The Apprentice e gli altri film dell'ultimo periodo

Rispetto alla volta scorsa, i film che ho visto nell'ultima settimana sono decisamente più recenti. Vi lascio come sempre i miei due centesimi su cosa eventualmente valga la pena vedere.


The Good Half (2023)


Genere: Drammatico, Commedia
Durata: 110 minuti
Regia: Robert Schwartzman
Uscita in Italia: Noleggio Streaming
Paese di produzione: USA

Ero curioso di vedere Nick Jonas (quello dei Jonas Brothers) in una veste differente, anche perché pur non conoscendolo molto artisticamente, mi fa simpatia e credo che ormai abbia raccolto una discreta esperienza in diversi ruoli cinematografici e televisivi.
In questo caso interpreta Renn Wheeland, un giovane uomo che ha un compito non proprio allegro: sta ritornando nella sua cittadina natale, Cleveland, per il funerale di sua madre Lily (Elisabeth Shue). Durante questo viaggio e una volta arrivato a casa, avrà modo di rielaborare proprio il rapporto con sua madre e con la sua famiglia, con tutti quegli alti e bassi che si creano nelle relazioni genitori-figli, specie quando accade qualcosa che sposta gli equilibri. E poi c'è una nuova conoscenza per Reen, una certa Zoey (Alexandra Shipp), che incontra sull'aereo e con cui condividerà questo suo momento delicato e difficile.

The Good Half mi è sembrato un buon film essenzialmente sull'elaborazione del lutto, ma soprattutto su un approccio differente su questo momento difficile. In effetti il personaggio di Reen mi ha ricordato un po' Oliver de La probabilità statistica dell'amore a prima vista, quindi un ragazzo che si trova avvolto da sensazioni contrastanti, fra i ricordi del passato, belli e brutti che siano. Per questo il film passa da momenti più ironici, trasmessi soprattutto attraverso alcuni dialoghi, a situazioni più drammatiche ed intense che non riguardano necessariamente la morte, ma più in generale i rapporti familiari, come ad esempio quello con la sorella Leigh (Brittany Snow), che magari darà una sua prospettiva ai ricordi di Reen e al rapporto che aveva con la madre.

Non c'è molto altro che possa dirvi di The Good Half perché rischierei di fare spoiler, ma tutto sommato è un film che ho apprezzato, che non è melenso, non diventa ad esempio un dramma sulla malattia, che può risultare magari pesante. Ha i suoi naturali momenti più toccanti, ma senza che diventino esasperati piagnistei.

La parte che non mi ha convinto è il tentativo di inserire anche una parentesi romantico-sentimentale: capisco l'intento di alleggerire un po' l'insieme della narrazione, dare un tocco di speranza, ma mi è sembrato che non riuscisse ad essere sviluppata in modo concreto e soprattutto risulta fine a se stessa.
Poco da dire sia sul punto di vista della recitazione, mediamente buona anche per lo stesso Jonas che il resto del cast, e nulla da dichiarare sulla regia di Robert Schwartzman, pulita e ordinata anche nei passaggi temporali. 
Probabilmente The Good Half non mi avrebbe coinvolto molto al cinema, ma come film in streaming è più che accettabile per una serata impegnata ma non impegnativa.


The Apprentice - Alle origini di Trump (2024)


Genere: Biografico, Drammatico
Durata: 120 minuti
Regia: Ali Abbasi
Uscita in Italia: 17 Ottobre 2024 (Cinema)
Paese di produzione: Canada, Danimarca, Irlanda

Discusso per il suo indubbio risvolto politico, visto che poco dopo la sua distribuzione ci sarebbero state le elezioni del presidente degli Stati Uniti (e sappiamo pure com'è finita), The Apprentice racchiude il suo significato nel sottotitolo italiano. 
È infatti ancora un apprendista Donald Trump (interpretato da Sebastian Stan), quello che diventerà il 47esimo presidente USA, quando negli anni '70 conosce l'avvocato Roy Cohn (Jeremy Strong), tipica figura senza grossi scrupoli, con le mani in pasta un po' ovunque, che lo trasformerà nel personaggio attuale.
The Apprentice ci mostra come da semplice aiutante di suo padre Fred, che l'unico compito che gli affida è quello di riscattare gli affitti in vecchie palazzine, Trump diventerà l'embrione del politico controverso, contraddittorio e a tratti inquietante che oggi conosciamo, attraverso appunto il supporto di Cohn che sarà per lui quasi un padre putativo, insegnandogli tutti i suoi modi per restare sempre a galla. 

Come dicevo, il sottotitolo "Alle origini di Trump" rende bene praticamente tutto il film, che non è una biografia standard, magari dall'infanzia, ma si concentra sul momento di svolta della carriera di Trump, fino a quando, sentendosi arrivato in cima alla sua tower, volterà le spalle anche all'unica persona che aveva creduto in lui, proprio quando questa attraverserà un momento di difficoltà. Lo sfondo è quella di una New York corruttibile, in difficoltà, dove uomini di questo tipo riescono ad avere la meglio e ad emergere attraverso conoscenze e ricatti. Un messaggio amarissimo a pensarci, che esula anche dai personaggi coinvolti, che può riguardare gli affari così come la società stessa.
Questo contesto è l'ambiente ideale per un "fixer" come lo stesso Roy Cohn, che già era stato presentato, sicuramente non in una veste migliore, in Fellow Travelers, quando negli anni '50 era un consulente del senatore Joseph McCarthy, e qui prosegue il suo ruolo esattamente come ce lo si aspetta. 
Non manca poi uno sguardo sulla vita privata di Trump, con l’incontro con Ivana (Maria Bakalova) e il successivo naufragio del matrimonio, quasi un riflesso della sua ambizione malata.

Sebastian Stan fa un lavoro secondo me ottimo sulla mimica, tanto che anche doppiato in italiano sembra di ritrovare le stesse espressioni di Donald Trump. Ottimo pure Jeremy Strong, che riesce a mostrare la freddezza ma anche il lato più debole di un Cohn malato nell'ultima parte della sua vita.
Ma tutta la messa in scena è curata e credibile, non sembra una parodia, e la musica che accompagna il film è scelta con particolare attenzione. L'unico neo che mi sento di segnalare è sul ritmo: il film mi è parso un po' lento nella prima parte, per poi accelerare da metà in poi.

