Avvocato di Difesa e HeartStopper 3, cosa non ha funzionato

Visto che Netflix li propone più meno sempre nello stesso periodo, come per la seconda stagione, anche questa volta mi ritrovo a parlare di The Lincoln Lawye ed Heartstopper, entrambi giunti alla terza stagione. Questa volta alcune cose non mi hanno convinto.


Heartstopper
Terza stagione

Giorno 3 ottobre siamo tornati nel mondo fumettoso di Heartstopper, che continua ad approfondire le dinamiche della storia d'amore fra i due giovanissimi Nick (Kit Connor) e Charlie ( Joe Locke), che ormai è venuta alla luce e che tutti i loro amici supportano.
Nella passata stagione era il coming out di Nick a mettere i due in difficoltà, ma adesso c'è un altro grosso problema: Charlie infatti soffre di un disturbo alimentare e quando Nick lo scopre, dovrà creare un varco affinché il ragazzo decida di affrontarlo al meglio. 
E poi ci sono Tao e Elle che stanno invece vivendo con molta più serenità il loro rapporto, comprendendosi e supportandosi anche per quello che sarà il loro futuro. Ed in effetti tutto il gruppo di amici sta crescendo e pensare all'università e ai passi da fare per il futuro sta diventando una urgenza sempre più forte, con tutte le paure che ne conseguono.
C'è poi chi invece si sente messo da parte, come Isaac (Tobie Donovan), che per la sua asessualità si sente lontano dai suoi coetanei con gli occhi a cuoricino per i rispettivi partner.

So che non sono parte del pubblico a cui Heartstopper si rivolge, visto che sono troppo anziano e troppo freddo per poter apprezzare una serie tv fiocchettosa, dove ogni fotogramma sprizza glitter, e dove incredibilmente coesistono tantissimi (per non dire tutti) personaggi queer che non hanno esistenze particolarmente complicate, e forse per questo, la terza stagione della serie per me è diventata l'inizio della fine e quella che in parte ho preferito meno.
Il tema centrale di Heartstopper 3 come dicevo sono i disturbi alimentari di Charlie, e tutto quello che ne consegue per lui e per chi gli sta intorno, e così deve muoversi fra domande inopportune di chi lo conosce appena e i sermoni dei parenti che alle feste comandate dimostrano tutta la loro incapacità di comprenderlo, ma a parte questo, non c'è molto altro di rilevante in questi episodi.

Ci sono delle difficoltà come accennavo sopra, ed alcune sono anche molto serie, ma vengono tutte superate con un abbraccio o un chiarimento nel giro di un episodio.

Purtroppo alla lunga la coppia Charlie-Nick sta diventando semplicemente stucchevole, non evolve, ma risulta fine a se stessa non fornendo altre occasioni di riflessione. Ne consegue che anche le dinamiche interne siano ormai stagnanti, con Charlie che sembra sempre il più bisognoso, e Nick che deve essere forte per entrambi.
Non so nemmeno se affrontare i disturbi alimentari, o qualunque problematica legata alla psiche, in questo modo così facilone e indorato, possa essere utile a qualcuno che sta attraversando lo stesso stato, specie per il modo in cui le cose vengono risolte.

Sulle altre coppie di Heartstopper nemmeno mi ci soffermo, perché ad oggi non hanno trovato un approfondimento utile alla storia in generale. Forse, l'unico avanzamento è che finalmente si fa maggiore riferimento al sesso, e non credo sia un passo avanti perché ho fantasie strane, ma perché è obbiettivamente irreale pensare a dei ragazzi giovani che non hanno pulsioni fisiche.

Per il resto mi è sembrato un continuo spuntare caselle del linguaggio e della caratterizzazione dell'universo LGBTQ+, a volte anche senza uno scopo o una spiegazione precisa, come la questione dei pronomi, buttata a caso in una scena. E più in generale i dialoghi mi sono sembrati appiattiti da una mancanza di creatività.
Heartstopper 3 conferma quell'idea di una bolla, di un mondo idealizzato quasi all'estremo dell'irreale, che, al netto di intenzioni buone, positive e leggere, sta diventando quasi asfissiante, e più che una fiaba ideale, sembra un incubo da cui scappare. 
Per quanto riguarda il rinnovo ad una quarta stagione, ho letto che Netflix ha registrato un calo delle visualizzazioni, ma secondo me ci sarà comunque almeno un altro ciclo per Heartstopper.



Avvocato di difesa - The Lincoln Lawyer
Terza stagione

Ad ottobre è tornata anche la terza stagione della serie tv tratta dai romanzi di Michael Connelly sul rampante avvocato Mickey Haller, interpretato da Manuel Garcia-Rulfo.
I nuovi episodi, che sono stati resi disponibili tutti insieme e non più in due parti come la seconda stagione, si concentrano sulle indagini per quanto riguarda la morte di Gloria Dayton (Fiona Rene), in arte Glory Days, prostituta che Haller ha aiutato nel cercare di rifarsi una vita. Proprio il principale accusato dell'assassinio di Gloria sarà il cliente che l'avvocato di difesa tenterà di far scagionare, scoprendo però che dietro all'uccisione della donna c'è molto altro, ovvero la corruzione della polizia, del sistema politico e penale in generale.
Nel mentre Mickey cerca anche di far proseguire la sua vita privata, ma non è semplice far collimare un lavoro così impegnativo con l'amore.

Non credo ci sia stato un momento in cui ho parlato bene di The Lincoln Lawyer, anzi ricordo distintamente che alla prima stagione mi sembrava proprio una perdita di tempo, ma il secondo capitolo mi aveva dato qualche speranza sul fatto che forse c'era del buono in questa serie tv Netflix. Purtroppo però questa terza stagione secondo me ha mostrato molti limiti. 

