Il ritorno delle serie tv in costume, cosa salvo e cosa no!

È stata una estate farcita dai ritorni di alcuni period drama che stavo seguendo, e per fortuna direi visto che è forse uno dei generi che più preferisco. Ci sono stati molti bei momenti e alcune piccole cose che non mi sono andate proprio giù.


The Buccaneers 
Seconda stagione 

Dal 18 giugno al 6 agosto di quest'anno sono arrivati su Apple Tv+  nuovi episodi della seconda stagione di The Buccaneers, serie tv forse passata un po' in sordina di cui ho parlato l'anno scorso, e che però non aveva trovato una sua vera identità. Si parlava già infatti di paragoni a Bridgerton per alcune licenze creative prese sulla storia che è ambientata a fine '800, ma questo non è bastato forse a darle una spinta.

The Buccaneers in realtà ha una storia forse un po' più interessante della sua controparte su Netflix, ma che non è stata sfruttata a pieno, almeno nella prima stagione.
Nel secondo capitolo le circostanze non sono troppo diverse da come le avevamo lasciate: Nan (Kristine Froseth) infatti è ormai ufficialmente la duchessa di Tintagel dopo aver sposato Theo (Guy Remmers). Un matrimonio che però deve convivere con le ombre dei sentimenti che Nan prova ancora per Guy (Matthew Broome)


Guy però a sua volta si è sacrificato per aiutare proprio la sorella di Nan, Jinny (Imogen Waterhouse) scappata in Italia per fuggire al marito, Lord James Seadown (Barney Fishwick).
Lontani dagli occhi, lontani dal cuore? Non proprio, ma non saranno i soli a dover lottare con i propri sentimenti, come Patti (Christina Hendricks), la madre di Nan, che vuole separarsi legalmente dal marito Tracy (Adam James), nonostante le difficoltà che una donna poteva avere in quel periodo.

Insomma, in questa seconda stagione di The Buccaneers sembra abbiano puntato ad una maggiore coralità delle vicende, tanto che un po' tutti i personaggi hanno qualcosa da raccontare. Le tematiche portanti restano sempre quelle femminili, specie nell'ottica dell'autodeterminazione e dell'indipendenza, di questa voce da far sentire pubblicamente e privatamente, quasi come si potrebbe fare oggi con i social.
Ovviamente la centralità delle linee narrative resta Nan ed è qui il grosso problema della serie.


Nel corso degli 8 episodi infatti quella che doveva essere la nostra eroina dolce e passionale, diventa quasi la carnefice di se stessa e degli altri, in un arco evolutivo che definire deludente è poco. Nan infatti non fa altro che porsi da sola in situazioni non necessarie per poi dare la colpa agli altri o al fato, e così finisce in una spirale che la renderà ricattatoria e manipolatrice. Appena si accorge di non essere al centro dell'interesse di qualcuno, ecco che inizia a frignare e creare tensioni, come con Theo, verso cui non ha alcun interesse sentimentale reale. Tutte scelte, quelle di Nan, che non sembrano essere spiegate come attimi di debolezza o confusione, ma come sua espressa volontà.

Non so se gli sceneggiatori di The Buccaneers si siano resi conto di aver creato quasi una villain anche un po' antipatica che sembra peggiorare anziché crescere, ma non sappiamo ancora se riuscirà a redimersi visto che la terza stagione, ufficialmente, non è stata annunciata ancora.

Comunque la serie soffre anche di altri problemi: mentre costumi, scenografie e paesaggi restano appaganti alla vista, seppur poco fedeli al periodo storico, il ritmo della narrazione non è sempre fluido e coerente, e non tutti i personaggi riescono ad avere un arco narrativo soddisfacente.

Ad esempio il nuovo interesse amoroso di Theo (che non rivelo per non fare spoiler ma si capisce subito) sembra nascere all'improvviso, come se fosse sempre stato stranamente lì. Anche i passaggi fra Italia e Inghilterra non hanno una sequenzialità cronologia credibile, sembra quasi viaggino in aereo e non su mezzi molto più lenti.
The Buccaneers diventa così una sorta di soap opera romantica, con qualche momento riuscito e attimi di intensità, che però ha le velleità di essere un grande dramma storico sul girl empowerment. Fallendo proprio su quest'ultimo punto, la si finisce per seguire più per passatempo che per reale empatia per personaggi e storia. 
Se arriverà una conferma per una terza stagione tornerò ad aggiornare, ma visto l'ultimo episodio sembra che The Buccaneers abbia ancora un proseguo.



