Esattamente lo stesso giorno, il 22 Novembre, su piattaforme streaming differenti, sono arrivati due film che ho voluto vedere subito, appena ho avuto un attimo da dedicargli. Avevo infatti la sensazione che gli attori coinvolti e le storie che avrebbero raccontato, mi avrebbero convinto e, spoiler, ci sono riusciti.
Blitz (2024)
Genere: Drammatico, Storico Durata: 114 minuti Regia: Steve McQueen Uscita in Italia: 22 Novembre 2024 (Apple tv+) Paese di produzione: USA, UK |
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Prodotto, scritto e diretto da Steve McQueen, che conoscerete per la regia di 12 Anni Schiavo, Blitz è arrivato su Apple Tv+ appunto a Novembre e trovandoci Saoirse Ronan nel cast non era un titolo da farsi scappare, ma non è esattamente lei la protagonista di questo film.
Siamo nel settembre del 1940, in una Inghilterra che si ritrova sotto i bombardamenti tedeschi, e, per sopravvivere, milioni di persone cercano riparo in aree più sicure del paese, e fra questi sono soprattutto i bambini che vengono allontanati dalle loro famiglie. Lo stesso cerca di fare Rita (Ronan) con suo figlio George (Elliott Heffernan), che ha solo 11 anni, e vive con la madre e con il nonno. Quando però George decide di scappare da quel treno che avrebbe dovuto portarlo in un posto più sicuro, per Rita inizia un calvario, ma per il ragazzino inizia una vera e propria lotta alla sopravvivenza che lo porterà a vedere le brutture della guerra e anche a crescere.
Mi ha ricordato un po' le avventure di Pinocchio questo Blitz, non solo Oliver Twist di Dickens o La vita è bella di Roberto Benigni come molti hanno detto, perché se inizia come un film storiografico e al contesto bellico inevitabilmente si lega a doppia mandata, è l'avventura di George quella che finisce per essere il centro di tutto.
Il viaggio di un ragazzino completamente da solo, che tenta di ritornare a casa, passando per tutte le peripezie che la vita può riservare, specie se la strada è sotto i bombardamenti di una guerra che non lascia scampo, e che a volte fa uscire il peggio nelle persone, e che inevitabilmente lo farà crescere, e gli mostrerà il bello ed il brutto del mondo.
Quindi c'è tanta azione, ma anche un messaggio più profondo, perché George è un bambino di colore, visto che suo padre era un jazzista nero, ed vedrà e vivrà il razzismo della Londra dell'epoca.
Sembra quasi una fiaba Blitz, Pinocchio appunto, ma in realtà pare che McQeen si sia fatto ispirare da una fotografia proprio di un bambino che somiglia moltissimo a Elliott Heffernan e che stava scappando dai bombardamenti.
Quindi nonostante non sia davvero legato a personaggi reali, Blitz racconta tanti momenti realmente accaduti durante la seconda guerra mondiale, e fa dei suoi protagonisti gli emblemi di tante persone che si sono trovati a vivere quel periodo.
Così la Rita di Saoirse Ronan è una donna forte, contro le convenzioni dell'epoca, che lavora in fabbrica come facevano tante donne all'epoca mentre gli uomini erano al fronte e che si esibisce cantando per cercare di portare speranza e conforto. E ancora una volta Saoirse si dimostra fra le più brave attrici della sua generazione, ma anche il giovanissimo Heffernan riesce a muoversi benissimo in questo ruolo non semplicissimo e a tenere lo schermo anche a lungo.
Ma tutto il cast secondo me è all'altezza dei ruoli, anche chi magari non ha ampio spazio di manovra non avendo un lungo tempo sullo schermo.
Uscendo un po' dalla recensione puntalina che sto facendo, posso dire che Blitz mi è sembrato un bel film, molto televisivo sicuramente ma con la qualità cinematografica, non esattamente innovativo nel suo genere, ma coinvolgente e convincente da inizio a fine. Si vede il grosso investimento che è stato fatto, sia nella regia, che nella ricostruzione dell'epoca, nei costumi e in generale nella cura che è stata messa, ed anche la colonna sonora, affidata a Hans Zimmer, sa contornare bene tutti i momenti.