L'idea infatti di avere un unico caso da risolvere, con tutte le sue pertinenze e diramazioni, purtroppo fa fatica a risultare coinvolgente per la bellezza di 10 episodi spesso da più di 50 minuti. E così ci si ritrova con dei filler narrativi che poco entusiasmano e soprattutto che si vede sono stati inseriti proprio per allungare il brodo. La parte peggiore, e mi spiace se per qualcuno può risultare come uno spoiler, è quando Mickey si è messo a parlare con alcune persone morte, fra cui il padre e la stessa Glory, che lo assolvevano da ogni peccato. Quindi o lui parla con i fantasmi, o semplicemente se la canta e se la suona da solo.


Più in generale tutte le parentesi sulle indagini del caso sono le meno convincenti, infatti secondo me è in tribunale che l'avvocato di difesa riesce a dare il meglio di sé, ed a creare quei momenti di tensione che stimolano la visione.
Ma anche sul versante personale non mi è sembrato ci sia stato un grande sforzo nel costruire una vita sentimentale più strutturata per il nostro avvocato.
Questo credo si ricolleghi al fatto che tutti i personaggi secondari sono stati pensati come semplici spalle per il principale, dando loro delle storyline estremamente fiacche e poco dinamiche, per cui non forniscono alcun diversivo al filone principale.
Ma, cosa forse peggiore, David E. Kelley non è riuscito a trovare un tema un po' meno abusato come la corruzione agli alti livelli o i cartelli della droga che si fanno guerra fra loro.

Fra lungaggini inutili e momenti ridondanti sono arrivato alla fine della terza stagione e tutto sommato non è stato difficile, ma non mi era rimasto nulla di The Lincoln Lawyer 3, ed anche il colpo di scena finale, che lascia aperta una porta ad una quarta stagione ancora da confermare, non mi ha entusiasmato a punto tale da far crescere l'attesa per un rinnovo. 




Cien Mattifying for Oily Skin, la nuova Limited Edition da Lidl per pelli grasse

Cien torna a farci impazzire con una nuova edizione limitata che sembra fosse già apparsa nel mercato europeo, ma non da noi. Mi riferisco alla linea Mattifying, composta da tre diversi prodotti per la cura del viso, pensata per pelli miste e grasse, e che dovrebbe avere appunto un effetto opacizzante e anti-impurità.


Quando sono andato ad acquistare questa linea Cien non era già disponibile uno dei prodotti, ovvero la Cleansing Mousse detergente, e questo è il grosso problema con queste limited edition: molti lamentano l'impossibilità di trovarle o il fatto che gli espositori vengono razziati nel giro di pochissimo. 
È un discorso ampio: escludendo il fatto che secondo me alcuni non vedono proprio gli espositori, cercandoli chi sa dove (senza offesa, ma ne sono convinto), la distribuzione di questi prodotti skincare fatta da Lidl non è omogenea in tutta Italia, non essendo presente su volantino. Inoltre credo che alcune filiali abbiano espositori con meno referenze, e che quindi vadano sold out subito. 

La soluzione però è semplice, infatti o si aspetta la prossima uscita, o basta semplicemente acquistare altri prodotti, visto che ormai è strapieno di alternative economiche e qui sul mio blog ne trovate parecchie.
Sono riuscito ad accaparrarmi quindi due prodotti Cien Mattifying e li ho messi subito alla prova per darvi il mio feedback.


Cien Mattifying Anti-shine + Hidratation Facial Ampoules For Oily Skin
Trattamento Viso Opacizzante


INFO BOX
🔎 Lidl
💸 €3.49
🏋 7 ampolle x 2ml
🗺 Spagna
⏳  24 ore /scadenza sulla confezione
🔬 //

Il primo trattamento opacizzante proposto da Cien in questa linea Mattifying sono le Facial Ampoules pensate appunto per pelli grasse. All'interno troviamo sette ampolle e il dispositivo in plastica per poterle aprire con facilità e soprattutto il dosatore per preservare il prodotto. Ogni singola boccetta infatti può durare fino a 24 ore dopo l'apertura.
L'uso di queste ampolle Cien è semplicissimo: si possono applicare come un siero, su pelle pulita, sia sul viso che sul collo che sul decolleté, e lasciato asciugare per poi proseguire con la propria routine o semplicemente col make-up. Si possono quindi utilizzare sia di giorno che di sera, Cien non dà particolari limiti di applicazione.
Il prodotto in sé si presenta come un siero fluido, con una profumazione leggerissima e che su di me ha davvero un assorbimento rapido, cosa che mi consente di poter proseguire rapidamente con gli altri step della mia routine.


All'interno delle Anti - Shine Facial Ampoules non ho trovato dei veri e propri ingredienti opacizzanti o anti impurità che conosco, ma sembrano più che altro composte da sostanze idratanti e lenitive, come le betaine, l'acido ialuronico e l'estratto d'aloe, e in fondo va anche bene perché d'altronde queste ampolle Cien nascono anche per essere idratanti. Nell'INCI c'è però anche una proteina estratta da un batterio fermentato, che detta così suona male, ma che prende il nome commerciale di Antarcticine, che pare abbia sia un effetto idratante e rinforzante della barriera cutanea, stimolare la sintesi di collagene, ma sembra che un peptide da esso ricavato possa anche avere anche agire come seboregolatore. 

Su queste ampolle Cien vi posso intanto dire che non ho avuto una particolare affinità con il beccuccio applicatore perché non riuscivo a far fuoriuscire il prodotto: è come se all'interno si creasse una bocca l'aria che quindi blocca il flusso del siero. Alla fine ho usato il tappuccio giusto per preservare il prodotto più che per dosarlo.