The Apprentice è quindi un origin movie che secondo me inquadra bene la figura di Trump e del contesto storico, e che sembra anche decisamente fedele ai fatti accaduti davvero, con ovviamente delle licenze.

Il film si ferma solo un passo prima rispetto alla storia più recente di Trump, coprendo quel periodo storico meno noto a noi che negli anni '80 non esistavamo, ma più che la storia in sé, che alla fine si può conoscere in altri modi, è come ci viene raccontata. Se a volte la vita fa fatica ad imitare l'arte, in questo caso sembra che la realtà possa aver superato la fantasia.



Skincare (2024)


Genere: Thriller, drammatico
Durata: 94 minuti
Regia: Austin Peters
Uscita in Italia: 11 Novembre 2024 (Noleggio Streaming)
Paese di produzione: Stati Uniti

Potevo non vedere un film che si intitola "Skincare"? Certo che no, e infatti eccomi qua per parlane.
Elizabeth Banks interpreta l'estetista Hope Goldman, una donna che sta affrontando un momento cruciale della sua carriera: sta infatti cercando di espandersi creando addirittura una linea skincare a suo nome, ma qualcosa va storto quando Angel Vergara (Luis Gerardo Méndez) apre un centro estetico proprio di fronte al suo. Ma non è solo questo a turbare Hope: in concomitanza la donna infatti inizia a ricevere messaggi inquietanti, intimidazioni, molestie, e le sue foto vengono messe su siti per incontri sessuali.
Con il terrore di perdere tutta la sua carriera, e sentendosi sopraffatta da tanti problemi, l'estetista decide di chiedere aiuto ad un suo amico, Jordan (Lewis Pullman), un life coach che sembra comprenderla a pieno.

Pare sia stato ispirato ad una storia realmente accaduta più o meno intorno al 2013, quando Dawn DaLuise, all'epoca visagista di fama anche fra le celebrità, fu accusata e poi assolta di istigazione all'omicidio, ma Skincare si sposta un po' più in là rispetto alla mera costruzione di un eventuale crime.
È infatti una sorta di thriller, vagamente patinato, che unisce alla storia di Hope, quella di una società di circa un decennio fa che in fondo somiglia molto a quella di oggi, legata all'apparenza, al bisogno di consumo sfrenato, al narcisismo, all'egocentrismo e particolarmente all'arrivismo. 

Hope in questo senso è anche un po' vittima di se stessa: più che concentrarsi sul suo lavoro, e sul migliorare il suo prodotto, preferisce trovare scorciatoie e strade poco pulite per cercare di non farsi schiacciare dalla concorrenza. 


Skincare è però un film facilmente approcciabile da ogni punto di vista, sia nella narrazione che non ha poi un vero e proprio crescendo e che soprattutto finisce per essere un po' prevedibile, sia nei sottotesti che vuole raccontare, che non fanno diventare il film demagogico.
A reggere tutta la baracca è sicuramente il talento di Elizabeth Banks, ma tutto il cast è costellato da attori che riconoscerete, come Michaela Jaé Rodriguez da Loot e Lewis Pullman da Lezioni di Chimica.
Tuttavia nessun personaggio secondario riesce ad essere sviluppato, sono tutti abbastanza funzionali alla storia e come arrivano se ne vanno. Lo stesso per quanto riguarda la parte tecnica, non mi pare ci sia stato uno sforzo particolare in termini di regia o anche solo colonna sonora. 
Anche questo indubbiamente è un film da serata sul divano, non troppo impegnativo, che tenta un intrattenimento non troppo vacuo e in parte ci riesce.

La maschera viso nutriente ed economica da provare questo autunno🐝🍯🍋

Per me autunno significa anche maggiore attenzione alla barriera cutanea, non solo perché il freddo fa cambiare molto la mia pelle, riducendone la produzione di sebo e l'idratazione, ma anche perché rimetto in uso tutti quegli attivi, come acidi esfolianti e retinolo, che possono portare ad una maggiore secchezza.
Infatti in questo periodo vi sto parlando di tanta skincare e anche di tante maschere viso che sono diventate parte della mia routine. Una di queste è la Face Mask Intense Regeneration con Miele e Limone della linea Buzz di Revox B77.


INFO BOX
🔎 revoxb77.com, Douglas, DM, Online
💸 €4.99
🏋 65ml
🗺 Made in EU
⏳ 12Mesi
🔬 Cruelty Free, Vegan

Se siete capitati qui per caso o semplicemente non mi seguite, ho presentato Revox proprio alla fine dello scorso anno (qui) e di recente l'azienda mi ha dato l'opportunità di provare alcuni dei loro prodotti, fra cui questa Maschera viso rigenerazione Intensa che mi è sembrata perfetta a questo periodo ma non solo.

È un trattamento con una texture davvero super cremosa, ed una buonissima profumazione di miele, che ha il compito di risvegliare la pelle e appunto nutrirla, attraverso due ingredienti: il miele, che caratterizza appunto la (piccola al momento) linea Buzz, dalle proprietà idratanti, rigeneranti e lenitive, e l'estratto di limone, purificante e naturale fonte di vitamina C, quindi illuminante.
In realtà questa Face Mask Revox è arricchita con tanti emollienti, fra cui un brevetto chiamato Lipovol® MOS 130, che è composto da esteri non di derivazione animale e che mima la sensazione e l'occlusività dell'olio minerale pur non essendo tale, ed idratanti, fra cui anche la tipica glicerina.

Non capivo come mai Revox dicesse che questa maschera viso contenesse ceramidi, perché non le trovavo nell'INCI, ma poi ho scoperto che c'è una sostanza, chiamata Vegetal Ceramides BGG, composta dagli estratti di riso e crusca di riso, che contiene una miscela di sfingolipidi e fosfolipidi, ovvero ceramidi appunto. Questi ingredienti contribuiscono appunto a rinforzare la barriera cutanea e mantenere un certo livello di idratazione. 
Subito dopo queste ceramidi troviamo l'allantoina, che lenisce, e il gluconolattone, poliidrossiacido (PHA) che non solo ha un leggero effetto esfoliante, ma ha anche una azione idratante spiccata.