Credo che un minutaggio inferiore avrebbe potuto togliere un po' quel senso di prevedibilità che si può provare sul finale, ma Blitz è comunque un film che colpisce per queste scene d'azione spesso imponenti, per la tensione e il senso di pericolo che crea, ma anche per la sua capacità di guardare al contemporaneo, quando si concentra sulle disuguaglianze: è tristemente vero, che anche nei momenti più difficili, non riusciamo a smettere di farci inutilmente la guerra fra di noi.
Joy - The Birth of IVF (2024)
Genere: biografico, drammatico, storico Durata: 115 minuti Regia: Ben Taylor Uscita in Italia: 22 Novembre 2024 (Netflix) Paese di produzione: Regno Unito |
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Molto più aderente a fatti reali è invece il nuovo film Netflix, Joy che racconta la prima bambina nata attraverso fecondazione in vitro, ma non sarà un percorso semplice non solo per i risvolti scientifici e pratici, ma anche dal punto di vista sociale.
Siamo alla fine degli anni '60, ed il medico Robert Edwards (James Norton) si occupa di trovare una cura all'infertilità, che ritiene del tutto una malattia, come quelle che conosciamo già, ma ha bisogno di aiuto: la comunità scientifica infatti non è d'accordo, e la frangia più conservatrice e cattolica gli va contro in ogni modo. Troverà però supporto nell'infermiera Jean Purdy (Thomasin McKenzie) e nel ginecologo Patrick Steptoe (Bill Nighy), che aveva studiato la tecnica della laparoscopia.
I tre riusciranno a trovare anche il supporto di alcune giovani donne volontarie che desiderano avere un bambino e decisero di partecipare a questa sperimentazione, cercando di superare tutti i preconcetti verso una pratica ancora ritenuta pericolosa e inumana. Ed il resto sarà la storia a raccontarlo.
Credo che Joy – The birth of IVF nonostante sia un film molto semplice e facile da seguire, abbia una tripla chiave di lettura. C'è appunto la narrazione storico-scientifica, che racconta la appunto lo sviluppo e le difficoltà che portarono all'innovazione della fecondazione in vitro, con tutti gli alti e bassi inevitabili, che come dicevo riguardano non solo gli eventuali fallimenti degli esperimenti stessi, ma anche le difficoltà socio-culturali dell'epoca, che come dicevo erano trasversali.
C'è poi il focus sui personaggi stessi, sulla loro vita personale, specie per quanto riguarda l'infermiera Jean Purdy, che si ritroverà investita su più fronti nella strada che deciderà di percorrere, dovendo andare contro la sua stessa famiglia e i valori con cui in parte è cresciuta, che consente anche di dare una ulteriore prospettiva femminile al film. E c'è una chiave di lettura più ampia, che riguarda il discorso etico e religioso, ma in generale il coraggio e la perseveranza di alcune persone nell'avere una visione più lunga e portare avanti un progetto ambizioso anche a discapito della propria reputazione.
È forse questo terzo aspetto che mi ha commosso di Joy: pensare a quanti uomini e donne si sono sacrificati, anche personalmente, per poter contribuire ad un bene più grande e comune, anche quando non ne erano investiti personalmente.
C'è il rischio che ad alcuni risulti didascalico perché si muove in un ordine cronologico in tutte le fasi della ricerca che lo rende molto standard, e capisco che possa essere per alcuni visto come un tipico film biografico da tv, però Joy– The birth of IVF mi sembra ben fatto, solido in tutte le sue parti e abbastanza scorrevole.
Anche qui una regia pulita, ma non banale, e una ricostruzione storica curata, migliorano ancora di più la visione.
A me poi ha dato l'impressione di essere un film perfetto per questo periodo, seppur non abbia elementi festivi, perché riesce ad essere commovente come dicevo, ma non pietistico o troppo sentimentale anche perché non mancano i momenti di leggerezza.
Che peccato vedere film come Blitz buttati sulle piattaforme streaming...
RispondiEliminaIn effetti alcune scene sul grande schermo sarebbero state proprio belle da vedere
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