English Teacher
Prima stagione
Brian Jordan Alvarez ha scritto, diretto, prodotto e interpretato in una comedy molto carina, i cui 8 episodi sono disponibili su Disney Plus dall'Ottobre di quest'anno. Alvarez veste i panni di Evan Marquez, appunto un professore di inglese in un liceo di una provincia texana. Evan è dichiaratamente omosessuale, ed essendo il 2024 nessuno ne fa una grande questione, ma siamo pur sempre in una provincia del sud degli Stati Uniti e quindi anche un bacio gay può far scattare dei problemi per il nostro professore, che rischia di perdere il suo posto di lavoro. Questa però è solo la miccia, perché Evan, pur cercando di far bene il suo lavoro, deve anche confrontarsi con i suoi studenti, figli di una generazione sempre più allo sbando, con colleghi con cui non sempre si ha la stessa scala di valori, e con la sua vita privata che non è certamente più solida.
English Teacher, come molte serie del suo genere, cerca di unire situazioni bizzarre, tragicomiche, non sempre profondamente realistiche, ad una sorta di analisi critica della società contemporanea, soprattutto negli USA e ovviamente delle nuove generazioni e del sistema scolastico in genere. I temi sfiorati sono tanti, come inclusività, identità di genere, ma anche argomenti più ampi, come la pandemia di armi in America, e in generale la cultura contemporanea di questa nostra epoca incasinata.
Tutto questo ovviamente non diventa mai troppo approfondito, visto che abbiamo le tempistiche di circa mezzora ad episodio, e quindi lo stile di una sit-com, che per prima vuole intrattenere in modo leggero, e per la maggior parte del tempo ci riesce anche.
English Teacher non spicca ad esempio per originalità, ma sa anche non scadere nel buonismo più banale, e ne consegue che ad esempio anche i rapporti fra Evan e i suoi colleghi non siano sempre idilliaci. Anzi si scontrano spesso perché ognuno alla fine la vede in modo umanamente diverso, e va bene così.
Anche la sfera sentimentale del professore non ha particolari sviluppi, ma semplicemente viene inserita dove serve per creare una storyline in più.
Questo fa di English Teacher una serie molto snella, facile da approcciare, che io ad esempio ho messo qui e lì alternandola a produzioni e storie più serie.
Non c'è ancora una conferma ufficiale per una seconda stagione, ma penso che potrebbe arrivare ed anzi sarebbe necessaria per dare alla serie quegli sviluppi che merita. Spero solo che Brian Jordan Alvarez non continui a proporci scene in cui lo vediamo a petto nudo perché alla lunga diventano imbarazzanti.
Siamo Oro
Prima stagione
Sempre nel genere comedy/dramedy ma questa volta su Prime Video, dal 18 Ottobre è arrivata la serie tv messicana intitolata Siamo Oro (in originale Somos Oro, o col titolo internazionale We Are Golden) che racconta un rapporto d'amicizia molto particolare. Marilù (Michelle Rodríguez) e Vanessa (Diana Bovio) sono infatti due giovani donne e amiche che non se la passano benissimo: la prima fa la parrucchiera in casa, ed ha un marito che ama ma che è un po' un impiastro, mentre l'altra fa la commessa in un negozio, ha una figlia adolescente, e per arrotondare subaffitta la sua casa.
Quando entrambe perderanno il già poco felice lavoro, cercheranno di trovare una soluzione ai loro problemi finanziari cercando di creare una loro azienda, sfruttando il marketing piramidale.
Non solo però non è uno dei migliori sistemi per poter guadagnare, ma sarà difficile per loro potersi affermare e trovare altre donne che le seguano. Eppure, in qualche strano modo, formeranno un forte legame di sorellanza con le loro adepte.
Credo che da noi in Italia, Siamo Oro non se la sia filata nessuno, ma alla fine è una di quelle serie tv che non fanno danni, che ho seguito con piacere, e che sa anche intrattenere anche qui mettendo di sottofondo una leggera satira nei confronti del network marketing e situazioni simili. I toni si fanno sicuramente molto più esagerati rispetto a English Teacher, non mancano le situazioni assurde e bizzarre, ma che tutto sommato funzionano perché sono inserite bene nel contesto.
Somos Oro infatti ha secondo me una scrittura abbastanza solida che consente alle linee narrative sia orizzontali che verticali di essere un po' più intricate, c'è spesso un aggancio fra un episodio e l'altro, anche solo attraverso personaggi secondari ricorrenti.
Le tempistiche sono sempre molto brevi, quindi è normale che qualcosa sfugga e che sia superficiale da alcuni punti di vista. Ad esempio non c'è mai una diretta critica a certe tecniche di marketing, ma è più una strampalata avventura delle due protagoniste.