In verità, in generale, penso sia la prima volta che mi sentite parlare di ampolle e prodotti di questo tipo perché non è un formato che apprezzo: capisco la logica di preservare la freschezza degli attivi, e quindi avere un prodotto che mantiene la sua efficacia, ma mi sembra poco pratico. Avere queste fialette divise, piuttosto che un unico flacone airless ad esempio, mi sembra sempre un modo troppo articolato per vendere e per usare un siero, senza contare che si spreca più materiale a mio avviso.
Il fatto poi di dover usare una intera fialetta nel giro di 24 ore mi sembra poco pratico, specie per chi ha già una routine collaudata.
Ma ho comunque voluto dare una chance alle Mattifying Facial Ampoules Cien ed ho trovato un prodotto tutto sommato interessante e piacevole. Infatti come dicevo da un punto di vista pratico mi sono trovato bene, il siero è leggero, facile da stende e non si è scontrato con gli altri prodotti della mia routine. 


Avevo iniziato ad usare queste ampolle su tutto il viso e mi sono reso conto che, se per le prime ore tutto sommato mi davano una idratazione sufficiente, nel corso della giornata mi sembrava di sentire le aree più secche del mio viso, le guance e il mento, tirare leggermente. Mi sono quindi reso conto, che in questo periodo dell'anno in cui la mia pelle mista sta diventando più secca, queste ampolle viso Cien Mattifying hanno in effetti un effetto sebo regolatore, e quindi ho preferito destinarne l'uso alla zona T, ovvero naso e fronte dove presento alcune lucidità ancora, e qui hanno trovato la sua giusta collocazione. In queste aree del mio viso infatti riescono a lasciare la pelle idratata, elastica, ma non appesantirla e a darmi una mano a controllare l'eventuale eccesso di sebo.
Dopo aver usato metà fiale ho deciso quindi di mettere da parte questo trattamento opacizzante perché credo che andando incontro ad una stagione ancora più fredda sarà completamente inutile se non peggiorativo per la mia pelle, ma se avete appunto una pelle mista o grassa, potrebbe essere interessante metterlo alla prova.


Cien Mattifying Oil Control + Balance Blemish Correcting Gel
Gel Correttore per imperfezioni


INFO BOX
🔎 Lidl
💸 €2.99
🏋 15ml
🗺 Spagna
⏳  6 Mesi
🔬 //                 

Molto più versatile a mio avviso questo gel per imperfezioni che Cien ha lanciato in questa linea, e che secondo me accontenta appunto esigenze più ampie rispetto alle ampolle.
È un trattamento in gel appunto da usare sulle singole impurità, in particolare brufoli e punti neri, per ridurne il rossore e l'infiammazione. 
Questo dovrebbe avvenire alcuni attivi collaudati per pelli a tendenza acneica, perché infatti troviamo 

  • Zinco PCA, noto per le sue proprietà antibatteriche, idratanti e in grado di normalizzare la produzione di sebo
  • Acido salicilico, il BHA più famoso quando si tratta di prevenire e contrastare brufoli e imperfezioni e in generale apprezzato per il suo potere esfoliante
  • Allantoina, che per la sua capacità antiinfiammatoria e lenitiva, è perfetta per pelli arrossate e con appunto infiammazioni localizzate.

Queste sostanze sono racchiuse in un gel abbastanza sodo, per me quasi praticamente inodore, che consente proprio una applicazione mirata su aree specifiche del viso, e il mio consiglio è di utilizzarlo come un trattamento notturno, mentre Cien specifica solo di applicarlo una volta al giorno.
Per me è proprio l'ultimo step della skincare serale, quindi non ho notato particolari interazioni fra questo ed il resto dei prodotti.

Sul mio viso (per fortuna lo ammetto) non compaiono più grosse impurità, è vero che combatto con qualche punto nero, specie sul naso, ma per il resto ho sporadici brufoli, magari apparsi dopo la rasatura, o spesso sottocutanei. Su queste imperfezioni il Correcting Gel Cien ha fatto un buon lavoro perché ho notato che mi aiuta a sfiammarle e renderle meno visibili già dalla prima applicazione, aiutandone la guarigione completa nei giorni a venire.


Come anticipavo è un prodotti che secondo me, rispetto alle Mattifying Facial Ampoules, è più versatile e più adatto a tanti tipi di pelle, perché non va a seccare la cute attorno alle imperfezioni. Questo significa che chi come me, anche quando si ritrova una pelle un po' più secca presenta comunque qualche sfogo qui e lì, può utilizzare questo Blemish Correcting Gel senza problemi. Per questo continuerà ad essere parte della mia routine serale.
Se avete provato ad esempio il Treatment Gel di Dr Organic, o appunto trattamenti che sostituiscano un siero a base di acido salicilico perché il vostro intento è usarlo solo su aree localizzate, allora anche questo gel correttore Cien vi potrebbe piacere, ed è forse il prodotto di questa gamma che mi sento di consigliare, soprattutto per chi, non avendo una pelle molto impura non vuole spendere molto per un prodotto del genere.

Avete scovato questi prodotti da Lidl?



3 film da vedere (o no) su Prime Video, Netflix e Apple TV+

Per fortuna che c'è lo streaming a salvarci dall'assenza di novità interessanti al cinema, e così mi sono ritrovato a vedere tre film da piattaforme differenti, con stili altrettanto diversi. 


Sharper (2023)


Genere: thriller, drammatico
Durata: 116 minuti
Regia: Benjamin Caron
Uscita in Italia: 17 Febbraio 2023 (Apple Tv+)
Paese di produzione: Stati Uniti d'America

Il recupero del periodo è Sharper, un thrillerino che Apple Tv+ ha proposto a Febbraio dello scorso anno e che era in attesa di trovare uno spazio nella mia programmazione, e ci è riuscito solo di recente.

Come ci dicono all'inizio, gli "sharper" sono delle persone che vivono di espedienti, e così già sappiamo che la storia di Tom (Justice Smith), proprietario di una piccola libreria vecchio stile, che un giorno incontra per caso Sandra (Briana Middleton) non è esattamente quella di un amore felice che sta per sbocciare nel modo più spontaneo e dolce, ma quella di una truffa. Con la scusa di una situazione familiare difficile, Sandra infatti riesce a farsi dare da Tom un bel gruzzolo, ma dietro di lei si nasconde un'altra figura, un certo Max (Sebastian Stan), che sembra avere un piano ben specifico.
Sharper diventa quindi una storia di pesci piccoli che mangiano pesci grandi, ma dove tutto può accadere.