La Intense Regeneration Face Mask si applica su pelle pulita e asciutta e si lascia agire per circa 10/15 minuti, e in questo tempo la maschera si asciuga ma senza diventare mai fastidiosa come ad esempio una maschera all'argilla. In generale tutta l'esperienza d'uso è secondo me piacevole, sia per questa consistenza cremosa, che si stende molto bene, sia perché ha un delicato aroma di miele che è appunto carino ma non stucchevole.

L'utilizzo va ripetuto per 1 o 2 volte a settimana, e Revox dice anche che potrebbe essere tenuta tutta la notte sul viso, ma non ne vedo la necessità. 

Come anticipavo, la mia pelle è più secca in questo periodo per tutte le variabili a cui accennavo, per cui mi sembrava il momento ideale di testarla e non mi sbagliavo. 
Io faccio così: stendo uno strato omogeneo di Intense Regeneration Face Mask su viso e collo (ché tanto non ho trovato nulla che lo proibisse) e la lascio in posa per circa 20/30 minuti. Poi proseguo al risciacquo, operazione molto semplice perché la maschera si scioglie e soprattutto non avendo oli non lascia residui sul viso o patine, né serve un detergente per rimuoverla completamente.

Sin da subito questa maschera mi dà comfort alla pelle, toglie quella eventuale sensazione di pelle che tira, dando idratazione e nutrimento senza risultare pesante. Inoltre lascia il viso un po' più omogeneo, carino, disteso, e pronto comunque ad altri sieri e trattamenti, al punto che sono riuscito ad usarla indistintamente di giorno e di sera. 
Secondo me questa maschere Revox è soprattutto indicata per cuti da normali a tendenza secca, ma anche per tutte quelle cuti miste che appunto risentono il cambio di temperatura ma comunque non vogliono appesantire troppo la pelle. Non la consiglierei a pelli grasse pur non contenendo oli, ma potrebbe avere comunque la giusta leggerezza anche su una pelle sebacea che ha solo un temporaneo e localizzato momento di secchezza e irritazione.


Conoscevate già Revox B77?



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Le nuove stagioni disponibili su Netflix, Raiplay e Disney+

Dopo aver esplorato ben quattro nuove serie, torno a parlare di alcuni rinnovi: ho appena concluso le nuove stagioni di alcune serie TV che seguo da tempo e di cui, di recente, sono usciti i nuovi episodi.
Le trovate su tutte le piattaforme streaming, quindi ce n'è per tutti.


Only Murders in the Building 
Quarta stagione

only murders in the building 4 recensione

Dal 27 Agosto al 29 Ottobre a cadenza settimanale, sono stati resi disponibili su Disney Plus i 10 nuovi episodi di Only Murders in the Building 4, la serie tv con Selena Gomez, Steve Martin e Martin Short che ormai è diventata una bellissima vetrina per tantissimi attori stra famosi, ma che con me ha avuto un rapporto altalenante.
Eravamo rimasti ad una terza stagione ad esempio che non mi aveva poi tanto convinto, dove mi sembrava ci fossero forzature narrative e dove mancava un po' di legante. In fondo noi abbiamo conosciuto e apprezzato Charles, Oliver e Mabel insieme, per la sinergia che hanno fra di loro, e per questo, vederli separati, ognuno alle prese con le sue cose, non mi sembrava interessante. Ma adesso si ritrovano di nuovo più affiatati per scoprire chi ha ucciso Sazz (Jane Lynch), amica e stuntwoman di Charles.

Nel mentre si paventa un'altra opportunità: Hollywood. Ai tre protagonisti infatti viene proposto di trasformare il loro podcast in un film e dovranno confrontarsi anche con gli attori scelti.

Questa quarta stagione di Only Murders in The Building è alla fine la più solida secondo me fino ad adesso. Hanno infatti trovato nuova linfa, aprendo ma non troppo le porte dell'Arconia, ma spostandosi semplicemente all'ala occidentale del palazzo, popolata da gente stramba di ogni tipo. Non è infatti semplice trovare dei collegamenti che non portino i protagonisti fuori dal condominio, venendo meno al titolo stesso della serie, eppure sono riusciti a trovare un collegamento coerente e interessante. 
Una stagione che conferma i pregi di Only Murders in The Building, ovvero la buona scrittura della parte crime, che trova la sua risoluzione alla fine, ma passa attraverso dei tasselli abbastanza solidi costruiti nel corso degli altri episodi, l'ironia dei dialoghi e di alcuni sketch, e il suo essere estremamente contemporanea, ironica e autoironica.

Tutte queste caratteristiche hanno portato tantissimi attori noti a voler farne parte, e infatti in questa quarta stagione troviamo Melissa McCarthy, Eva Longoria, Zach Galifianakis, Eugene Levy, Kumail Nanjiani, Griffin Dunne e Molly Shannon, oltre al ritorno di Meryl Streep e Paul Rudd.

In questa stagione, rispetto alla precedente, mi è sembrato ci fosse maggiore equilibrio fra la parte comica e quella drammatica, quindi fra le indagini dei podcaster e la loro vita privata, che nel terzo capitolo sembrava avesse allagato tutto. 

I limiti di Only Murders in The Building rimangono più o meno sempre quelli, ovvero il fatto che non tutto fa ridere come vorrebbe, e che non si è partecipi alle indagini in prima persona, anzi si resta un po' fuori, e più che altro si seguono i protagonisti che fanno appunto le loro ricerche.
E alla fine è una serie tv che vuole intrattenere, è estremamente contemporanea, e punta ormai molto all'affiatamento dei tre protagonisti e alla ai vari cameo, ma che resta fine a se stessa, e capisco che i tanti personaggi, i tanti intrecci, possono annoiare. 
La quinta stagione di Only Murders in The Building è ormai stata confermata e quindi non ci resta che attendere.