The Gilded Age
Terza Stagione

È stata invece indubbiamente una grande annata per The Gilded Age, che con la terza stagione, su Sky/NOW dal 23 giugno all'11 agosto di quest'anno, ha toccato secondo me le vette più alte della serie. 
Julian Fellowes ha saputo creare una stagione ricca, corale e dinamica, esattamente come l'epoca che vuole raccontare.

The Gilded Age ha sempre voluto rappresentare un'epoca in cui il vecchio e il nuovo hanno subito uno scontro importante nella società americana, fra coloro che possono vantare un lignaggio antico e i nuovi, ricchi imprenditori che stanno espandendo le loro finanze e giri d'affari, ma non tutto va comunque per il meglio.

In questa terza stagione infatti ritroviamo Agnes Van Rhijn (Christine Baranski) che sta lentamente perdendo il suo potere in una società "appesa ad un filo" come dirà lei stessa, e persino in casa sua, dopo che suo figlio Oscar (Blake Ritson) è stato truffato. Così la remissiva Ada (Cynthia Nixon), che con la vedovanza ha acquisito un bel patrimonio, si ritrova a comando.


Dall'altra parte però ci sono i nuovi ricchi - a sorpresa uno in particolare che vedrà ribaltato il suo destino - capeggiati dai Russell che però sono divisi su più fronti.

Bertha Russell (Carrie Coon che raccoglie ancora successi dopo The White Lotus) infatti continua la sua scalata sociale e adesso deve trovare il partito perfetto per sua figlia Gladys (Taissa Farmiga) a discapito dei suoi reali sentimenti. E quale scelta migliore se non un duca inglese che deve rimpinguare le sue finanze (in linea con quanto accade in The Buccaneers) per accaparrarsi anche un titolo nobiliare?

Bertha però non sa le difficoltà degli affari del marito, George Russell (Morgan Spector), che sarà costretto ad arrivare nel selvaggio West per cercare di restare a galla.
Problemi di cuore invece per Marian Brook (Louisa Jacobson) e Peggy Scott (Denée Benton), impegnate con due nuovi spasimanti. 

Tutti questi sono solo alcuni spunti sulle tante svolte narrative di The Gilded Age 3. È stata infatti una stagione piena di orgoglio, sentimenti contrastanti, malinconia, tensioni, nuove alleanze ma anche pettegolezzo, amore e relazioni che rivelano una dolcezza inaspettata, e questa volta Julian Fellowes ha spinto sull'acceleratore creando sviluppi per tutti i personaggi.

Credo che forse questa terza stagione sia anzi stata la più movimentata e quella in cui tutti hanno avuto il loro alti e bassi proprio come ci si aspetta in un periodo storico così brulicante. Non sono mancati i prepotenti riferimenti alle tematiche sensibili dell'epoca, come il divorzio, che per una donna può diventare una condanna a vita, o il movimento del suffragio universale per ottenere proprio più diritti.
Una stagione quindi piena di luci e ombre esattamente come un'epoca che si muove altrettanto rapidamente e in modo complesso, ma senza dimenticare lo sfarzo, la cura dei costumi degli scenari che hanno reso The Gilded Age uno dei period drama più apprezzati. E sempre con un cast ottimo e all'altezza dei ruoli.


Sono davvero pochi gli elementi su cui mi sento di muovere una critica, il più grande è forse la gestione delle tempistiche per quanto riguarda il matrimonio di Gladys. Essendo infatti un grande evento, mi aspettavo che la serie si prendesse qualche attimo in più, sfruttando le dinamiche che potevano nascere con l'organizzazione delle nozze. Invece tutto si svolge abbastanza velocemente nel giro di un episodio probabilmente per arrivare allo scontro fra Gladys e la sua nuova cognata. 

Ci sono sempre margini di miglioramento e questo è solo un piccolo problema comunque rispetto ad una stagione solida che ha secondo me ancora di più consolidato il valore di The Gilded Age. Il rinnovo per una quarta stagione, arrivato prima della puntata finale, non è altro che una conferma e io non vedo l'ora di proseguire.



       




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