The Last Showgirl e Lee Miller, le mie opinioni su due film al femminile

Continuo a tentare di sfoltire la lunga, inevitabilmente interminabile lista dei film da recuperare, e questa volta mi sono dedicato a due titoli che sicuramente riconoscerete. Impossibile non portarsi dietro un po' di aspettative anche se a distanza dalla loro prima uscita al cinema, quindi vediamo come se la sono cavata (secondo me ovviamente).


The Last Showgirl (2024)


Genere: drammatico
Durata: 85 minuti
Regia: Gia Coppola
Uscita in Italia: 3 Aprile 2025 (Cinema)
Paese di produzione: Stati Uniti d'America

Shelly Gardner (Pamela Anderson) è una ballerina veterana del Le Razzle Dazzle, uno spettacolo a Las Vegas tutto piume e lustrini, che si ispira ai grandi balletti francesi.
Da vera showgirl, Shelly ha passato tutta la sua vita sullo stesso palco, convinta che fosse uno spettacolo rispettabile e dal valore artistico, ma qualcosa improvvisamente cambia. Dopo oltre 30 anni sulle scene, Eddie (Dave Bautista) uno dei produttori, le annuncia l'imminente chiusura dello show per scarso afflusso di spettatori. Così Shelly si ritroverà a reinventare la sua vita, fra audizioni in cui si trova costretta a nascondere la sua età, ed un rapporto complicato con sua figlia Hannah (Billie Lourd), che sembra ormai insanabile.

Sono stati anni fortunati per Pamela Anderson che, dopo il documentario Pamela, A Love Story, ha rinfrescato la sua carriera forse ad un punto di stallo. Un po' come Shelly, anche l'ex bagnina più famosa al mondo non più una ragazza strizzata in un costume rosso, ma una donna matura che sembrava arrivata ad un bivio, e con The Last Showgirl ha preso la strada giusta.
Un ruolo che le calza profondamente, proprio forse per la specularità del vissuto fra Shelly e Pamela, e che le dà l'opportunità di esplorare altro oltre la sua bellezza o i ruoli leggeri e comici in cui era incastrata. 

The Last Showgirl è infatti una storia totalmente al femminile di caduta e di rinascita, con una protagonista che ha una parabola interessante: si ritiene in qualche modo, nel suo piccolo, arrivata. Shelly ha infatti esaudito il suo sogno di essere centrale nel mondo dello spettacolo, anche letteralmente abbandonando sua figlia. Poi però questo sogno si infrange molto improvvisamente, riportandola con i piedi per terra con un bagaglio di frustrazione importante da gestire.

È così che The Last Showgirl apre la strada all'ageismo, nel mondo dello spettacolo e non, allo scarto generazionale, specie rispetto le colleghe più giovani di Shelley, interpretate da Brenda Song (Running Point) e Kiernan Shipka (Sweethearts). Dall'altro lato c'è pero l'Annette di Jamie Lee Curtis, che è invece la controparte di Shelley, una donna che ha subito lo stesso trattamento ed ha dovuto adattarsi a quello che la vita le ha dato. 

The Last Showgirl non è però un film triste, solo che serpeggia una amara malinconia per praticamente tutto il tempo. Nonostante però le ottime interpretazioni non posso dire che su di me abbia avuto un impatto emotivo sconvolgente, complici essenzialmente due fattori. Il primo è la regia di Gia Coppola che funziona a tratti: a volte bene, altre è troppo tremolante o inutilmente ravvicinata sugli attori, facendo perdere un po' il senso ad alcune inquadrature. Il secondo riguarda la sceneggiatura in sé, troppo scarna, priva di approfondimenti, non particolarmente innovativa che di conseguenza è secondo me altalenante da un punto di vista emotivo. 
Pur avendolo visto volentieri The Last Showgirl non è uno di quei film che mi ha lasciato qualcosa al punto da magari aver voglia di riprenderlo in futuro. Spero però che Pamela Anderson esplori ancora questo tipo di ruoli.



