Good American Family e Insomnia: due serie inquietanti, ma ecco cosa non funziona

Posso mettere la spunta ad altri due miniserie recenti che ho terminato nelle ultime settimane, entrambe sul thriller psicologico e una è pure ispirata ad una storia vera. Tutto sarebbe perfetto se non ci fossero aspetti che non hanno funzionato.


Insomnia 
Miniserie

Adattamento del romanzo omonimo di Sarah Pinborough, già scrittrice di Dietro i suoi occhi, che era diventato una serie tv Netflix nel 2021, Insomnia è arrivata su Paramount+ il 10 Marzo di quest'anno.

Emma (Vicky McClure) è una donna in carriera e una madre premurosa, che si sta avvicinando ai quarant'anni con qualche timore, non solo per eventuali discussioni in lavoro o in famiglia, ma perché soffre improvvisamente di una forte insonnia. Un problema che le riporta alla mente la madre, che soffriva dello stesso disturbo in maniera così forte che arrivò ad un completo esaurimento nervoso, e quello che le disse da bambina: secondo la donna, Emma era destinata ad avere "il sangue cattivo" come tutti i secondogeniti della loro famiglia.

Per quanto la sorella Phoebe (Leanne Best) cerchi comunque di tranquillizzarla, il loro rapporto non propriamente roseo, e questo renderà le cose ancora più tese per Emma, che sarà costretta a scavare fra vecchi traumi e ricordi per cercare di superare la cosa.

Esattamente come Dietro i suoi occhi, anche Insomnia è un thriller psicologico, che cerca di inserire qui e lì qualche momento da quasi horror e una punta di soprannaturale, con un inizio che, ammetto, mi aveva catturato. Man mano infatti la protagonista vede il suo mondo sgretolarsi, non riuscendo a capire cosa sia vero e cosa no, pur cercando di mantenere la mente lucida che ci si aspetta da una avvocata.
Tutta la prima parte dei sei episodi di cui è composta è ben fatta, e seppur non abbia un ritmo esplosivo, riesce a mettere insieme tutti i pezzi della storia, lasciando lo spettatore con qualche dubbio. È la costruzione del personaggio di Emma ad avere più spazio, e soprattutto le sue paranoie, i suoi problemi, i vari flashback che la riguardano. 
E, anche se un po' tutti i personaggi sono fini alla storia stessa, le interpretazioni di tutto il cast danno ad Insomnia un valore aggiunto.

I problemi secondo me nascono più nella seconda parte della serie, dove abbiamo storyline che poco ci interessano e che si rivelano anche inutili nel contesto d'insieme, come ad esempio i problemi della figlia di Emma, o il vissuto di sua sorella Phoebe.

Inoltre questa parte degli episodi di Insomnia dovrebbero chiarire il mistero più grande, ma lo fanno in modo poco originale, con trovate che funzionano sicuramente a farci capire cosa è accaduto, ma che non si discostano da uno stile televisivo e generalista. In generale si ha l'impressione che qualcosa resti indietro.
Si chiede poi uno sforzo allo spettatore, da un lato nel farsi star bene quella vena soprannaturale a cui facevo riferimento su, che viene liquidata e accennata in un paio di battute; dall'altro nel dover accettare delle irreali dilatazioni temporali calcate solo per spingere la protagonista ad essere risolutiva. 
Alla fine di tutta questa miniserie l'impressione che ho avuto è che un episodio in meno o un minutaggio inferiore avrebbero reso Insomnia un po' più godibile. Così invece è un prodotto adatto giusto a chi ama i thriller senza troppe aspettative, specie se avete un abbonamento Paramount+.


Good American Family
Miniserie 


Su Disney+ dal 9 al 30 Aprile sono arrivati gli 8 episodi che compongono Good American Family, che si basa su una storia inquietantemente vera.

Tutto inizia con Kristine Barnett (Ellen Pompeo), che, durante una conferenza sulla genitorialità con figli autistici, viene arrestata con l'accusa di abbandono di minori. Così facciamo un passo indietro: scopriamo che Kristine e suo marito Michael (Mark Duplass), genitori amorevoli di tre figli, e stimati dalla comunità, da tempo desiderano adottare un altro bambino. Nel 2010, un po' a sorpresa, ricevono la proposta di accogliere Natalie Grace (Imogen Faith Read), una bambina ucraina affetta da una rara forma di nanismo.

Nonostante qualche difficoltà economica e le spese mediche, i Barnett decidono di adottarla. Ma ben presto il rapporto tra Kristine e Natalie si fa teso, fino a degenerare: la coppia arriva a credere che Natalie non sia affatto una bambina, ma una truffatrice che si finge tale.
Così si apre la strada al dubbio più inquietante: chi è davvero Natalie Grace?


Da noi non credo sia stato un caso di cronaca particolarmente discusso, ma i fatti reali che hanno ispirato Good American Family sono ancora chiacchierati negli Stati Uniti, anche perché parliamo di un fatto abbastanza recente. 
Personalmente non lo conoscevo, e forse per questo la serie mi ha subito incuriosito, ricordandomi un altro true crime come The Act, ma mi ha anche lasciato tante perplessità nel corso degli episodi.

Good American Family cerca di ricostruire la vicenda di Natalie Grace quasi fosse un docudramma con una una sua coerenza, visto che la miniserie ci racconta sia la versione di Kristine, in una prima parte, che quella della ragazzina nella seconda. 
Nonostante quindi una buona completezza dei fatti, è però un approccio un po' spiazzante visto il modo netto in cui si cambia prospettiva. L'ideatrice Katie Robbins, che con The Affair si è fatta le ossa nel mostrare le due facce della medaglia, secondo me qui non ha trovato la giusta sottigliezza per raccontare i fronti di Kristine e di Natalia.

Anche lo stile può lasciare dei dubbi: Good American Family risulta quasi patinata, con una punta di kitsch che potrebbe far storcere il naso, e con qualche esagerazione e stereotipia. Anche gli attori, soprattutto Ellen Pompeo e Mark Duplass, sembrano volutamente recitare in modo quasi forzato e caricaturale, con l'intento secondo me di dare un taglio simil horror psicologico alla serie.

Quel cambio di prospettiva che arriva a metà stagione però comporta anche un cambio di approccio, e la seconda parte dedicata a Natalie sembra più un dramma tradizionale. Presa nel suo insieme si ha come l'impressione che Good American Family potesse essere da un lato più breve, specie nella risoluzione generale della vicenda, dall'altro più approfondita, soprattutto nel conoscere meglio i Barnett come genitori.
Credo che questa mancanza di una coesione di fondo, lo stile scelto e il non voler essere troppo di parte, ma voler mostrare i confini labili fra bene e male, rendono Good American Family poco adatta a tutti. Però non manca sicuramente il ritmo, i colpi di scena spingono lungo tutti gli 8 episodi, e appunto una storia vera inquietante da conoscere, rendono la serie comunque interessante. 
Se dovesse nascere una seconda stagione, rendendo immagino la serie come una antologia, spero che correggano proprio questi aspetti. 



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