Dopo tutto questo ciarlare di serie tv, ho finalmente visto alcuni film fra marzo e aprile di cui vi vorrei dire le mie impressioni. Storie vere o verosimili, fra fatti di cronaca e parentesi domestiche.
La verità secondo Maureen K. (2022)
Titolo originale: La Syndicaliste Genere: thriller, drammatico Durata: 122 minuti Regia: Jean-Paul Salomé Uscita in Italia: 21 settembre 2023 (Cinema) / Noleggio online Paese di produzione: Francia, Germania |
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Una donna viene aggredita da un uomo mascherato, che la lega e la violenta, ma oltre ad un dei tantissimi casi che tristemente riempiono i giornali, c'è altro. Questa donna è infatti Maureen Kearney (interpretata da Isabelle Huppert), una sindacalista dal carattere volitivo, che sta difendendo i diritti di 50 mila lavoratori della multinazionale francese Areva che produce energia nucleare. Quando scoprirà infatti che la sua azienda non solo ha sostituito il presidente del consiglio di amministrazione, ma sta facendo accordi sotterranei con la Cina a discapito dei suoi opera, Maureen tenterà di smascherare la cosa. Da quel inizierà a subire delle ritorsioni ed intimidazioni, fino appunto alla violenza nella sua stessa casa. Ma c'è qualcosa che non quadra nelle sue dichiarazioni, al punto che la polizia che indaga sull'accaduto sembra non crederle, anzi inizieranno a sospettare sia stata lei stessa ad inscenare tutto.
La verità secondo Maureen K. è tratto da una storia vera anche relativamente recente e che nella sua versione cinematografica vuole unire il racconto biografico a quello di denuncia, per sfociare in una sorta di thriller che racconta uno dei lati oscuri del volto della finanza e degli affari. Peccato però che non riesca in nessuno di questi generi.
Il centro di tutto è il personaggio di Isabelle Huppert, che come sempre si dimostra una attrice capace e versatile, ma sembra quasi che racconti le vicende di Maureen K. come se fosse una esterna, quasi con fare documentaristico, senza mai "sporcarsi". Questo alone luminoso e filtrato con cui la avvolgono non contribuisce poi a dare un senso di realismo alla storia, e anche la regia, la fotografia spesso troppo accesa, sembra quasi scollegata al fatto che si sta parlando di una storia vera dai risvolti abbia non propriamente allegri.
La Syndicaliste non ha secondo me quel nervo, quel quid, che può renderlo distinguibile, anzi io non ho colto questa tensione, quella ambiguità che la protagonista dovrebbe trasmettere nel dubbio che appunto possa aver inscenato la sua aggressione, anche solo in modo involontario a seguito di un crollo psicologico. È però un film che ti porta alla fine e che ha appunto il merito di avermi raccontato una vicenda che non conoscevo, e che appunto pone l'attenzione alle difficoltà e alle disparità che le donne devono subire in campo lavorativo, e di quanto poi sia difficile ottenere giustizia quando si subiscono molestie o soprusi. Inoltre si guarda senza troppa fatica, al netto di qualche tempo morto e senza magari particolari approfondimenti collaterali.
Nostro Figlio (2023)
Titolo originale: Our Son Genere: drammatico Durata: 104 minuti Regia: Bill Oliver Uscita in Italia: 27 marzo 2024 (noleggio) Paese di produzione: Stati Uniti D'America |
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Luke Evans e Billy Porter uniscono le loro forze in un film drammatico su una coppia gay che dopo 13 anni di matrimonio decide di divorziare, ma non è così semplice visto che i due protagonisti, Nicky e Gabriel, hanno avuto un bambino, Owen. Quella che può sembrare una semplice separazione, diventerà una lotta legale per ottenere l'affidamento del figlio, e questo porterà a scoprire tutte le crepe del rapporto fra i due uomini e far uscire l'egoismo e la sopraffazione da parte di entrambi. Ma dovranno confrontarsi e trovare un punto di incontro per il bene di Owen.
Questo tipo di storie credo siano importanti da diffondere perché, se per anni abbiamo visto le coppie eterosessuali da qualunque prospettiva, adesso possiamo conoscere altre realtà che sono già esistenti ovvero quelle delle famiglie omogenitoriali e di come queste vivano comunque delle problematiche simili alle relazioni fra uomo e donna. Dal punto di vista quindi puramente etico, valoriale e del messaggio che Our Son vuole trasmettere, appoggio completamente questo film, e già dal nome potete capire che alla fine si rivolge tutto proprio alla contesa del bambino, delle sue necessità e di come è meglio agire per garantirgli una solidità familiare, diventando così non una pellicola tema LGBTQ+, ma qualcosa che va oltre.
Mettendo però da parte le buone intenzioni di partenza, se dovessi giudicare il film solamente, allora non posso dare un voto particolarmente alto. Nostro figlio è infatti un film senza guizzi particolari, che scorre sicuramente bene, ma che lascia ben poco, anche perché ruota molto su una coppia improbabile, che in parte segue una strana regola eteronormativa e che soprattutto non offre molto.
