Queste serie tv su Disney + potevano essere le migliori...

Occasioni sprecate, buttate alle ortiche, mancate e deludenti, chiamatele come volete, ma mi aspettavo molto da queste serie tv su Disney +, anche e invece si sono rivelate spesso non all'altezza o ben al di sotto della fama che si portavano dietro. 


The Bear 
Prima stagione 

Si è portata a casa una quantità di premi non da poco, inclusi Emmy e Golden Globes, diventando una delle serie tv più acclamate degli ultimi anni, e quindi, seguendo la china, a distanza di quasi due anni dalla prima messa in onda, mi sono deciso a recuperare The Bear. 

L'orso è il nome con cui in famiglia e sul lavoro viene chiamato Carmen "Carmy" Berzatto (Jeremy Allen White), un giovane e promettente chef, che ha già lavorato per alcuni dei ristoranti più rinomati, ma che dalle stelle si ritrova alle stalle, dopo che il fratello Micheal, suicidatosi, gli ha lasciato in eredità il suo locale di panini sull'orlo del fallimento e con alcuni dipendenti scalmanati. Carmy cercherà non solo di far riprendere l'attività, ma anche di dettare nuove regole, quelle che lui stesso seguiva nei ristoranti gourmand e che crede possano portare il The Original Beef of Chicagoland a raggiungere un certo livello.

Fino ad ora ho visto solo la prima stagione di The Bear, ma arrivato alla fine degli 8 episodi ho avuto bisogno di una pausa perché ho fatto fatica a comprendere il motivo di tanto successo. Parto col dire che secondo me definirla una comedy culinaria è una imprecisione: è vero che si svolge tutto in cucina, ma sono le dinamiche fra i protagonisti ad avere la meglio, mentre la vera e propria preparazione dei piatti ad esempio, o un diretto legame fra ciò che accade e le ricette non mi pare esista. Metteteci pure che quando si vedono dei piatti, ci sono le solite banali inquadrature di sfilettamenti, coltelli che sminuzzano, spadellate e pietanze già pronte che appaiono come flash e non sempre sono così invitanti. Senza contare che del cibo dall'allure italiana non vi è nemmeno l'ombra.

Ci sono poi delle stranezze: il The Original Beef of Chicagoland sembra una comune tavola calda americana in un quartiere periferico di Chicago, ma con la clientela di un McDonald's quando mettono il panino a 3 euro (in questo senso l'episodio 7 è il meno credibile di tutti) tanto da avere la fila prima dell'apertura. Clientela che quasi non si vede mai nel corso di questa prima stagione. Ma poi chi metterebbe piede in un posto in cui i proprietari si sbraitano e si insultano a vicenda? 

The Bear 1 infatti non è di base nemmeno una comedy perché non così divertente, a meno che voi non troviate spassoso della gente esagitata che si urla costantemente addosso senza motivo, o si esaspera dal nulla, che un gabinetto esploda o che un barattolone gigante di sugo venga "casualmente" messo su uno scaffale altissimo senza motivo, e inevitabilmente cada.
Anche in questo caso le stranezze si susseguono. In primis non è credibile l'imposizione di Carmy nei confronti della sua "brigata", per cercare di fargli seguire uno stile di conduzione e organizzaizone che non appartiene al mondo delle paninoteche, non è molto credibile, specie perché vediamo, inizia ad imporlo direttamente in cucina, non in un ordinata discussione iniziale. È ovvio che così nessuno accetterebbe subito ma soprattutto non capirebbe cosa fare.
Ma è forzato anche il fatto che alcuni personaggi secondari sembrino semplicemente scollegati dalla realtà: è facile così che si creino malumori se uno dice una cosa e un altro non risponde perché vive in un universo parallelo (vedi sempre l'episodio 7).

Quel che voglio dire sinteticamente è che secondo me si vede l'impegno degli autori nel creare volutamente delle situazioni disfunzionali, anche a costo di farle sembrare artificiose.
A proposito di Carmy, lui è sicuramente il personaggio più costruito, con più sfumature, quello che appunto più di altri presta il fianco a toccare i veri temi di The Bear, come lo stress quotidiano emotivo e fisico, e sul luogo di lavoro, dove si può essere anche vittima di mobbing o bullismo, ma anche di salute mentale a tutto tondo, incluse le dipendenze. Inoltre sta elaborando un lutto importante, che stenta a comprendere e si ritrova, giovanissimo, a ricominciare. Jeremy Allen White fa un ottimo lavoro, ma nei momenti più drammatici sembra che alcune sue riflessioni siano state prese dalle frasi su Tumblr di inizio anni 2000.
Completamente insostenibile è invece Richie Jerimovich, interpretato da Ebon Moss-Bachrach, che sarebbe il manager del locale, ma non si vede in lui alcun talento, anzi non fa quasi mai nulla, e insiste nel chiamare "cugino" Carmy, nella speranza forse di risultare più italiano, ma no, non sono cugini. 

