Può un non sfegatato appassionato di Wes Anderson, rimasto ai tempi di Grand Budapest Hotel, immergersi a pieno nel mondo dello sceneggiatore e regista e sorbirsi tutti i suoi lavori usciti nell'ultimo periodo e rimanerne illeso?
Quattro cortometraggi ed un film, tutti in pieno stile andersoniano, tanto caratteristico da diventare un trend su Instagram, non sono semplicissimi da approcciare, ma ci ho provato e credo ce ne siano per tutti i gusti.
Si inizia con La meravigliosa storia di Henry Sugar, mediometraggio tratto dal racconto dello scrittore britannico Roald Dahl.
Titolo originale: The Wonderful Story of Henry Sugar Genere: commedia, drammatico Durata: 37 minuti Regia: Wes Anderson Uscita in Italia: 27 Settembre 2023 (Netflix) Paese di produzione: Stati Uniti d'America, Regno Unito |
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Il ricco giocatore d'azzardo Henry Sugar, alto e scapolo, per caso scopre un libro che racconta la singolare storia di un uomo in grado di vedere anche ad occhi bendati. Non magia, ma frutto di un lungo studio insieme ad un guru indiano. Sugar capisce subito che può mettere in pratica questa tecnica per i suoi scopi: fare più denaro.
Fra i cortometraggi proposti su Netflix, The Wonderful story of Henry Sugar è il più interessante e quello che secondo me racconta meglio la poetica e lo stile di Anderson, che imbastisce serietà e ironia sempre con lo stesso equilibrio. Le scene, gli sfondi e le linee narrative diventano delle matrioske: ogni cosa di dischiude e ne contiene un'altra, ma poi alla fine tutto si concatena e si interseca. Così come metateatro e metacinema si fondono.
In questo caso, al contrario degli altri cortometraggi, ognuno dei protagonisti, tra cui lo stesso Roald Dahl interpretato da Ralph Fiennes, diventa narratore e anticipatore della storia, rompendo la quarta parete.
Tutto è perfetto, allineato, pulito, non vi è disordine o caos, tutto va sorprendentemente secondo quanto ci si può aspettare. Anderson riempie con le sue palette di colori i vuoti di una sceneggiatura semplice che non trova nodi da sciogliere e da spettatore mi sono risucchiato in questo vortice. È vero, si parla tanto e velocemente, ma credo che si possa tenere senza troppa fatica l'attenzione per meno di 40 minuti, e soprattutto, ripeto, non abbiamo a che fare con una storia così complicata da interpretare.
Alla fine si parla di come raggiungere una ricchezza spropositata possa non essere lo scopo più profondo per la vita di una persona. Capisco chi magari possa trovare tutto particolarmente macchinoso, tanta roba per il fine ultimo, ma questo è Anderson e soprattutto secondo me si muove con talmente tanta fluidità.
Nel suo modo stravagante, penso che la storia trovi la sua perfetta realizzazione proprio attraverso lo stile di Anderson e tutti gli elementi del cast, da Benedict Cumberbatch a Dev Patel, sanno muoversi bene nei panni che rivestono (sebbene non sia vera e propria recitazione, ma più lettura del testo).
La meravigliosa storia di Henry Sugar è però diverso rispetto agli altri cortometraggi. The Rat Catcher, ad esempio, è quella che meno mi ha convinto.
Titolo originale: The Rat Catcher Genere: commedia, drammatico Durata: 17 minuti Regia: Wes Anderson Uscita in Italia: 29 Settembre 2023 (Netflix) Paese di produzione: Stati Uniti d'America, Regno Unito |
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Qui la narrazione è condotta unicamente da uno dei personaggi principali, un giornalista, che, unitamente ad un benzinaio, deve fronteggiare uno strambo cacciatore di ratti arrivato in un villaggio inglese proprio per risolvere il problema dei topi. Questo metterà in pratica i suoi metodi, ma saranno stranamente inefficaci, e per guadagnare qualche soldo, metterà in piedi un raccapricciante spettacolo.