Come un gioco di scatole cinesi, in cui ogni storia sembra contenerne un'altra più grossa, il film diretto da Benjamin Caron è un thriller raffinato, che sa mantenere un ritmo costante e trovare dei momenti di svolta che lo rendono intrattenente ed appassionante. Poche o quasi assenti le scene di azione e di reale tensione, ci si muove più sul versante della manipolazione, del pressing psicologico, delle doppie facce, e Sharper riesce a garantire queste sue intenzioni per praticamente tutto il tempo. 

Niente di troppo cervellotico, o di troppo complicato da seguire, anzi, molti dei tasselli del film sono in parte prevedibili, specie per chi ha una certa esperienza con queste storie, non perché predisposti male, ma perché fanno parte del genere e quindi finisci per aspettarti o quantomeno essere pronto a ciò che sta per accadere.
Ma questo non toglie di piacevolezza a Sharper nel suo insieme, e tra l'altro nel cast ci sono anche Julianne Moore e John Lithgow, quindi anche da questo punto di vista male non ci va.


In generale la regia e la messa in scena sono come dicevo sopra curati senza essere eccessivi, ed anche quando decidono di fare salti temporali o di spazio, non si creano sensazioni stranianti.
È forse la fretta di concludere che abbassa un po' il voto a questo film Apple Tv+, dove non si cade nello spiegone didascalico, ma sicuramente hanno cercato di velocizzare e riunire quanti più punti possibili. Si esagera anche un po', finendo magari in delle circostanze che difficilmente nella realtà funzionerebbero, ma lo fanno in Sharper.
Non aspettatevi inoltre personaggi particolarmente sfaccettati, ad eccezione forse di Tom e Sandra, perché non è questo lo scopo del film.
Quindi sono soddisfatto di questo recupero e penso che possa piacere a molti, senza tenere troppo alte le aspettative.



Il Vuoto (2024)


Genere: drammatico, commedia
Durata: 111 minuti
Regia: Giovanni Carpanzano
Uscita in Italia: Ottobre 2023 (Cinema)/2 Febbraio 2024 (Prime Video)
Paese di produzione: Italia

Da tempo Prime Video mi suggeriva questo film intitolato Il Vuoto di Giovanni Carpanzano, di cui non avevo mai sentito parlare, ma leggendo la trama mi sembrava che potesse essere adatto a me, e soprattutto cercando un po' di informazioni ho scoperto come sia nato.
Il protagonista è Giorgio (Gianluca Galati), figlio di un avvocato ed appassionato di teatro, ma soprattutto apertamente omosessuale, che un giorno conosce Marco (Kevin Di Sole), fidanzato di una delle ragazze che appunto fa parte del corso teatrale di Giorgio, e che è figlio di contadini. Fra i due scatta un'intesa quando Marco chiederà a Giorgio di aiutarlo a stare su un palco per poter affrontare meglio la sua probabile carriera da musicista. Questa intesa diventerà un legame che però deve affrontare le reticenze di un amore giovanile ma soprattutto i pregiudizi e l'omofobia del sud Italia.

Un progetto che ho trovato interessante questo di Carpanzano, che pare abbia messo all'interno de Il Vuoto anche una certa dose di esperienza personale, e ne esce un film delicato che ha un intento quasi didattico nel raccontare una vicenda di diversità, in cui molti si possono ritrovare sia per situazioni passate che presenti, perché purtroppo ancora oggi qui al sud (il film è ambientato in Calabria) sicuramente è ancora lunga la strada da fare per avere una vera uguaglianza ed accettazione.

Mi è piaciuto anche che il film cerchi di essere una sorta di commedia romantica, con inevitabili toni drammatici, ma che passa quasi attraverso un coming of age o comunque una maggiore presa di consapevolezza di sé. Sia Marco che Giorgio infatti sono due ragazzi molto giovani che devono ancora esplorare il mondo, le opportunità che può dar loro, ma ovviamente devono ancora capire anche cosa vogliono dalla persona con cui stare.
Il Vuoto di Giovanni Carpanzano racconta tutto questo con una impostazione teatrale, ma anche con una fotografia interessante e alcune scene oniriche sfruttate per rendere al meglio le emozioni dei protagonisti.

Detto questo, e sottolineando ancora una volta l'importanza e il valore di un film del genere e pensando al pubblico di giovanissimi a cui si può rivolgere, ci sono tanti aspetti che mi hanno lasciato perplesso su Il Vuoto. Mi è sembrato in parte acerbo, specie in alcuni dialoghi ed in alcune scene che mi sono sembrate molto stereotipate, o appunto adatte ad un'opera teatrale, ma che risultano fuori luogo o esagerate in un film. 

Penso ad esempio a molte delle espressioni di Giorgio, che spesso, pur capendone le ragioni, mi è sembrato esagerato, pur dovendo essere quello più risoluto. Altre volte mi sono mancati multidimensionalità e approfondimenti sui personaggi, come ad esempio la madre di Marco, interpretata da Valentina Persia, che mi è sembrata quasi una strega cattiva, una villain di una fiaba, ma appunto mossa da non si sa quali intenzioni. Tutte cose che secondo me in un film di quasi due ore si potevano includere.

Anche il sottolineare la differenza di estrazione sociale fra i due protagonisti, mi è sembrata più una caratteristica sottolineata sulla carta, ma che non ha risvolti concreti nella storia.

La parte comica e alcuni dialoghi secondo me non funzionano, e la musica a volte è troppo presente.
Il Vuoto è uno di quei film di cui mi sarei voluto innamorare, ma per colpa di scelte appunto acerbe ed evitabili, ma non è scattata la scintilla. 