Bruttina anche la parabola di Ayo Edebiri nei panni di Sydney Adamu, una giovane secondo chef che dovrebbe essere una sorta di controparte del protagonista, più pragmatica e composta, ma che invece, di punto in bianco, diventa uguale a tutti gli altri personaggi, tirando fuori una parlantina frustata e frustante, che secondo le logiche della serie dovrebbe essere il sintomo di ritrovarsi sottopressione.

È quindi il caso di dire che nonostante la carne che cercano di mettere a fuoco e la qualità delle materie prime (colta la battuta?), mi aspettavo molto meglio. Da un lato The Bear non riesce a creare un collegamento emotivo con lo spettatore perché sfido chiunque ad empatizzare con questi folli, dall'altro non fa così riderissimo da poterla prendere come una comedy leggera e scanzonata. Spesso il tutto si riversa in situazioni al limite del credibile, che smontano un po' parte delle problematiche costruite fino a quel momento (vedi appunto il finale), e penso che per certi versi la serie Lo scontro/Beef riesca a raccontare lo stress quotidiano portato agli eccessi, e che chiaramente non vuole essere verosimile. 
Almeno le musiche, le scelte di regia e fotografia sono spesso interessanti e di qualità, ma farò passare del tempo prima di proseguire con la seconda stagione di The Bear.



Terapia di Coppia... Aperta
Prima stagione 

Serie tv argentina uscita nel 2021, e arrivata in doppiaggio italiano da noi su Star di Disney+ solo l'anno seguente, ma notata dal sottoscritto solo agli inizi di quest'anno, Terapia Alternativa - tradotta erroneamente in Terapia di Coppia... Aperta - mi aveva incuriosito perché se mi parli di psicologia in modo più leggero ma appunto curioso, mi attiri.

Selva Pérez Salerno, la protagonista, è una psicanalista eccentrica ma di successo, al punto da avere una rubrica in un programma televisivo, ma nel corso degli episodi scopriamo che non solo la sua vita non è così perfetta, sia sul lavoro che dal punto di vista personale, ma che ci sono più aspetti su cui non è stata del tutto onesta. Il punto di svolta è però quando arrivano nel suo studio Elías e Malena, una coppia particolare: i due infatti sono amanti e vorrebbero separarsi per non ferire i rispettivi partner.

Se cercate in rete troverete un film italiano del 2017 che non ricordavo, che si intitola Terapia di coppia per amanti, che avrebbe avuto più senso di Terapia di Coppia... Aperta, perché la serie su Disney+ ruota molto intorno appunto alla coppia di amanti, che non sono vivono una relazione aperta o poligama, con tutte le accezioni positive del caso, ma sono due partner fedifraghi. O ancora, ha più senso il titolo originale perché anche Selva utilizza dei metodi non proprio tradizionali per mettere Elias e Malena alla prova. Il problema di questa serie tv però non sta solo nel titolo, ma anche nel fatto che tutto risulta particolarmente superficiale, anche in questo caso non decidendo se muoversi su binari più leggeri ed ironici o su una linea più drammatica ed intensa.
Mi potrebbe stare bene la parabola di Selva, che, sebbene prevedibile, di volta in volta aggiunge tasselli alla sua storia, ma gli altri due protagonisti sono raccontati in modo estremamente generico, vuoto, ripetitivo.


Non si entra nelle loro dinamiche di coppia, in cosa li tenga insieme e in cosa li abbia in fondo fatti allontanare dai rispettivi partner. Vediamo molta attrazione fisica fra due attori comunque piacenti, ma nulla più, ed andrebbe anche bene se non fosse che 10 episodi sono pure troppi per mostrarci due bei corpi che continuano ad attirarsi e basta. Non nego infatti che, nonostante la durata di mezz'ora circa, a volte Terapia di Coppia Aperta tenda ad annoiare, a sembrare lenta e con poco da dire, senza guizzi narrativi, o battute così profonde. Ad esempio Selva alla fine di ogni puntata fa una riflessione sulla psiche e sui rapporti umani che funge da chiosa, e che oltre ad essere un espediente già visto, è spesso banale e sembra scollegata agli avvenimenti appena visti.
Anche in questo caso insomma l'incipit iniziale c'era, ma lo sviluppo per me poteva essere migliore.
Nulla da aggiungere invece per l'impostazione generale, per quanto riguarda tutta la parte tecnica, ed anche la recitazione è nella media.
Ho letto che già dal 28 Febbraio dovrebbe uscire la seconda stagione della serie, anche se non è chiaro se arriverà subito su Disney+. Io molto probabilmente eviterò. 



