Arrivata su Netflix il 22 Maggio, e prodotta addirittura da Margot Robbie, la curiosità verso la nuova serie tv Sirens era decisamente alta già prima che fosse messa in streaming.
Ad acchiapparmi subito è stata sicuramente la presenza di Julianne Moore, tornata alla serialità dopo Mary & George, ma anche di Meghann Fahy che in The Perfect Couple e The White Lotus aveva fatto un ottimo lavoro.
Simone (Milly Alcock da House of The Dragon e The Gloaming) è l'attentissima e sempre precisa assistente di Michaela Kell (Julianne Moore), o meglio Kiki come si fa chiamare affettuosamente, moglie del facoltosissimo Peter (Kevin Bacon). Michaela vive nel lusso e si dedica ad eventi benefici in favore degli animali sull'isola su cui vivono, ed ha una vita all'apparenza perfetta, tanto che Simone la considera un vero e proprio esempio da seguire. Tutto però cambia quando sull'isola arriva Devon (Meghann Fahy), sorella scapestrata di Simone, che la riporta improvvisamente coi piedi per terra, ricordandole non solo l'impegno che ha col padre malato, ma anche la loro infanzia turbolenta.
Fra le due sorelle saranno scintille, visto che Simone sta costruendo il futuro dorato che ha sempre sognato, mentre Devon non solo si rende conto che fra lei e Kiki c'è un rapporto malato, ma che su quell'isola c'è più di qualche segreto sepolto.Dai primi episodi mi è sembrato che Sirens avesse una premessa accattivante e che unisse al suo interno diversi umori. Se dovessi infatti descriverne il genere direi che si tratta di un dramma con qualche venatura più leggera, che si riversa in un dark humor saltuario, e con una spolverata di thriller soprannaturale. Non manca ancora una volta la satira sociale, soprattutto rivolta verso la classe più benestante e in vista.
È però con lo sviluppo della serie che ci si rende conto quanto in realtà possa essere derivativa Sirens.
Il personaggio di Kiki ad esempio ricorda un po' quello di Nicole Kidman in Nine Perfect Strangers, ma è forte anche l'eco di The Perfect Couple appunto, sia nella caratterizzazione di Michaela, sia nella struttura generale della serie. C'è anche appunto un po' di The White Lotus, di Big Little Lies, di Revenge, di cose che abbiamo già visto in passato e che già magari al momento della loro uscita non ci sembravano tanto originali.
Voi mi direte che è normale, che ormai non si inventa più nulla di nuovo, ma credo che il vero problema di Sirens sia stata la scelta di non voler mai scavare a fondo, nel non volersi sporcare, nell'essere fin troppo glamour. Si sono limitati più o meno a prendere quegli elementi noti senza però mai osare dove necessario o dimostrare di avere più polso. È come se tutti i generi che contiene al suo interno venissero solo sfiorati senza mai essere completamente abbracciati, forse per massimizzarne la fruibilità ad un pubblico più vasto e meno settoriale.
Anche il finale di Sirens è un’occasione sprecata: pur coerente con il contesto creato e con i messaggi che la serie vuol trasmettere, si risolve in modo frettoloso, lasciando sospesi alcuni nodi narrativi e i misteri dell’isola. È come se gli autori si fossero improvvisamente resi conto di dover finire la serie, anche a costo di lasciare qualcosa di irrisolto alle spalle.
Anche lo sviluppo delle tre protagoniste principali non va mai troppo oltre quel che ci si aspetta. E se la parte femminile comunque riesce a trasmettere un universo tutto sommato variegato, soffre la controparte maschile che, nell'essere ammaliata da queste sirene, sembra composta da gente che non ha il minimo senso critico.
Ad aver comunque spinto Sirens in vetta alla classifica delle serie tv più viste, oltre alla comune curiosità iniziale, credo abbia contribuito un gruppo di attori capaci nel rendere credibili i loro ruoli: da Julianne Moore che è davvero ipnotica sullo schermo ma sa essere una manipolatrice sottile, a Milly Alcock che si ritrova ad avere il personaggio forse più sfaccettato.
I bellissimi paesaggi del villaggio di Lloyd Harbor in cui è girata, la durata dei soli 5 episodi, qualche colpo di scena riuscito e momenti spiazzanti (vi dico solo che c'entra Cardi B), hanno fatto sì che Sirens diventasse uno di quei titoli da vedere quasi in un'unica serata.
Guardando però allo sviluppo narrativo, che è poi quello che forse ci interessa di più, Sirens è il classico esempio di serie costruita per piacere a molti ma restare nella memoria di pochi. Guardabile, godibile, ma temo sia destinata ad essere dimenticata in mezzo alla sovrabbondanza seriale dello streaming.
Hai ragione. Una serie che definirei di plastica.non mi ricordo nemmeno come finisce.piaciuta poco
RispondiEliminaIo ricordo bene il finale più che altro perché temo un sequel 😅
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