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Crime story: quale merita una chance?

Indagini, inseguimenti, serial killer e misfatti di ogni tipo: sono questi gli argomenti di alcune serie tv che ho visto da qualche mese a questa parte, quindi se sono temi che fanno per voi potreste essere interessati a proseguire, perché non sono del tutto soddisfatto.
Devo un po' scusarmi se sembro un disco rotto, ma questa estate ho terminato così tante serie tv che l'unico modo di parlarne è andare per tematiche. Uscirò presto da questo loop.


The Gloaming – Le ore più buie
Prima stagione 
⭐⭐🌠


Disponibile su Star Disney + dall'11 Giugno, The Gloaming ci fa conoscere i detective Molly McGee e Alex O’Connell, i quali dovranno risolvere il caso di un brutale femminicidio, che risulterà particolarmente intricato e forse collegato ad altri omicidi risalenti agli anni '90. I due però non solo dovranno dissipare la nube che avvolge e cela il colpevole di questi assassini, i quali sembrano riconducibili ad un antico culto della Tasmania, ma anche affrontare alcune trame del passato che ancora non sono state del tutto risolte. Molly e Alex si ritroveranno coinvolti molto più personalmente che per qualunque altro loro caso.


The Gloaming è una di quelle miniserie che consiglierei agli onnivori delle storie crime, a chi non è mai stanco di lanciarsi in una nuova storia misteriosa alla ricerca del colpevole. A me ha ricordato moltissimo Dublin Murders e un po' anche Mare of Easttown, ma questa serie tv australiana ha un twist sovrannaturale come The Outsider.
Ci sono insomma ottimi spunti, mi è piaciuto ad esempio il feeling fra i due personaggi, è come se uno riuscisse a portare in equilibrio l'altro, e tutto il cast è interessante. In generale credo che The Gloaming si faccia seguire con piacere, ma non riesco a darle una piena promozione. 

First look – The Gloaming è la sorpresa da brividi che non ti aspetti

Infatti ho trovato che chiedesse una attenzione particolare rispetto a quella che è la risoluzione finale, per via di tanti personaggi che si susseguono e per gli intrecci che ci sono fra di loro. In generale mi è sembrato si cercasse di sottolineare alcuni aspetti non necessari: ad esempio non capivo perché Molly venisse trattata dall'ex marito e dalla figlia come una pezza da piedi quando non mi pare compia grossi sbagli come poliziotta e madre.
Inoltre tutta la parte esoterica, di questi riti pagani non viene chiarita approfonditamente nemmeno con uno spiegone, e in generale non viene sfruttata secondo me a pieno. 
The Gloaming in definitiva si fa seguire ma non stupisce, intriga ma non convince. Si parla di una seconda stagione ma non è in produzione.



Home Before Dark
Seconda stagione 
🌠


Al contrario di quanto affermavo quando ho parlato della prima stagione di Home Before Dark, ho comunque deciso di vedere la seconda, e posso dire che per me è stato tempo perso perché anche questa volta ho fatto davvero fatica a seguire la serie.
Le vicende di Home Before Dark 2 si intrecciano con quanto è accaduto nel primo ciclo, e con quei personaggi che avevamo conosciuto, ma questa volta si aggiunge un altro tassello: sembra che qualcosa stia andando proprio male a Erie Harbor, e che sia in qualche modo collegato alla scomparsa di Richie Fife. Hilde dovrà impegnarsi affinché l'intera comunità conosca cosa sta accadendo. 


Home Before Dark
con questa seconda stagione per me è caduta nel dimenticabile più totale: l'ho trovata lenta, noiosa, inverosimile. Tutti i colpi di scena sono prevedibili, l'intreccio si basa su avvenimenti scontati e a volte forzati, basati su coincidenze blande e mancano anche dei tasselli ignorati quasi volutamente. Sono così tanti i problemi che non saprei da dove iniziare, ma sicuramente quello che mi dà più fastidio è la caratterizzazione di personaggi. Hilde Lisko non solo è abbastanza petulante come al solito, ma adesso le attribuiscono frasi da self made woman del tipo "quello che ho costruito da sola nessuno può portarmelo via". Cringe allo stato puro.


Inoltre continuo a pensare che se esistessero dei genitori come suoi sarebbe meglio intensificare la presenza dei servizi sociali: letteralmente prima le dicono di indagare su persone morte in circostanze misteriose, e un attimo dopo si preoccupano di farle ascoltare un audio.
Ne consegue che la protagonista da un lato ci viene presentata come più matura della sua età, dall'altro non ha il benché minimo senso del rispetto, sia delle persone che delle regole, e quando le cose non vanno come dice lei, parte il piagnisteo.


Home Before Dark 2 cerca inoltre di dare più spazio anche a personaggi secondari, cosa che a mio avviso rende il tutto ancora più noioso. L'introduzione di una sottotrama queer è poi trattata malissimo: la parentesi sul bullismo a sfondo omofobico subito da uno degli amici di Hilde viene risolto in quattro e quattr'otto, mentre il rapporto fra Izzy Lisko e una nuova compagna viene trascinato inutilmente per interi episodi. 
Questa nuova stagione di Home Before Dark, che strizza l'occhio ad Erin Brockovich, non mi ha convinto. Da quel che ho capito non ci sono info ufficiali sulla terza stagione, e personalmente ho chiuso con la serie anche qualora dovesse essere rinnovata. 


The Serpent
Miniserie 
⭐⭐⭐🌠


Mi sposto verso una crime story decisamente più forte e inquietante, specie considerando che si basa su una storia vera: con The Serpent, disponibile su Netflix dal 2 Aprile di quest'anno, scopriamo la storia di Charles Sobhraj, che intorno agli anni '70 aveva creato una rete di raggiri e omicidi, insieme alla compagna e ad un adepto. Un po' per caso, sulle sue tracce si metterà un funzionario dell'ambasciata olandese a Bangkok, Herman Knippenberg, ma fra il talento di Sobhraj e le poco organizzate istituzioni indiane, non sarà semplice unire i tasselli e incastrare il serpente.


Se state cercando una serie tv crime, con un forte impatto e un'ottima fattura, The Serpent sono sicuro che potrà accontentarvi perché fra la messa in scena, gli attori e la storia, riescano a catturare l'attenzione dall'inizio alla fine. Personalmente non conoscevo affatto la vita di Charles Sobhraj, e già credo che scoprirne i contorni sia abbastanza angosciante, ma nella stessa serie ci sono passaggi che lasciano il fiato sospeso, dove la tensione si fa davvero molto alta e il ritmo aumenta.
E poi arrivare all'epilogo dà anche molta soddisfazione, non solo per la storia, ma anche per come è stata ricostruita l'epoca e i luoghi nei dettagli.