Lonely Planet (2024)


Genere: sentimentale, commedia 
Durata: 96 minuti
Regia: Susannah Grant
Uscita in Italia:11 Ottobre 2024 (Netflix)
Paese di produzione: Stati Uniti d'America

Cosa può andare storto in un film scritto e diretto da Susannah Grant, già sceneggiatrice di pellicole come Erin Brockovich e produttrice di Lezioni di Chimica? Nel caso di Lonely Planet direi quasi tutto.
Katherine (Laura Dern) è una scrittrice affermata che sta attraversando un momento di crisi artistica e personale, e così si ritrova ad un ritiro deluxe per scrittori a Marrakech, per cercare di trovare spazio e tempo per completare il suo prossimo romanzo. Qui però conosce il più giovane Owen (Liam Hemsworth) che ha accompagnato la fidanzata, scrittrice in erba. Fra i due nasce un po' il feeling degli outsider che però divamperà in altro.


Vi confesso che al momento in cui sto scrivendo sto cercando di ricordare come mi è sembrato Lonely Planet perché è tutto estremamente così leggero e dimenticabile che non mi ha lasciato assolutamente niente. 
L'idea di raccontare una storia d'amore fra due persone di età diversa (in questo caso è la donna più matura, al contrario di Miller's Girl) può essere interessante e attuale, e il film Netflix ne parla anche in modo abbastanza naturale, non pruriginoso o come se fosse uno scandalo, ma nonostante un buon affiatamento fra Laura Dern e Liam Hemsworth, che non rende imbarazzante anche l'approccio fisico fra i due, non si capiscono le ragioni di un film del genere.
È vero che fa compagnia senza troppo impegno, ma non richiede assolutamente attenzione da parte dello spettatore perché è completamente privo di momenti inaspettati o colpi di scena anche solo accennati, e questo significa disconnessione da quanto accade sullo schermo.


Purtroppo non posso parlare bene nemmeno dei personaggi, a cui vengono affibbiati dialoghi degni delle citazioni improbabili dei biscotti della fortuna, ma se Katherine di Laura Dern è comunque interessante come protagonista, Owen è quasi risibile. L'hanno infatti reso una sorta di macchietta suscettibile senza particolari caratteristiche oltre alla bellezza, per cui non si capisce cosa ci abbia trovato la scrittrice in lui. Mi ha fatto poi ridere letteralmente quando se l'è presa a morte perché la fidanzata Diana (Lily Kemp) gli ha fatto notare che non è un grande lettore, cosa per altro ammessa da lui stesso. Purtroppo non avendo altre caratteristiche, ne esce come un frustrato che sembra quasi non apprezzare la donna con cui sta specie nelle vittorie.

A me sta anche bene vedere una commedia romantica fine a se stessa, ma mi aspetto che ci sia almeno un aspetto che sia valorizzato, ma non è il caso di Lonely Planet dove tutto è estremamente vuoto.
Ci sono i bellissimi paesaggi marocchini, ma purtroppo non bastano. 






Ho messo alla prova il Ritocco Perfetto Permanente di L'Oréal

Poco dopo la mia esperienza con il Color Retouch Shampoo di Garnier Sensation, ho scoperto l'esistenza di un'altra tinta che promette più o meno la stessa performance, ed è il Ritocco Radici Permanente di L'Oréal.


INFO BOX
🔎Tigotà, Grande distribuzione, Amazon 
💸 €6.80 (in offerta)/9
🏋 27ml, 18ml
🗺 Francia
⏳  Kit monouso
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Già da anni esisteva lo spray colorante che istantaneamente copre i capelli bianchi alla radice, ma è una soluzione temporanea che va via con lo shampoo e che quindi può essere una soluzione rapida, ma non altrettanto pratica nel lungo periodo. Così L'Oreal ha declinato questa idea in una formulazione per ritoccare le radici in modo permanente
Io l'ho utilizzato proprio a metà settembre ed ho aspettato almeno un mese per potervi raccontare tutta la mia esperienza nel modo più completo.



Cos’è il Ritocco Radici Permanente di L'Oréal e come funziona?

Come dicevo, il Ritocco Perfetto Permanente è una tinta pensata per coprire i capelli bianchi alla radice, garantendo una copertura al 100%, ed è studiata per durare fino a 4 settimane. Inoltre è indicato che bastano solo 10 minuti di posa.
È declinata in 6 tonalità differenti, ed io ho scelto il Nero 2.

All'interno del kit troviamo tutto quello che ci serve per la tinta, ovvero le due fasi da unire con un pack che consente una doppia modalità di applicazione, sia con un beccuccio che con un pennellino per stendere più velocemente il prodotto, e appunto i guanti per non macchiarsi.

Non ho molto da segnalare in termini di ingredienti del Magic Retouch Permanent L'Oreal perché appunto contiene tutte le sostanze "chimiche" che una tinta capelli può avere per essere performante, in questo caso sono presenti sia ammoniaca che perossido di idrogeno, quindi se avete problemi con queste sostanze, pensateci prima.

Ma essendo appunto permanente come la stessa L'Oreal sottolinea tutte le accortezze del caso, quindi la valutazione di eventuali allergie o interazioni se ad esempio avete fatto una tinta all'henné, ma son certo che queste cose le sappiate già se siete qui a leggere di una tinta chimica per capelli.


Applicazione e facilità d'uso


Se vedete che la mia confezione ha tutte le indicazioni in lingua straniera, è perché ho acquistato il Ritocco Radici online, ma è lo stesso identico prodotto che vedete sugli scaffali dei negozi in Italia, c'è però una differenza: sul mio packaging infatti viene indicato che la tinta ha una consistenza in gel mentre sulle confezioni italiane si parla di una crema. Io però sono appunto d'accordo con quanto dice il mio flacone. Una volta unite le due fasi infatti, questa tinta diventa un gel fluido, e personalmente infatti, non essendo abituato con questo tipo di consistenze ho preferito lasciare l'applicatore a beccuccio e non il pennellino.

