Perché Fair Play, il nuovo film con Phoebe Dynevor, riesce solo a metà in tutto

Incuriosito dalla presenza di Phoebe Dyvenor, alla sua prima prova attoriale dopo Bridgerton, ho deciso di dare una chance a Fair Play, disponibile su Netflix dal 6 Ottobre, in cui interpreta Emily, una giovane donna che è segretamente fidanzata col suo collega Luke (Alden Ehrenreich). Entrambi infatti lavorano in una società di investimenti, e le regole dell'ufficio vietano che vi siano rapporti interpersonali fra i dipendenti, e quindi i due sperano in un avanzamento di carriera per poter finalmente uscire allo scoperto. Emily e Luke sono innamoratissimi ed hanno un affiatamento ed una energia da far invidia, ma quando solo Emily riuscirà ad avanzare nel lavoro, allora le cose si incrineranno e scoppierà il caos nella loro vita.



Genere: drammatico, thriller
Durata: 113 minuti
Regia: Chloe Domont
Uscita in Italia: 6 Ottobre 2023 (Netflix)
Paese di produzione: Stati Uniti d'America

Metto subito in chiaro che, se avete letto in giro la definizione di thriller erotico per Fair Play sappiate che è sbagliata e si tratta probabilmente di un tentativo di rendere il film un po' più appetibile e stimolare la pruriginosa curiosità di qualcuno. In realtà di scene vietate ai minori ce ne sono ben poche, e non sono così spinte, quindi se volete vedere Fair Play nella speranza di trovarci chissà cosa, lasciate stare e puntate a siti di serie B.
Questo nuovo film Netflix a me ha dato l'impressione di una roba che è riuscita a metà sotto ogni aspetto. L'incipit narrativo è interessante e contemporaneo, visto che essenzialmente si parla di come una donna faccia fatica a progredire nell'ambito lavorativo, specie in cui la competitività è ai massimi livelli, e come il primo a non credere alle sue potenzialità è il suo compagno.
Sono costanti i tentativi di svalorizzare l'impegno e le capacità di Emily, affibbiandole sempre altri escamotage per i suoi avanzamenti in carriera. 


In questo caso non sono solo gli eventuali pettegolezzi che si scatenano in ufficio a mettere in difficoltà Emily, ma proprio quel che accade in casa, nell'ambiente in cui dovrebbe sentirsi al sicuro, che rende Fair Play ancora più drammatico. 
Il problema però è che il film non trova una strada originale per parlare di stereotipi di genere e di disparità fra uomo e donna, si sentono forti gli eco di tanti racconti simili, e ripetitivamente, tutti i personaggi maschili parlano di eventuali altre prestazioni fornite da Emily al loro superiore, e questo risulta verosimile, ma banale e soprattutto poco sottile. Credo che infatti questo genere di discriminazione a volte vada su binari più sottili, che il film non tenta di toccare o approfondire. 
Si fa invece molto più leva sulle fragilità di Luke, che mischia gelosia ed invidia.
Inoltre ho trovato alcune scelte, alcuni twist narrativi un po' esagerati e poco verosimili, e la sensazione che ho avuto è che il mood thriller si dissipasse sempre più nel corso del film.


Altra cosa riuscita a metà è secondo me la caratterizzazione dei personaggi. Sia Alden Ehrenreich che Phoebe Dyvenor credo che facciano un ottimo lavoro nei rispettivi ruoli, trasmettendo tutta la frustrazione e l'intensità di un rapporto che lentamente si sgretola, e in cui emergono i fantasmi più cattivi e incontrollabili. Entrambe le parti in questo senso hanno luci ed ombre, anche se il capovolgimento finale non mi è ancora del tutto chiaro né mi ha dato appagamento. 
Ci sono però anche in questo senso delle cose che mi hanno lasciato dei dubbi: infatti questo affiatamento fra Emily e Luke è quasi più da copione che per ciò che vediamo sullo schermo. Le dinamiche fra i due a volte sono assurde secondo me, e i singoli non sono proprio simpatici, anzi, non so se sia stato voluto ma non si riesce a parteggiare per nessuno dei due.


Luke infatti secondo me è stereotipato e in parte inverosimile: fa cose esagerate, e soprattutto non è credibile che non abbia mai pensato che la sua compagna potesse superarlo lavorativamente parlando, o che si dovesse trovare a stretto contatto con altri uomini che, purtroppo, avrebbero avuto altre mire sulla sua compagna e collega.
Emily non è da meno, visto che spesso pare non sappia dialogare e chiarirsi, e onestamente ad ogni chiamata con la madre mi veniva voglia di sbattere la testa al muro perché come puoi mirare ad un ruolo dirigenziale in una azienda importante ma non essere capace di dire a tua madre che non vuoi o non puoi fare una festa di fidanzamento, anche solo con una scusa.
Inoltre le parti in cui entrambi erano nel contesto lavorativo mi sembravano un po' false, come se io, che non ne capisco nulla di finanza e di affari, fingessi di saperne cercando (e non riuscendo) di risultare credibile. 


Nulla da dire sul resto del cast, anche perché nemmeno si nota più di tanto, essendo tutto concentrato più sulla coppia. 
Se vi piace quindi quel filone di prodotti in cui una coppia si mette a nudo, e in cui i dialoghi diventano verbosi e sbraitati (a volte anche a vuoto, visto che non si capisce dove vanno a parare), come Storia di un Matrimonio ma anche Scene da un Matrimonio, e in cui si cerca anche una tensione emotiva che richiama i thriller, allora anche Fair Play potrebbe fare al caso vostro. Nella mia personalissima opinione invece si tratta di un film che non riesce a puntare al 100% né sui personaggi, né sulla storia. Non qualcosa di brutto, perché la scorrevolezza e la quasi assenza di noia sono due qualità che posso affibbiargli, ma se mi fossi dovuto preparare, vestire, e dirigere al cinema per vederlo, probabilmente sarei rimasto molto più deluso. 


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