Åremorden - Gli omicidi di Åre
Miniserie
Ma dall'altra parte anche Hanna suscita perplessità fra i suoi colleghi, che la vedono troppo focalizzata sul lavoro e troppo evasiva sulla sua esperienza a Stoccolma.
Pur avendo dalla sua una ambientazione perfetta per costruire e far crescere tutte le tensioni e le difficoltà di un thriller efficace, Åremorden - Gli omicidi di Åre è forse una delle serie tv Netflix più dimenticabili e mosce viste nell'ultimo periodo.
C'è di base un errore di fondo: voler racchiudere in una stagione da soli 5 episodi ben due casi tratti da libri diversi, ovvero Nascosti nella Neve e Nascosti nell'ombra, è stato un grosso azzardo. Se una durata del genere lascia pensare ad una serie condensata, ricca di colpi di scena e con un ritmo incalzante, nella pratica non è così.
I due casi diversi da risolvere, che non sono collegati fra loro, vengono inseriti infatti in un minutaggio strano, con una prima parte degli episodi che non sfiora i 40 minuti, e una seconda parte che invece supera i 50.
C'è di base un errore di fondo: voler racchiudere in una stagione da soli 5 episodi ben due casi tratti da libri diversi, ovvero Nascosti nella Neve e Nascosti nell'ombra, è stato un grosso azzardo. Se una durata del genere lascia pensare ad una serie condensata, ricca di colpi di scena e con un ritmo incalzante, nella pratica non è così.
I due casi diversi da risolvere, che non sono collegati fra loro, vengono inseriti infatti in un minutaggio strano, con una prima parte degli episodi che non sfiora i 40 minuti, e una seconda parte che invece supera i 50.
Tutto questo deriva dal fatto che Åremorden ha uno sviluppo narrativo rifinito con un'ascia, e non riesce ad attirarti dentro la trama come dovrebbe essere normale per un noir. Non c'è poi un guizzo di originalità nella impostazione generale o da un punto di vista tecnico.
È la tipica miniserie Netflix che come arriva se ne va, e che non mi lascia granché, specie quando col tempo sbiadisce anche il ricordo dell'intreccio della storia. Personalmente non ho provato alcuna empatia nemmeno per i personaggi, che non escono mai dalla loro funzione di pedine della scacchiera e non hanno un vero e proprio ventaglio di emozioni da mostrare. Resta opaco anche il tentativo di far passare attraverso questi personaggi alcuni temi più ampi, come la genitorialità legata al lavoro.
Un po' un peccato, perché i freddi e difficili paesaggi svedesi avrebbero dato a Gli omicidi di Åre l'ambientazione ideale per un giallo efficace, ed invece è tutto fumo e niente arrosto.
Un po' un peccato, perché i freddi e difficili paesaggi svedesi avrebbero dato a Gli omicidi di Åre l'ambientazione ideale per un giallo efficace, ed invece è tutto fumo e niente arrosto.
Il Giardiniere
Prima stagione
Sembra che Il Giardiniere sia ancora fra le serie tv più viste su Netflix, anche se è uscita l'11 Aprile, e per me questo resta davvero un mistero.
La trama è estremamente semplice: Elmer (Álvaro Rico da Elite) fa il giardiniere nel vivaio della madre China Jurado (Cecilia Suarez, Qualcuno deve morire), ma è un ragazzo molto particolare, taciturno e riservato. In realtà Elmer, a seguito di un incidente da bambino, non riesce più a provare emozioni. La madre però non lo ritiene un problema, anzi ha sfruttato questa sua caratteristica per far diventare il figlio uno spietato sicario su commissione.
Elmer viene infatti assoldato per uccidere, e con altrettanta freddezza trasforma le sue vittime in concime per le sue piante. Tutto funziona però fino a quando non incontra Violeta (Catalina Sopelana), che dovrebbe essere una delle sue prossime vittime, ma se ne innamora. Elmer così si ritroverà in grosse difficoltà.
Pur con un incipit interessante e che dovrebbe essere disturbante e assurdo, Il Giardiniere finisce per diventare, quasi immediatamente, un thrillerino di poco conto, con una trama parecchio lineare.