Ne Il derattizzatore, Anderson mette leggermente da parte il suo stile, rendendo meno satura la palette dei colori, e riducendo la scenografia a dei fondali dipinti ma sempre con i suoi tagli netti e la sua fluidità. Non ho colto però il fine di una storia grottesca: posso immaginare che voglia parlare di accoglienza del diverso, ma diciamo che, di per sé, non credo ci fosse questa forte urgenza di tradurre in immagini questo racconto di Roald Dahl.
Sempre più semplice, ma comunque più fondato, Il cigno racconta delle vicende di Peter, o meglio è lo stesso Peter adulto a raccontare ciò che gli accade da ragazzo, quando Ernie e Raymond lo costrinsero a delle prove di coraggio.
Titolo originale: The Swan Genere: commedia, drammatico Durata: 37 minuti Regia: Wes Anderson Uscita in Italia: 28 Settembre 2023 (Netflix) Paese di produzione: Stati Uniti d'America, Regno Unito |
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The Swan ha un messaggio molto più diretto, e che l'insieme è molto più intenso. Anderson ha sempre uno stile ironico, ma in questo caso è più un mood agrodolce. Il Peter adulto infatti è essenzialmente il risultato di una gioventù in cui è stato vittima di bullismo, e pur riuscendo a sopravvivere, ne racconta ancora i traumi. In questo senso diventa emblematico il finale de Il Cigno e, nonostante si spogli di tutta quella macchina scenografica usata negli altri cortometraggi, e il cast sia estremamente esiguo, è stato il mio preferito insieme a La meravigliosa storia di Henry Sugar.
A chiudere il cerchio dei cortometraggi c'è Veleno, dove ritroviamo Benedict Cumberbatch, Ben Kingsley e Dev Patel in un racconto anche in questo caso semplice ma efficace.
Titolo originale: Poison Genere: commedia, drammatico Durata: 17 minuti Regia: Wes Anderson Uscita in Italia: 30 Settembre 2023 (Netflix) Paese di produzione: Stati Uniti d'America, Regno Unito |
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In questo caso il narratore è Timber Woods che rientrando a casa trova il collega Harry immobilizzato a letto, e scopre che questo è tenuto in ostaggio da un serpente velenosissimo. Timber chiama il medico per cercare di risolvere la situazione, ma l'escalation porterà ad un risultato inaspettato.
Sarà infatti un altro il veleno che verrà iniettato, da temere e che finisce per infettare i protagonisti.
La messa in scena e la regia di Poison è leggermente più elaborata rispetto ad esempio a Il Cigno, ma l'ho trovato un corto più coinvolgente, per questo crescendo di tensione che alla fine viene condotto solo dall'immaginazione. Wes Anderson in questo senso è un prestigiatore, non gli serve mostrare per creare la sua magia.
Tutto un altro discorso è necessario per Asteroid City, che fra questi ha tutti gli elementi di un vero e proprio film, sebbene si avvicini al cortometraggio su Henry Sugar.
Genere: commedia, drammatico Durata: 104 minuti Regia: Wes Anderson Uscita in Italia: 28 Settembre 2023 (Cinema) Paese di produzione: Stati Uniti d'America, Germania |
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A metà degli anni '50, nella sperduta e desertica Asteroid City, si tiene una convention per studenti appassionati di astronomia, attirati dalla particolarità del luogo in cui un tempo è precipitato un asteroide. Qui però, le famiglie e le giovani brillanti menti, si ritroveranno in isolamento a seguito di un particolare, inaspettato fenomeno.
In queste condizioni, il fotografo Augie Steenbeck (Jason Schwartzman), rimasto vedovo da poco e non ancora pronto a raccontare ai figli cosa sia successo alla loro madre, si avvicinerà all'attrice Midge Campbell (Scarlett Johansson).