Lee Miller (2024)

Titolo originale: Lee
Genere: storico, biografico, drammatico

Durata: 116 minuti
Regia: Ellen Kuras
Uscita in Italia: 13 Marzo 2025 (cinema)
Paese di produzione: Regno Unito, USA, Australia, Singapore, Ungheria

È stato praticamente impossibile vedere al cinema Lee Miller, per una sbrigativa programmazione in sala, ma era forse uno dei film che più mi incuriosivano quest'anno, quindi dovevo vederlo per forza.

In verità non avevo grandi conoscenze sulla sua protagonista: Lee Miller è stata infatti una modella statunitense che però, una volta trasferitasi a Parigi, diventerà una nota fotografa di moda nel primo trentennio del '900. Da Parigi però si sposterà a Londra con il pittore e poeta Roland Penrose, che nel mentre era diventato suo marito, e qui inizierà a lavorare professionalmente come fotografa per Vogue. Ma con l'arrivo della seconda guerra mondiale, tutto cambia e Lee Miller si renderà conto che è necessario far conoscere quello che sta accadendo nel mondo, sentendosi però frustrata nel non poter contribuire al pari dei suoi colleghi uomini e dello stesso Penrose. Con determinazione però riuscirà a farsi strada, diventando una vera e propria fotoreporter dal fronte e persino testimoniando gli orrori dei campi di sterminio.

Ho descritto Lee Miller quasi come se fosse una pagina di Wikipedia, e in parte c'è una ragione.
Ad avermi attirato subito verso questo film, oltre all'ovvio interesse per approfondire un personaggio e delle vicende reali che non conoscevo, c'è sicuramente il faccione di Kate Winslet sulla locandina, ed ero certo che lei avrebbe saputo dare la giusta tempra e interpretazione a Lee Miller.

Il film infatti non vuole solo raccontare una biografia della sua protagonista, ma anche concentrarsi sul suo temperamento, su quella spinta e quel carattere che l'hanno fatta uscire da uno schema consolidato per riuscire in un lavoro straordinario. Era infatti difficile per una donna essere presa sul serio come fotografa, ed era praticamente impossibile potersi infiltrare in trincea e diventare una corrispondente di guerra.
Kate Winslet, che è anche produttrice, in questo senso è perfetta a mio avviso: ci mostra una donna coraggiosa, volitiva, creativa, ma anche con qualche rimpianto. Noi ad esempio la vediamo, ad inizio film, ormai anziana e più di qualche dialogo col suo intervistatore ci suggerisce che forse avrebbe voluto dedicare più tempo agli affetti e meno al lavoro.


Accanto a Kate Winslet troviamo un cast che la supporta alla perfezione: da Alexander Skarsgård nei panni di Penrose, a Andy Samberg che interpreta David Scherman, un collega giornalista di Lee Miller. Qui e lì nel corso del film appaiono tanti altri volti noti, come Josh O'Connor e Marion Cotillard, tutti con un ruolo ben specifico anche se non hanno poi un particolare approfondimento. Qui casca un po' il film di Ellen Kuras: Lee è infatti un biopic abbastanza tradizionale che sfrutta il pretesto di questa sorta di intervista iniziale, per poi proseguire in senso cronologico la vita della fotografa. C'è un colpo di scena, che non vi racconto, che per quanto sia efficace, non riesce a camuffare il fatto che si tratta di un film comunque tradizionale, che non riesce a sorprendere da un punto di vista tecnico.

Proprio per questo forse anche la durata risulta un po' fuori dal range di una biografia classica.
A colpire in Lee Miller è quindi più che altro il contenuto che possiamo dedurre e percepire, per i volti e per la storia a cui è legata la fotografa, più che il modo in cui questo ci viene raccontato. Probabilmente se lo avessi visto al cinema, sarei uscito dalla sala con qualche perplessità in più; in home vision invece trova la sua dimensione "da tv" che secondo me è più azzeccata. 


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