The Serpent: la recensione della serie Netflix su Telefilm Central

Questa serie tv Netflix però per me non è affatto impeccabile: ho trovato proprio noiosi e ripetitivi alcuni episodi, nonostante cerchino di cadenzare i tempi con un montaggio frenetico fra varie fasce temporali. Secondo me alcune parti andavano proprio eliminate per rendere la serie più fluida. 
Inoltre, e forse questi due elementi sono concatenati fra loro, non mi è piaciuta tantissimo la caratterizzazione del personaggio principale di The Serpent: sebbene sia lui il fulcro di tutto, alla lunga il Charles Sobhraj di Tahar Rahim mi è risultato piatto.

The Serpent: la recensione della serie Netflix su Telefilm Central

Va bene non spiattellarci una biografia composta e perfettina, ma renderlo così gelido e quasi privo di reazioni diverse (solo da oltre metà stagione ne arriva tardivamente qualcuna) secondo me ci dà un'immagine bidimensionale del protagonista e mi è sembrata una scelta di comodo. Molto più interessante, obliqua e ricca è la rappresentazione di Marie-Andrée Leclerc, compagna di Charles, interpretata da Jenna Coleman
Una serie tv che merita una chance, ma senza troppa fretta.



|#backtoseries|
Storie vere che dovreste conoscere (o lasciar perdere!)

La lista delle serie tv che avevo il piacere di guardare si sta via via sfoltendo, complice anche il fatto che le nuove che ho aggiunto sono state ben poche, cosa che mi ha permesso anche di recuperare qualche telefilm uscito nei mesi scorsi.
È stato un caso che questa volta mi sia ritrovato a seguire tutte serie tv basate o ispirate a storie e personaggi reali. In alcuni casi sicuramente sono vicende interessanti, ma in altri vi consiglio di lasciar perdere.

Unorthodox
Miniserie
⭐⭐⭐⭐



Ho titubato un po' prima di recuperare Unorthodox, perché pensavo mi sarei dovuto confrontare con una serie cupa, o che magari non avessi la sensibilità adatta per comprenderla, raccontando una storia molto distante da me, ma alla fine è stata una miniserie che mi ha colpito e convinto.
Nei quattro episodi, disponibili su Netflix dal 26 marzo, Unorthodox racconta la storia di Esther "Esty" Shapiro, che vive una quotidianità particolare: lei fa parte della comunità ebraica Chassidica, in particolare la Satmar, e come tale deve seguirne tutte le regole. Seppur giovanissima, Esty dovrà sposare un ragazzo di cui non sa nulla, e soprattutto mettere al mondo quanti più bambini possibili.
Ma per lei nulla è facile in quel mondo che la opprime, che non le ha permesso di seguire le sue passioni, e che la costringe in un ruolo che le sta stretto.


Per Esty c'è solo un'opzione quindi: scappare in una nuova città lontana, e sceglierà Berlino. Qui gli orizzonti di Esty si spanderanno, sarà un nuovo battesimo e una nuova vita, fino a quando almeno, il passato non tornerà a tormentarla.
Nonostante la sua brevità, Unorthodox riesce raccontarci le sfumature di un microcosmo che cammina tutti i giorni accanto a noi. Non si parla di un'epoca lontana, non siamo nel settecento fra corsetti e padri padroni, siamo ai giorni nostri. Una storia che riesce a raccontarci le contraddizioni di una religione dove ogni cosa è legata ad un simbolismo estremo, al dolore e ai traumi delle generazioni passate, che porta a vivere in paura e repressione, e che inevitabilmente si scontra con una realtà che invece ha slegato luoghi, persone e usanze da quella simbologia e quel peso.
Ancora una volta il problema è l'estremismo e i doppi standard che riguardano uomini e donne.


A rendere ancora più forte l'impatto di Unorthodox c'è il fatto che si basa su una storia vera e che, seppur romanzata, ha tantissimi aspetti drammaticamente realistici.
Quella di Esty è una storia di ribellione, di voglia di libertà, ed anche di poter affermare ed esprimere il proprio talento e le proprie emozioni senza barriere. Ma finisce per avere un doppio valore: nonostante si parta da un argomento che riguarda questa nicchia religiosa, poi si espande e si tramuta in una storia molto più ampiamente empatizzabile.
Una serie tv quindi abbastanza solida ed emozionate, portata avanti da un ottimo cast, non solo Shira Haas, ma anche l'interprete di Yanky Shapiro, il marito di Esty, che saprà ben interpretare un ragazzo comunque particolare. Inoltre è una serie che ha un impatto non solo emotivo ma anche visivo.


Non ho cinque stelle per Unorthodox perché pecca in alcuni aspetti, o meglio in alcuni snodi che vengono lanciati e poi fatti risolvere da un momento all'altro, o semplicemente ignorati. Uno su tutti la gravidanza, che ci viene presentata come qualcosa di sconvolgente in grado di ribaltare la situazione, ma poi viene dimenticata. Non sono poi del tutto d'accordo sulla necessità di attribuire a Esty un particolare talento, perché, anche senza, la sua storia sarebbe valida.
Ho da ridire anche per quanto riguarda i ragazzi berlinesi che mi son sembrati un po' finti, non del tutto realistici nel modo di porsi, e che per una strana "casualità" sono tutti di origini diverse.
Superando con facilità questi intoppi, non posso che suggerirvi di recuperare Unorthodox qualora non lo abbiate già fatto.



Feel Good
Prima stagione
⭐⭐



Il 19 Marzo, sempre su Netflix è approdata Feel Good, un'altra serie tv che sulla carta ha tutte le caratteristiche per conquistarmi, ma che in verità non ci è riuscita.
Mae (che poi è anche la creatrice della serie ed interpreta se stessa) è una trentenne omosessuale che ha il sogno di diventare una comica (professione che pare che vada di moda fra le serie tv al momento), e proprio nel locale in cui si esibisce incontra George, o meglio Georgette. Fra le due sembra che sin da subito ci sia una scintilla particolare, che presto evolverà in una vera e propria relazione. Ci sono però un paio di problemi che metteranno alla graticola la coppia: Mae infatti ha un passato da tossicodipendente, mentre George non ha mai avuto una relazione con una donna.


Anche Feel Good ci trasporta in una storia autobiografica, ma questa volta lo stile è decisamente più leggero, fresco e rapido, visto che i sei episodi durano circa 25 minuti. Probabilmente se Mae Martin dovesse leggere quello che sto per dire mi querelerebbe, visto che è la sua storia, ma purtroppo non mi ci sono ritrovato affatto.
Sfortunatamente non apprezzo quando risulta troppo palese che una serie vuole essere impegnata e al tempo stesso non vuole prendersi troppo sul serio, per fare appeal magari ad un pubblico più giovane. Questo equilibrio non è sempre facile da mantenere nascosto, e secondo me in Feel Good non ci riescono.


La verosimiglianza, la naturalezza, ed anche l'interesse per quale storia ci andranno a raccontare, secondo me si perdono in questi dialoghi a macchinetta che ormai sono banali, nella fretta di arrivare ai punti cruciali senza darci tutti i collegamenti emotivi (in pratica dalla conoscenza alla convivenza è un attimo), ma soprattutto nel non riuscire ad empatizzare con i personaggi.
Ho trovato Mae a tratti vittimista, mentre George è pretenziosa, e questo significa che fin da subito si crea una strana chimica, che è obbligatoriamente sintomo di una relazione difficile.
È chiaro come Mae debba ancora affrontare il passato, perché ha semplicemente sostituito l'oggetto della sua dipendenza.