Nicky (Evans) infatti è un editore di libri che sembra trascurare il figlio per dedicarsi al lavoro, mentre Gabriel (Porter) ha addirittura lasciato il suo lavoro per potersi dedicare esclusivamente alla cura del bambino e della casa. Una dinamica che può risultare familiare a molti, ma che, in fase di sviluppo, non sembra del tutto convincente. Il personaggio di Porter in particolare non sembra mosso da un vero e proprio intento genitoriale, ma più che altro dalla ricerca del riconoscimento altrui come miglior padre dell'anno. Quando, nei titoli di coda, ho avuto la conferma che Billy Porter fosse fra i produttori esecutivi, ho capito come mai il suo personaggio cercasse a tutti i costi di sembrare un martire, quando a me ha trasmesso egoismo, immaturità e modi subdoli. Anche la sua interpretazioni mi è sembrata molto al di sotto della media.
Ne esce meglio secondo me Luke Evans che, seppur non avendo un personaggio particolarmente strutturato, riesce a raccontare le sfumature di Nicky, a renderlo fallace ma umano e disposto a crescere, e soprattutto, sebbene venga quasi presentato come il villain della favola, è quello che cerca di far funzionare le cose. Inoltre la sua recitazione è sempre abbastanza credibile.
Banale invece la caratterizzazione degli amici della coppia, già vista in decine di altre pellicole e produzioni, a me ha ricordato ad esempio la serie tv Uncoupled.
Mi aspettavo qualcosa di più da Nostro Figlio, che non riesce fino in fondo a distinguersi da altri film.
Scoop (2024)
Genere: biografico, drammatico Durata: 103 minuti Regia: Philip Martin Uscita in Italia: 5 Aprile 2024 (Netflix) Paese di produzione: Regno Unito |
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Ho atteso molto Scoop, soprattutto incuriosito dalle performance del cast, visto che anche in questo caso si torna a parlare di una storia vera, ed in particolare dello scandalo che si scatenò quando l'imprenditore Jeffrey Epstein venne arrestato a seguito di una denuncia per molestie sessuali da parte di una ragazza all'epoca dei fatti ancora minorenne. Al nome dell'imprenditore però sono subito stati associati altri personaggi di spicco, uomini e donne della politica, celebrità e persino il Principe Andrea di Inghilterra (Rufus Sewell). Scoop, che è tratto da un romanzo di Sam McAlister, vuole raccontare di come nacque e venne condotta proprio l'intervista che il principe rilasciò al programma della BBC Newsnight alla giornalista Emily Maitlis, e di come questa segnò il mondo della comunicazione, e il contraccolpo che subì la famiglia reale e la reputazione del principe.
Non ho dubbi a definire Scoop come uno dei film più godibili e di intrattenimento che ho visto in questo in questo ultimo periodo e in questo terzetto, perché hanno saputo raccontare un fatto di cronaca bilanciando la prospettiva interna, quindi della organizzazione della intervista, con quella esterna, appunto della intervista che conosciamo già.
È vero che le dinamiche da ufficio in cui la produttrice Sam McAlister (Billie Piper) viene criticata dai suoi colleghi, possono risultare un po' stereotipate, o comunque la parte meno coinvolgente e già vista di questo film Netflix. Ed è anche vero che mi è mancato ad esempio qualche dettaglio in più fra il coinvolgimento del principe Andrea con gli affari di Epstein, ma diciamo che sono problematiche marginali, probabilmente anche in parte volute per poter dare al film il giusto slancio e la tensione che dovrebbe avere (al contrario di La verità secondo Maureen K. senza andare troppo lontano).
Sono infatti i ritratti umani che emergono in questo film diretto da Philip Martin, e probabilmente hanno scelto degli interpreti particolarmente azzeccati. In realtà sono soprattutto i ruoli femminili ad essere in primo piano: la Sam McAlister di Billie Piper è una donna forte, istintiva che ha la capacità di riconoscere quale sia la notizia da scegliere e cavalcare, che possa raccogliere l'interesse dell'opinione pubblica, e che cerca un fragile equilibrio fra vita personale e carriera. La giornalista Emily Maitlis viene raccontata da Gillian Anderson come una donna appassionata al suo lavoro, ma allo stesso tempo fragile, che teme di fare un passo falso, cauta ma disposta a mettersi in gioco per la verità. Interessante anche una figura più collaterale, ovvero la segretaria del principe Amanda Thirsk (interpretata da Keeley Hawes) che nei confronti del reale ha un atteggiamento quasi materno.
Non aspettatevi però grandi approfondimenti da Scoop: tutto ruota intorno all'intervista e di conseguenza anche i personaggi sono funzionali alla narrazione. Come vi dicevo ad esempio il Principe Andrea è ben interpretato da Rufus Sewell, che letteralmente si spoglia del suo fascino per diventare un piacione troppo convinto della sua immunità, ma non ha particolare raggio di azione o dinamismo, né ci sono approfondimenti particolari su ciò che accade dopo la sua intervista.
Con un linguaggio semplice e senza puntare troppo agli eccessi e al macchiettistico, Scoop è un film sul legame dei media e del giornalismo con le istituzioni e la politica, e dell'importanza della comunicazione.
Forse c'è ancora speranza per Netflix di produrre qualcosa che valga la pena vedere.
Visto solo Scoop, e anche se intrattiene e scorre in leggerezza, continuo a chiedermi perché già, perché così?
RispondiEliminaSe è il migliore dei 3, gli altri non so se affrontarli...
Dici sarebbe stato meglio un punto più approfondito/ investigativo? Magari con una miniserie?
EliminaIl primo e l'ultimo forse, ma più per le storie in sè che per altro..
RispondiEliminaScoop ha anche un bel cast comunque
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