Cristóbal Balenciaga
Miniserie


In questo terzetto di serie tv, la miniserie su Cristóbal Balenciaga, arrivata il 19 gennaio di quest'anno, è senza dubbio la migliore secondo me, ma poteva anche dare molto di più se non fosse scaduta nel biografismo più banale. 
Si ispira ad una delle ultime, anzi l'unica intervista che Balenciaga (interpretato da Alberto San Juan) rilasciò alla scrittrice inglese di moda Prudence Glynn (la sempre ottima Gemma Whelan) negli anni '70, che cercò di entrare nel mondo creativo del couturier, ma anche nella sua sfera personale, partendo dagli anni che Cristobal passò a Parigi, durante l'occupazione nazista, passando anche attraverso il rapporto con gli altri stilisti dell'epoca come Chanel e Givenchy, per arrivare agli anni '60 e soprattutto al suo rapporto con ciò che sarebbe stato il futuro della sua casa di moda, e l'arrivo del prêt-à-porter.


Da questa miniserie ne esce fuori un personaggio molto schivo, che non amava i riflettori ma basava il suo lavoro su una costante, maniacale e artigianale cura dei dettagli. Gli abiti di Balenciaga non erano solo moda per una certa élite, ma il frutto della sua attenzione ad ogni singolo aspetto della costruzione dell'abito, per valorizzare il corpo della donna e farla sentire sicura di sé, nascondendo o camuffando invece i difetti. Un uomo che oggi potremmo definire molto lontano dal concetto di marketing, specie il più contemporaneo, e che era caratterizzato da luci e ombre, da un atteggiamento non sempre semplice o simpatico, e molto chiuso, specie per quanto riguarda l'ambito più privato. Io credo che Cristóbal Balenciaga faccia un ottimo lavoro nel raccontare lo stilista nella sua umanità, anche con i suoi spigoli, e che l'impostazione elegante, la colonna sonora curata, la regia, la messa in scena raffinata e la luce che emana e valorizza le scene, siano gli aspetti che ho preferito.
Le interpretazioni sono poi misurate, mai eccessive o caricaturali. 

Per il resto come dicevo è una miniserie abbastanza didascalica e a volte anche qui noiosetta, che si evita di andare troppo a fondo nella parte del privato dello stilista forse per evitare delle romanzature eccessive. Un esempio è la celata omosessualità di Balenciaga: il rapporto col primo partner di vita e lavoro Wladzio d'Attainville (Thomas Coumans) risulta spesso freddo e distaccato, mentre il secondo compagno arriva quasi di punto in bianco. 
Ho poi sofferto alcune scelte di doppiaggio perché mi sta bene la cura nel voler proporre delle sfumature se la narrazione prevede delle lingue differenti, ma spesso alcuni attori si interfacciavano fra loro parlando prima francese, inglese o spagnolo e poi, non si sa perché, italiano, come se non ci fosse una logica o una coerenza nella traduzione.
Se ad esempio American Crime Story - L'assassinio di Gianni Versace sembrava poco centrata, e Halston troppo patinata e superficiale, Cristóbal Balenciaga non osa mai, risultando ingessata e paragonabile quasi ad una docufiction.



6 commenti:

E tu cosa ne pensi?

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  1. Nella seconda stagione The Bear migliora ulteriormente approfondendo tutti i personaggi secondari e il passato della famiglia di Carmy, Richie passa da insopportabile a quello con l’evoluzione emotiva e caratteriale migliore, è da qui che viene la stragrande maggioranza dei premi perché molti di quelli per la prima stagione sono stati consegnati dopo la seconda causa sciopero di categoria.

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    1. Non sei la prima che mi dice che la seconda stagione migliori, o che sia piaciuta più della prima, solo che la prima traumatizza al punto che la voglia di proseguire langue 😅
      La questione premi credo sia diversa però: sia gli Emmy che i Golden Globe sono andati alla prima stagione. Infatti gli Emmy andavano a premiare la programmazione dal 1 giugno 2022 al 31 maggio 2023, mentre i Golden Globe del 2023 sono stati assegnati a Gennaio, e la seconda stagione è uscita a Giugno.

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  2. Penso che vedrò solo The Bear, da cui in effetti mi aspetto molto.

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  3. Mi unisco al coro nel dirti che con la seconda stagione The Bear migliora, avevo avuto anch'io un po' di dubbi perché vista sull'onda delle critica americana entusiasta. Bella he, però anche meno. La seconda invece ha più consistenza e linearità, che episodi! La rivedrò a breve con il giovine che se l'è persa.

    Mi ispirerebbe l'accoppiata Balenciaga/The New Look, ma mi ci vuole il periodo giusto perché mi sa che hanno dei ritmi poco scoppiettanti.

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    1. Sicuramente vedrò la seconda stagione di The Bear, complice le vostre sollecitazioni. Spero bene!

      Sto seguendo anche The New Look, ti posso dire che sono serie abbastanza diverse a contrario di quanto pensassi.

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