Lei inoltre è una ragazza di trentanni con, sembra, una certa esperienza alle spalle, e qualunque omosessuale vi potrà dire che creare una relazione con un etero, senza un dialogo aperto e diretto, è come mettersi l'acqua in casa: ne esci malissimo. Fra George e Mae questo dialogo non c'è praticamente mai, se non quando i toni si esasperano, e questo diventa frustrante secondo me per lo spettatore. Il risultato di questi elementi è la prevedibilità.
Non mi è piaciuto il gioco di Feel Good che tenta di darmi una relazione complicata, ma senza farmi entrare realmente nelle emozioni dei personaggi, e poi pretenda che io venga coinvolto quando le cose si complicano e si drammatizzano nel corso degli episodi, perché è davvero difficile, a quel punto, non esclamare "ve la siete cercata".

Feel Good – Mae Martin's immaculate romcom will have you head over heels |  TV comedy | The Guardian

La mancanza di consapevolezza delle proprie debolezze, dei propri dubbi e fragilità, o comunque mettere sotto il tappeto questa contezza perché conviene ad imbastirci una serie tv, porta ad una storia acerba e immatura, e non ne accentua il realismo.
Promuovo ed apprezzo il mood generale della (ri)scoperta di se stessi, questo viaggio nel tentativo di "stare bene", così come ho apprezzato che Feel Good voglia trattare temi più corposi con scorrevolezza, ed è sempre apprezzabile che ci sia una crescita; ho trovato splendida Lisa Kudrow, nei panni di un personaggio particolare ma sfaccettato. Ma non posso promuovere Feel Good, che, tra l'altro, nella sua parte più leggera, non è riuscita a farmi sorridere.
Se vi va di sapere cosa penso della seconda stagione, vi basta cliccare qui.


Home Before Dark
Prima Stagione
⭐🌠



Spostiamoci invece su Apple Tv + per scoprire le avventure della giovane Hilde Lisko, che, trasferitasi nella città natale del padre Matt, potrà mettere alla prova le sue capacità di investigazione e la sua passione per il giornalismo, e tenterà, non solo di trovare l'assassino di una giovane donna che è stata trovata morta nella sua abitazione, ma anche di scoprire la verità su un misterioso caso accaduto tre decenni prima. Pare infatti che la cittadina di Erie Harbor sia stata segnata dalla atroce scomparsa del giovane Richie Fife, uno dei migliori amici di Matt.
Non sarà facile però per Hilde, visto che nessuno sembra voler prendere sul serio una ragazzina di 9 anni, sebbene il suo talento e la sua passione le faranno fare strada.


Quella di Home Before Dark poteva essere una storia interessante, carina, magari avvincente, anche perché si ispira ad una bambina che esiste davvero, Hilde Lysiak, e che fa la giornalista, purtroppo però si sono persi con uno sviluppo davvero noioso, con un proseguo fiacco, debole, spesso bloccato nel solito loop del "nessuno ascolta la ragazzina sveglia ed intelligente".
Le storyline vanno avanti per inerzia, non c'è un vero e proprio intreccio, ma "casualmente" succedono cose che le fanno andare avanti. Spesso sono anche collegamenti banali, come il padre di Matthew che, nella sua demenza, sembra ragionare quando vuole e racconta pezzi sconnessi di un puzzle da ricongiungere.
Inoltre, i personaggi e parte degli eventi, sono abbastanza scollati dalla realtà, anzi bisogna quasi annullare la soglia della credulità per risultare minimamente logici.


In primis non si capisce com'è che tutti leggano il "giornale" di una ragazzina che è appena giunta in città, come questo venga condiviso, e perché tutti lo prendano così tanto in considerazione (genitori a parte ovviamente, che vivono nel loro mondo). Inoltre sembra che nessuno abbia impegni reali, che non si preoccupino per cose concrete. Hilde compie quello che è a tutti gli effetti un furto, seppur non di grande entità, ed è il padre che si scusa con lei. Va bene essere genitori moderni e comprensivi, un altro discorso è essere sconsiderati.
La cosa tragicomica è che di notte capita di tutto, ma Matt (il cui costante bisbigliare alla Robert Pattinson in Twilight mi ha dato i nervi) e sua moglie non si accorgono di nulla. Gli potrebbero anche smontare il tetto e loro dormono beati.



Poi ci sono tante scene random al limite del ridicolo, che vengono forzatamente inserite per creare un po' di tensione, ma che sono poco credibili anche all'interno della narrazione. A far da colla a questi vuoti narrativi, hanno pensato ad una spruzzata di buoni sentimenti.
Devo ammettere che mi è sembrata carina la regia di Home Before Dark, che sfrutta parti animate per farci entrare nella fantasia dei ragazzini. Salvo anche i momenti di tenerezza, il modo di approcciarsi di Hilde, che è un personaggio che sa essere adorabile ma può diventare detestabile nel giro di pochi secondi. Buona pure la scelta dei brani.
Per il resto è tutto un problema: dai dialoghi che corrono sul filo del risibile tanto sono poco credibili (per fare un esempio una delle protagoniste afferma che ci sia più corruzione a Erie Harbor - che nemmeno esiste - che a New York), alla assenza di crescita dei personaggi, che sono proprio costruiti male.
Ne avessero fatto un film o condensato il tutto in una miniserie da 4 episodi, invece di 10 da quasi un'ora ciascuno, Home Before Dark sarebbe potuto essere un thriller godibile e che vi avrei consigliato, ma la serie tv che ho visto non mi ha convinto affatto. Qui vi parlo della seconda stagione. 



Non una mandata particolarmente fortunata questa volta, ma la mia lista di serie tv è ancora lunga per cui ci leggiamo presto. Ma voi intanto cosa state seguendo?



One Day: è meglio il film o la nuova serie tv Netflix?

Un libro, un film e pure una serie tv: c'è un limite per cui una stessa storia può essere strizzata e riproposta? A quanto pare no, e One Day ne è la riprova.
Dal romanzo omonimo di David Nicholls (che non ho letto, per questo è escluso dal discorso), One Day racconta la storia di Emma Morley e Dexter Mayhew, due giovani che si conoscono la sera della loro laurea, il 15 luglio del 1988, e sembra che fra i due possa nascere qualcosa, ma non accade nulla di concreto se non l'inizio di un rapporto che li renderà irrimediabilmente legati. 
Subito dopo la laurea seguiamo un po' quello che accade ad Em e Dex nel corso di circa venti anni, sempre causalmente il 15 luglio, con nuove relazioni, lavori e amicizie, scopriamo come si ritroveranno e si allontaneranno a secondo di dove la vita e le loro scelte li porterà.