A proposito, a rendere Siamo Oro ancora più solida ci sono le interpretazioni di Michelle Rodríguez e Diana Bovio, che sembrano essere due attrici comiche abbastanza rodate in Messico, e che devo dire risultano credibili nei rispettivi ruoli, perché sanno sottolineare le peculiarità delle protagoniste senza però farle diventare troppo caricaturali. Ma tutto il cast al femminile è meritevole.
Anche nel caso di questa serie tv Prime Video non abbiamo a che fare con un capolavoro, non è qualcosa di imperdibile, ma sicuramente una compagnia leggera, messa insieme discretamente, che stimola qualche risata, senza troppe complicazioni.
Non ci sono indicazioni su una seconda stagione di Siamo Oro, ma se dovessi leggerne aggiornerò come sempre.
Rapina al Banco Central
Miniserie
Dal Messico mi sposto in Spagna con una miniserie in cinque episodi e che si discosta come genere alle precedenti. Dall'8 Novembre su Netflix è arrivata Rapina al Banco Central, che si ispira a dei fatti davvero accaduti a Barcellona, quando un gruppo di uomini armati sequestrò oltre 200 persone all'interno della banca, chiedendo tra l'altro la liberazione del tenente colonnello Antonio Tejero, che tre mesi prima era stato a capo del golpe di stato che si era tenuto a Madrid.
Nella serie spagnola, ad organizzare il furto al Banco Central è un certo José Juan Martínez Gómez (Miguel Herrán) che fra trattative con la guardia civile e ipotesi per la fuga, gestirà la rapina. Intanto fuori seguiamo le vicende della giornalista Maider Garmendia (María Pedraza), ancora alle prime armi, ma intenzionata a scoprire le vere motivazioni della rapina.
Molti hanno paragonato Rapina al Banco Central a La Casa di Carta, anche per alcuni attori in comune, ma io non l'ho mai vista quindi non ho confronti da fare, posso però dire che la più nuova serie tv Netflix mi è piaciuta.
Non penso di fare spoiler, perché lo potreste leggere in qualunque articolo riguardo alla vicenda, dicendovi che le motivazioni della rapina sembrano tutt'ora non abbastanza chiare, ma Asalto al Banco Central, che è comunque tratta da un libro di Mar Padilla, a quanto pare romanza parecchio la storia, soprattutto con approfondimenti sui protagonisti che non sembrano collimare con la realtà. Credo sia tutto voluti proprio perché, come spesso accade, è la parte dubbia a stuzzicare gli sceneggiatori.
Ma questo non toglie che questa miniserie sia molto godibile e soprattutto decisamente fruibile, visto che non solo ha pochi episodi, ma gli stessi hanno una durata leggermente inferiore rispetto ad una serie tv "tradizionale".
Rapina al Banco Central infatti è una serie sul classico "colpaccio" che diventa un thriller crime con risvolti socio-politici, con un tocco di indagine giornalistica, che ha secondo me un ottimo ritmo, sa usare la giusta tensione, e soprattutto ha una buona regia, un'ottima ricostruzione storica degli anni '80 e una fotografia azzeccata per il genere che la serie tocca.
Anche gli attori mi sono sembrati scelti bene, quindi tutto l'insieme, pur non avendo una particolare originalità che la faccia spiccare fra le tante produzioni dello stesso genere, è credibile. Forse il suo punto più debole sta in alcune scene e in alcune parti che sembrano un po' da soap.
Il cercare di convogliare poi nel quarto episodio un approfondimento sul rapinatore Numero Uno (così si chiamavano fra di loro), va un po' ad azzoppare la puntata stessa, che zampetta qui e lì negli anni, senza appunto dare molti dettagli, né un vero e proprio quadro del personaggio.
Inoltre tutto quello che riguarda la giornalista Maider, che sembra mero frutto di fantasia, rischia di confondere ulteriormente le cose: non si capisce se ne seguiamo le vicende per appassionarci a lei, o perché ha un dovere investigativo importante di trovare le reali motivazioni della rapina al banco Central.
Per il resto, direi che non è malaccio per una produzione Netflix.
La Casa di carta comincia e prosegue alla grandissima..in effetti non offre tutti i vantaggi di una "serie breve", e perde vistosamente colpi col voler andare avanti.. ma le prime tre stagioni assolutamente tra i Top Serie di ogni genere e paese
RispondiEliminaNon so perché non gli ho mai dato una chance, ma poi si sono aggiunte altre stagioni, il tempo e passato e quindi non credo che riuscirò mai a dargli un'opportunità 😅
Elimina