Cosa aspettarsi da Estranei, il nuovo film con Andrew Scott e Paul Mescal

L'attesa cresce quasi sempre le aspettative, in bene o in male, ed Estranei (All of us Strangers), il nuovo film di Andrew Haigh con Andrew Scott e Paul Mescal e tratto dal romanzo omonimo di Taichi Yamada, di attese se ne portava dietro parecchie. 


Titolo originale: All of us Strangers
Genere: Drammatico, Sentimentale
Durata: 105 minuti
Regia: Andrew Haigh
Uscita in Italia: 29 febbraio 2024 (Cinema) / 24 Aprile 2024 (Disney+)
Paese di produzione: Gran Bretagna, Stati Uniti d'America

Ed è proprio dai due attori che secondo me è nato buona parte dell'interesse verso il film, perché vederli coinvolti in una pellicola a tema LGBTQ+ ha creato una sorta di pruriginosa curiosità, ma Estranei, per quanto parta dall'esterno, è un film che si rivolge molto all'interno, al privato, e secondo me è come se si trattasse di almeno due film in uno, con altrettante chiavi di lettura ed impressioni.

Adam (Scott) è uno scrittore, anzi uno sceneggiatore come specificherà subito, e sta componendo uno scritto sui suoi genitori, ambientandolo negli anni '80. Vive in questo nuovo, silenzioso e ancora vuoto grattacielo nella zona nord di Londra ed è avvolto dai ricordi, dalle foto e dai suoni di quell'epoca, soprattutto perché i suoi genitori sono scomparsi nel 1987, quando lui era ancora un ragazzino di 12 anni. 
Eppure Adam riesce ancora a vederli e a parlarci, cerca di recuperare il tempo perso, di raccontare alla madre e al padre com'è vivere ai nostri giorni e cosa è diventato. 
Nell'edificio inoltre abita un altro ragazzo, Harry (Mescal), che una sera bussa alla porta di Adam, e quello che sembra il tentativo di un approccio di una notte, in realtà si rivelerà una richiesta di aiuto. 

È estremamente facile raccontare la trama di Estranei e fare spoiler perché, come dicevo, è un film a più livelli, di cui però uno molto semplice tutto sommato, ovvero il piano narrativo, con una storia molto lineare e facile da comprendere, e a dirla tutta anche prevedibile, al punto che io stesso, arrivato più o meno a metà, ho capito cosa stava per accadere.
Restare su questo livello secondo me può rendere All of us Strangers poco appagante, poco movimentato e credo sia abbastanza obbiettivo dire che i fatti, gli eventi che vediamo, non sono affatto così sconvolgenti da rendere il film unico o un capolavoro come molti usano dire, e può essere anzi caotico assistervi.

Tutto il film ha una sorta di aurea onirica che tocca quasi il sovrannaturale, ma secondo me il modo per comprendere quel che accade davvero, la chiave di lettura sta tutta nella psiche di Adam, e in quello che rappresenta.
Lui si porta dietro una solitudine macerata negli anni, non solo in quanto orfano, per il luogo che vive o per il lavoro che ha scelto, che lo portano a stare da solo, ma anche come omosessuale, essendo nato e cresciuto in un periodo in cui era ancora uno stigma essere gay e vivere come tale apertamente, complice la pandemia di HIV degli anni '80.

Si contrappone così la maturità di Adam e la sua esperienza, diversa rispetto al più giovane Harry, che parla come un ragazzo moderno di queerness, con maggiore libertà e consapevolezza, ma entrambi diventano l'emblema non solo della solitudine, ma anche dell'accettazione di sé e della più contemporanea incapacità di comunicare, che si traduce sia da una parte che dall'altra nel non saper condividere il proprio malessere. Harry infatti annega il suo stato mentale in varie dipendenze che finiscono per non essere comprese da un esterno. 

Un primo filone in Estranei si rivolge quindi ad Adam e al suo bisogno di colmare e guarire il suo passato, rimasto quasi sospeso al giorno in cui ha perso i genitori, di elaborare (ed accettare) quel lutto che in fondo ha soffocato, e mostrare loro chi è realmente, sperando di essere compreso. Il protagonista sembra, a primo impatto, molto semplice nella sua presentazione, e invece racconta bene l'estraneità in cui molti vivono, abbandonati a loro stessi.
Qui siamo nel punto più doloroso del film, raccontato in modo semplice ma toccante, diretto, e intenso, soprattutto grazie alle interpretazioni di Andrew Scott, ma anche di Jamie Bell e Claire Foy che interpretano in modo eccellente, come c'era da aspettarsi i genitori, di Adam.
Anzi sono convinto che tutto il film non avrebbe avuto lo stesso impatto se il cast fosse stato differente.