Questo non toglie però che applicare il Ritocco Perfetto Permanente è stato facilissimo e molto veloce, sono riuscito a coprire tutte le aree che volevo tingere e soprattutto la consistenza è ottima perché non cola, quindi si può fare una applicazione mirata e precisa e non si sporca in giro.
Oltre ai guanti, vi consiglio di applicare una crema che protegga dal macchiarsi all'attaccatura dei capelli, perché, ripeto, è a tutti gli effetti una tinta capelli.

Io però, anche in questo caso, ho sforato i tempi di posa raddoppiandoli. So che è un po' barare e soprattutto che quando si tratta di tinte potenzialmente irritanti, è meglio attenersi alle linee guida del marchio, ma io conosco bene i miei capelli, so quanto possano essere refrattari a farsi coprire (maledetti!) e quindi devo cercare di fare il possibile. Sarebbe peggio, a mio avviso, se ad esempio fossi costretto a ripetere la tinta dopo due settimane o comunque più frequentemente, solo perché non ho lasciato il prodotto agire abbastanza a lungo. È per la stessa ragione per cui scelgo una tonalità più scura del mio colore naturale: so già che scaricherà ed otterrò nel lungo periodo il tono che desidero.



La mia esperienza, il risultato e la durata del Ritocco Perfetto

Usare questo Ritocco Permanente L'Oreal è stato gradevole oltre che facile. La profumazione ad esempio mi è sembrata neutra non esageratamente intensa, ma sentivo più che altro l'odore di ammoniaca tipico delle tinte che la contengono.
Inoltre, nonostante i 20 minuti di posa sulla cute non mi ha dato troppo fastidio: alla fine dell'estate ho un cuoio capelluto sempre un po' secco e sensibile, ma non mi è parso che il prodotto peggiorasse la situazione. 

Mi è anche sembrato che rimuovere questo ritocco radici sia una operazione estremamente facile con un semplice shampoo delicato, e soprattutto non ho trovato che macchiasse anche dopo (cosa che può succedere) ad esempio sul cuscino o sulle asciugamani nei successivi lavaggi. 

Ma soprattutto il Magic Retouch Permanent L'Oreal mi ha dato una copertura totale dei bianchi in prima battuta, ed una colorazione generale di un bel nero abbastanza neutro e intenso, e non ho notato stacchi di colore fra i bianchi ed il resto dei capelli. Avevo più di un mese di ricrescita e quindi residui della tinta precedente da uniformare e questo prodotto c'è riuscito.

In generale la consistenza dei capelli non mi sembrava cambiata, non mi sono sembrati né più secchi né più morbidi, quindi non credo influisca in questo senso.

Dopo i primi validi risultati ho aspettato per darvi il mio responso proprio per vedere come si sarebbe comportato. Ho usato il ritocco perfetto il 17 Settembre, e poi nel corso di queste settimane ho fatto i miei shampoo e i miei impacchi oleosi come sono solito fare e devo dire che la colorazione ha retto il colpo.
Infatti i bianchi hanno sicuramente perso un po' di intensità, ma non in maniera sgradevole e soprattutto senza che diventassero eccessivamente rossicci o ramati, o che in generale spuntassero dei riflessi indesiderati e poco carini esteticamente. Il resto dei miei capelli ha invece attualmente un profondo tono di bruno scuro tendente al nero.


Il verdetto finale: a chi lo consiglierei? Lo riacquisterei? 

Il Ritocco Radici Permanente di L'Oréal ha avuto sicuramente su di me un buon risultato sia nel breve che nel lungo periodo, ma credo sia un prodotto pensato per un pubblico specifico. Infatti il pennellino incluso mi porta a credere che sia una tinta pensata principalmente per chi ha poca dimestichezza con la colorazione capelli e magari non ha nemmeno gli strumenti per fare il processo da sé, e quindi si ritrova un prodotto completo e facile da usare, con le quantità corrette per non sbagliare. Anzi mi sembra proprio ideale per chi abitualmente magari fa la tinta dal parrucchiere e vuole allungare i tempi fra un appuntamento e l'altro in salone.
Questo non significa che non sia adatto a chi fa la tinta capelli a casa abitualmente, anzi può essere un alleato anche per chi cerca una soluzione alternativa per ritoccare la ricrescita. 

Rispetto al prodotto di Garnier, L'Oréal ha pensato ad una quantità leggermente superiore che può sembrare minima, ma fa la differenza se avete molti capelli bianchi o aree più estese da coprire, o se semplicemente avete dei capelli corti.
C'è però un risvolto della medaglia secondo me da considerare e a cui penso qualora volessi riacquistarla: infatti il Magic Retouch Permanent è un po' più caro sia online che in negozio, quasi alla pari di quanto acquisti la mia Casting Creme Gloss abitualmente. So che è un discorso venale, anche minimo se si pensa che alla fine si tratta di pochi euro, ma noi che facciamo la tinta sappiamo che nel lungo periodo può essere un costo non da poco da affrontare.
Inoltre mi sembrerebbe uno spreco ritrovarmi con tutti questi applicatori a pennellino inutilizzati.
Il mio consiglio è quindi di scovarlo in offerta prima di acquistarlo a scatola chiusa e capire se può essere il prodotto adatto a voi e alle vostre esigenze. 




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Cosa penso delle nuove Serie Tv più viste di Netflix

Ti giri un attimo e su Netflix spunta una nuova serie tv che raggiunge la cima della classifica fra le produzioni più viste e lì sorge l'incognita: varrà la pena recuperare l'ennesima acclamata novità o è pura fuffa? Vi dico la mia su cosa ha preso il posto di Kaos e The Perfect Couple al momento. 


