Se avete bazzicato il mio profilo Instagram di recente, avrete visto una storia su Io Capitano, visto che non solo ho assistito al film, ma primo lo stesso Matteo Garrone, il regista, ce lo ha introdotto.
Genere: drammatico Durata: 121 minuti Regia: Matteo Garrone Uscita in Italia: 7 Settembre 2023 (cinema) Paese di produzione: Italia, Belgio |
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Di Io Capitano penso si sia detto di tutto ormai, visto che gira per le sale cinematografiche da più di un mese, ma mi piaceva riflettere con voi sui motivi per cui vederlo.
La storia di Seydou e Moussa, due cugini 16enni che dal Senegal tentano un viaggio verso l'Europa, non per sfuggire da una guerra o da un momento estremamente complicato della loro vita, è diversa.
È vero, la loro è una condizione più vicina alla povertà che al benessere, ma hanno un tetto sulla testa, un lavoro e una famiglia. Si sono però incoscientemente convinti ad inseguire il loro "European Dream", come qualunque ragazzo alla loro età sogna magari di trasferirsi a Londra o negli Stati Uniti, obnubilati da una narrazione falsata e edulcorata dei social.
A nulla serviranno i tentativi di una madre e di chi quel viaggio l'ha fatto per far cambiare idea a Seydou, ma loro non sanno invece cosa li aspetta, e con altrettanta ingenuità e speranza si lanceranno in quello che sarà un viaggio verso un inatteso inferno.
Nel suo intervento prima del film, Garrone ha definito Io Capitano come il tipico viaggio dell'eroe, dove il protagonista deve attraversare mille peripezie e difficoltà, un'Odissea in cui però ha volutamente scelto un soggetto che non fosse in estrema difficoltà per decidere di intraprendere il suo viaggio, ma solo un ragazzo molto giovane che, come tantissimi, desidera migliorare la sua condizione.
Una prospettiva diversa sul tema dell'immigrazione, ma non per questo meno facile, visto che il film è stato anche costruito attorno alle testimonianze dirette di chi ha affrontato quel viaggio, di chi è stato a sua insaputa il capitano di un barcone.
È però voluta l'assenza di una parte più cruda, più aspra, più violenta, lo stesso Garrone ad esempio ci ha detto di essersi in parte pentito di non aver girato delle scene di violenza nel deserto (che poi avrebbe potuto eliminare nel montaggio) che sarebbero state purtroppo fedeli a quanto accade a chi si ritrova in questa fuga.
Ne è forse una metafora lo stesso deserto del Sahara, che viene rappresentato con paesaggi bellissimi, luminosi, immensi, ma anche desolati, ed è a tutti gli effetti una trappola e che mi ha dato un senso di claustrofobia.
Io capitano ha poi qualche tratto più onirico, in un paio di scene, che non ho amato per come sono state inserite nell'insieme, ma che credo aiutino a raccontarci di più dell'animo di Seydou.
Il protagonista è infatti un ragazzino, il volto e l'espressività è quella di un bambino quasi, mentre il corpo mostra la forza di un uomo e Seydou Sarr ha saputo bilanciare benissimo questi due animi, questa sua crescita e sviluppo, dandoci un personaggio molto fisico.
Io Capitano è sì, un film da vedere proprio perché ci racconta una storia quotidiana (purtroppo), che è in grado di arrivare, per come è narrata, ad un pubblico ampio, in modo semplice, delicato. Temevo che i dialoghi, in buona parte in dialetto wolof e francese, potessero essere un po' complicati da seguire, ma in realtà non sono così serrati da perdersi nel leggere i sottotitoli.
Io forse lo avrei sporcato di più, perché in alcune parti, specie all'inizio, la messa in scena mi è sembrata un po' troppo didascalica, troppo lineare, e ho un po' sofferto la ricerca di asciuttezza e di evitare l'eccesso di dramma, perché, proprio quando mi aspettavo che arrivasse quel momento più drammatico, venivo disatteso, così come sono state disattese parte delle emozioni che aspettavo di trovare.
Credo che però l'intento di Io Capitano sia quello di raccontare anche un sogno, e come tale non ci mostra forse la parte più brutta: il risveglio.
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