Terzo ed ultimo appuntamento di Gennaio per quanto riguarda le serie tv. Non sono forse stato particolarmente celere ne terminare tutto quello che stavo vedendo e soprattutto nel recuperare tutti i titoli a cui puntavo, ma posso ritenermi soddisfatto.
Doctor Odyssey
Prima stagione
Creata fra gli altri da Ryan Murphy e disponibile dal 28 Novembre scorso su Disney Plus, Doctor Odyssey mi ha convinto. È vero, c'è voluto Joshua Jackson affinché mi aprissi ad un medical drama, ma questa serie tv è anche altro.
Siamo appunto sulla nave da crociera di lusso Odyssey, gestita dall'esperto comandante Robert Massey (Don Johnson), il quale vuole che i suoi passeggeri vivano le vacanze più memorabili della loro vita. Ovviamente tutto il team sulla nave deve essere all'altezza, incluso il gruppo di medici che assisteranno tutti gli ospiti. Oltre ai già rodati infermieri Avery Morgan (Phillipa Soo) e Tristan Silva (Sean Teale) si aggiungerà al team il nuovo, affascinante medico Max Bankman (Jackson appunto) che da un lato creerà anche nuove dinamiche, ma dall'altro si rivelerà anche capace e preparato.
Ogni settimana infatti la Odyssey ospita un evento o dei clienti molto particolari e le emergenze non mancano mai.
Non è un genere di cui, forse, mi avete mai sentito parlare, perché i medical drama sono poco adatti a un ipocondriaco come me. Tuttavia, come dicevo, non solo Joshua Jackson rende tutto più invitante, ma Doctor Odyssey non è troppo chiusa in un unico genere.
Da un lato, gli episodi seguono una narrazione verticale, e ogni settimana sulla nave ci sono eventi legati ad una occasione o ad una festività, con imprevisti più o meno gravi. Queste circostanze permettono di affrontare temi molto vari, sia personali che universali, come l'accettazione di sé, i dilemmi etici in campo medico, le ambizioni, il rispetto dell'ambiente, i diritti queer, gli eccessi della chirurgia plastica, i rapporti con i genitori, le relazioni interpersonali, il lutto e le difficoltà che la vita ci pone davanti, come la malattia.
Dall'altro lato, la narrazione orizzontale si concentra sui rapporti fra i protagonisti, in particolare sul triangolo tra Avery, Max e Tristan.
È una serie ad alto fattore di intrattenimento, che fa sorridere, per poi scendere in qualche momento introspettivo, senza diventare melodrammatico, ma il punto di forza di Doctor Odyssey è sicuramente il cast e la chimica che si crea fra questi, sia sul lavoro, sia nell'ambito personale.
Joshua Jackson è credibile nel suo ruolo, è elegante e piacione al punto giusto, e nel corso delle puntate spunteranno dei camei di volti noti.
C'è però da sospendere secondo me un po' l'incredulità, sia perché le situazioni e le emergenze che capitano sulla nave sono a volte sopra le righe, ed è frequente sentire parlare di "situazioni rare" dai nostri medici. La sensazione che ho alcune volte è che non sembra una crociera di lusso, ma più un ospedale da campo.
In questo senso, nonostante ci vengano presentati come infermieri, Tristan e Avery sono spesso risolutivi nelle crisi mediche quasi fossero dei veri e propri dottori esperti e rodati, e per quanto non sia del settore, mi sembra poco realistico.
Inoltre, proprio quei rapporti a cui facevo riferimento su, fra il terzetto, possono sembrare superficiali, specie all'inizio, visto che in pratica non si conoscono affatto.
La brevità degli episodi, ed il ritmo scorrevole, fa comunque perdonare queste facilonerie in Doctor Odyssey, che resta appunto godibile. Sembra che abbiano deciso di dividere questa prima stagione in due parti, lasciandoci intanto con un bel colpo di scena. Gli altri episodi arriveranno a Marzo negli Stati Uniti, e immagino verso Maggio anche da noi.
A Man on The Inside
Prima stagione
È arrivata su Netflix il 21 Novembre invece A Man on the Inside, che si basa su un docufilm del 2020 dal titolo The Mole Agent.
Charles (Ted Danson) è un professore di ingegneria ormai vedovo e in pensione, e un po' annoiato dalla sua vita. Per caso un giorno scova un annuncio in cui si cerca un uomo anziano che possa fare da investigatore privato, e così si ritroverà a fare l'infiltrato all'interno di una casa di riposo in cui si stanno susseguendo strani furti di gioielli. Non senza difficoltà Charles deve mantenere la sua copertura, ma anche avvicinarsi ai degenti della residenza per capire cosa stia accadendo.