Monsters: La storia di Lyle ed Erik Menendez 


Già poco dopo l'uscita due anni fa di Mostro: la storia di Jeffrey Dahmer, si sapeva che la miniserie del prolifico Ryan Murphy (che unisce le forze con suo compare Ian Brennan) sarebbe diventata una antologia e che sarebbero quindi arrivati altri episodi che si concentrano su altre crime story di serial killer americani. Così il 19 settembre è arrivata La storia di Lyle ed Erik Menendez, che racconta la vicenda di due rampolli di buona famiglia che uccisero i loro genitori alla fine degli anni '80 e che tutt'ora si trovano in carcere per scontare la pena a cui sono stati sottoposti. Messa in questi termini sembra che ci sia solo un efferato omicidio da raccontare, ma c'è molto altro e Monsters cerca di raccontarcelo.

Infatti la vicenda di Lyle (interpretato da Nicholas Alexander Chavez) ed Erik (Cooper Koch) Menendez fece e fa tutt'ora discutere perché i fratelli portarono in tribunale una tesi diversa all'accusa: il loro movente non fu accaparrarsi l'ingente patrimonio del padre Josè (Javier Bardem), ma porre fine agli abusi psico-fisici a cui erano sottoposti fin dalla tenera età.

Come dicevo un caso che come sempre accade spacco l'opinione pubblica e mise in difficoltà la giuria, e che Murphy fa diventare un true crime sfaccettato, in cui appunto cerca di raccogliere tutte le prospettive della vicenda, e non fermandosi ai meri fatti giuridici ma calandoli nel contesto sociale dell'America del periodo e soprattutto quello di un dramma familiare pieno di segreti.
Una buona idea, tutto sommato con intenti interessanti, visto che io ad esempio non conoscevo affatto le vicende e soprattutto vista la questione etica che va a sollevare, ma il risultato di Monsters è stato alquanto deludente.

Il caro Murphy sa come prendere queste storie torbide al limite del malato e come rimestarci dentro e soprattutto sa cosa vuol vedere il suo pubblico e così prende una storia dai contorni dubbi, la fa interpretare da due begli attori, li cala nel contesto glam degli anni '80/'90, e va più e più volte a sottolineare le tematiche incestuose e omoerotiche, pensando che sia fatta, ed invece no, non basta. 

Nonostante infatti Monsters: La storia di Lyle ed Erik Menendez abbia anche un episodio in meno rispetto al capitolo precedente, mi è sembrata una miniserie caotica nei suoi passaggi, con salti temporali a volte rifiniti grossolanamente e che si perde in semplici congetture, come i dialoghi fra i signori Menendez, di cui probabilmente non conosceremo mai i dettagli.
E se Murphy sa creare anche degli episodi intensi, come il quinto, che si sostiene sulla bravura di Cooper Koch, si perde poi nel sesto proprio con quelle lungaggini a cui facevo riferimento. Restando in questo esempio, se l'Erik Menendez di Koch è credibile e misurato nelle sue oscillazioni, il José di Bardem mi è sembrato una macchietta strepitante.

È interessante che questa volta, rispetto al caso Dahmer che sottolineava l'incapacità delle istituzioni, non sia solo la crudezza di un efferato omicidio ad essere messo in scena o le possibili molestie subite dai fratelli, ma tutta una serie di "mostri" che la nostra società coltiva: dallo psichiatra dalla dubbia morale, alla avvocata che non vuole la verità ad ogni costo, ma solo vincere il suo caso. Peccato però che queste digressioni siano solo sprazzi qui e lì e non vengano mai approfonditi.

Questa seconda stagione di Monsters non riesce a rinunciare nemmeno a quella patinatura che un true crime non necessita, con una cura dei dettagli meno utili e mettendo attori dai fisici perfetti persino nelle docce in carcere.
Parlando di La storia di Jeffrey Dahmer avevo fatto una panoramica su quella che per me è stata la parabola discendente dei tanti lavori di Ryan Muprhy, ormai tutti accomunati dagli stessi difetti, soprattutto nello squilibrio fra forma e sostanza, ed ammetto che a distanza di tempo speravo che le 
cose fossero cambiate, ma Monsters: The Lyle and Erik Menendez Story mi ha confermato che questa è la cifra stilistica dello sceneggiatore e l'unica strada per me, se non voglio star qui a lamentarmene ogni volta, è starne alla larga. 

Spero di riuscirci, e magari di rileggermi prima di iniziare la terza stagione di Monsters quando arriverà.



Nobody Wants This 
Prima stagione

Già rinnovata (per fortuna) per una seconda stagione, Nobody Wants This è la commedia che forse le persone della mia generazione stavamo aspettando.
Kristen Bell è Joanne, una giovane donna dal carattere forte, indubbiamente disillusa nei rapporti, ma molto socievole e soprattutto libera e disinibita, tanto da aver creato, insieme alla sorella, un podcast che racconta di empowerment femminile e sesso. 
Adam Brody è invece Noah, un rabbino molto preciso sul suo lavoro, che proviene da una famiglia ebraica molto credente e che sta facendo carriera, ma che ha improvvisamente chiuso la storia con la sua fidanzata storica non più soddisfatto del rapporto. Per caso i due si conoscono ad una cena a casa di amici e scatta un feeling difficile da mettere da parte, ma due mondi così distanti possono collimare? In realtà sì, perché il problema non riguarda il rapporto fra Joanne e Noah, ma sono le persone a loro vicine che metteranno i bastoni fra le ruote.

Prendendo alcuni cliché delle romcom che conosciamo, Nobody Wants This riesce comunque a creare quel comfort show che si adatta perfettamente al periodo e che forse da un po' di tempo mancava su Netflix e in generale nel panorama streaming. 
Kristen Bell e Adam Brody, oltre a riportarci alla mente alle serie tv della nostra adolescenza da Millennials, sono perfetti nella loro imperfezione, sono bellissimi in modo umano, riescono a raccontare finalmente una storia d'amore positiva, con due persone che si stanno conoscendo, scoprendo e imparando appunto ad amarsi ed apprezzarsi. Siamo lontani dall'impossibilità di Fleabag nel trovare amore nel suo prete, visto che i rabbini possono sposarsi ed avere una famiglia ma non è semplice, come per qualunque coppia: soprattutto infatti le famiglie dei due protagonisti (in particolare quella di Noah) a mettere i bastoni fra le ruote.
Ma siamo pur sempre in una commedia romantica e quindi ogni inconveniente diventa un disguido su cui ridere perché alla fine Nobody Wants This è una operazione feel-good ben riuscita secondo me.

