Anche Disney + è salita sul carrozzone delle serie tv limitate, che in pochi episodi concludono la loro storia, e ha messo in streaming alcuni titoli che mi hanno acchiappato subito. Due in particolare li ho terminati nel corso di Aprile, ma uno lo promuovo, mentre l'altro lo boccio.
Dying For Sex
Miniserie
Ci sono temi sempre spinosi che il mondo dell'intrattenimento fa ancora fatica a trattare, e due di questi sono proprio il sesso e la morte. Rivederli uniti in un solo titolo mi ha subito colpito e quindi ero curioso di capire come Dying for Sex li avrebbe trattati.
Disponibile su Disney + dal 4 aprile, Dying for Sex si basa su una storia vera raccontata in un omonimo podcast dalla sua stessa protagonista, Molly Kochan, una donna comune, che dopo anni scopre di essere di nuovo affetta dal cancro, questa volta al quarto stadio. Un male incurabile, che arriverà nella vita di Molly (qui interpretata da Michelle Williams) improvvisamente, e che però la sveglia da quel senso di inappagamento e frustrazione che la perseguita. Il rapporto col marito Steve (Jay Duplass) è infatti diventato più quello fra un caregiver e l'ammalato che fra due persone che si amano, e Molly decide di lasciarlo per sperimentare una vita sessuale più attiva. A sostenerla in tutto ci sarà la sua migliore amica Nikki (Jenny Slate) che le resterà accanto fino alla fine.
Dying For Sex è forse una delle serie tv più coraggiose di questa prima parte del 2025, ma forse proprio per questo non è per tutti.
Siamo abituati ad immaginare le persone malate, come fragili, come fiori da avvicinare con cura, da accudire prima che appassiscano, ed invece la serie tv, prodotta da FX, ci spinge a cambiare prospettiva.
Ci fa capire che forse dovremmo essere un po' più come Nikki, che capisce le reali necessità della sua amica che non sono solo legate all'appagamento sessuale ma al bisogno di essere se stessa, di esplorare, di far vivere quell'istinto che ha soffocato, ma anche di superare i suoi traumi. E ci invita ad essere un po' meno come il marito Steve, che non riesce a capire che Molly non ha bisogno di qualcuno che le ricordi costantemente di essere stata male e di esserlo ancora.
Ne esce fuori una serie sfaccettata: nonostante gli episodi siano solo otto da circa mezz'ora, si toccano e si sviluppano tematiche anche molto complesse. I macrotemi della libertà sessuale e della malattia, che sono i due punti cardone di Dying for Sex, hanno infatti diverse declinazioni, come il rapporto con il partner e i genitori in un momento difficile, o la sessualità a seguito di un abuso.
Interessante anche la più o meno velata critica verso alcuni medici e persone legate alla sanità, che pur essendo in questo ambito delicato, mancano di mezzi di supporto ed empatia necessari per comprendere il malato.
Per questo non è una serie adatta a tutti, è forte e a volte anche molto schietta, e se state attraversando anche voi un momento particolare, non è proprio quel passatempo a cui dedicare una serata. Io stesso ho preferito darmi tempo per completarla perché, per quanto possa sdrammatizzare attraverso parentesi più ironiche, si capisce quale sarà l'epilogo di tutto e gli episodi si addensano nel corso della stagione.
Dying for sex forse trova il suo limite proprio nel non riuscire a sviluppare tutti i temi che mette in piazza e i rapporti che si creano sullo schermo (complice anche la durata), nello scivolare a volte in eccessi e momenti quasi grotteschi, e nel cadere a volte in una melassa che può non piacere a tutti. Dalla sua però ha un cast che calza bene nei ruoli, con una Michelle Williams che sa raccontare tutti gli umori di Molly, e Jenny Slate nei panni di una incasinata migliore amica che fa di tutto pur di starle vicina.
The Stolen Girl
Miniserie
Da 16 Aprile sempre in streaming su Disney + è disponibile The Stolen Girl, miniserie di soli 5 episodi adattata dal romanzo thriller intitolato Playdate di Alex Dahl.
