The Apprentice e gli altri film dell'ultimo periodo

Rispetto alla volta scorsa, i film che ho visto nell'ultima settimana sono decisamente più recenti. Vi lascio come sempre i miei due centesimi su cosa eventualmente valga la pena vedere.


The Good Half (2023)


Genere: Drammatico, Commedia
Durata: 110 minuti
Regia: Robert Schwartzman
Uscita in Italia: Noleggio Streaming
Paese di produzione: USA

Ero curioso di vedere Nick Jonas (quello dei Jonas Brothers) in una veste differente, anche perché pur non conoscendolo molto artisticamente, mi fa simpatia e credo che ormai abbia raccolto una discreta esperienza in diversi ruoli cinematografici e televisivi.
In questo caso interpreta Renn Wheeland, un giovane uomo che ha un compito non proprio allegro: sta ritornando nella sua cittadina natale, Cleveland, per il funerale di sua madre Lily (Elisabeth Shue). Durante questo viaggio e una volta arrivato a casa, avrà modo di rielaborare proprio il rapporto con sua madre e con la sua famiglia, con tutti quegli alti e bassi che si creano nelle relazioni genitori-figli, specie quando accade qualcosa che sposta gli equilibri. E poi c'è una nuova conoscenza per Reen, una certa Zoey (Alexandra Shipp), che incontra sull'aereo e con cui condividerà questo suo momento delicato e difficile.

The Good Half mi è sembrato un buon film essenzialmente sull'elaborazione del lutto, ma soprattutto su un approccio differente su questo momento difficile. In effetti il personaggio di Reen mi ha ricordato un po' Oliver de La probabilità statistica dell'amore a prima vista, quindi un ragazzo che si trova avvolto da sensazioni contrastanti, fra i ricordi del passato, belli e brutti che siano. Per questo il film passa da momenti più ironici, trasmessi soprattutto attraverso alcuni dialoghi, a situazioni più drammatiche ed intense che non riguardano necessariamente la morte, ma più in generale i rapporti familiari, come ad esempio quello con la sorella Leigh (Brittany Snow), che magari darà una sua prospettiva ai ricordi di Reen e al rapporto che aveva con la madre.

Non c'è molto altro che possa dirvi di The Good Half perché rischierei di fare spoiler, ma tutto sommato è un film che ho apprezzato, che non è melenso, non diventa ad esempio un dramma sulla malattia, che può risultare magari pesante. Ha i suoi naturali momenti più toccanti, ma senza che diventino esasperati piagnistei.

La parte che non mi ha convinto è il tentativo di inserire anche una parentesi romantico-sentimentale: capisco l'intento di alleggerire un po' l'insieme della narrazione, dare un tocco di speranza, ma mi è sembrato che non riuscisse ad essere sviluppata in modo concreto e soprattutto risulta fine a se stessa.
Poco da dire sia sul punto di vista della recitazione, mediamente buona anche per lo stesso Jonas che il resto del cast, e nulla da dichiarare sulla regia di Robert Schwartzman, pulita e ordinata anche nei passaggi temporali. 
Probabilmente The Good Half non mi avrebbe coinvolto molto al cinema, ma come film in streaming è più che accettabile per una serata impegnata ma non impegnativa.


The Apprentice - Alle origini di Trump (2024)


Genere: Biografico, Drammatico
Durata: 120 minuti
Regia: Ali Abbasi
Uscita in Italia: 17 Ottobre 2024 (Cinema)
Paese di produzione: Canada, Danimarca, Irlanda

Discusso per il suo indubbio risvolto politico, visto che poco dopo la sua distribuzione ci sarebbero state le elezioni del presidente degli Stati Uniti (e sappiamo pure com'è finita), The Apprentice racchiude il suo significato nel sottotitolo italiano. 
È infatti ancora un apprendista Donald Trump (interpretato da Sebastian Stan), quello che diventerà il 47esimo presidente USA, quando negli anni '70 conosce l'avvocato Roy Cohn (Jeremy Strong), tipica figura senza grossi scrupoli, con le mani in pasta un po' ovunque, che lo trasformerà nel personaggio attuale.
The Apprentice ci mostra come da semplice aiutante di suo padre Fred, che l'unico compito che gli affida è quello di riscattare gli affitti in vecchie palazzine, Trump diventerà l'embrione del politico controverso, contraddittorio e a tratti inquietante che oggi conosciamo, attraverso appunto il supporto di Cohn che sarà per lui quasi un padre putativo, insegnandogli tutti i suoi modi per restare sempre a galla. 