Sia il film che la serie tv quindi girano intorno agli stessi elementi e alle stesse linee narrative, dove più e dove meno, ed abbiamo a che fare con una storia romantica che però non vuole risultare prevedibile, con delle vene più drammatiche, ma che non si muove troppo sul melodramma, restando più che altro una rom-com agrodolce, che cerca di esplorare altri tipi di relazioni, non solo quelle sentimentali ma anche con la famiglia e gli amici. Non aspettatevi però gli elementi brillanti della commedia tradizionale.

La versione cinematografica di One Day è uscita nel 2011, e non credo di averla vista in quegli anni, quindi l'ho recuperata su Prime Video di recente. Nelle vesti dei due protagonisti troviamo addirittura due giovanissimi Anne Hathaway e Jim Sturgess (che non vedevo dai tempi di Home Before Dark), ma anche Rafe Spall, che poi ho amato in Tryng, e Patricia Clarkson sebbene in un ruolo molto collaterale.


Genere: Drammatico, Sentimentale
Durata: 107 minuti
Regia: Lone Scherfig 
Uscita in Italia: 11 Novembre 2011 (Cinema)/ Prime Video
Paese di produzione: Gran Bretagna, Stati Uniti d'America

Da un punto di vista strettamente narrativo mi è sembrato un film molto scorrevole, forse anche troppo perché se si guarda facilmente e con piacere, sembra che comunque corra per arrivare al suo finale. Il rapporto fra Dexter ed Emma pare infatti carente di qualche step, perché li vediamo separati e improvvisamente insieme, più maturi, che magari discutono o fanno pace, quando di mezzo non sembra essere intercorso nulla. Come se avessero preso tanti segmenti, e li avessero messi uno dopo l'altro, e sta a noi trovarci il filo conduttore. Di conseguenza la loro distanza sembra qui e lì quasi una forzatura da copione. Ad esempio non sappiamo bene come Dexter arrivi a lavorare in televisione e tutti i problemi che affronta, fra cui le dipendenze, né vediamo Emma alle prese con altre relazioni.

One Day in fondo è uscito in anni in cui i film non duravano quanto un volo fra Auckland e New York, e nella sua ora e quaranta inevitabilmente si perde qualche passaggio che mi sarebbe piaciuto conoscere meglio, anche per non far sembrare le reazioni dei due come spropositate, o poco costruite. Anche il mio coinvolgimento è stato quindi un po' ballerino, non sempre sono stato travolto dall'impatto che le scene dovrebbero avere. 

Inutile dire che di questa fretta ne risentono molto i personaggi secondari, che sono tratteggiati in modo superficiale e spesso sembrano caricaturali, come ad esempio Tilly, l'amica di Emma, che quasi non ha un ruolo in questa versione.

Dall'altro lato però ho apprezzato come i due protagonisti vengono raccontati: Anne Hathaway riesce ad essere arguta ma non petulante, fin da subito vediamo in lei un bagliore che può anticiparci la donna che sarà in futuro, e sa adattarsi a tutte le fasi della vita di Emma. Anche i costumi le danno una mano a maturare e a far vedere i suoi cambiamenti nel tempo. Il personaggio di Emma è interessante ma un po' limitato per certi versi: qui la conosciamo soprattutto sul lato lavorativo, ma quasi nulla si sa dei suoi partner nel tempo, e purtroppo ammetto che non ho colto come mai fosse interessata a Dexter se non per la tipica attrazione fra studentessa e cattivo ragazzo.

Il Dexter di Jim Sturgess infatti non risulta magari subito simpatico, anzi fin dall'inizio sembra problematico, il tipico ragazzo di buona famiglia che non vuole mettere la testa a posto. Non ne capiamo bene nemmeno tutti i lati d'ombra, ma qui il suo interesse e direi quasi il bisogno che ha di Emma è molto più palese che nella serie tv Netflix.
Nel film però ho apprezzato la sua parabola: da ragazzo sbruffoncello lo vediamo maturare, diventare più sicuro e consapevole, come un uomo che vuole fare la cosa giusta dopo aver sofferto molto.

In effetti questa trasposizione di One Day a me ha dato più l'idea di un dramma romantico: sono quasi assenti parentesi di comicità volontaria, e già quella breve anticipazione nella scena iniziale, col senno di poi, imposta la storia verso il momento più forte di tutto il film.

La serie tv presenta ovviamente molti aspetti differenti nella sua struttura. La produzione Netflix di One Day è arrivata in streaming l'otto febbraio di quest'anno, ed ha suddiviso la storia in addirittura 14 episodi da circa 30 minuti l'uno. In questo caso i protagonisti sono interpretati da Ambika Mod, che non ricordavo fosse stata sia in Trying che in I Hate Suzie, ma immagino con ruoli minori per cui notarla sarebbe stato difficile, e Leo Woodall, che invece avevo notato bene nella seconda stagione di The White Lotus.


La storia e a volte anche i dialoghi sono inevitabilmente sempre quelli, se non con una variazione poco importante della nazionalità della attrice protagonista, puntando alla diversity che oggi è più presa in considerazione, o alcune location come la Grecia al posto della Francia quando i due vanno in vacanza. In questo caso, la durata della miniserie, stranamente molto più lunga di quanto si suole fare di questi tempi, dà ovviamente lo spazio per mostrare e gestire qualche dinamica in più, ed un quadro di insieme più completo, ma comunque ci sono stati aspetti che avrei voluto conoscere un po' di più. Penso ad esempio alla perdita della madre di Dexter, o il rapporto di Emma con la famiglia o con il fidanzato Ian perché da quello che ci mostrano era inevitabile che le cose fra i due non potessero funzionare. Avrei invece rimosso parti che indubbiamente mi hanno dato l'idea di riempitivo che non toglievano e non aggiungevano nulla alla serie in sé.

Questo adattamento di One Day inoltre mi ha incuriosito proprio per la sua impostazione generale: credo infatti sia stato pensato così per scatenare il binge watching nello spettatore, ma se da un lato c'è la curiosità di capire cosa accadrà il successivo 15 luglio, dall'altro non è che sempre mi sentissi così coinvolto da avere fretta di scoprire cosa sarebbe capitato a Dexter e Emma. Questo credo fosse dovuto alla chimica fra i due attori che non è estremamente trascinante. 


Leo Woodall secondo me se l'è cavata molto bene, è naturale nel ruolo di Dex e ne racconta tutte le sfumature, anche se forse si poteva fare qualcosa in più per invecchiarlo nel corso degli anni, e anche in questo caso c'era il tempo per esplorarne le dipendenze che sviluppa da ragazzo. Nel film risulta però molto più coinvolto verso Emma sin da subito, mentre in questa miniserie sembra quasi che lui dalla ragazza voglia solo un'amicizia per buona parte del tempo.

Non posso dire lo stesso per Ambika Mod che ho trovato un po' piatta, ripetitiva, a volte sembra che il suo interesse per Dexter sia più da copione che reale, e rispetto al film l'ho trovata meno arguta, meno pungente, anzi anche quando matura sembra avere reazioni molto infantili e lagnose. La Emma del film secondo me riesce a crescere "meglio", a diventare forte e indipendente, e sin da subito si ha l'idea che quella ragazza sia abbastanza decisa. Però la miniserie ci dà almeno qualche aspetto in più della sua vita sentimentale come la relazione con il preside della scuola in cui finirà a lavorare. 

