Sto finendo diversi titoli recenti dal catalogo Netflix, una piattaforma sempre prolifica, ma che ultimamente sembra puntare su serie tv molto vicine ai miei gusti, almeno sulla carta. Queste tre di cui vi sto per parlare hanno secondo me un unico comune denominatore: vanno viste senza particolari aspettative.
Black Doves
Prima Stagione
Arrivata su Netflix il 5 Dicembre ed è stata già rinnovata per una seconda stagione, ma soprattutto Black Doves ha fatto guadagnare a Keira Knightley, che interpreta la protagonista, una nomination ai Golden Globe. Non si può dire quindi che non si sia fatta notare, probabilmente anche perché facilmente contrapponibile ad un'altra serie tv che un po' ha dei richiami simili ed uscita di recente, ovvero The Day of the Jackal.
In questo caso la protagonista è Helen Webb (Knightley appunto) moglie e madre, che sembra avere una famiglia del mulino bianco a fianco di un noto politico inglese. In realtà Helen ha una doppia, anzi forse tripla, vita, visto che in realtà il suo reale lavoro è quello di spia che fa parte di un gruppo che si definiscono colombe nere, e che sottrae informazioni e segreti di stato al marito. Se ciò non bastasse Helen ha pure un amante, e quando quest'ultimo viene trovato morto, scatterà un grosso campanello d'allarme per la spia che penserà di aver perso la sua copertura, ed inizierà la nostra avventura.
Vi ho nominato The Day Of The Jackal come serie tv affine, ma Black Doves mi ha dato l'impressione di essere un misto fra Killing Eve e The Diplomat, con una spolverata di The Americans. Un risultato generale che si lascia seguire, che unisce, come ormai sempre più accade, tanti generi e linguaggi differenti. Alla spy story si lega infatti il dramma personale, soprattutto dell'incasinato Sam (Ben Whishaw, attore dalla carriera variegata direi), una sorta di collega e angelo custode di Helen, e la commedia, oltre ad una dose di azione e violenza a tratti splatter.
Il tentativo è forse quello di rendere un minimo profonda una serie di intrattenimento, che sicuramente non vuole creare dinamiche pesanti e troppo filosofiche, e creare dei personaggi che non sono esattamente dei super eroi, ma possono essere fallaci sia nella vita che nel lavoro.
Io credo che, al netto di avere una attrice famosa come Keira Knightley stampata sul poster, che può far pensare ad una serie particolarmente curata, Black Doves vada presa appunto come una compagnia piuttosto vuota e fine a se stessa. Anzi direi anche imperfetta, almeno in questa prima stagione.
Mi è mancata infatti la forza, il mordente ma soprattutto un reale movente per seguire questa serie tv Netflix. È infatti come se non ci fosse il tentativo di creare un mondo completo e strutturato, ma sembra che semplicemente assistiamo ad una serie di eventi, più o meno credibili e non sempre ordinati, senza darci un contesto specifico.
Banalmente ad esempio, noi non sappiamo molto di queste "colombe nere", come nasce la loro organizzazione e che compito hanno. Tocca insomma subire le vicende senza farsi troppe domande, perché appena ci si pone qualche dubbio, Black Doves crolla nell'incapacità di dare risposte. Probabilmente è colpa anche della brevità, essendo composta da soli 6 episodi, ma visto il buon cast e la piacevole produzione e messa in scena generale, spero che la seconda stagione riesca a colmare le lacune e dimostrarsi più solida e completa.
No Good Deed
Miniserie
Il 12 Dicembre è invece arrivata su Netflix la miniserie in otto episodi ideata da Liz Feldman, già madre di Dead to Me. No Good Deed unisce altri due volti famosi del piccolo schermo americano, come Lisa Kudrow e Ray Romano, ma anche Linda Cardellini e Luke Wilson, in un'altra serie tv che tocca stili e generi diversi.
Si parte da un assunto normalissimo, come la vendita della bella casa di una coppia di Los Angeles, i Morgan, che fa subito gola ad almeno tre coppie. Proprio la corsa per accaparrarsi la dimora, ci mostrerà luci ed ombre delle vite di tutte le persone coinvolte in questa compravendita, fino proprio al dramma che ha spinto i Morgan a voler allontanarsi da quella villa.
Un po' mistery, un po' dramma, un po' commedia degli equivoci, No Good Deed tenta un po' tutte le strade, e in parte riesce, in parte no. Bisogna dirlo chiaramente: se ci fossero stati altri attori coinvolti probabilmente nessuno se la sarebbe filata, ma visti i nomi è già più invitante come prodotto da piazzare in streaming. Anzi sono quasi certo che Netflix l'abbia proprio pensata come qualcosa da seguire facilmente, che potesse intrattenere ma che come arriva se ne va.
