso quotidiano in cui non sono richieste prestazioni di questo tipo.

L'Airy Mineral Sunscreen SPF 50+ ha una consistenza fluida, ferma ma non troppo spessa, che però richiede comunque un minimo di impegno affinché venga stesa e sfumata al meglio. Questo non perché la consistenza sia difficile da distribuire, ma per la natura stessa dei solari con filtri fisici che richiedono più lavoro per un effetto più naturale. Anche in questo caso c'è un alone bianco, è inutile dire il contrario, ma come anticipavo secondo me le aziende si sono impegnate a fare in modo che questa tipologia di protezioni solari siano più facili da stendere, e che il white cast sia ridotto ai minimi storici.



Nel caso specifico di questo solare Dear, Klairs, ho notato che il pallore si attenua una dopo un po' che il prodotto è sul viso, e quel che resta si camuffa bene col trucco. Inutile specificare che carnagioni scure o molto scure secondo me farebbero fatica a non far notare alcuno stacco di colore.
Tra l'altro ho notato che ad esempio sulle sopracciglia, all'attaccatura dei capelli o nella zona della barba non crea quell'innaturale alone bluastro che peggiora il risultato finale.

Il paragone che posso farvi, restando nel mondo della cosmesi coreana è con il Complete No Stress Sunscreen di Axis-Y, che è sempre un solare a base di filtri minerali che ricorda molto questo di Dear, Klairs, ma con alcune differenze. Nonostante la scia bianca che lasciano sia la medesima, il primo tende secondo me a settarsi più rapidamente sul viso, con la conseguenza che richiede più attenzione nell'applicazione per evitare che si accumuli fra i peli facciali. L'All-day Airy Mineral Sunscreen invece lascia maggiore tempo per sfumarlo, restando un po' più confortevole sulla pelle nel corso della giornata.

È infatti una protezione molto leggera, che non avverto sul viso, che si assorbe senza risultare appiccicosa, e che nell'immediato ha un finish naturale con un leggero glow. Nel corso delle ore ho notato che questi solari minerali tendono un po' a diventare più mattificanti, infatti io li consiglio a pelli miste e grasse perché penso possano piacere, così come io ad esempio li preferisco in piena estate quando la mia pelle è più sebacea.

Al momento la mia pelle ancora non ha completamente fatto il cambio stagione e quindi devo idratare molto bene prima di utilizzare questo SPF Klairs, se non voglio ritrovarmi a fine giornata con la pelle un po' tirante. Tuttavia, ripeto, lo trovo un po' più idratante e confortevole rispetto al solare Axis-y.
In questo senso questo prodotto si è comportato bene sia con la cosmesi che applico prima, quindi creme e sieri, sia con il make-up che uso abitualmente (pochi step, bisogna dirlo). 

Mi è piaciuto anche il fatto che non mi dia fastidio agli occhi e che in generale non mi ha creato irritazioni o problematiche cutanee anche nell'uso continuato. 


Al netto delle sue caratteristiche specifiche e di tutto quello che comporta un solare con filtri minerali, questo di Klairs ha secondo me un neo in particolare ovvero il pack. La confezione è carina e compatta e l'azienda ne ha fatto due diversi formati (da 35 e 60 grammi), così da avere un formato viaggio che abbia senso e non sia micragnoso, e consenta anche di testare il prodotto e poi magari fare un investimento maggiore. Tuttavia ho notato che la crema fa un po' fatica ad uscire dal beccuccio, e credo che man mano che terminerò il prodotto dovrò tenere il flacone al contrario per far prima nel prelevare il solare. 

Il Mineral Sunscreen è inoltre abbastanza resistente all'acqua, anche se non è dichiarato come tale e secondo me il miglior modo per rimuoverlo è usare un detergente oleoso come primo step e uno in gel come secondo passaggio per rimuovere bene questo solare, specie se poi sopra ci avete applicato del make-up.

Voi che team siete, filtri chimici o fisici?



💖alcuni link sono affiliati, per te non cambia nulla, ma puoi usarli per sostenere le mie recensioni. Grazie!

Vi sono piaciuti