È una perfetta combinazione di commedia degli equivoci e spy story quella che troviamo in A Man on the Inside, che si muove sui binari solidi di alcune serie tv già note. Infatti, seppur in modo molto più semplicistico, mi ha dato un po' le vibe dell'ironia e dell'eleganza di Only Murders in the Building, complice anche forse il nome del protagonista, e il doppiatore italiano, Mario Cordova, in comune alle due serie. Dall'altro lato c'è anche un po' de Il Metodo Kominsky, soprattutto per le tematiche.
La vita e l'esperienza di Charles infatti consentono di parlare di elaborazione del lutto, ma più in generale di tutte le problematiche legate alla terza età, siano esse dovute alla salute, o semplicemente alla vita in generale. Lui e appunto gli altri pazienti della casa di cura, ci danno l'occasione per riflettere sulla forse malattia più difficile da affrontare ad una certa età, ovvero la solitudine.
Così la ricerca dei gioielli è solo un pretesto per farci guardare altro, toccare temi sensibili, dare quel sapore dolce-amaro ad A Man on The Inside.
Non diventa mai stucchevole però, ricordando la sua natura comedy e soprattutto la brevità degli episodi e il ritmo comunque incalzante non ci fa annoiare, anche quando, nella parte centrale delle otto puntate, sembra che le cose si muovano un po' in tondo.
Il cast poi, capeggiato indubbiamente da Ted Danson, è efficace e simpatico.
A Man on the Inside è però una compagnia molto semplice, forse anche troppo per alcuni, che sa essere a volte emotivamente più toccante, ma che segue una narrazione estremamente lineare, con colpi di scena non così esaltanti e rivoluzionari, facendo forse soffrire un po' la ricerca del colpevole.
Non mi è però spiaciuto sapere che ci sarà una seconda stagione, ed anzi sono curioso di sapere come la serie evolverà.
Ilary
Miniserie
Mi sembrava sensato, dove aver visto Unica, il docufilm sulla separazione fra Ilary Blasi e Francesco Totti, mi sembrava completamente sensato sciropparmi anche la nuova miniserie che si incentra solo sulla vita della presentatrice. In cinque brevi episodi disponili su Netflix dal 9 Gennaio di quest'anno, Ilary unisce da un lato una intervista alla conduttrice, in cui ci racconta un po' la sua vita, il suo nuovo compagno Bastian, il rapporto con le amiche e in generale la sua carriera, dall'altro però vediamo la Blasi mettersi alla prova in nuove avventure. Che sia un lancio col paracadute o l'iscriversi ad un corso universitario, tutto diventa un'occasione per Ilary per raccontarsi senza troppi filtri.
Nn c'è molto su cui possa approfondire di questa miniserie perché Ilary mi ha dato l'impressione di essere una sorta di mini The Ferragnez, ma meglio. Si ride infatti, si sorride, si viaggia e i momenti più "intimi" diventano un'occasione di riflessione ma mai diventare piagnona o smielata. E forse per questo che tutto sommato il personaggio di Ilary Blasi mi piace: pur con i suoi modi che ad alcuni sembrano bruschi o superficiali, a tratti caciaroni, sembra sempre raccontarsi senza filtri, in modo schietto, senza troppi giri di parole.
L'impressione che ho poi avuto è che appunto queste avventure a cui si sottopone Ilary non vengano mostrate a tutti i costi come spontanee. Non si cerca di nascondere che ci sia una scrittura dietro la miniserie, non è però la protagonista che si adatta ad un copione, ma semplicemente sono state adattate alcune situazioni ad Ilary.
Non ci vedo in generale l'intento di fare un contenuto di spessore o in qualche modo "elevato" ma ci viene presentata per quello che è.
Quindi, se pure voi come me non siete dei fan particolari della protagonista in questione, tutta la serie diventa molto carina, scherzosa, di intrattenimento. Volendone ricavare qualche riflessione, potrei dire che alla fine è bella l'amicizia che ci viene raccontata fra appunto Ilary e le altre ragazze, incluse le sorelle, anche questa molto schietta, ma forte. O ancora può essere anche un buon messaggio per chiunque sta affrontando una separazione, perché la fine di una relazione, anche lunga, non deve essere la fine di tutto.
Sono inorridito all'accostamento di Man on the inside a Il metodo Kominsky, non fosse altro per le tematiche (si parla di anziani? Davvero pochino..)
RispondiEliminaDi Doctor Odyssey è bastata una puntata (c'era la curiosità del crocierista).
Ilary fuori da ogni palinsesto ;)
I protagonisti in entrambi i casi affrontano le problematiche della terza età anche con un certo piglio. Poi i generi sono diversi, non le ho messe a paragone per quello.
EliminaInvece come mai non hai proseguito con il Dutur?