Questa è anche la parte che ho preferito, che ho trovato più commovente e anche più sincera e più curata e che rappresenta anche un momento di riscatto e di crescita per Adam, perché seppur sofferto comunque c'è una sorta di lieto fine, nel dolore.
In fondo non ci serve un'altra storia di un omosessuale piena di drammi che non trovano uno sbocco, per quanto questa comunque lo sia e capisco chi sia stufo che le tematiche LGBTQ+ vengano raccontate sempre attraverso una lente di grigiore e sofferenza. Qui c'è, in fondo, un bagliore di speranza, si spezza un loop che sembrava imprigionare il protagonista.

Posso inoltre anche comprendere che chi cerca una storia coerente e concreta, possa perdersi nei passaggi in cui Adam riesce ad entrare in contatto con i suoi genitori perché non ci viene mostrato come questo avviene. La mia risposta è che tutto risiede nella sua mente: i ricordi, la sofferenza, il bisogno di un vero e proprio addio, di un ultimo saluto che non ha potuto dar loro. Questo secondo me è l'unico modo di leggere il film, altrimenti i confini fra sogni, visioni, ricordi e realtà, diventano troppo caotici e sottili. 

Il secondo percorso riguarda invece il presente e il futuro del protagonista in cui ci dovrebbe essere anche compreso Harry, ma ammetto che è la parte che ho preferito meno. Anche quest'ultimo riesce, come accennavo sopra, a trasmettere le problematiche umane di un ragazzo che vive i nostri egoistici, freddi e distaccati tempi, con l'ulteriore difficoltà di essere un omosessuale. In fondo la sua parentesi vorrebbe insegnarci a cogliere le opportunità, ad ascoltare di più gli altri, a comprenderli. E ho apprezzato come abbiano raccontato il rapporto fra i due ragazzi: non risulta macchiettistico e la macchina da presa di Haigh non diventa un occhio pettegolo che scruta i rapporti fra i due, ma è solo la prospettiva delicata da cui li osserviamo.
Tuttavia Harry è più che altro funzionale alla storia di Adam, non trova un vero e proprio sviluppo narrativo, e come vi dicevo la risoluzione di questa seconda parte di All of us Strangers può risultare poco appagante, quasi come se il protagonista non guarisse mai, ma si trovasse di nuovo in un loop. 

È stato per me (ed immagino di non essere l'unico) poi abbastanza facile capire cosa sarebbe successo prima che lo vedessi sullo schermo, e più in generale un finale comunque aperto può trovare dei detrattori.
Come dicevo è proprio la generazione di Harry (e quella da Paul Mescal in giù) che forse non può sentire come sue le riflessioni e parte delle paure di Adam, per una forma mentis mutata con le conquiste fatte in questi anni dalla comunità queer. 
Lo stesso parallelismo fra omosessualità e solitudine o addirittura estraneità dalla società, può essere letto come datato o comunque come poco incoraggiante da molti, o potrebbero trovare troppo cupe e inquietanti le visioni di Adam e il rapporto che finisce per creare con gli altri. 

Estranei ha però uno bellissimo utilizzo di luci e fotografia, che riesce a tenerti dentro la visione, anche quando un dilatamento temporale ti porta a pensare che il film stia durando più di quanto avevi letto su internet e quanto ti indica l'orologio. 
È uno di quei film che non definirei un capolavoro, che presta il fianco a critiche a cui non mi sentirei di ribattere, ma in cui molti si possono ritrovare e sentirne l'eco anche dopo la visione, specie per chi ha vissuto in un mondo ancora più ostile del nostro nei confronti dell'omosessualità, e soprattutto che ti lascia molto a cui riflettere, sia sui piani narrativi che mette in scena, su ciò che è vero e cosa no, che sulle criticità che racconta della nostra umanità.

Dal 24 Aprile sarà disponibile su Disney + in streaming.

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