Non fraintendetemi, va forse un po' meglio rispetto ad Åremorden perché almeno piazza qualche momento riuscito e riprende discretamente le dinamiche da thriller poliziesco, con una caccia all'uomo da parte degli investigatori. Poi però si perde su altri fronti: già si giocano male la questione della mancanza di sentimenti di Elmer, che sembra non solo intermittente, ma anche di breve durata.
Tutta la parte centrale poi de Il Giardiniere è ripetitiva e invece di sviluppare ad esempio il rapporto fra il ragazzo e sua madre, si preferisce giocare su un tira e molla fra loro, con lui che non vuole seguire gli ordini di China.
Banale è anche la nascita del rapporto fra Elmer e Violeta, che sembra basato un po' sul nulla.
Anche peggio è stare poi a seguire le dinamiche amorose dei due agenti di polizia, che credono di aver scoperto l'attività criminale di China e del figlio, di cui onestamente non ci interessa nulla, anzi è un po' cringe.
Nonostante sia composta da soli sei episodi, non si può dire che Il Giardiniere spicchi per ritmo o per originalità sia nelle dinamiche che nella messa in scena. Anzi l'impressione che ho avuto è che alcune puntate fossero particolarmente didascaliche, mentre altre inutilmente impasticciate.
Gli attori stessi, per quanto bravi, non possono fare molto nel dare profondità e sfaccettature ai personaggi che interpretano. Anche i dialoghi, banali e piatti, non li aiutano.
Insomma, per me è un mezzo flop, ma visto il finale e visto il successo avuto, credo che Il Giardiniere potrebbe tornare per una seconda stagione.
Torno in Svezia con un altro noir che è arrivato su Netflix il 15 Aprile e che però, vi dico subito, funziona leggermente meglio di Åremorden.
Glaskupan ci fa conoscere la storia è quella di Lejla (Léonie Vincent), una giovane criminologa che torna dagli Stati Uniti nel suo villaggio natale svedese a seguito della morte della compagna del padre adottivo Valter. Tornare a casa però per Lejla non è facile: proprio in quella cittadina da ragazzina infatti è stata rapita e tenuta prigioniera in una "glaskupan", una sorta di teca di vetro, a seguito del suicidio della madre. E poco dopo il suo arrivo in Svezia la storia sembra ripetersi perché una amica di infanzia di Lejla viene trovata morta, e sua figlia Alicia sembra essere stata rapita. Nonostante l'incubo che ritorna più concreto, la criminologa decide di impegnarsi per ritrovare la ragazzina.
Glaskupan - La cupola di vetro non si discosta troppo sia dalle serie tv Netflix di cui ho parlato qui, sia dal genere del thriller nordeuropeo, e più in generale dal giallo come macrocategoria. Ci sono infatti tutti gli elementi del poliziesco, fra sparizioni, finte accuse, e misteri da risolvere, e questa volta tornano gli scenari freddi e difficili della Svezia, che sono perfetti per la storia raccontata. Anche la durata dei sei episodi è molto simile ai titoli che ho già nominato.
La ritengo però leggermente superiore alle altre miniserie qui incluse solo perché Glaskupan riesce meglio su due fronti: il primo è quello di creare una storia sufficientemente solida e abbastanza godibile, con tasselli che si montano pezzo dopo pezzo. È vero che alcuni passaggi e alcuni sviluppi sono prevedibili, poco originali, o a tratti difficili da credere, ma dall'altra parte ha anche qualche colpo di scena riuscito.
Inoltre questa miniserie Netflix dà un po' più spazio ai personaggi, li costruisce meglio, partendo dalla protagonista Lejla. Inoltre riesce ad emergere un tema di fondo, seppur non diventa mai centrale, ovvero quello della famiglia, sia essa naturale o adottiva. Ma Glaskupan - La cupola di vetro ha anche un twist da thriller psicologico che, seppur non in modo ampio, aggiunge un altro tassello alla storia.
Ci sono tanti aspetti che potevano essere fatti meglio, che avrebbero potuto rendere la storia più potente ed emotivamente coinvolgente, e che certamente avrebbero reso The Glass Dome più interessante e
Non fraintendetemi, va forse un po' meglio rispetto ad Åremorden perché almeno piazza qualche momento riuscito e riprende discretamente le dinamiche da thriller poliziesco, con una caccia all'uomo da parte degli investigatori. Poi però si perde su altri fronti: già si giocano male la questione della mancanza di sentimenti di Elmer, che sembra non solo intermittente, ma anche di breve durata.