In Asteroid City, ancora più che nei corti, Wes Anderson torna a fare se stesso, caricando le scenografie e la regia con una cura di dettagli maniacale e precisa, puntando sempre ad una teatralità di gesti e scenari riconoscibile e simbolica. E si torna a parlare di metanarrazione, di cinema (e teatro, e televisione) ed è tutto un concatenarsi fra queste diverse meta(?)realtà che si incontrano. Di base il film si snoda in tre filoni differenti, ed è lo spettacolo nello spettacolo, ed il dietro le quinte nel dietro le quinte, e tutto per raccontare anche in questo caso una storia malinconica, agrodolce, da cui far emergere traumi e paure.
Si parla di diversità in fin dei conti, e anche di unicità nella diversità, nell'elaborazione di un lutto, di genitorialità, e di amore, ma anche di solitudine perché ognuno alla fine dovrà affrontare quelle paure da solo.
Tutto viene raccontato con la solita ironia, ma Asteroid City secondo me ogni tanto si incastra nella sua fluidità, come se le ruote dell'ingranaggio fossero dentate, e ogni tanto avessero bisogno di una spintarella. Non posso dire di essermi annoiato, anche perché la durata è tutto sommato corretta per gli intenti, però diciamo che mi aspettavo una maggiore scorrevolezza, e soprattutto capisco chi si sia sentito sopraffatto dall'ennesimo layer andersoniano e di una chiave di lettura dell'intero film che, in parte, arriva solo alla fine. Quei temi inoltre, più che serpeggiare lungo tutta la pellicola, mi son più arrivati qui e lì, magari attraverso qualche dialogo in particolare.
O ancora, un cast colossale come quello raccolto per Asteroid City non si vede tanto spesso, e include nomi come Tom Hanks, Tilda Swinton, Scarlett Johansson, Steve Carell, Maya Hawke, Jeffrey Wright, Adrian Brody, Bryan Cranston, Margot Robbie, ma molti sono ruoli di cameo e un po' spiace.
Per me, alla fine, tutto si riduce al tentare di capire, al domandarsi per meglio dire, sul senso della vita e sul nostro ruolo nel mondo, come tanti personaggi "in cerca d'autore" e tanti autori in cerca di una strada. C'è una risposta a tutto ciò in questo film? Certo che no, altrimenti sarebbe tutto troppo semplice e avremmo decodificato un segreto forse più strano degli alieni.
Chi ama i lavori di Wes Anderson, troverà in Asteroid City quello che si aspetta, quel comfort, quegli omaggi che il regista regala sempre, dall'altro lato chi non apprezza troppo il suo stile e di solito ne è annoiato dalla macchinosità, dal fatto che non vi sia una sola chiave di lettura o personaggi per cui "tifare", chi non riesce a cogliere la differenza fra serio e faceto ma vuole capire ogni singolo dettaglio, potrebbe non riuscire a digerire meglio questo ultimo suo lavoro.
Se invece vi incuriosisce, ma non siete, come me, i primi sostenitori dello stile del regista, magari i cortometraggi potranno soddisfare la curiosità senza stancare troppo.
Eccomi, io sono uno che ha visto solo Grand Budapest Hotel (piaciuto moltissimo). Mi stavo propri chiedendo, chiacchierando in un altro blog, cosa dovessi vedere per entrare un po' nell'ottica di Wes Anderson. Capiti a fagiuolo insomma. Di questi mi sa che Poison è quello che mi attira di più. Magari in questi giorni ci do un'occhiata.
RispondiEliminaSe ti era piaciuto come a me, che comunque non mi sono innamorato follemente di Anderson, ti piaceranno anche i corti. Veleno è in effetti uno dei miei preferiti, insieme a Henry Sugar, e poi durano pochissimo quindi al massimo perdi il tempo di un video Youtube
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