Come dicevo, il sottotitolo "Alle origini di Trump" rende bene praticamente tutto il film, che non è una biografia standard, magari dall'infanzia, ma si concentra sul momento di svolta della carriera di Trump, fino a quando, sentendosi arrivato in cima alla sua tower, volterà le spalle anche all'unica persona che aveva creduto in lui, proprio quando questa attraverserà un momento di difficoltà. Lo sfondo è quella di una New York corruttibile, in difficoltà, dove uomini di questo tipo riescono ad avere la meglio e ad emergere attraverso conoscenze e ricatti. Un messaggio amarissimo a pensarci, che esula anche dai personaggi coinvolti, che può riguardare gli affari così come la società stessa.
Questo contesto è l'ambiente ideale per un "fixer" come lo stesso Roy Cohn, che già era stato presentato, sicuramente non in una veste migliore, in Fellow Travelers, quando negli anni '50 era un consulente del senatore Joseph McCarthy, e qui prosegue il suo ruolo esattamente come ce lo si aspetta. 
Non manca poi uno sguardo sulla vita privata di Trump, con l’incontro con Ivana (Maria Bakalova) e il successivo naufragio del matrimonio, quasi un riflesso della sua ambizione malata.

Sebastian Stan fa un lavoro secondo me ottimo sulla mimica, tanto che anche doppiato in italiano sembra di ritrovare le stesse espressioni di Donald Trump. Ottimo pure Jeremy Strong, che riesce a mostrare la freddezza ma anche il lato più debole di un Cohn malato nell'ultima parte della sua vita.
Ma tutta la messa in scena è curata e credibile, non sembra una parodia, e la musica che accompagna il film è scelta con particolare attenzione. L'unico neo che mi sento di segnalare è sul ritmo: il film mi è parso un po' lento nella prima parte, per poi accelerare da metà in poi.

The Apprentice è quindi un origin movie che secondo me inquadra bene la figura di Trump e del contesto storico, e che sembra anche decisamente fedele ai fatti accaduti davvero, con ovviamente delle licenze.

Il film si ferma solo un passo prima rispetto alla storia più recente di Trump, coprendo quel periodo storico meno noto a noi che negli anni '80 non esistavamo, ma più che la storia in sé, che alla fine si può conoscere in altri modi, è come ci viene raccontata. Se a volte la vita fa fatica ad imitare l'arte, in questo caso sembra che la realtà possa aver superato la fantasia.



Skincare (2024)


Genere: Thriller, drammatico
Durata: 94 minuti
Regia: Austin Peters
Uscita in Italia: 11 Novembre 2024 (Noleggio Streaming)
Paese di produzione: Stati Uniti

Potevo non vedere un film che si intitola "Skincare"? Certo che no, e infatti eccomi qua per parlane.
Elizabeth Banks interpreta l'estetista Hope Goldman, una donna che sta affrontando un momento cruciale della sua carriera: sta infatti cercando di espandersi creando addirittura una linea skincare a suo nome, ma qualcosa va storto quando Angel Vergara (Luis Gerardo Méndez) apre un centro estetico proprio di fronte al suo. Ma non è solo questo a turbare Hope: in concomitanza la donna infatti inizia a ricevere messaggi inquietanti, intimidazioni, molestie, e le sue foto vengono messe su siti per incontri sessuali.
Con il terrore di perdere tutta la sua carriera, e sentendosi sopraffatta da tanti problemi, l'estetista decide di chiedere aiuto ad un suo amico, Jordan (Lewis Pullman), un life coach che sembra comprenderla a pieno.

Pare sia stato ispirato ad una storia realmente accaduta più o meno intorno al 2013, quando Dawn DaLuise, all'epoca visagista di fama anche fra le celebrità, fu accusata e poi assolta di istigazione all'omicidio, ma Skincare si sposta un po' più in là rispetto alla mera costruzione di un eventuale crime.
È infatti una sorta di thriller, vagamente patinato, che unisce alla storia di Hope, quella di una società di circa un decennio fa che in fondo somiglia molto a quella di oggi, legata all'apparenza, al bisogno di consumo sfrenato, al narcisismo, all'egocentrismo e particolarmente all'arrivismo. 

Hope in questo senso è anche un po' vittima di se stessa: più che concentrarsi sul suo lavoro, e sul migliorare il suo prodotto, preferisce trovare scorciatoie e strade poco pulite per cercare di non farsi schiacciare dalla concorrenza. 


Skincare è però un film facilmente approcciabile da ogni punto di vista, sia nella narrazione che non ha poi un vero e proprio crescendo e che soprattutto finisce per essere un po' prevedibile, sia nei sottotesti che vuole raccontare, che non fanno diventare il film demagogico.
A reggere tutta la baracca è sicuramente il talento di Elizabeth Banks, ma tutto il cast è costellato da attori che riconoscerete, come Michaela Jaé Rodriguez da Loot e Lewis Pullman da Lezioni di Chimica.
Tuttavia nessun personaggio secondario riesce ad essere sviluppato, sono tutti abbastanza funzionali alla storia e come arrivano se ne vanno. Lo stesso per quanto riguarda la parte tecnica, non mi pare ci sia stato uno sforzo particolare in termini di regia o anche solo colonna sonora. 
Anche questo indubbiamente è un film da serata sul divano, non troppo impegnativo, che tenta un intrattenimento non troppo vacuo e in parte ci riesce.

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