Nei 9 episodi disponibili dall'11Febbraio di quest'anno Inventing Anna tenta appunto di ricostruire l'ascesa e la caduta di questa ragazza che, appena ventenne, fra il 2013 e il 2017 tentò la scalata al successo spacciandosi per una ereditiera tedesca al fine di creare una fondazione artistica a suo nome. È soprattutto l'indagine della giornalista Vivian Kent (nella realtà Jessica Pressler) a ricostruire tutto il percorso di Anna, i suoi viaggi, le sue tecniche con cui finì per truffare banche, avvocati, soci, alberghi, amici e tutti coloro che le gravitavano intorno, ad eccezione forse delle classi più basse che dalla ragazza ricevevano sempre mance cospicue.
Ne esce sicuramente l'inganno messo in scena, ma anche una Anna con una forte visione imprenditoriale, ed in grado di riconoscere subito quello che ricerca l'alta borghesia newyorkese e americana in genere: il denaro e il riconoscimento.
Inventing Anna riesce a farsi seguire, da un lato per il fascino che la sua protagonista suscita, ma personalmente era molta la curiosità di capire fino a che punto si potesse spingere la credulità di chi le stava intorno, inclusi anche i professionisti che dovrebbero essere pronti a riconoscere truffatori di varia natura. È vero che la storia è in parte romanzata per rendere il tutto più avvincente e anche immagino perché non è semplice entrare nella megalomania di Anna, ma pare che gli snodi più importanti siano aderenti alla storia reale.
Gli inglesi d'altronde dicono "fake it till you make it" ovvero fingi fino a quando non lo ottieni, e Anna evidentemente aveva sublimato e perfezionato questa arte al punto che tantissimi sono capitolati, e questo ha reso le sue vicende particolarmente divisive.
Gli inglesi d'altronde dicono "fake it till you make it" ovvero fingi fino a quando non lo ottieni, e Anna evidentemente aveva sublimato e perfezionato questa arte al punto che tantissimi sono capitolati, e questo ha reso le sue vicende particolarmente divisive.
Ma chi ha inventato Anna? La stessa Sorokin o la società a cui aspirava e che le ruotava intorno? O la stessa giornalista che ha scavato e portato alla cronaca la sua storia? Non posso ovviamente fare riferimento ai personaggi reali, ma questo è il messaggio che serpeggia un po' per tutta la serie e che esplode nell'episodio finale, in cui si tenta di far riferimento anche alla finzione che tutti i giorni viviamo, e le maschere che mettiamo sui social. Poetico certamente, ma se come me avete una visione un po' più asciutta, coerente alla realtà, questa idea vi sembrerà stridente rispetto al fatto che la storia di Anna Sorokin è comunque quella di una truffatrice che si è fatta degli anni di carcere e ad oggi non sembra sentirsi colpevole ma più che altro incompresa.
Cercare sottilmente di giustificare (pur non elogiando, questo bisogna dirlo) le sue manovre paragonandole all'ambiente finanziario americano, altrettanto marcio e cieco, ossessionato dalla ricchezza e dal profitto che una figura come Anna Delvey paventava, un mondo con meccanismi malati e illusori, non mi suona propriamente corretto.
Pure l'accanimento nei confronti di Rachel Williams, ex amica di Anna, collaboratrice per Vanity Fair e la prima a denunciarla, mi è sembrato esagerato: essere privati di 60 mila dollari non è esattamente il "primo intoppo" come viene definita nella serie.
Anche l'idea di questa ragazza che in realtà aveva un progetto importante, dall'animo imprenditoriale, che ci teneva ad apparire competente e in gamba, o ancora far passare il concetto di una giovane Anna incompresa dai genitori e bullizzata, come embrione della truffatrice adulta che si è dovuta far da sola, mi è sembrato friabile.
Cercare sottilmente di giustificare (pur non elogiando, questo bisogna dirlo) le sue manovre paragonandole all'ambiente finanziario americano, altrettanto marcio e cieco, ossessionato dalla ricchezza e dal profitto che una figura come Anna Delvey paventava, un mondo con meccanismi malati e illusori, non mi suona propriamente corretto.
Pure l'accanimento nei confronti di Rachel Williams, ex amica di Anna, collaboratrice per Vanity Fair e la prima a denunciarla, mi è sembrato esagerato: essere privati di 60 mila dollari non è esattamente il "primo intoppo" come viene definita nella serie.
Anche l'idea di questa ragazza che in realtà aveva un progetto importante, dall'animo imprenditoriale, che ci teneva ad apparire competente e in gamba, o ancora far passare il concetto di una giovane Anna incompresa dai genitori e bullizzata, come embrione della truffatrice adulta che si è dovuta far da sola, mi è sembrato friabile.
Inventing Anna è poi una serie tv al femminile, ma anche in questo senso non ho capito esattamente dove volesse andare a parare, basta vedere come positivamente viene dipinta Vivian Kent: una giornalista stakanovista che lavora persino quando le si rompono le acque, che sembra da un certo punto in poi voler salvare la povera Anna Sorokin, ma che per prima ha sempre tentato di recuperare la sua carriera cercando una notizia con cui fare il colpaccio e camuffare gli errori del passato. La stessa serie che però condanna Rachel appunto perché, trovatasi spalle al muro, fa quel che avrebbero fatto tutti: cercare di salvarsi. Sono io, o c'è un po' di imparità in questo?