La legge di Lidia Poët
Seconda stagione

Si è forse un po' sgonfiata l'attesa per la seconda stagione di La legge di Lidia Poet, serie tv che ha trasformato la prima avvocata d'Italia in una sorta di Jessica Fletcher: dove c'è lei ci scappa sempre il morto.
Se la prima stagione aveva imbastito le linee guida sulla storia di Lidia (Matilda De Angelis), della sua famiglia, delle sue difficoltà ad affermarsi nel mondo dell'avvocatura italiana e anche nell'ambito amoroso-sentimental-sessuale, in questa seconda stagione, arrivata su Netflix il 30 Ottobre, si seguono praticamente i binari già posati, e proseguono le indagini dell'avvocata, non senza la sua spalla, il giornalista Jacopo Barberis (Edoardo Scarpetta).

Questa volta i due sono impegnati in un caso che riguarda una persona che entrambi conoscono che è stata trovata morta, ma non mancano altri omicidi e misteri da risolvere.
Insomma, nessuna svolta in La legge di Lidia Poët 2, in cui ancora una volta la narrazione verticale si incrocia con quella orizzontale e tutte le altre piccole diagonali più o meno interessanti che riguardano i personaggi secondari.

Potrei insomma fare un copia e incolla delle mie opinioni che avevo lasciato per la prima stagione, perché anche questi nuovi episodi (sempre 6, non si può sbagliare) hanno gli stessi pregi e difetti.
La legge di Lidia Poët nasce come serie di intrattenimento, in cui personaggi storici realmente esistiti vengono piegati per una storia differente rispetto a quanto è accaduto all'epoca. Questo aspetto forse non è stato chiaro sin dal principio, tanto che ricordo i malumori che suscitò l'anno scorso appena uscì la prima stagione, visto che molti si aspettavano un period drama rigoroso. Ma se ambientazione e costumi sono fedeli all'epoca, il linguaggio, la musica e la gestualità non è spesso a sincrono con la fine dell'800.

Comunque tornando a questa seconda stagione, Lidia Poet è ormai una rodata investigatrice e non si farà mancare ogni sorta di omicidio. Non sempre però le singole storie risultano coinvolgenti, perché lo spettatore, come dicevo su, viene lasciato un po' fuori, per scoprire alla fine come sono andate le cose.
In fondo, il tempo per costruire un giallo con tutti i crismi, non c'è né credo che la serie Netflix voglia ritagliarselo. 


A rendere il tutto gradevole è sicuramente lo stile leggero, scorrevole, ironico, i dialoghi a tratti divertenti e il carisma di Matilda De Angelis, che ormai è diventata una attrice dal fascino internazionale, e da un po' tutto il cast, ora arricchito anche da Gianmarco Saurino nei panni del procuratore Fourneau. Inoltre sarà stata una impressione, ma mi è sembrato che in questa seconda stagione bisbiglino meno nei dialoghi, scelta artistica che non capivo nei primi episodi. 
Non ho invece apprezzato, ancora una volta, questa fotografia estremamente calda, filtrata, ovattata, che secondo il mio modesto parere fa un effetto datato (non antico) e da soap. 
In estrema sintesi La legge di Lidia Poët è una serie tv cotta e mangiata, per quanto cerchi una sua profondità sempre parlando di emancipazione femminile e di parità di diritti, che come viene se ne va, adatta a chi ama le dramedy in costume, ma non troppo. 
Non c'è ancora la conferma per una terza stagione, ma non credo tarderà ad arrivare.


Nudes 
Seconda stagione

Sono trascorsi tre anni dalla prima stagione di Nudes, la serie tv firmata Rai e disponibile su Raiplay, incentrata sul tema del revenge porn, delle estorsioni a sfondo sessuale e in generale del ciberbullismo, e onestamente non mi aspettavo una seconda stagione, avendo concluso tutte le linee narrative. Invece il 25 Ottobre sono arrivati altri 9 nuovi episodi, che riprendono le stesse tematiche ma da altri punti di vista.

Con tre diverse storie, in un approccio quasi antologico, Nudes 2 infatti non si rivolge solo agli adolescenti e alle vicende che li coinvolgono, ma anche alla famiglia, con tutte le sue variabili, e in generale degli adulti. Così madri, maestri, e padri diventano le vittime, e spesso sono anche gli adolescenti stessi a fargli capire che quello che gli sta accadendo, che cadere a quel ricatto, non è una cosa giusta, e fornendo una ottica diversa sullo scarto generazionale. 

Non sto qui a raccontarvi i dettagli di ogni singola storia, perché ne abbiamo tre differenti, con personaggi diversi e appunto dinamiche a parte l'una dall'altra. Si parte ad esempio con Luca (Fortunato Cerlino), un padre vedovo, vittima di catfishing, costretto a cambiare tutta la sua vita, specie nel suo lavoro di insegnante, per poi passare ad una madre, Michela (Lucia Mascino), che ha fatto una scelta importante di seguire ciò che è, trovando una nuova compagna, ma le cose si complicheranno quando salterà fuori un filmato intimo con l'ex marito. Poi c'è una storia completamente differente, quella dell'insegnante di scherma Emilio (Michele Rosiello) che avrà problemi quando uscirà un video con una sua ex allieva.

Un cambio di prospettiva più interessante secondo me della prima stagione, con molte più sfaccettature sui tipi di rapporti che vengono raccontati e appunto sulle dinamiche che possono portare al revenge porn, ma Nudes resta una serie tv educativa molto standard. 

Non ci sono ad esempio dialoghi particolarmente spontanei e curati, le interpretazioni sono abbastanza nella media, così come le scelte di regia, ma soprattutto è la prevedibilità delle storie ad azzoppare un po' la serie tv.
In particolare, per me, è stata la terza storia ad essermi sembrata la peggiore, con personaggi piatti e spesso antipatici o quantomeno poco empatizzabili. La madre di Silvia (Emma Valenti), interpretata da  Astrid Meloni, ad esempio è insopportabile e ripetitiva, e anche la figlia segue questo schema.
È vero che gli episodi brevi sono molto facili da seguire, ma appunto quella di Nudes 2 dà l'impressione di una produzione decisamente inferiore rispetto al panorama dello streaming generale, fatta guardando solo al significato e meno al significante.
Ormai anche le produzioni italiane si stanno attrezzando per avere un respiro più internazionale, quindi una serie tv simile risulta quasi anacronistica. 
Anche la prima stagione presentava queste problematiche, e a questo punto mi chiedo quanto appeal possa avere sul grande pubblico una serie con questa impostazione, che ha però invece intenti e messaggi importanti. 
Non ho letto ancora di alcun rinnovo di Nudes, ma spero che ci sarà una terza stagione, abbia uno stile diverso. 