Ma ad avermi convinto non è solo il modo positivo di raccontare una relazione, con da un lato una persona più equilibrata, che deve fare le sue scelte, ma sa comunque avere polso quando serve, e dall'altro una che invece deve trovare quell'equilibrio, ma anche lo stile con cui questo viene raccontato. Perché infatti è uno modo di raccontare fluido, a tratti divertente, a volte riflessivo e sicuramente molto contemporaneo. Ma soprattutto Nobody Wants This è promossa perché non mi sembra vogliano creare una serie rivoluzionaria, che sconvolga o che sia unica nel suo genere, ma qualcosa di solido e convincente per animi romantici ma non troppo sdolcinati e soprattutto per noi grandicelli, visto che entrambi i protagonisti hanno più di 30 anni. 
È imperdibile? No, certamente, ma terrà compagnia, specie se cercate una fuga da cose seriose e malate come la storia dei fratelli Menéndez.

Tre motivi (più uno) per provare questa maschera viso coreana di APLB

Diverso tempo fa, facendo un giro su Yesstyle ho notato un marchio coreano che mi ha colpito ovvero APLB, attratto soprattutto dalla filosofia dell'azienda. Pensavo infatti che il nome fosse un classico riferimento ad un "lab", ovvero laboratorio, ed invece è l'acronimo di A Plus B, ovvero due sostanze che si uniscono per ottenere un determinato beneficio, ma più in generale le loro formulazioni sono elaborate senza risultare eccessive.

Per iniziare io ho scelto la linea Glutathione Niacinamide di APLB, ed in particolare le loro sheet mask, che hanno secondo me diversi motivi per meritare una prova.


INFO BOX
🔎 Stylevana, YesStyle (coupon PIER10YESTYL)
💸 €0.95
🏋 25ml 
🗺 Made in Corea
⏳ Maschera Monouso
🔬 //


Non è solo questione di attivi però perché l'azienda utilizza una tecnologia chiamata Wide-Spread Texture System che migliora l'assorbimento dei prodotti, e utilizza delle molecole lipofile per rendere la penetrazione degli ingredienti ancora più efficace, e più in generale dimensioni molecolari più performanti.
Per esempio, le Sheet Mask di APLB contengono quello che l'azienda chiama Microfluidizer Glutathione, ovvero molecole più piccole di questa sostanza. 
Nello specifico queste maschere viso in tessuto contengono il 13.5% di LIPO GLUTA NIAC CEN, ovvero

  • il 13.5 % di centella asiatica per lenire le irritazioni, che lavora in sinergia con quello che l'azienda chiama Centella 3x Complex, che è sempre composto da Gotu Kola,
  • lo 0.1% di glutatione, sostanza naturalmente presente nella pelle che ha un potere antiossidante e di illuminare l'incarnato
  • lo 0.1% di Niacinamide, di cui penso un po' tutti conosciate l'effetto sebo regolatore, ma più in generale benefico per la barriera cutanea
  • una miscela patentata composta dagli estratti di fiori di loto, di artemisia, di riso e di lieviti fermentati che dovrebbero agire su più livelli per idratare e riparare la pelle. 

Scavando un po' più a fondo nell'INCI della Sheet Mask Glutathione Niacinamide APLB troviamo anche acido ialuronico, squalane, collagene idrolizzato e betaglucani per idratare la pelle, e gli estratti di melanzana e bacche di  bacche di olivello spinoso, entrambi antiossidanti. Ho notato anche l'estratto di Tee Tree, dall'azione antimicrobica, e immagino che contribuisca anche a dare quel leggero profumo fresco che hanno queste maschere in tessuto.

Il primo motivo per cui secondo me provare queste Sheet Mask coreane è proprio la formulazione che  davvero ricca di tutti quegli attivi che agiscono davvero per idratare la pelle a fondo, illuminarla e renderla più resistente, ma è tutto sommato delicata e non vedo sostanze che possano essere davvero problematiche. Come dicevo la profumazione è davvero delicatissima, a stento si sente e in generale nonostante l'abbia tenuta sempre più a lungo di quanto indicato, ovvero 15/20 minuti, non mi ha dato problemi.

Il secondo motivo si ricollega ovviamente al primo e riguarda proprio l'efficacia e la piacevolezza d'uso della Sheet Mask Glutathione Niacinamide APLB. Su di me è infatti un trattamento fortemente idratante che però non appesantisce il viso, perché il siero di queste maschere si assorbe completamente nella mia pelle e non noto residui. Avendole usate principalmente la sera, ho sempre proseguito con altri prodotti e non ha creato delle interazioni strane insieme al resto della mia skincare.
Per il suo effetto idratante secondo me è adatta per pelli da normali a tendenza secca e ha anche un effetto leggermente tonificante, ma anche illuminante in maniera indiretta, visto che ha questa azione lenitiva e distensiva che ha.

In terzo motivo per cui provare le maschera viso in tessuto APLB è il rapporto qualità-prezzo: considerate che contiene tantissimo siero e che il tessuto è davvero sottile, malleabile, aderisce benissimo al viso senza cadere e non ho bisogno di fare tagli per adattarla al meglio perché i fori sono perfetti per me.
Tutto questo per una maschera che costa meno di un euro significa per me solo una cosa: la prenderò ad ogni ordine e ne terrò qualcuna a disposizione appena avrò bisogno di ristabilire idratazione e morbidezza della pelle.

Il quarto motivo, non del tutto legato alla mia esperienza in sé, ma al fatto che questa maschera in tessuto mi ha dato la conferma che APLB non è solo uno dei tanti marchi di cosmesi coreana economica ma che ha anche della sostanza, che le loro formule sono complete e interessanti.
Voi conoscevate l'azienda?



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