Definirlo acclamato ed atteso sarebbe forse riduttivo per il nuovo film di Pablo Larraín, Maria, con Angelina Jolie e dedicato appunto alla Callas, al cinema da poche settimane.
Genere: biografico, drammatico Durata: 124 minuti Regia: Pablo Larraín Uscita in Italia: 1º gennaio 2025 (Cinema) Paese di produzione: Germania, Cile, Italia |
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Il regista non si distacca troppo dai due film precedenti, in questo suo nuovo pezzo della trilogia di biografie su donne illustri del secolo scorso, seguendo l'impostazione che avevamo già visto in Jackie e Spencer. Anche Maria infatti non è una biografia tradizionale e cronologica, ma si basa su un esatto momento della vita della Callas, ovvero la settimana prima di morire nel 1977, ormai isolata dal mondo nel suo appartamento di Parigi, con la sola compagnia dei cani, del maggiordomo Ferruccio e della tata Bruna.
Larrain ancora una volta non scava troppo ad esempio nella carriera o nel successo di Maria Callas, ma già anche solo dal titolo cerca di escludere il personaggio per parlarci della persona. O meglio, fa scontrare questi due lati della soprano: da un lato la forza di una voce che ha superato ogni epoca restando iconica, dall'altro la fragilità di una vita non priva di traumi e sofferenza, soprattutto per il grande amore con Aristotele Onassis.
Tutti volevano un pezzo della Callas, così come tutti hanno cercato di sfruttare Maria fin da giovane, inclusa la madre.
Eppure la cantate ci viene mostrata come mai desiderosa di ricevere ancora adulazioni, di essere riconosciuta per la sua grandezza, ma anche di ritrovare la sua voce, nonostante sappia che questo ha un costo.
Una figura insomma complessa è la Maria di Pablo Larraín, piena di contrasti fino alla fine, ma che ci viene mostrata come essenzialmente ingabbiata da se stessa. Se Spencer soffocava all'interno di mura claustrofobiche, stretta da questo girocollo di perle che masticherà, quasi fosse in un incubo, Maria Callas si muove libera fra le strade di Parigi senza problemi, confusa solo dai suoi ricordi e dalle sue visioni.
Anche la luce in queste scene è calda e avvolgente, le inquadrature sono ampie, quasi leggere.
È quindi una lotta interna più che esterna: le circostanze hanno spinto la soprano a consumarsi, ma il film sembra suggerire che sarà lei stessa a decidere di farla finita con un'ultima performance in una perfetta congiunzione della vita che imita l'arte. Come Violetta de La traviata.
Per quanto sicuramente Larraín e la sceneggiatura di Steven Knight carichino di dramma una vicenda che già di suo lo è molto, enfatizzando su situazioni di cui non si ha certezza, il ritratto che esce fuori di Maria Callas, queste due anime che convivono in lei, entrambe molto forti, mi è sembrato verosimile, intenso e coinvolgente.
Un continuo costruirsi e disfarsi, cercando la propria identità attraverso la memoria, ma non potendo sfuggire appunto ai ricordi più distruttivi.
A rendere tutto più forte ed anche più interessante, è l'interpretazione di Angelina Jolie che, seppur distante esteticamente dalla soprano (a fine film ho provato ad ipotizzare chi avrebbe potuto somigliarle di più, ed ho puntato su Lady Gaga), riesce proprio nel trasmetterci tutte le sue anime.
Jolie sa mostrarsi forte, ma con una fisicità fragile e provata, bellissima, elegante e alla ricerca di una costante perfezione forse svanita. Il tentativo, immagino, di non creare una parodia di Maria Callas, o comunque di non scimmiottarla, riesce in pieno, e l'impegno nel cantare parte dei brani lirici si vede.
Come dicevo Maria di Pablo Larrain non si distacca troppo dai film biografici precedenti, dove per me ad esempio l'emotività, o meglio la commozione non mi è arrivata in modo costante. In questo caso è sicuramente sospinta anche dalle arie delle opere liriche più celebri, imperiose e potenti, che già da sole, almeno per me, non emotivamente coinvolgenti.
Ancora una volta poi il fulcro ruota tutto intorno alla figura femminile centrale, mentre i personaggi secondari, come ad esempio i due domestici, qui interpretati da Pierfrancesco Favino e Alba Rohrwacher, sono abbozzati e inseriti solo dove serve.
Ci sono però anche delle differenze.
Nonostante infatti questo viaggio interiore fra tutti i fantasmi di Maria Callas, spesso appunto con visioni e frammenti del passato, questo film mi è sembrato più fruibile e meno straniante ad esempio di Spencer, si colgono più facilmente i passaggi fra interno ed esterno. È poi, nonostante la durata, anche parecchio scorrevole e, al netto del dramma che si consuma scena dopo scena, è bello da vedere.
Dire se sia il migliore fra i tre non è semplice, ma penso che sia quello che forse può avvicinare più gente, perché è anche, in fondo meno originale. Pur non avendo la schematicità di un documentario, e con tutta l'eleganza della regia di Pablo Larraín non ho notato dei particolari aspetti innovativi rispetto ad altri film biografici già visti.
La stessa trovata dell'intervista a Maria ad esempio, di cui non vi svelo le metodologie, è una tecnica molto banale per consentire alla protagonista di esprimersi e raccontare di sé.Eppure, al di là di queste scelte opinabili, Maria Callas emerge comunque come la rappresentazione più reale che abbiamo avuto del celebre "vissi d'arte, vissi d'amore", per la sua incapacità di slegare il suo estro alla sua sofferenza, e questo film, seppur non ci dica, in estremissima sintesi, qualcosa di così nuovo o così diverso, ce lo fa ricordare nel migliore dei modi.
Non so se è il migliore dei tre ma mi ha commossa forse più degli altri. E pensare che, delle tre donne ritratte, la Callas è quella che conoscevo meno.
RispondiEliminaHai detto comunque cose che potrebbero renderlo migliore degli altri 😄 Averti coinvolta pur conoscendo poco la vicenda non è poco! Io credo che in questo film ci sia più sentimento e meno analisi che negli altri.
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