In generale non c'è questo grandissimo affiatamento fra i due protagonisti ed è forse la pecca più grande di questa versione di One Day. Non è tanto una questione estetica, perché mi sta bene una coppia imperfetta o comunque che potrebbe sembrare male assortita, ma è più che altro l'atteggiamento di uno verso l'altra. Ho notato tra l'altro che anche la regia e la messa in scena non li aiutano: sono spesso inquadrati o posizionati di fronte, come se debbano sempre scontrarsi più che relazionarsi.
Alla fine ci si affeziona comunque ai due, sono teneri, ma è più che altro una simpatia per i singoli individui che per la coppia.

Non ho amato invece troppo come hanno raccontato alcuni dei personaggi secondari: non si scade magari nel caricaturale (non sempre almeno) come nel film, e qui ad esempio Tilly (Amber Grappy) è un elemento attivo nella storia, ma ad esempio ho apprezzato poco la fidanzata di Dexter, Sylvie (qui interpretata da Eleanor Tomlinson) che all'improvviso lo odia non si capisce bene per quale motivo.

Un'altra differenza che ho notato è che in questa serie si percepisce forse maggiormente l'ambientazione degli anni '90, non so se per cura dei dettagli o semplicemente perché c'è una distanza temporale maggiore rispetto a quando è stata creata la versione cinematografica, e quindi l'adattamento ha saputo ricreare più lucidamente e con precisione l'epoca. Anzi le varie epoche.

Per il resto il One Day proposto da Netflix è una miniserie che ho seguito volentieri, che scorre rapidamente e che magari fa compagnia, ma che batte sul finale il film perché risulta più esaustiva, non tanto perché vengono mostrate cose estremamente fondamentali, ma perché costruiscono meglio il rapporto fra Emma e Dexter. Io l'ho trovato anche più coinvolgente proprio perché meno affrettato, anzi abbiamo modo di vedere l'evoluzione del ragazzo. 

Decidere quale dei due adattamenti sia meglio non è quindi semplice, ma credo che in ogni caso, se la storia vi è piaciuta e vi ha coinvolti, potete recuperare entrambe le trasposizioni (o quella che ancora vi manca) perché ognuna aggiunge dei tasselli e degli elementi all'insieme, si muovono su livelli interpretativi e narrativi che in un certo senso si incastrano, ed entrambi hanno i loro difetti. A me tutta la vicenda ha colpito per la sua dolcezza, senza diventare pesantona o smielata, e mi fa pensare che la vera quadra si possa raggiungere leggendo il romanzo.



Le serie tv crime tratte dai romanzi che mi hanno deluso (anche una insospettabile)

Due serie tv crime recenti ed attese (forse una più dell'altra) e due delusioni (una più dell'altra).


Come uccidono le brave ragazze
Prima stagione

Avrete sicuramente sentito parlare di Come Uccidono le brave ragazze, uno dei titoli che mi sembravano interessanti quando Netflix aveva lanciato a fine luglio il classico video con le nuove uscite di agosto. La curiosità nasceva soprattutto dal vedere Emma Myers in dei panni diversi da quelli che l'hanno resa famosa in Wednesday, mentre la stori ami sembrava un giallo young adult godibile.

Lei interpreta Pippa "Pip" Fitz-Amobi, una sveglia ragazza inglese che è in qualche modo perseguitata da uno degli ultimi ricordi che ha di una ragazza uccisa qualche anno prima. La morte di Andie Bell ha infatti sconvolto tutta la comunità di Little Kilton, e Pip non può perdere questa occasione: con la scusa di un progetto scolastico decide di indagare su cosa sia successo veramente ad Andie e se è stato davvero il suo ragazzo dell'epoca, Sal, ad averla uccisa. 

Non ho letto il libro di Holly Jackson da cui Come uccidono le brave ragazze è stata tratta ma, presa a sé, posso dire che è stata una piccola delusione, o per lo meno non quello che mi aspettavo.
Si parte da una storia che credo sia stata utilizzata su più fronti in serie tv e film, sia per quanto riguarda ragazze carine e popolari che scompaiono o appunto vengono fatte fuori, come succedeva in Cruel Summer per esempio, sia per quanto riguarda l'altra parte della medaglia ovvero giovani investigatori ed investigatrici che, con fatica ed osteggiati da tutti, riescono a risolvere un caso che polizia e agenti non sono riusciti a chiarire, come in Home Before Dark.

Niente di nuovo sotto il sole, e forse va bene così ché di storie davvero inedite ce ne sono poche, e soprattutto a volte il senso di certezza, di sicurezza, è forse la chiave vincente per rendere una serie (o un film) interessante per lo spettatore.


Non è stato così per me con Come uccidono le brave ragazze, che casca fatalmente proprio nella costruzione della crime story che vuole raccontare, perché l'impressione che ho avuto più volte è stata quella di essere lasciato o troppo fuori dall'intreccio del mistero da risolvere, o troppo dentro, arrivando io stesso alla soluzione prima che venisse mostrata sullo schermo. 

Senza contare che sono poi troppe le coincidenze con cui Pip e le sue indagini riescono ad andare avanti, richiedendo così un costante spostamento della propria logica e credulità.
La stessa protagonista fa spesso scelte che non sono poi così logiche, nonostante ci venga presentata come una ragazza molto sveglia e intelligente.
In generale i personaggi sono tutti abbastanza piatti e poco sviluppati, nonostante facciano tutti un buon lavoro. La stessa Emma Myer secondo me non aveva molti appigli per poter spaziare con la sua caratterizzazione.


Senza contare che, come spesso accade, alcuni personaggi secondari sono interpretati da attori che non sembrano esattamente adolescenti o al massimo ventenni.

Per fortuna A Good Girl's Guide to Murder dura solo 6 episodi da circa 40 minuti ciascuno, quindi non si può dire che abbiano tirato le cose troppo per le lunghe, ma penso che si poteva fare di meglio.
Ho apprezzato comunque che abbiano miscelato bene i temi che la serie tocca, come razzismo, amicizia, droga, consensualità, integrazione e rapporti genitori-figli, senza far diventare il tutto moraleggiante. 
Pare che i romanzi di Holly Jackson con protagonista Pippa, siano una trilogia, infatti ad Aprile 2025 Netflix ha rinnovato la serie per una seconda stagione. 


La donna del lago
Miniserie

Sempre più attori e attrici si stanno avvicinando al mondo della serialità, consci del fatto che non si tratta più di produzioni minori o di qualità inferiore, ma possono essere intrattenimento di primo livello. L'ultima ad essersi convinta è addirittura Natalie Portman, attrice premio Oscar che fino ad ora aveva snobbato le serie tv, ma si è lanciata per La Donna del Lago, miniserie su Apple Tv +, di cui è anche produttrice esecutiva e che è terminata proprio il 23 Agosto.