Alverde Repair & Care, due prodotti capelli economici e naturali

Dopo quelli di Balea, altri prodotti di un altro marchio di DM sono diventati parte della mia hair care routine, ovvero la linea Repair & Care di Alverde.

Dopo la Sensitiv, questa Ristrutturante è la seconda linea capelli Alverde che provo, ed è arricchita con estratti di avocado e burro di karitè, e con lo scopo appunto di riparare capelli danneggiati e fragili. In realtà questa gamma Alverde è composta, almeno sul sito, da quattro diverse referenze, ovvero shampoo, balsamo, un olio condizionante e un trattamento intensivo in crema, ma questi ultimi due prodotti credo non fossero disponibili quando acquistai e quindi mi concentro solo su i primi due. Infatti shampoo e balsamo Alverde sono parte della mia cura dei capelli da diverso tempo, sempre in sinergia e ho diverse cose da sottolineare.


Alverde Repair & Care Shampoo Ristrutturante
Avocado e Burro di Karité Bio

INFO BOX
🔎 dm-drogeriemarkt.it, catene DM
💸 €2.29
🏋 200ml
🗺 Germania
⏳  Scadenza sulla confezione
🔬 Natrue, Vegan

Premiato dalla rivista OKO Test nel 2022, che giudica la qualità di cosmetici e alimenti, questo shampoo Alverde basa la sua azione ristrutturante su alcune sostanze che qui conosciamo molto bene, come le betaine, l'inulina, l'arginina, tutte dall'effetto idratante, che si uniscono alle proteine idrolizzate del grano.
Molto più in basso nell'INCI ci sono i due componenti principi della linea ovvero avocado e karitè entrambi da agricoltura certificata organica, ma attenzione perché se troviamo effettivamente il burro di karité, non c'è invece l'olio di avocado ma l'estratto del frutto, che ha ottime proprietà idratanti e antiossidanti, ma non ha il potere occlusivo ed emolliente appunto dell'olio, e credo che nel suo insieme si possa già capire molto della formulazione.
Comunque questo shampoo Alverde non contiene siliconi e oli minerali, nel rispetto di un brand green, e la confezione è in materiale riciclato.

La consistenza è quella di un gel fluido, che emana un profumo abbastanza fresco e neutro, non particolarmente persistente su di me, ma gradevole, ed è uno shampoo che fa schiuma quasi immediatamente e che riesce a pulire a fondo, eliminando anche impacchi oleosi, ma che posso tutto sommato inserire nella categoria dei prodotti delicati. 
Sicuramente gli manca quell'effetto lenitivo ed emolliente che il mio cuoio capelluto secco e sensibile apprezza, ma posso dire che non ha scatenato ulteriori fastidi, prurito, irritazione o desquamazione anche appunto co un uso esclusivo e costante per diverso tempo.

Tutto sommato questo Shampoo Ristrutturante Alverde non mi dispiace nemmeno sulle lunghezze, perché non aggroviglia troppo né va a seccare e rispetta il naturale volume e corpo dei miei capelli senza afflosciarli, quindi penso che anche i capelli sottili lo possano apprezzare. Segnalo, come mi capita spesso con i prodotti con cheratina o proteine idrolizzate, che me li lascia leggermente duri, è però una condizione temporanea che va via semplicemente con il balsamo.
In generale lo shampoo Repair & Care mi è sembrato un prodotto abbastanza nella media, adatto a chi cerca un detergente economico ed efficace, ma non troppo indicato per chi ha capelli davvero danneggiati o molto trattati, ma anche per chi cerca uno shampoo davvero addolcente e nutriente. 



Alverde Repair & Care Balsamo Ristrutturante
Avocado e Burro di Karité Bio


INFO BOX
🔎 dm-drogeriemarkt.it, catene DM
💸 €2.29
🏋 200ml
🗺 Germania
⏳  Scadenza sulla confezione
🔬 Natrue, Vegan
Il Balsamo della linea Repair & Care Alverde riprende ovviamente gli stessi ingredienti dello shampoo, e purtroppo manca anche qui l'olio di avocado, ma abbiamo altri oli vegetali come quello di semi di soia e di jojoba, entrambi comunque leggeri ma emollienti e validi su capelli e pelle. Ancora una volta abbiamo una formulazione senza siliconi e oli minerali, quindi bene.

La sua consistenza è abbastanza cremosa, soffice e soda e ammetto che più che un balsamo sembra quasi una maschera. Non fa però fatica ad essere distribuito omogeneamente fra i capelli, ma la mia tecnica è sempre quella di prelevare e applicare poco prodotto per volta e in modo uniforme.
Anche la profumazione del balsamo ristrutturante Alverde è uguale allo shampoo, su di me non permane molto ma magari potrebbe farlo su capelli un po' più lunghi.

Come sempre, con tutti i balsami capelli, anche questo cerco di lasciarlo in posa almeno 5 minuti perché mi interessa più l'azione condizionante che quella districante.

Ed in effetti, il balsamo Repair & Care anche nella sua performance mi è sembrato quasi una maschera: io infatti non noto un particolare effetto districante, per quanto vinca facile in questo senso visto che io non ho di mio grossi nodi e soprattutto lo shampoo non crea un groviglio, ma sembra più che altro un condizionante, che ammorbidisce le lunghezze e aiuta anche a disciplinarle.

