Portano sullo schermo delle storie per certi versi distanti da noi (se mai qualcosa che accade su questa terra possa esserlo davvero), ma che conoscevo poco e che credo meritino di essere noti al grande pubblico. Infatti Netflix ha saputo raccontare in modo chiaro due vicende molto diverse fra di loro, ma in maniera completa e interessante attraverso due documentari pubblicati in streaming lo scorso anno, ma che ho recuperato di recente.
Eldorado: Il nightclub odiato dai nazisti
Negli anni '20 dello scorso secolo la Germania affrontava una forte contraddizione: mentre nelle campagne si preserva una mentalità ancora retrograda e patriarcale, Berlino è brulicante, aperta e innovativa. Lo racconta secondo me abbastanza bene la serie Babylon Berlin, che mostra soprattutto la spregiudicatezza di una Repubblica di Weimar, dove si trovava fra gli altri un locale molto all'avanguardia, l'Eldorado appunto. Qui gay, lesbiche, trans e queer si ritrovavano finalmente potendo essere loro stessi liberamente, senza preoccupazioni, senza doversi più nascondere e lasciarsi andare a suon di jazz. Eppure anche l'Eldorado era un luogo di contraddizioni. Fra i suoi abituali frequentatori vi era il sessuologo e psicologo Magnus Hirschfeld, fondatore dell'Istituto per la ricerca sessuale, che divenne uno dei luoghi di studio, supporto, assistenza medica e di confronto per omosessuali e trans, ma c'era anche Ernst Röhm, colonnello delle SA, più o meno dichiaratamente omossessuale.
Purtroppo sia l'Eldorado che l'Istituto di Hirschfeld subiranno le violenze e le persecuzioni con l'ascesa del terzo Reich e del nazismo, ma non saranno solo i luoghi ad essere colpiti, ma tutte le vite che ruotavano intorno ad essi, e questo documentario Netflix le riporta alla luce partendo da alcuni esempi specifici, come ad esempio Gottfried von Cramm, uno sportivo ritenuto dai nazisti come l'emblema della razza ariana, ma che aveva una relazione con un ragazzo di origini ebree.
È affascinante ed estremamente doloroso sentire questi racconti, vederne i volti e, sebbene con una impostazione abbastanza classica, Eldorado: Il nightclub odiato dai nazisti, unisce foto e immagini dell'epoca, documenti arrivati fino a noi, interventi da parte di esperti, attivisti queer e interviste anche a chi è sopravvissuto a quel periodo, a scene di finzione che però non stonano con il resto.
Una realizzazione abbastanza semplice ma curata, e si tratta di uni unico episodio, un docufilm che è molto chiaro nelle spiegazioni, è estremamente scorrevole ma che sa essere anche emotivamente toccante perché racconta soprattutto un dramma nel dramma: quando sembrava che, dopo tanto tempo e fatica, la comunità queer potesse finalmente godere della minima libertà concessa e conquistata, se la vide brutalmente strappata.
Eldorado: Il nightclub odiato dai nazisti inoltre segue tutto il percorso e gli strascichi che dagli anni '30 sono proseguiti per parecchi anni, anche una volta superata la guerra e il nazismo, ed è per questo che questo documentario Netflix merita di essere visto.
L'Affaire Bettencourt: Uno scandalo miliardario
Vi dice nulla il nome Liliane Bettencourt? Forse a molti non suggerirà nulla, ma se vi dicessi che è stata una della donne più ricche del mondo e soprattutto che era a capo di una azienda gigantesca come L'Oréal? Anzi, non solo ne era a capo fino alla sua morte, ma ne era la diretta erede, visto che il padre creò il brand diventato poi una multinazionale. Una vita indubbiamente in prima linea nel panorama del business, che si lega inevitabilmente ad altri ambiti come la società, la cultura e la politica. Tutto va insomma a gonfie vele nella vita di Liliane, una donna affascinante, ma vissuta sempre all'ombra degli uomini che la accompagnavano, prima il padre e poi il marito, aspetto che la farà sentire sola e depressa. Questo almeno fino a quando non incontrerà lo stravagante fotografo ed artista François-Marie Banier, il quale entrerà nelle grazie di Madame L'Oréal e fra i due nascerà un rapporto che andrà oltre il mecenatismo. Liliane infatti inizierà a fare ingenti regali al fotografo, ricoprendolo letteralmente d'oro, almeno fino a quando la figlia Françoise Bettencourt non lo scoprirà chiedendo che venga riconosciuta in tribunale l'incapacità della madre e la circonvenzione da parte di Banier.
L'Affaire Bettencourt finirà su tutti i giornali francesi a suon di botte e risposta fra la figlia e la madre, che non le manderà a dire, ma soprattutto assumerà connotati ancora più seri quando nella faccenda verrà messa di mezzo la campagna elettorale del presidente Sarkozy.
Inoltre il titolo in inglese The Billionaire, the Butler, and the Boyfriend forse rende anche meglio le circostanze perché, come in un giallo vecchio stile, sarà proprio il maggiordomo a far cadere le maschere e portare allo scoperto quanto stava accadendo dietro le porte chiuse di villa Bettencourt.
Questo documentario creato da Netflix racconta buona parte dei punti salienti dello scandalo in tre episodi da un'ora che scorrono molto bene e che si guardano in modo spiccio senza problemi. Lo fa con un ottimo utilizzo delle fonti che avevano a disposizione, sfruttando sia le interviste sui giornali che le dichiarazioni reali degli stessi protagonisti, siano esse state rilasciate all'epoca (parliamo comunque di una vicenda che si muove in circa 30 anni, ed arriva fino al primo decennio degli anni 2000) o intervistati per l'occasione.
Inoltre la docuserie, distribuita lo scorso 8 novembre, inserisce alcuni momenti sceneggiati ma lo fa con una tecnica interessante: quasi fosse uno schizzo dei fatti avvenuti, non ci mostrano i volti degli attori che interpretano i diversi ruoli, ma le scene ricostruite sono tutte inquadrate dall'alto così da non sovrapporre troppe facce, ed è una scelta che secondo me si potrebbe adottare molto più spesso.
Nonostante la chiarezza e la completezza L'Affaire Bettencourt però mi ha dato l'impressione di essere un pelo dispersiva e caotica qui e lì, come se desse per scontate alcune nozioni o le lasciasse scivolare troppo in fretta. Ne esce completa l'immagine della matriarca Liliane, con tutte le sue luci ed ombre, con i suoi momenti di forza, ma anche quelli di debolezza come gli ultimi anni di vita. Ma mi è mancato un maggiore focus sul rapporto fra madre e figlia perché è a quello che secondo me si riduce tutta la vicenda: quello di Françoise è stato un gesto di affetto e protezione nei confronti della madre o c'erano altri interessi sotto?
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