And Just Like That chiude con la terza stagione: riflessioni sul sequel di Sex & the City

A sorpresa, a pochi dall'arrivo dell'ultimo episodio della terza stagione, disponibile su Sky/NOW il 15 Agosto, è stato confermato che And Just Like That non avrebbe avuto un proseguo, chiudendo definitivamente il sequel di Sex and The City.

Sarah Jessica Parker, Cynthia Nixon e Kristin Davis hanno così detto addio alle iconiche Carrie, Miranda e Charlotte, ma purtroppo non l'hanno fatto nel migliore dei modi.


Avendo già dedicato negli scorsi anni delle lunghe riflessioni sia sulla prima che sulla seconda stagione (le trovate qui qui) di And Just Like That, non mi sento di infierire ancora molto, perché mi sembra di scavare sotto in grattacielo senza fondamenta. La cancellazione del sequel infatti dispiace, ma purtroppo non sorprende. Dopo il forzato e stucchevole politicamente corretto della prima stagione, la seconda aveva provato a recuperare con episodi più leggeri e divertenti. Questo terzo capitolo, però, non ha portato i risultati sperati, soprattutto per la mancanza di veri approfondimenti sui personaggi e sulle loro storie.

Abbiamo ritrovato Carrie che cerca di far proseguire, non senza fatica, la sua storia con Aidan (John Corbett) sebbene lui viva lontano e sia preso dai suoi figli; mentre Charlotte, ormai moglie e madre quasi perfetta, dovrà imparare che non tutto può andare secondo le sue aspettative, soprattutto per quanto riguarda le sue figlie; Miranda invece continua a farsi strada nella sua riscoperta di esser queer in età adulta, senza però dimenticare la carriera e di essere una madre.

Sembrava che tutto sommato le cose stessero finalmente prendendo la giusta via, ma qualcosa ha scricchiolato fin da subito anche in questa terza stagione di And Just Like That.
In primis la caratterizzazione dei personaggi, che è stato sempre uno dei problemi della serie e che si è notato secondo me molto nel rapporto fra Carrie e Aidan che sembrava strano e trascinato. L'effetto nostalgia romantica è infatti svanito presto, e sembrava che le cose fra i due andassero avanti in modo forzato.
Carrie in particolare a volte mi è sembrata una sciura un po' snob, con abiti discutibili e dal carattere altalenante, non certamente una donna matura e d'esperienza.


Allo stesso modo Charlotte non mi è sembrato sia stata sviluppata davvero, finendo come un personaggio di contorno con qualche momento buffo. E purtroppo anche i suoi momenti più drammatici non avevano lo stesso pathos. Al contrario Miranda ha avuto un percorso quasi eccessivamente veloce, e che, seppur sembrava sulla giusta strada, ha dovuto pagare il prezzo di due stagioni in cui è stata massacrata dagli sceneggiatori, e in cui hanno cancellato la sua identità di essere la più solida del gruppo.

Lisa Todd Wexley (Nicole Ari Parker) e Seema Patel (Sarita Choudhury) hanno invece avuto uno spazio maggiore in questa terza stagione, ma in storyline alquanto inflazionate per due donne mature, e spesso appunto poco approfondite.

Lisa infatti si è trovata a fronteggiare una crisi matrimoniale non del tutto convincente, mentre Seema, fra problemi lavorativi risolti nel giro di un episodio, e una relazione con un uomo più giovane, non ha offerto molto di originale.


Quest'ultima in particolare non è riuscita a portare quell'umorismo, quell'arguzia, quel senso di libertà e leggerezza che in qualche modo le spettava per aver preso, suo malgrado, il testimone dalla Samantha di Kim Cattrall. No, l'imbarazzo per un deodorante che non funziona bene purtroppo non fa ridere.

Arriviamo però al doppio episodio finale che secondo me è stato il peggior modo per chiudere una serie tv. C'è stata in particolare una scena disgustosa, che non voglio rivelare sia per non fare spoiler ma soprattutto per rispetto di chi legge, che onestamente mi ha imbarazzato e che non credo dovesse essere parte dell'addio di And Just Like That.

Ma a parte questa parentesi, non mi è sembrato che questo finale avesse quell'impatto emotivo che ci si aspetta da un progetto che aveva delle pretese importanti. E chi scrive non pretendeva che questo sequel fosse un clone che potesse doppiare il successo du Sex and The City, perché so che l'accezione di cult dipende da tanti fattori, a volte anche esterni alla serie stessa. 


Per quanto abbia provato ad empatizzare con le loro storie, mi è sembrato che, nel corso di queste tre stagioni, gli sceneggiatori si siano impegnati a non farci provare simpatia e affetto per nessuno dei personaggi, sia le vecchie leve che le nuove aggiunte. È vero che qualche miglioria c'è stata: ho seguito And Just Like That 3 abbastanza volentieri, aver tolto qualche personaggio non necessario di mezzo ha reso il ritmo più fluido, e aver dato alle nostre ragazze più occasioni per confrontarsi ci ha portato alla mente i bei vecchi tempi. Ma non è bastato.

A mio avviso And Just Like That poteva funzionare se Michael Patrick King avesse fatto una bella maratona delle sei stagioni di Sex & The City, prendendo appunti su quello che davvero funzionava e che poteva essere sviluppato e reso più "adulto".
Purtroppo questo lavoro non c'è stato e quindi tocca ammettere che le grandi aspettative per questo nuovo, roboante sequel sono andate in fumo, anzi, è meglio dire, giù per lo scarico del water.






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