No Good Deed è infatti una serie tv che dura poco, le cui puntate non superano mai la mezz'ora, quindi è facilmente digeribile, e che fa leva soprattutto su dei continui colpi di scena, su alcune battute, su momenti di tensione e sul mistero più ampio da risolvere.
Il suo punto debole è però far coesistere sia le sue due anime, una diciamo più seria e una più leggera, sia tutti i personaggi che coinvolge.
Questa sorta di coralità, dove ognuna delle quattro coppie ha i suoi casini più o meno grandi da risolvere, è decisamente sbilanciata, e spesso mi è capitato di chiedermi cosa mi interessasse di cosa accadesse all'uno o all'altra. Anche il tempo sullo schermo infatti non è il medesimo, quindi le vicende di alcune di queste coppie possono risultare abbozzate o, in alcuni casi già viste.
Anche la comicità di No Good Deed non è sempre all'altezza, e secondo me finisce per azzoppare anche il suo animo più intenso, perché risulta a volte meno credibile.
Forse la mia può sembrare una critica eccessiva, avendo messo in chiaro quelli che sono gli intenti della serie, ma diciamo che pur prendendo qualcosa in prestito da Dead to Me, incluse alcune tematiche, No Good Deed non ha assolutamente la stessa efficacia e solidità, ma va presa con aspettative basse per passare il tempo in compagnia di bravi attori.
In rete circolano diverse voci sulla possibilità che questa serie tv Netflix diventi antologica, con una seconda stagione, variando attori e vicende, ma non so se ci sono le basi per uno sviluppo simile Vedremo.
Missing You
Miniserie
Credo sia il terzo adattamento dei romanzi di Harlan Coben che vedo, e dopo Safe del 2018 e Un Inganno di Troppo, ho voluto dare una opportunità a Missing You, miniserie di soli cinque episodi che è arrivata in streaming il primo gennaio di quest'anno.
In questo caso la protagonista è Kat Donovan (Rosalind Eleazar) una poliziotta dalla vita personale un po' traumatica. Spinta dalle sue amiche decide di darsi una nuova chance dal punto di vista sentimentale e si iscrive su un'app di incontri, dove fa match con un suo ex Josh Buchanan (Ashley Walters), allontanatosi da lei senza darle una spiegazione ben 11 anni prima, quando Kat stava ancora cercando di superare la prematura morte del padre.
La poliziotta cercherà di capire come affrontare la situazione, ma è anche impegnata sul fronte lavorativo, visto che anche una donna, madre di un ragazzo, è scomparsa nel nulla.
Missing You segue un po' lo schema già noto delle serie tratte dai libri di Coben, in cui si cerca una persona scomparsa e dove, come in Fool me once, la protagonista è una donna forte e combattiva che vuole conoscere la verità per sé e per gli altri, mentre si trova in difficoltà sotto più punti di vista.
Questa non è una classifica, ma ho messo le serie in ordine d'uscita e quindi in base a quando le ho viste, ma fra queste tre credo che Missing You meriti comunque un terzo posto.
È una miniserie che potrei definire fast food: non sai bene che ingredienti ci siano all'interno, magari te la gusti pure, ma alla fine da un punto di vista nutritivo ti lascia ben poco. Missing You infatti si segue fino alla fine, ha un buon ritmo e quella giusta tensione che ti fa proseguire nei pochi, brevi episodi di cui è composta.
In questo caso non c'è nemmeno il tentativo di mischiare i generi perché siamo in un thriller drammatico che non esce affatto dai binari. Il problema è che appunto non lascia nulla, se non l'intrattenimento disimpegnato di qualche ora.
La vera criticità da cui mettervi in guardia però se non l'avete ancora vista, sta nella mancanza di realismo di alcune scene, e soprattutto in un finale trascinato che risulta anche poco credibile o quantomeno basato su dinamiche, spiegazioni e giustificazioni che muovono i personaggi che sono poco convincenti per me.
Credo che un po' tutti i personaggi inoltre, ad eccezione della protagonista, siano abbastanza unidimensionali o, peggio, stereotipati.
Onestamente non credo leggerò mai un romanzo di Harlan Coben perché stando a questi adattamenti credo potrebbero essere molto faticosi da affrontare, ma in questa modalità si può fruire comunque di una storia che si lascia seguire.
Il cast comunque funziona, e troviamo anche Richard Armitage, che era già in Un Inganno di Troppo, e Steve Pemberton, volto noto per gli inglesi, meno forse per noi.
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