È quindi un trattamento che consiglierei a capelli a tendenza secca, ma anche in questo caso non per chi ha lunghezze particolarmente danneggiate, decolorate e secche. I limiti del balsamo Ristrutturante Alverde io ad esempio li vedo nel fatto che, per quanto mi ammorbidisca i capelli, non li rende davvero particolarmente setosi, e non aiuta molto a lucidarli o in generale ad agevolarmi in qualche modo nel momento dello styling, dove mi ritrovo ad usare le stesse quantità ad esempio di gel pre asciugatura.
In genere i risultati migliori li ottengo associando questi prodotti ad altro, come ad esempio un olio o appunto un altro trattamento. Quindi suppongo che la stessa Alverde abbia pensato a questa linea Repair & Care come una gamma da far agire in sinergia con tutti i prodotti della linea. 

Anche questo balsamo è comunque un prodotto gradevole, ma nella media della grande distribuzione, l'ho utilizzato con piacere e costanza senza però aver dato una straordinaria sui miei capelli abbastanza complicati da gestire. Dalla sua questo balsamo Alverde ha il fatto che si sciacqua in relativamente poco tempo e soprattutto non mi appesantisce o sporca i capelli prima del tempo, quindi da questo punto di vista è promosso.

Questa combo di prodotti Alverde mi lascia i capelli puliti abbastanza a lungo, come dicevo abbastanza morbidi e districati, ma non ha quel potere condizionante, lucidante e disciplinante che in fondo mi aspetto da una hair care ristrutturante con attivi nutrienti.

Nonostante la buona esperienza, diciamo che per me non è scattata la scintilla al punto da riacquistarli, ma sono certo che chi ha esigenze leggermente più inferiori delle mie, potrà trovare in questa combo una valida alternativa economica. 




Tre film dal "passato" in streaming... cosa mi è piaciuto e cosa no!

Tempo di recuperoni queste settimane, in un vaghissimo tentativo di smaltire qualche titolo rimasto indietro e su cui la mia curiosità non si era ancora spenta, ma anche un film, sempre del passato più o meno recente, che mi era sfuggito.


Finché morte non ci separi (2019)


Titolo originale: Ready or Not
Genere: Thriller, Horror, Commedia
Durata: 95 minuti
Regia: Matt Bettinelli-Olpin, Tyler Gillett
Uscita in Italia: 24 Ottobre 2019 (cinema)
Paese di produzione: USA


Qualche giorno fa mentre leggevo le mie notizie, scoprivo che su Rai4 era andato in onda un film con Adam Brody e Samara Weaving che, risalendo al 2019, non ricordavo. In realtà pensavo che anche il genere di Finché morte non ci separi potesse non fare al caso mio, ma mi sono ricreduto. 

Samara Weaving (e il suo profilo perfetto) interpreta una giovane sposina di nome Grace, la quale si è unita in matrimonio con Alex (Mark O'Brien), uno dei rampolli della dinastia dei Le Domas, che hanno costruito un impero nell'impresa dei giochi da tavolo. La prima notte di nozze però non è esattamente friccicarella come ci si aspetta, perché la famiglia di Alex, ed in particolare Tony (Henry Czerny), il patriarca dei Le Domas, invita Grace a fare un gioco. La ragazza dovrà estrarre una carta da un mazzo e scopre che il gioco che dovrà fare è nascondino, ma quella che può sembrare una tradizione innocua o magari buffa, diventa una lotta alla sopravvivenza. Grace infatti si ritroverà ad essere inseguita da tutti i le Domas armati, che vogliono farla fuori per far fede ad un antico patto di sangue, mentre lei non conosce nulla della grande villa di famiglia.

Diretto da Matt Bettinelli-Olpin e Tyler Gillett, già registi di altri film horror, Finché morte non ci separi non era nelle mie corde sulla carta, ed invece si è rivelato un ottimo intrattenimento. 
Probabilmente gli amanti del genere non lo apprezzeranno perché si tratta più che altro di una commedia con accenni di orrore più o meno splatter e con una costante e crescente tensione. 
Il centro del film è la Grace di Samara Weaving (e il suo profilo perfetto), una esile pagliuzza bionda, come viene definita da Tony, che, nel lottare per la sua stessa vita, farà uscire tutta la sua grinta e la sua determinazione. Si gioca così, in una velata critica, anche sulle differenze di classi sociali, dove la giovane sposa non viene percepita come parte del gruppo di eletti/elitari, ma come l'ultima arrivata che può essere tolta di mezzo per il bene della famiglia.
Proprio Grace, al contrario di quanto capiti nei film horror in genere, è invece decisamente sveglia, ha delle reazioni logiche di chi si vuole mettere in salvo e non a vantaggio dei suoi carnefici.


La parte più divertente di Ready or Not sta nei dialoghi, che però non sono inseriti, come spesso capita negli action movie, nei momenti peggiori per i protagonisti, e in alcune scene.
Ma soprattutto è un film che riesce a tenerti ancorato perché sa far ripartire la tensione quando serve, rimescolando le carte e i ruoli dei protagonisti, senza addormentarsi troppo quando invece tocca prendere respiro.

L'unico appunto che posso fare è che forse si poteva costruire qualche elemento in più a sostegno della maledizione, o meglio, del patto che i Le Domas devono rispettare, e non limitarsi a raccontarcelo in un breve dialogo. Per il resto Finché morte non ci separi fa il suo nell'intrattenere bene, sa usare tutti i generi che vuole toccare senza ridicolizzarne qualcuno, e che appunto su di me ha avuto effetto perché non si limita all'horror tradizionale, ma punta sulla suspense. Ed ha un cast di tutto rispetto, fra cui anche Andie MacDowell, oltre quelli che vi ho già nominato.

Finché morte non ci separi è disponibile su Raiplay quindi pure in streaming gratis per tutti.


