A quasi due anni di distanza dal terzo capitolo sono tornate le avventure di Emily Cooper a Parigi e non solo, ma nonostante la quarta stagione sia stata divisa in due parti da Netflix (una prima parte resa disponibile 15 agosto, e la seconda il 12 settembre), ho voluto aspettare di vedere tutti i 10 episodi per parlarne.
Già la terza stagione infatti aveva iniziato a prendere la strada dell'aceto, visto che da quel mondo fiabesco in cui tutto è possibile che la serie ha voluto creare, un po' alla Sex And The City, stava diventando sempre più assurdo, ed Emily in Paris 4 segue purtroppo questo andazzo.
Ritroviamo Emily (Lily Collins) praticamente nelle stesse acque torbide in cui l'avevamo lasciata: la sua relazione con Alfie (Lucien Laviscount) sembra in difficoltà, visto che lui è convinto che fra Emily e Gabriel (Lucas Bravo) vi sia ancora qualcosa. Tra l'altro lo chef non ha sposato Camille (Camille Razat) ma questa sembra aspettare un figlio da lui, quindi comunque i due hanno potenzialmente un legame che li unisce.
Emily però sembra avere finalmente un approccio differente in questa stagione, pare voler muoversi più di pancia, seguire le sue sensazioni e magari mettere da parte dei modi di fare che non si confanno alla sua vita parigina.
Nel mentre non mancano anche le turbolenze a lavoro, che spesso si lega alla vita privata, e tante altre vicissitudini, che finiranno per portare Emily persino in Italia, a Roma esattamente, pronta in un certo senso a ricominciare e dove creare altri casini.
Emily in Paris cerca in effetti nuove strade per i suoi protagonisti, portando anche personaggi nuovi come Genevieve (Thalia Besson), la figlia del marito di Sylvie (Philippine Leroy-Beaulieu), che metterà un po' di zizzania, ma questi nuovi percorsi sono lastricati di grossi problemi.
Anche con un approccio super leggero, cercando di cogliere quella che è l'anima comedy, divertente e romantica della serie di Darren Star, ammetto che in questa quarta stagione ho fatto più volte fatica a sospendere la mia incredulità e a seguire il flusso senza razionalizzare le vicende.
Ci sono infatti troppe circostanze che sono al di fuori di qualunque logica e senso, specie per quanto riguarda la vita pubblica o lavorativa dei personaggi.
Penso ad esempio, senza farvi spoiler importanti, a Mindy (Ashley Park), che nonostante sia stata selezionata per andare all'Eurovision, non sembra impegnata su questo fronte, ma deve cercare dei lavori per potersi pagare la performance come se dietro ad un evento simile non ci siano case discografiche e sponsor. Nel mentre però Mindy non rinuncia ad una serata fuori o ad un outfit nuovo firmato.
Ma anche il rapporto fra Emily e Gabriel, e i loro andirivieni, sta diventando stantio, e spesso i loro incontri-scontri sono trattati in modo troppo superficiale per convincere.
Ma è tutto sempre molto fluido, non ci si ferma mai in Emily in Paris, non ci sono inghippi che possano prendere più di qualche scena di un episodio, e le risoluzioni dei problemi in generale sono sempre coincidenze tirate fuori da un cilindro che, come per magia, risolve qualunque disastro.
La svolta romana, che ricopre tutta la seconda parte di Emily in Paris 4, in effetti porta aria nuova a questa stagione, con un nuovo personaggio, Marcello Muratori (Eugenio Franceschini), che al netto del nome non scade in uno stereotipo tipico dell'italiano magari incapace di parlare inglese o dalla gestualità eccessiva. Peccato però che anche in questo caso non abbiamo il tempo di conoscerlo perché il suo rapporto con Emily si apre e si chiude quasi sempre senza un vero e proprio dialogo, e senza che questa riesca a spiegarsi per il meglio. E inutile dire poi che se Parigi era piena di cliché, l'ho è altrettanto Roma, che i creatori americani raccontano in modo semplicistico ed eccessivamente romantico.
Esattamente però come la capitale francese, anche quella italiana splende con i suoi panorami, i centri storici e naturali e almeno ci si può rifare gli occhi.
Continua anche lo struscio di outfit più o meno belli, con una maggiore contrapposizione fra lo stile chic ma sobrio e sofisticato di Sylvie, e quello più eccentrico, a volte assurdo e alla Carrie Bradshaw di Emily.
A proposito, questa quarta stagione sviluppa secondo me in modo migliore il rapporto fra le due, visto che la più matura si sta ammorbidendo nei confronti dell'ultima arrivata, dopo averne capito il talento e le capacità.
Degno di nota anche il tentativo di parlare di altro, come i rapporti padri e figli, e di ambienti lavorativi tossici in cui si creano situazioni sessiste, ma sono parentesi molto sbiadite in tutte le altre vicende.
Che abbia visto Emily in Paris 4 senza troppa noia e sempre con estrema facilità, è un dato che non posso negare, così come il fatto che ad Emily ormai le si vuole bene come fosse una di casa, ma a questo punto secondo me è necessario tagliare i vecchi ponti e legami, e creare una nuova strada per la protagonista.
La quinta stagione è stata appena confermata, e spero che colgano l'occasione di questo nuovo inizio di Emily per ritrovare nuova benzina alla serie stessa, magari puntando ad episodi un po' più lunghi come il finale di questa stagione.
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