Mi sono fatto stuzzicare da due documentario disponibili su Netflix, legati in un certo senso non solo dal fatto di essere sulla stessa piattaforma, ma anche dalle tematiche scottanti. Non tutto è perfetto, come sempre, ma vediamoli più da vicino.
Money Shot – La storia di PornHub
Documentario
Da anni ormai Pornhub non è solo associato al mondo dell'intrattenimento per adulti ma, attraverso una massiccia campagna di marketing, il sito è riuscito ad emergere dai meandri della pornografia online, diventando un simbolo pop ed un fenomeno di massa più ampio. Il colosso ha cercato negli anni di uscire dalla bolla con delle campagne in grado di unire la sessualità ad altre tematiche, e spingere sui diritti delle sex worker e su una maggiore inclusività.
Ma nel 2020 scoppia un bubbone che porta a galla molte cose. Infatti non è solo la pornografia in se e per sé ad aver reso nel tempo controverso Pornhub, ma anche alcune delle dinamiche che riguardano i retroscena fatti di algoritmi e denaro.
È stato un articolo del New York Times ad aver svelato al mondo che il sito in realtà aveva un lato oscuro, dovuto ai video caricati sulla piattaforma da utenti non verificati (e quindi non identificati) che condividevano immagini di abusi anche su minori.
È soprattutto il National Center on Sexual Exploitation (NCOSE) a cavalcare quest'onda ma le sue intenzioni sono diventate più una lotta contro la pornografia in generale.
Quelle che Money Shot racconta sono una serie di circostanze che si muovono su più livelli, legali e sociali, e su cui hanno influito anche le leggi restrittive e censurative, sostenute da organizzazioni religiose bigotte e di destra. Ma non fa sconti nemmeno a Pornhub e Mindgeek, l'azienda che gestisce il sito, visto che per lungo tempo non ha azionato abbastanza strumenti che riuscissero davvero a controllare quello che gli utenti caricavano sul sito. In tutto ciò a risentirne sono stati indubbiamente i sex worker che sono diventati, senza se e senza ma, i colpevoli di tutto.
Questo documentario Netflix è interessante proprio per l'ampio respiro che ha, dando un quadro della situazione abbastanza comprensibile anche a chi non è addentrato o non ha letto notizie a riguardo. Magari, chi invece si è informato nel tempo, potrebbe trovare Money Shot un po' troppo superficiale.
Io invece sto nel mezzo: mi sarebbe piaciuto infatti avere qualche informazione in più, in alcuni punti mi è sembrato un po' ripetitivo o concentrato su dettagli meno importanti.
Lo stile di Money Shot – La storia di PornHub, creato da Suzanne Hillinger, e disponibile su Netflix dal 15 marzo, è molto lineare, non spicca per qualche scelta particolare, ma come vi dicevo è comprensibile e abbastanza fluido, con una durata il linea col genere.
Penso che metta in tavola tutte le carte della questione senza però dare un giudizio definitivo, ed in generale l'approccio è super partes. Magari non vi lascerà di stucco, né vi emozionerà particolarmente come è successo con me, ma Money Shot fa emergere ancora una volta quel volto di una America divisa da una sfilza di contraddizioni.
Anna Nicole Smith: la vera storia
Documentario
Marilyn, Pamela, Britney, e adesso anche Anna Nicole, o per meglio dire Vickie Lynn, è l'altra donna bellissima diventata icona di un'epoca che Netflix ha deciso di mettere sotto la lente di ingrandimento, per farci conoscere le ombre e le luci di un vissuto sopra le righe, fino a quello che sarà il suo prematuro epilogo.
Nata appunto Vickie Lynn Hogan, Anna Nicole raggiunse negli anni '90 e gli inizi del 2000 una fama grandissima ma non fu una vetta semplicissima da scalare e questo documentario cerca di raccontarci questa parabola terminata con una fine tragica. Da bambina nata in Texas, Anna Nicole rivela subito la sua voglia di emergere e di diventare famosa, ma soprattutto dare un tetto a quel figlio avuto a soli 16 anni. Così inizierà ad esibirsi nei locali come spogliarellista, ma solo quando diventerà una playmate Anne Nicole Smith riuscirà a trovare il suo trampolino di lancio.
Da quel momento i suoi sogni diventeranno realtà: prima sarà uno dei volti di una famosissima campagna Guess, e poi volto del cinema e dello spettacolo. Ma sarà soprattutto il gossip, i giornali scandalistici e i paparazzi a vedere in Anna Nicole Smith una pepita d'oro da far brillare all'occorrenza.
I drammi personali e familiari, suoi amori contrastati e soprattutto quel matrimonio particolare, con l'allora ultra ottantenne James Howard Marshall II, misero l'ex playmate al centro delle polemiche, ma diventerà per lei anche un incubo legale.
Anna Nicole Smith: la vera storia, disponibile dal 16 Maggio di quest'anno, segue un po' il percorso che avevo già notato negli altri documentari Netflix in cui la voce della diretta interessata non può o comunque non viene ascoltata, ma che ci dà una panoramica generale, lineare e cronologica su quello che è la storia della sua protagonista.
Nonostante anche in questo caso la creatività non è indubbiamente la prima qualità, visto che le fondamenta del documentario sono le solite testimonianze di chi ha conosciuto Anna Nicole, o alcuni filmati dell'epoca, credo che anche in questo caso siano riusciti a dare un quadro completo e sopra le parti. Indubbiamente si sarebbe potuto spingere di più sul sottolineare quanto la mentalità patriarcale dell'epoca (e di oggi) abusasse e spremesse in modo meschino queste celebrità, e di quanto i media non si ponessero problemi nel ledere l'immagine di una donna, ma il risultato è comunque onesto.
La stessa Anna Nicole Smith viene dipinta con le sue fragilità, ma anche nella sua capacità purtroppo di auto sabotarsi. Vittima sì degli altri, ma anche di se stessa, divorata dalla fame di successo, divismo, popolarità e denaro.
Perché lei, come dice lo stesso documentario, era adorata da tanti, ma amata da pochi, e forse anche la stessa Vickie non aveva mai saputo amare davvero Anna Nicole.
Pur quindi non lasciando un segno particolare, a causa di uno stile molto tradizionale, Anna Nicole Smith: la vera storia riesca a raccontare in maniera onesta, senza annoiare, e con le giuste tempistiche un vissuto che vale la pena ricordare, per rinfrescare la memoria a chi come me all'epoca c'era (anche se giovane), e lasciare testimonianza alle nuove generazioni che forse, per fortuna, non hanno visto da vicino le storture del decennio.
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