La storia ha un incipit molto interessante: Elisa (Denise Gough) è una hostess parecchio incasinata che un giorno, per puro caso, lascia la figlia Lucia a dormire a casa della sua nuova compagna di scuola Josephine, che vive con sua madre Rebecca (Holliday Granger). Tuttavia il giorno dopo, quando Elisa si reca da loro per riprendere la figlia, non troverà più traccia né di Rebecca né di Josephine, cadendo in un profondo panico.
Iniziano così le ricerche per quello che è un vero e proprio rapimento, ma la situazione farà uscire il peggio della relazione fra Elisa e suo marito Fred (Jim Sturgess, Home Before Dark). E, come se non bastasse, una giornalista di nome Selma Desay (Ambika Mod, One Day), sta alle calcagna di Elisa, convinta che nasconda qualcosa, magari proprio in relazione alla scomparsa della figlia.
Riuscirà Elisa a riabbracciare Lucia?
Proprio quell'inizio un po' diverso mi aveva fatto pensare che The Stolen Girl potesse essere un thriller godibile, pieno di colpi di scena e sviluppi a sorpresa, magari dal ritmo concitato, visto che sarebbe dovuto tutto essere condensato in 5 puntate.
La verità per me è che questa serie ha delle buone idee, ma manca di un legante fra queste. L'aspetto che più mi è pesato è che molti degli anelli che concatenano i fatti sono troppo deboli e a volte poco credibili o forzati dalla mano dello sceneggiatore per poter andare avanti.
Qui non faccio mai spoiler perché immagino che chi cerca un parere su una serie tv o l'abbia già vista e si vuole confrontare per cui non ha bisogno dettagli della storia, o deve ancora vederla e cerca qualche parere. Posso dirvi però che, ad esempio, non si capisce l'ossessione di Selma per Elisa: va bene essere una giornalista di inchiesta, ma non puoi metterti a cercare fatti sulla vita privata di una persona solo perché hai un presentimento. La giornalista infatti non inizia a indagare magari per un indizio che ha scovato, ma solo per una sua intuizione, e da questa ci ricama su con illazioni basate sulla sua immaginazione.
O ancora ci sono diverse facilonerie, come momenti in cui per un personaggio fare una cosa è difficile, mentre per un altro è semplice, o l'assenza di un reale intervento della polizia per lasciare che siano i protagonisti a far sviluppare la storia. Anche l'episodio finale, che rivela tutte le dinamiche e che non definisco "spiegone" solo per non esagerare, mostra come certi passaggi di The Stolen Girl siano poco realistici per come vengono rappresentati.
Non c'è stata poi una interpretazione che valga la pena sottolineare qui, tutti mi sono sembrati ad un livello abbastanza televisivo, e forse poco ispirati, visto che alla fine un po' tutti i personaggi sono abbastanza antipatici e poco empatizzabili.
Che abbia visto di peggio, non vi sono dubbi, ma The Stolen Girl mi ha lasciato un po' troppe perplessità per considerarla una miniserie promossa.
Dying for sex ha un ritmo strano, approfondisce a tratti, fa salti temporali improvvisi, lascia sospesi alcuni personaggi, ma alla fine per come è coraggiosa e per come è interpretata, è ben promossa anche da me.
RispondiEliminaIl mio fiuto mi aveva fatto capire che Stolen Girl potevo evitarla, grazie per la conferma. Dopo Good American Family, Disney+ mi sa che i crime non li sa scegliere...
Un vero peccato secondo me il modo in cui trattano il nuovo compagno di Molly: troppo rapido l'avvicinamento e la sua scomparsa nella storia.
EliminaGood American Family per me si sta dimostrando un po' più interessante di The Stolen Girl, quindi puoi capire quanto la consideri poco riuscita
La prima decisamente non fa per me, la seconda m'intriga, ma il tuo tiepido giudizio mi fa dubitare.
RispondiEliminaMah, se vuoi il mio consiglio, e proprio vuoi vederla, dalle una chance a tempo perso.
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