The Strays (2023)


Genere: Thriller, Drammatico
Durata: 100 minuti
Regia: Nathaniel Martello-White
Uscita in Italia: 22 Febbraio 2023 (Netflix)
Paese di produzione: UK

Dall'anno scorso avevo curiosità su The Strays, film di Netflix arrivato in streaming più o meno in concomitanza con Sharper, con protagonista Ashley Madekwe, forse più famosa per i suoi lavori televisivi che cinematografici.
Madekwe è Neve, una donna che sembra avere una vita perfetta, con un marito impeccabile e due figli adolescenti che tutto sommato non le danno troppi grattacapi. Eppure la testa di Neve prude molto perché continua a nascondere i suoi capelli reali sotto parrucche dalle acconciature bon ton, esattamente come tenta di nascondere il suo passato tutt'altro che borghese. Neve infatti è scappata da una vita fatta di espedienti e difficoltà, per costruirsi un presente decisamente più agiato, con un bel lavoro, begli abiti e la famiglia del Mulino Bianco, ma di bianco c'è ben poco. La donna infatti tenta in tutti i modi di nascondere il suo essere afrodiscendente, con trucco e capelli che cercano di nascondere le sue reali origini, ed impedendo ai figli di seguire mode che possono farli apparire come neri alla comunità praticamente a prevalenza bianca. Ma cosa accade quando il passato bussa alla porta di Neve?

È un film strano questo The Strays, che secondo me fa leva molto sull'appunto concetto di randagi, di creature di strada che si adattano al momento, che non hanno radici e che di conseguenza sono spesso portati a cambiare strada senza guardarsi troppo indietro, sviluppando un certo egoismo. In questo senso non ci sono personaggi buoni o cattivi, ma semplicemente persone che hanno sviluppato i loro traumi per ciò che hanno vissuto.
Neve, che ha in realtà un altro nome, ha ad esempio un forte razzismo interiorizzato, probabilmente nato per distacco e disprezzo del suo passato.
L'interpretazione di Ashley Madekwe è valida secondo me perché appunto a volte ci fa intravedere come la sua Neve stia recitando una parte, non sia realmente se stessa, ma semplicemente il riflesso di ciò che vorrebbe essere.

Inoltre The Strays è strano perché unisce generi differenti, anche se, al contrario di quanto ho visto su Wikipedia ad esempio, non ha nessun aspetto horror, ma è più che altro un thriller psicologico dove appunto si arriva ad un culmine più angosciante e tensivo. 

Non è probabilmente il film che mi sentirei di consigliare a scatola chiusa, ma mi ha convinto sia perché ha una durata corretta, sia per il suo finale che secondo me è completamente logico con quanto abbiamo già visto ed anche spiazzante.
Poteva essere fatto meglio, potevano essere fatti più approfondimenti e i personaggi avere qualche dettaglio e sfumatura in più, ma a volte trovo più interessante un film che lascia qualche dubbio piuttosto che uno dalle brutte certezze.


Challengers (2024)


Genere: Drammatico
Durata: 100 minuti
Regia: Luca Guadagnino
Uscita in Italia: 24 Aprile 2024 (Cinema)
Paese di produzione: USA

Decisamente più recente e sicuramente più noto, Challengers è l'ultimo dei lavori editi di Luca Guadagnino, che ormai è acclamato oltreoceano, ed ha anche altri film in prossima uscita. Io l'ho volutamente perso al cinema, poco attirato dal chiacchiericcio che si era creato soprattutto sulle fantomatiche scene erotiche fra il terzetto Zendaya, Josh O'Connor e Mike Faist, ma quando è arrivato su Prime Video mi sono dovuto mettere di buona lena per recuperare Challengers. Me ne sono pentito? Forse.

Nonostante Tashi Duncan (Zendaya), Patrick Zweig (O'Connor) e Art Donaldson (Faist) siano tre abilissimi giovani tennisti, Challengers non mostra solo le loro prodezze in campo, ma si concentra soprattutto nel rapporto fra i tre. Art e Patrick hanno infatti un rapporto di amicizia fraterna, ma quando arriva Tashi nelle loro vite, gli equilibri si incrinano e fra i due nasce una rivalità che si riverserà anche sul tennis.

Quello di Guadagnino non è un film sul tennis, ma su una passione bruciante, come quella per lo sport restando nel paragone, sul sesso, sul controllo, ma anche sull'amicizia, sull'amore e ovviamente come dicevo sull'ambizione personale. Il trio in un certo senso rappresenta diverse personalità, con Patrick particolarmente concentrato su di sé, ma troppo lavativo per poter avere futuro in un mondo rigido come quello del tennis, con Art invece molto più disciplinato ma succube, e Tashi che un po' capeggia e controlla entrambi, un po' per reale interesse, un po' per suo egoismo. Il rapporto fra i tre si impasterà quando il passato incontrerà il presente e le cose irrisolte si ripresenteranno.

Il problema di Challengers è che non mi ha lasciato molto, non l'ho trovato così coinvolgente, anzi tante caratteristiche mi hanno alla lunga anche scocciato. 
I personaggi infatti non mi hanno trasmesso qualcosa, non hanno una vera e propria parabola, non migliorano né peggiorano, per quanto i tre attori siano sicuramente bravi e versatili. Anche questa sensualità tanto venduta in fase di promozione, non è esattamente così scottante o perversa. 

Ci sono poi gli aspetti tecnici che non mi hanno convinto, sia nella lunghezza del film in sé, assolutamente non necessaria per la storia da raccontare, anche perché le dinamiche sono sempre quelle, sia per questi continui salti temporali, che a volte confondono, tanto da costringere a mettere proprio delle scritte per chiarire in che momento ci troviamo.
La regia di Guadagnino a volte è davvero efficace, altre non mi ha convinto, come ad esempio nelle partite di tennis dove ci fa quasi venire la nausea con i continui andirivieni a seguire i colpi. Smaccati poi i tanti product placement e queste imbarazzanti inquadrature dei piedi nudi maschili, che sembrano inserite a forza nelle scene.

Se vi aspettate poi una rappresentazione particolarmente accurata del tennis, lasciate stare perché è tutto molto spettacolarizzato, così come è tutto abbastanza patinato, misurato, controllato.
Guadagnino ha una cifra stilistica sempre più precisa e riconoscibile, la fotografia risulta molto gradevole, ma Challengers per me com'è arrivato se ne va. 



Ho provato la Essence di Mixsoon, virale sui social e più venduta in Corea

Quando si parla di cosmesi coreana, c'è differenza fra quei prodotti e quei marchi che noi reputiamo validi e famosi, e quelli che invece in Corea diventano dei best sellers. Non è detto insomma che ciò che da noi piace, poi sia anche apprezzato nel luogo in cui è nato, ma non è il caso della Bean Essence di Mixsoon, che non solo è diventata virale su Instagram e Tik Tok ma sembra essere amatissima nella sua madrepatria. 