Portman interpreta Maddie Schwartz, una donna e madre di buona famiglia che conduce una vita che oggi definiremmo "very demure", seguendo i dettami e le tradizioni della comunità ebraica di cui fa parte. Qualcosa però in lei esplode, facendole ritornare la sua passione per il giornalismo, quando una ragazzina di nome Tessie Durst scompare per poi essere ritrovata morta, evento che sconvolgerà la comunità di Baltimora. Siamo a metà degli anni '60 ed è impensabile che una donna venga presa sul serio come giornalista investigativa, ma Maddie è tenace e non potrà fare a meno di seguire il suo istino e cercare il killer, specie quando un'altra donna, una certa Cleo Johnson (Moses Ingram) sembra essere stata assassinata. 

Spero che questa introduzione seriosa vi faccia capire quanta roba sia La donna del lago e quanto fosse pulsante la mia curiosità e le mie aspettative prima di vederla, e quanto altrettanto cocente sia stata la mia delusione una volta arrivato alla fine dei 7 episodi di cui è composta.

Anche in questo caso abbiamo una serie tv tratta da un romanzo, di Laura Lippman per essere precisi, che tra l'altro si ispira a due fatti realmente accaduti e a come questi vennero trattati in modo differente dalla stampa dell'epoca.

Il primo impatto con La donna del lago è più che positivo e si capisce che l'investimento di Apple Tv deve essere stato importante perché l'impressione che si ha è quella di una produzione cinematografia che non ha badato a spese per cast e ricostruzione dell'epoca, con scene e costumi ottimi.
È però lo sviluppo che non mi ha convinto: l'idea di far proseguire e quasi confrontare i vissuti delle due donne, molto vicine nel modo in cui la società le marginalizza, ma comunque molto diverse, mi piaceva, ma poi diventa tutto un guazzabuglio.

Ci vogliono infatti tre episodi prima che la storia inizi davvero e che la parte più thriller finalmente inizi ad essere dispiegata. Impiegare praticamente metà stagione per porre le basi e farci conoscere tutte le pedine sullo scacchiere mi è sembrato un po' troppo, anche perché La donna del lago è una serie tv a cadenza settimanale e seguirla in contemporanea, senza accumulare episodi, è stato un po' frustrante.
La conferma che i primi episodi fossero troppo dilatati l'ho trovata nel fatto che gli ultimi hanno effettivamente una durata inferiore, per cercare di dare ritmo all'intreccio che forse più interessa, ed arrivare ad una risoluzione.

Credo che l'intento (buono sicuramente) di questa costruzione narrativa sia dovuta al fatto che volessero rendere più articolata e meno convenzionale una vicenda che in realtà non è così complessa, ma anche poter inserire quanti più temi possibili per creare uno scenario storico più "realistico" e completo.

Si parla infatti di razzismo a più livelli, di antisemitismo, di oppressione verso le donne e di diritti ancora assenti, di disuguaglianza sociale, della politica e dei tumulti dell'epoca, ma anche di salute mentale, ma anche qui è tutto troppo.

Quello che manca in Lady in the lake è invece spesso la tensione, quella reale spinta a voler vedere cosa accade dopo senza troppi giri e perdite di tempo. 
E la serie di minutaggio ne ha parecchio a disposizione ma punta a troppe scene oniriche (e anche qualche copulazione che avrei evitato) che non ci dicono nulla sia sulla protagonista che sull'avanzamento della storia. Dedicare un'intera puntata a una sequela di sogni e visioni, e lasciare l'ultimo episodio come spiegone della parte crime è quel colpo di grazia che non mi aspettavo.

Sono sicuramente buone le interpretazioni di Natalie Portman e Moses Ingram anche se sono convinto si potesse fare qualche sforzo più con i dialoghi che spesso suonano finti e altisonanti.

Pur avendo tutte le carte in regola per essere una serie tv di primissimo livello (ed in parte lo è), La donna del lago secondo me non ha saputo coniugare e far coesistere il dramma sociale con l'indagine da thriller tradizionale, finendo per perdersi dietro scelte che non sempre ho capito. Sarà colpa mia, ma è un peccato.




Due miniserie su Disney +: una promossa e una bocciata

Anche Disney + è salita sul carrozzone delle serie tv limitate, che in pochi episodi concludono la loro storia, e ha messo in streaming alcuni titoli che mi hanno acchiappato subito. Due in particolare li ho terminati nel corso di Aprile, ma uno lo promuovo, mentre l'altro lo boccio.


Dying For Sex
Miniserie


Ci sono temi sempre spinosi che il mondo dell'intrattenimento fa ancora fatica a trattare, e due di questi sono proprio il sesso e la morte. Rivederli uniti in un solo titolo mi ha subito colpito e quindi ero curioso di capire come Dying for Sex li avrebbe trattati. 

Disponibile su Disney + dal 4 aprile, Dying for Sex si basa su una storia vera raccontata in un omonimo podcast dalla sua stessa protagonista, Molly Kochan, una donna comune, che dopo anni scopre di essere di nuovo affetta dal cancro, questa volta al quarto stadio. Un male incurabile, che arriverà nella vita di Molly (qui interpretata da Michelle Williams) improvvisamente, e che però la sveglia da quel senso di inappagamento e frustrazione che la perseguita. Il rapporto col marito Steve (Jay Duplass) è infatti diventato più quello fra un caregiver e l'ammalato che fra due persone che si amano, e Molly decide di lasciarlo per sperimentare una vita sessuale più attiva. A sostenerla in tutto ci sarà la sua migliore amica Nikki (Jenny Slate) che le resterà accanto fino alla fine.


Dying For Sex è forse una delle serie tv più coraggiose di questa prima parte del 2025, ma forse proprio per questo non è per tutti.
Siamo abituati ad immaginare le persone malate, come fragili, come fiori da avvicinare con cura, da accudire prima che appassiscano, ed invece la serie tv, prodotta da FX, ci spinge a cambiare prospettiva.

Ci fa capire che forse dovremmo essere un po' più come Nikki, che capisce le reali necessità della sua amica che non sono solo legate all'appagamento sessuale ma al bisogno di essere se stessa, di esplorare, di far vivere quell'istinto che ha soffocato, ma anche di superare i suoi traumi. E ci invita ad essere un po' meno come il marito Steve, che non riesce a capire che Molly non ha bisogno di qualcuno che le ricordi costantemente di essere stata male e di esserlo ancora. 

Ne esce fuori una serie sfaccettata: nonostante gli episodi siano solo otto da circa mezz'ora, si toccano e si sviluppano tematiche anche molto complesse. I macrotemi della libertà sessuale e della malattia, che sono i due punti cardone di Dying for Sex, hanno infatti diverse declinazioni, come il rapporto con il partner e i genitori in un momento difficile, o la sessualità a seguito di un abuso. 
Interessante anche la più o meno velata critica verso alcuni medici e persone legate alla sanità, che pur essendo in questo ambito delicato, mancano di mezzi di supporto ed empatia necessari per comprendere il malato.