Tutta la parte centrale poi de Il Giardiniere è ripetitiva e invece di sviluppare ad esempio il rapporto fra il ragazzo e sua madre, si preferisce giocare su un tira e molla fra loro, con lui che non vuole seguire gli ordini di China.
Banale è anche la nascita del rapporto fra Elmer e Violeta, che sembra basato un po' sul nulla.
Anche peggio è stare poi a seguire le dinamiche amorose dei due agenti di polizia, che credono di aver scoperto l'attività criminale di China e del figlio, di cui onestamente non ci interessa nulla, anzi è un po' cringe.
Nonostante sia composta da soli sei episodi, non si può dire che Il Giardiniere spicchi per ritmo o per originalità sia nelle dinamiche che nella messa in scena. Anzi l'impressione che ho avuto è che alcune puntate fossero particolarmente didascaliche, mentre altre inutilmente impasticciate.
Gli attori stessi, per quanto bravi, non possono fare molto nel dare profondità e sfaccettature ai personaggi che interpretano. Anche i dialoghi, banali e piatti, non li aiutano.
Insomma, per me è un mezzo flop, ma visto il finale e visto il successo avuto, credo che Il Giardiniere potrebbe tornare per una seconda stagione.
Glaskupan - La cupola di vetro
Miniserie
Torno in Svezia con un altro noir che è arrivato su Netflix il 15 Aprile e che però, vi dico subito, funziona leggermente meglio di Åremorden.
Glaskupan ci fa conoscere la storia è quella di Lejla (Léonie Vincent), una giovane criminologa che torna dagli Stati Uniti nel suo villaggio natale svedese a seguito della morte della compagna del padre adottivo Valter. Tornare a casa però per Lejla non è facile: proprio in quella cittadina da ragazzina infatti è stata rapita e tenuta prigioniera in una "glaskupan", una sorta di teca di vetro, a seguito del suicidio della madre. E poco dopo il suo arrivo in Svezia la storia sembra ripetersi perché una amica di infanzia di Lejla viene trovata morta, e sua figlia Alicia sembra essere stata rapita. Nonostante l'incubo che ritorna più concreto, la criminologa decide di impegnarsi per ritrovare la ragazzina.
Glaskupan - La cupola di vetro non si discosta troppo sia dalle serie tv Netflix di cui ho parlato qui, sia dal genere del thriller nordeuropeo, e più in generale dal giallo come macrocategoria. Ci sono infatti tutti gli elementi del poliziesco, fra sparizioni, finte accuse, e misteri da risolvere, e questa volta tornano gli scenari freddi e difficili della Svezia, che sono perfetti per la storia raccontata. Anche la durata dei sei episodi è molto simile ai titoli che ho già nominato.
La ritengo però leggermente superiore alle altre miniserie qui incluse solo perché Glaskupan riesce meglio su due fronti: il primo è quello di creare una storia sufficientemente solida e abbastanza godibile, con tasselli che si montano pezzo dopo pezzo. È vero che alcuni passaggi e alcuni sviluppi sono prevedibili, poco originali, o a tratti difficili da credere, ma dall'altra parte ha anche qualche colpo di scena riuscito.
Inoltre questa miniserie Netflix dà un po' più spazio ai personaggi, li costruisce meglio, partendo dalla protagonista Lejla. Inoltre riesce ad emergere un tema di fondo, seppur non diventa mai centrale, ovvero quello della famiglia, sia essa naturale o adottiva. Ma Glaskupan - La cupola di vetro ha anche un twist da thriller psicologico che, seppur non in modo ampio, aggiunge un altro tassello alla storia.
Ci sono tanti aspetti che potevano essere fatti meglio, che avrebbero potuto rendere la storia più potente ed emotivamente coinvolgente, e che certamente avrebbero reso The Glass Dome più interessante e
di maggiore impatto, ma pur essendo un classico che non rivoluziona il genere, è forse la serie tv che mi sento di consigliare maggiormente almeno fra queste tre.
Visto solo Il giardiniere.. sbragato nell'inverosimile in manera becera..
RispondiEliminaNon gli è riuscita molto bene, peccato perché l'idea iniziale non era male
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