INFO BOX
🔎 StylevanaAmazon, Yesstyle (sconto PIER10YESTYL) 
💸 € 24
🏋 50ml
🗺 Corea
⏳  12 mesi
🔬Vegan

Unendo la parola inglese "mix" ovvero miscela, a quella coreana "soon" che significa purezza, Mixsoon racchiude la sua filosofia nel concetto di pure blend, quindi dell'unione di pochi ingredienti puri per creare cosmetici funzionali ed efficaci, e questa Bean Essence ne è la prova.

L'INCI è infatti cortissimo, come molte essence viso coreane che spesso sono composte da un unico attivo funzionale, e infatti troviamo glicerina, e alcuni ingredienti fermentati, processo ormai molto usato in cosmesi perché sembra essere in grado di aumentare l'efficacia degli attivi rendendoli più biodisponibili e migliorandone la loro penetrazione cutanea.
Nello specifico la Bean Essence contiene appunto:

  • Estratto di soia fermentata in Lactobacilli (2.5%): un ingrediente probiotico con proprietà antiossidanti e idratanti, che ha effetti lenitivi e aiuta a rinforzare la barriera cutanea grazie alla grande quantità di aminoacidi, e pare che aiuti anche a stimolare la produzione di collagene,
  • Estratto fermentato di melograno in Lactobacilli: offre un'alta dose di antiossidanti, ha proprietà anti-infiammatorie e, grazie al processo di fermentazione, concentra enzimi con effetti illuminanti e che favoriscono il rinnovamento cellulare,
  • Estratto di semi di orzo fermentato da lieviti Saccharomyces: mantiene l'idratazione cutanea e stimola delicatamente il turnover cellulare, contribuendo a una pelle liscia e morbida,
  • Estratto fermentato di pera coreana o nashi: durante la fermentazione, il suo contenuto di zuccheri idratanti viene concentrato, migliorando l'elasticità cutanea e lenendo la pelle.

Quindi una formulazione vegana e senza alcuna fragranza aggiunta, che serve a prendersi cura della pelle su più fronti, idratandola e rigenerandola delicatamente, oltre ad agire su luminosità e grana.

Tutto questo è racchiuso in una texture particolare, vischiosa da sembrare quasi miele, che però si applica facilmente. Non fatevi spaventare dai video in cui fanno vedere che il fluido crea tantissimi filamenti, perché questo accade quando si preleva molto, troppo prodotto.
Sull'utilizzo della Bean Essence Mixsoon ci sono diverse cose da chiarire, visto che la confezione è magra di indicazioni, ma sul sito di Yesstyle e sul web in generale ho trovato parecchie dritte.
Infatti ha un doppio modo d'uso, come semplice idratante quotidiano, sia al mattino che alla sera, o come trattamento esfoliante due o tre volte a settimana.
Parto dalla base: come con qualunque prodotto, questa essence prevede di essere inserita in una skincare stratificata dopo le texture più leggere, quindi i tonici e le mist, ma anche nel caso di sieri acquosi magari quelli semplici a base di acido ialuronico. 


Questo è il mio utilizzo preferito della Essence Mixsoon perché la trovo profondamente idratante e avvolgente sul viso, e nonostante la consistenza "slime" si assorbe bene, non la trovo particolarmente appiccicosa. Non è però come uno di quei sieri acquosi a cui facevo riferimento sopra: nonostante non ci siano ad esempio oli, è comunque un prodotto che si sente sulla pelle, che può soddisfare cuti da limitatamente miste verso il secco, e che mi piace adesso che la mia pelle è più bisognosa. A me inoltre è sembrato che la Bean Essence lavorasse molto bene in sinergia con prodotti e attivi che hanno una funzione simile alla sua, come retinolo e vitamina C. Infatti mi stupisce ancora vedere come al mattino il mio viso sia particolarmente luminoso.

Tra l'altro la sento anche molto addolcente e restitutiva, anche dopo la rasatura mi dà la sensazione di lenire e ammorbidire la pelle appena applicata. 
Inoltre si è sposato bene con tutti i prodotti con cui l'ho fatto agire, sia appunto di giorno, eventualmente associato al make-up, che la sera. 

Come esfoliante, questa Bean Essence non è proprio il prodotto dei miei sogni. In questo modo va utilizzata una buona quantità di prodotto, magari aggiunto man mano, e si massaggia con la punta dei polpastrelli seguendo movimenti circolari. Così facendo si dovrebbero notare dei grumetti, il famoso pilling che dovrebbe essere appunto composto da cellule morte della pelle, e che poi andrebbero rimossi sciacquando il viso o con un dischetto imbevuto di tonico.


Nelle volte in cui ho provato questo metodo ho notato qualche pallino formarsi dopo circa un paio di minuti di massaggio, ma secondo me si tratta essenzialmente degli eccessi di essence che si raggrumano per via dello sfregamento insistente. Poi magari questi grumi di prodotto riescono ad inglobare anche cellule morte, impurità e pellicine, quindi purificano la pelle, ma io non credo sia necessario usare questo prodotto con queste modalità perché già di per sé ha un effetto rinnovatore e rigenerante. Inoltre non elimina come si può pensare i punti neri, a meno che non siano particolarmente superficiali.

In ogni caso non boccio la Bean Essence Mixsoon come esfoliante sia perché rende il prodotto multifunzionale, sia perché lascia la pelle più liscia e fresca, e non irrita quindi è delicata, ma ammetto che raramente mi sono messo lì ad usarla in questo modo, soprattutto perché ci sono altri prodotti che fanno lo stesso ma più velocemente.

Per il resto capisco come mai sia tanto amata in Corea e non solo perché nella sua semplicità fa la differenza in una skincare. Inoltre, oltre al mio codice sconto su Yesstyle, potete trovare questa essence in formato da 30ml qui, così da provarla senza sprechi e senza spendere troppo.

Voi avete provato nulla di Mixsoon?




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