Per questo non è una serie adatta a tutti, è forte e a volte anche molto schietta, e se state attraversando anche voi un momento particolare, non è proprio quel passatempo a cui dedicare una serata. Io stesso ho preferito darmi tempo per completarla perché, per quanto possa sdrammatizzare attraverso parentesi più ironiche, si capisce quale sarà l'epilogo di tutto e gli episodi si addensano nel corso della stagione. 

Dying for sex forse trova il suo limite proprio nel non riuscire a sviluppare tutti i temi che mette in piazza e i rapporti che si creano sullo schermo (complice anche la durata), nello scivolare a volte in eccessi e momenti quasi grotteschi, e nel cadere a volte in una melassa che può non piacere a tutti. Dalla sua però ha un cast che calza bene nei ruoli, con una Michelle Williams che sa raccontare tutti gli umori di Molly, e Jenny Slate nei panni di una incasinata migliore amica che fa di tutto pur di starle vicina. 


The Stolen Girl 
Miniserie


Da 16 Aprile sempre in streaming su Disney + è disponibile The Stolen Girl, miniserie di soli 5 episodi adattata dal romanzo thriller intitolato Playdate di Alex Dahl.
La storia ha un incipit molto interessante: Elisa (Denise Gough) è una hostess parecchio incasinata che un giorno, per puro caso, lascia la figlia Lucia a dormire a casa della sua nuova compagna di scuola Josephine, che vive con sua madre Rebecca (Holliday Granger). Tuttavia il giorno dopo, quando Elisa si reca da loro per riprendere la figlia, non troverà più traccia né di Rebecca né di Josephine, cadendo in un profondo panico. 

Iniziano così le ricerche per quello che è un vero e proprio rapimento, ma la situazione farà uscire il peggio della relazione fra Elisa e suo marito Fred (Jim Sturgess, Home Before Dark). E, come se non bastasse, una giornalista di nome Selma Desay (Ambika Mod, One Day), sta alle calcagna di Elisa, convinta che nasconda qualcosa, magari proprio in relazione alla scomparsa della figlia.
Riuscirà Elisa a riabbracciare Lucia?

Proprio quell'inizio un po' diverso mi aveva fatto pensare che The Stolen Girl potesse essere un thriller godibile, pieno di colpi di scena e sviluppi a sorpresa, magari dal ritmo concitato, visto che sarebbe dovuto tutto essere condensato in 5 puntate. 

La verità per me è che questa serie ha delle buone idee, ma manca di un legante fra queste. L'aspetto che più mi è pesato è che molti degli anelli che concatenano i fatti sono troppo deboli e a volte poco credibili o forzati dalla mano dello sceneggiatore per poter andare avanti.

Qui non faccio mai spoiler perché immagino che chi cerca un parere su una serie tv o l'abbia già vista e si vuole confrontare per cui non ha bisogno dettagli della storia, o deve ancora vederla e cerca qualche parere. Posso dirvi però che, ad esempio, non si capisce l'ossessione di Selma per Elisa: va bene essere una giornalista di inchiesta, ma non puoi metterti a cercare fatti sulla vita privata di una persona solo perché hai un presentimento. La giornalista infatti non inizia a indagare magari per un indizio che ha scovato, ma solo per una sua intuizione, e da questa ci ricama su con illazioni basate sulla sua immaginazione. 


O ancora ci sono diverse facilonerie, come momenti in cui per un personaggio fare una cosa è difficile, mentre per un altro è semplice, o l'assenza di un reale intervento della polizia per lasciare che siano i protagonisti a far sviluppare la storia. Anche l'episodio finale, che rivela tutte le dinamiche e che non definisco "spiegone" solo per non esagerare, mostra come certi passaggi di The Stolen Girl siano poco realistici per come vengono rappresentati.

Non c'è stata poi una interpretazione che valga la pena sottolineare qui, tutti mi sono sembrati ad un livello abbastanza televisivo, e forse poco ispirati, visto che alla fine un po' tutti i personaggi sono abbastanza antipatici e poco empatizzabili.
Che abbia visto di peggio, non vi sono dubbi, ma The Stolen Girl mi ha lasciato un po' troppe perplessità per considerarla una miniserie promossa. 


Natale su Disney Plus: quattro novità in streaming 🎅🏻

Ogni anno vaglio tutte le novità di Natale da vedere in streaming, fra film e serie tv, sulle varie piattaforme, per scoprire cosa valga la pena vedere durante le feste. Ne ho fatto delle mega guide, come quella dell'anno scorso, ma quest'anno ho voluto scorporare le recensioni in base alla piattaforma man mano che termino di vederle, ad iniziare da Disney +. 

Già l'8 Novembre è tornata la seconda stagione di Nuovo Santa Clause Cercasi (The Santa Clauses), che ritrova Tim Allen nei panni di Babbo Natale.

Sequel dei famosi film degli anni '90, la prima stagione di questa serie tv Disney + mi era piaciuta, anche se la durata di soli sei episodi da trenta minuti l'uno, ne affrettava le dinamiche. Tutta altra storia invece in questa seconda stagione, che mi ha convinto meno, pur restando godibile.
Già dal titolo italiano (per una volta azzeccato) si capisce che i protagonisti di Nuovo Santa Clause Cercasi devono cercare una nuova discendenza alla famiglia Claus, e sembra che Buddy, il figlio di Scott Calvin/Santa Claus possa essere un buon candidato, visto che sia lui che la sorella, sembrano dotati dei poteri magici necessari per la causa. In The Santa Clauses 2 non solo i due ragazzi potranno mettersi alla prova ma c'è una minaccia dal passato che sembra mettere a rischio la magia del Natale stessa.

Perfetto proseguo della prima stagione, questa seconda non si discosta dagli intenti per cui Disney + l'ha creata: è una comedy natalizia (anzi direi quasi una sit-com) semplice da seguire, ironica e con quel pizzico di avventura e imprevedibilità che la rende perfetta per le feste, oltre che estremamente scorrevole. Hanno anche saputo allargare la visione alle altre festività, movimentando la storia e appunto aggiungendo elementi al mondo che vuole raccontare.
Unico neo di Nuovo Santa Clause Cercasi 2 è secondo me una maggiore semplicità nell'ironia e nelle dinamiche, come se si volessero rivolgere più ad un pubblico di bambini e giovanissimi in genere, che, trasversalmente, a tutta la famiglia. Non che prima fosse particolarmente sofisticato, e magari è stato un problema mio, che ho trovato banali alcune battute e scene.
Anche la risoluzione finale mi è sembrata un pelo sempliciotta, ma carina.
The Santa Clauses 2 è una visione comunque piacevole ed ha il sapore di una chiusura finale, ma la possibilità di una terza stagione, ancora da confermare, non mi spiace.

Disponibile per lo streaming dal 17 Novembre Scivolando sulla Neve (Dashing Through the Snow) non ha purtroppo superato il test.