Tralasciando queste cavillosità ed il messaggio che si può più o meno trarre dalla serie, non credo che Inventing Anna sia la serie tv più interessante del momento, seppur Shonda Rhymes avesse tutti gli ingredienti possibili per fare qualcosa di davvero diverso.
Infatti c'è una storia vera e chiacchierata tutto sommato recente che profuma di gossip, c'è quel sapore di true crime senza però sfociare nel poliziesco o nel thriller che richiede una certa drammaticità dei toni come accede in The Act, Dirty John o i vari capitoli di American Crime Story, c'è lo sbrilluccicante glamour che non sfocia in pacchianate alla And Just Like That.
Sono riusciti anche a selezionare un cast perfetto, capeggiato da una bravissima Julia Garner che somiglia molto alla vera Anna Sorokin e che ricalca molto bene i modi particolari della protagonista.
Infatti c'è una storia vera e chiacchierata tutto sommato recente che profuma di gossip, c'è quel sapore di true crime senza però sfociare nel poliziesco o nel thriller che richiede una certa drammaticità dei toni come accede in The Act, Dirty John o i vari capitoli di American Crime Story, c'è lo sbrilluccicante glamour che non sfocia in pacchianate alla And Just Like That.
Sono riusciti anche a selezionare un cast perfetto, capeggiato da una bravissima Julia Garner che somiglia molto alla vera Anna Sorokin e che ricalca molto bene i modi particolari della protagonista.
Inventing Anna intrattiene perché in fondo sapere come la ragazza sia riuscita a sfangarla credo affascini un po' tutti, però si perde in una non centralità della visione che segue, non volendo essere giustamente un documentario didascalico e noiosetto, e anche lo stile degli episodi è variabile, arrivando ad un finale che sembra quasi staccato dal resto, mettendo da parte quel montaggio serrato e incastrato e somigliando più ad un legal drama.
Il più grosso difetto però di questa serie Netflix è secondo me una sequela di lungaggini inutili nel tentativo di dare spazio ad ogni personaggio, a volte in modo eccessivo. Ogni episodio infatti dura praticamente un'ora, e spesso mi è sembrato un tempo eccessivo per quello che si andava a raccontare.
Credo insomma che Inventing Anna sia una di quelle serie tv dalle ampie intenzioni che però ogni tanto si perdono forse nel tentativi di accontentare un pubblico particolarmente trasversale ed eterogeneo. E la stessa Anna alla fine ce lo insegna: chi troppo vuole...
Credo insomma che Inventing Anna sia una di quelle serie tv dalle ampie intenzioni che però ogni tanto si perdono forse nel tentativi di accontentare un pubblico particolarmente trasversale ed eterogeneo. E la stessa Anna alla fine ce lo insegna: chi troppo vuole...
Non ricordo neanche la storia, però è una serie che qualche interesse mi suscita.
RispondiEliminaIn che senso non ricordi la storia?
EliminaRispondevo a "Si intitola Inventing Anna e se non avete sentito parlare della serie tv, forse vi sarà capitato dei leggere della storia vera di Anna Delvey, o Sorokin." Non conosco, letto di questa Anna, e di quello che ha fatto, cose alquanto incredibili che appunto potrei approfondire.
EliminaAh ok, siccome racconto parte della storia, non capivo a cosa ti riferissi
EliminaAlcuni episodi li ho trovati troppo lunghi e noiosi, avrebbero potuto tranquillamente eliminare o diminuire tutta una serie di trame minori e personaggi secondari e la storia non sarebbe cambiata di una virgola migliorando il ritmo. La parte più interessante per me rimane quella che si sviluppa attorno alla vacanza in Marocco e concordo che la vera Rachel si sarebbe meritata una rappresentazione migliore ma l’opinione pubblica l’ha presa da subito in antipatia. Trovo la protagonista insopportabile, arrogante e respingente, mi risulta davvero difficile credere all’ultimo episodio con così tante persone che le rimangono leali o addirittura cominciano a volerle bene senza ricevere un briciolo di empatia in cambio. Hanno tentato di giocarsi la carta femminista qui e là ma trovo che sia molto più adatto parlare di classismo ed elitarismo.
RispondiEliminaCredo che Shonda abbia scelto un personaggio poco simpatico e divisivo volutamente, così che potesse essere più interessante. Peccato però aver tentato di ficcare a tutti i costi un femminismo che appunto poco si confà alla serie.
EliminaEppure leggo tanti super entusiasti di questa serie...
Arrivo tardi ma mi ritrovo in tutto: poteva essere una serie più seria e parlare di quello che l'articolo di Vivian cercava di mettere in luce, così come poteva essere più leggera e guilty pleasure, senza però ammorbarci con episodi lunghi un'ora.
RispondiEliminaPeccato che tutti finiscano per irritare, anche l'aver contribuito con la mia visione ad arricchire Anna.
In effetti Anna ci avrà detto a tutti un grazie di cuore visto che, nel bene o nel male, si è pagata un po' di spese legali.
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