Riflessioni sparse su La Zona d'Interesse

Vincitore come miglior film internazionale e miglior sonoro ai premi Oscar di quest'anno, La zona d'interesse era uno di quei titoli che avevo curiosità di vedere sin dal principio, ma che secondo me necessita di una certa predisposizione per essere affrontato, che nel mio caso tardava ad arrivare.


Titolo originale: The Zone of interest
Genere: 
drammatico, storico
Durata: 105 minuti
Regia: Jonathan Glazer
Uscita in Italia: 22 Febbraio 2024  (Cinema)
Paese di produzione: Regno Unito, Polonia

Tratto dal romanzo omonimo di Martin Amis, e basato su circostanze realmente accadute, conosciamo le vicende del generale nazista Rudolf Höss, che per tre anni diresse il campo di sterminio di Auschwitz espandendone il raggio di azione e la portata, e che visse con la sua famiglia in quella che veniva definita una "zona di interesse" ovvero le aree intorno ai campi di concentramento che venivano appositamente riservata per gestire il campo centrale. Proprio a pochi metri dalle camere a gas, dai forni crematori e da tutti quei luoghi di morte, Höss viveva con la sua famiglia, la moglie Hedwig e i loro 5 figli, in una lussureggiante villetta a due piani, con giardino e piscina, e sembra che a loro, ciò che accade dietro quel muro, non importi affatto. 

Ne La zona d'interesse assistiamo all'ordinarietà di un vissuto che appare normalissimo, soprattutto quello della signora Höß, che sembra essersi definita da sola come la regina di Auschwitz, e la vediamo ad esempio mentre si agghinda con gli abiti confiscati agli ebrei, ma accanto al suo bellissimo giardino che sembra quasi un Eden, che lei stessa cura, viene consumato il più efferato crimini contro l'umanità che sia mai stato realizzato. Noi però non vediamo concretamente la sofferenza degli oltre due milioni di uomini, donne e bambini che hanno perso la vita nei campi di sterminio, ma sentiamo costantemente le grida disperate e quelle dei soldati che impartiscono gli ordini, i fucili che sparano, i cani che abbiano e i rumori che producono le ciminiere e i forni. 

È la banalità del male che viene messa in scena ne La zona d'interesse, che gli Höß rappresentarono perfettamente non solo in quanto artefici di quel male, ma soprattutto per la totale assenza di empatia e umanità mentre vivevano nella loro bolla, come se quello che stava accadendo accanto a loro fosse del tutto normale, quotidiano. 

Ottimi in questo senso sia Christian Friedel (visto anche in Babylon Berlin) che rende il generale Höss quasi un comune impiegato mentre è alle prese con la sorte di milioni di persone, e anche Sandra Hüller che interpreta bene il distacco con cui viveva rispetto al genocidio che si stava consumando e che ho preferito più qui che in Anatomia di una caduta, perché ha saputo poi rivelare quel lato più capriccioso, quasi infantile, quando dovrà lasciare la sua villetta, mentre ci sono persone che hanno perso tutto, soprattutto la vita, o mentre (mal)tratta le donne di servizio.

Una prospettiva sull'olocausto completamente diversa rispetto a quella che abbiamo visto in genere fino ad adesso perché mentre in genere ci viene più o meno mostrata l'atrocità di quanto accadeva nei campi di sterminio, in questo caso lo sentiamo costantemente, come un richiamo, un'eco, e anche se non la vediamo, l'atrocità continua, è presente, anche accanto a noi. E questo allarga lo sguardo dal passato della Shoah fino ai giorni nostri in cui siamo circondati da altrettanti drammi a cui però stiamo voltando le spalle più o meno scientemente per poter sopravvivere anche noi.

L'approccio tecnico e l'idea dietro di The Zone of Interest secondo me è forse più interessante del film stesso, sia per come vengono mostrate le scene da un punto di vista di regia, che appunto per il sonoro, mentre narrativamente parlando mi è mancato qualcosa. Se infatti questa prospettiva scelta da Jonathan Glazer porta comunque a riflettere su una storia che è fondamentale divulgare sempre, in qualsiasi epoca, dall'altro lato, preso a sé, non è un film che racconta molto.
Alcuni passaggi anzi finiscono per risultare un po' fini a loro stessi, come le scene in cui vediamo una ragazzina, filmata con una telecamera termica mentre di notte lascia cibo ai deportati, e lo stesso finale mi è risultato un po' criptico, tanto da dover cercare cosa significasse.


Sta quindi allo spettatore secondo me avere una sensibilità, una conoscenza ed un interesse tale da cogliere il senso del film, e non è diciamo la pellicola a raccontarlo.
È una nota negativa? In parte sì, perché non posso dire che mi abbia davvero coinvolto emotivamente, e onestamente sono rimasto curioso su come sarebbe stato il film se con questo approccio avessero aderito di più alle vicende raccontate nel libro. È vero che la versione cinematografica ha forse una maggiore aderenza alla realtà, e pare che abbiano addirittura ricostruito la stessa villa degli Höss in modo da mostrarci quasi come fosse davvero la loro esistenza, come se spiassimo dal buco della serratura per vedere che persone normali possono commettere atti assurdi. Però per alcuni può risultare un approccio quasi documentaristico che porta alla noia, o per lo meno sono aspetti da tenere in considerazione prima di vedere La zona di interesse



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