Genere: commedia, fantasy
Durata: 92 minuti
Regia: Tim Story
Uscita in Italia: 17 Novembre 2023 
Paese di produzione: USA

Eddie (Chris 'Ludacris' Bridges) collabora con la polizia di Atlanta come assistente sociale ed è dotato di una ottima empatia quando si tratta di aiutare gli altri, ma, dopo un trauma che ha avuto da bambino, ha iniziato ad odiare il Natale. Sua figlia Charlotte però, essendo una bambina non vede l'ora di festeggiarlo e quando per caso incontreranno uno strano babbo natale, convincerà suo padre ad aiutarlo. 
E se quell'uomo, che sembra aver perso di lucidità, con quella barba tinta e il suo tablet, in realtà fosse il vero Babbo Natale in difficoltà, inseguito dagli scagnozzi di un politico corrotto? Riusciranno Eddie e Charlotte ad aiutarlo?

Dashing Through the Snow riprende alcuni dei passaggi più stereotipati dei film di Natale - dal protagonista che odia le feste, alla coppia divorziata/separata/in cui uno dei due è morto - per cercare di farne qualcosa di più contemporaneo ed inclusivo, ed in parte ci riesce. Infatti il contesto è moderno e il fatto che siano tutti attori neri non mi spiace affatto ed è giusto così, ma ci si perde in tutto il resto.
Non ho fatto questa premessa all'inizio ma mi pare ovvia: i film di natale sono quel che sono, difficilmente si incappa in capolavori o in storie originali, ma almeno mi aspetto che le varie piattaforme ci provino. Con Scivolando sulla Neve, Disney credo ci abbia provato ma senza riuscirci per colpa di una storia debole, che negli snodi in cui le cose si fanno difficili, semplicizza la risoluzione, ed il ritmo non è proprio brillante.

Quando mi aspettavo che ci fosse un momento difficoltà, di tensione, di incasinamento, la risposta del film è quella più banale e meno coinvolgente.
Se i più grandi ci si annoiano sicuramente a causa di una ironia che non sempre colpisce, un pubblico giovanissimo credo possa trovarlo poco divertente perché anche questo microcosmo fantastico che viene messo in scena, non è così forte, ma soprattutto, il cattivo risulta risibile, e ancora una volta viene facilmente messo ko dal protagonista. A dirla tutta in realtà l'Eddie di Ludacris mi è sembrato quasi passivo dentro a questo film, come se non dovesse fare altro che esserci e rappresentare l'uomo che non crede nel Natale e che deve, in qualche modo, ricredersi. Il cast non è male, ma secondo me questo film Disney è forse il peggiore, o comunque il meno interessante, proposto quest'anno. 


Il 23 Novembre è invece arrivato un film assolutamente adatto ai più piccoli che si intitola I Terribili Nove (The Naughty Nine).

Genere: commedia, fantasy, avventura
Durata: 83 minuti
Regia: Alberto Belli
Uscita in Italia: 23 Novembre 2023 
Paese di produzione: USA

Andy è un ragazzino molto sveglio, che sa come manipolare gli adulti, compresi i suoi genitori, anche se finisce sempre nei casini per colpa della sua sfacciataggine e delle sue imprese. Tutto questo però gli costerà caro: il giorno di Natale infatti scopre di non aver ricevuto alcun regalo da Babbo Natale e quindi decide di fare un colpaccio. Con l'aiuto di altri 8 ragazzini, tutti finiti nella lista dei cattivi e rimasti senza doni, Andy cercherà di recuperare il suo regalo proprio al polo Nord da Babbo Natale. Non solo vivrà una bella avventura ma imparerà anche una lezione importante. 

The Naughty Nine non è certamente un capolavoro rispetto a Scivolando sulla neve, ma parte già da una storia un po' più originale e che ha dall'inizio alla fine un buon ritmo. Ci sono le battute ironiche, i momenti di tensione funzionano e i ragazzini protagonisti sono simpatici e bravi (l'unico che ho riconosciuto è Deric McCabe da Home Before Dark). Indubbiamente bisogna abbassare il proprio senso di credulità, io infatti penso che possa essere adatto al massimo a ragazzi di 13/15 anni, ma oltre lo troverebbero troppo infantile e poco credibile. Inoltre ci sono alcuni aspetti negativi, come le scenografie alle volte posticce ed il fatto che il cast sia un po' troppo affollato per poter sviluppare bene qualcuno (ad eccezione del protagonista). In fondo però I Terribili Nove vuole intrattenere e non fare lunghe analisi psicologiche o fare troppo la morale, per cui riesce nel suo intento. Unico tip: evitatelo se siete fissati su come vengono rappresentati certi personaggi di immaginazione.

L'ultima novità proposta per questo Natale e che secondo me dovreste vedere è The Shepherd, un corto uscito su Disney+ l'1 Dicembre.


Genere: storico, fantastico, drammatico
Durata: 38 minuti
Regia: Iain Softley
Uscita in Italia: 1 Dicembre 2023 
Paese di produzione: USA, Regno Unito

Basato sul libro dello scrittore inglese Frederick Forsyth pubblicato nel 1975, The Shepherd ci porta alla vigilia del Natale del 1954, quando un giovane e poco esperto pilota della Royal Air Force, Freddie Hook, decide di sfruttare l'occasione per tornare a casa volando dalla Germania fino all'Inghilterra attraverso il mare del nord. Un volo lineare, ma improvvisamente l'aereo di Freddie ha un gusto tecnico che sembra togliere ogni speranza al pilota. Improvvisamente però un altro aereo, con un pilota misterioso, appare fra le nuvole e lo aiuterà, ma chi è quell'uomo?

Nonostante la brevità (meno di quaranta minuti) The Shepherd è forse la miglior proposta di Disney Plus per questo Natale. È una storia dolce e toccante, che oscilla fra riflessione e tensione e che si fa seguire molto volentieri. Le festività in questo caso non sono fondamentali perché il messaggio trasmesso, quello della vicinanza, dell'aiuto e della speranza, funziona a prescindere da tutto. Inoltre la storia è un po' un omaggio ai veri shepherd, i pastori della seconda guerra mondiale che hanno aiutato molti piloti in difficoltà.
Il cast è essenziale, troviamo infatti John Travolta, che pare aver vissuto in prima persona un problema simile con un aereo negli anni '90, ed un buon Ben Radcliffe, che non ricordavo ma devo aver visto sicuramente in Anatomia di uno scandalo
The Shepherd è una storia alla fine semplice ma calda, meno adatto ai bambini e più vicino a noi di una certa età, e per chi si vuole discostare da film natalizi tradizionali.


Non avete trovato nulla che vi piaccia? Potete recuperare qui le uscite degli anni precedenti

2019 - Quali SERIE TV guardare (e quali evitare) questo Natale su Netflix 📺
2019 - Quali FILM guardare (e quali evitare) questo Natale su Netflix 📺
2020 - Cosa guardare (o evitare) in streaming questo Natale!
2021 - Cosa (non) guardare questo Natale in streaming 🎄
2022 - Film e serie tv di Natale 2022: la super guida fra disastri e piacevoli sorprese! 🎄



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