Due miniserie su fatti realmente accaduti, parliamone

Continua la saga delle miniserie che sto man mano recuperando (qui ne trovate altre) e questa volta ne ho due che sono tratte da fatti e personaggi realmente esistiti. 

La prima vede protagonista il buon Damian Lewis (che io avevo seguito in Billions, prima che la abbandonassi) e si intitola Una spia tra noi (A Spy Among Friends).

Andata in onda su Sky e Now da luglio di quest'anno, e tratta da un libro, oltre che appunto da una storia vera, questa miniserie ci porta negli anni '60 e racconta dell'ufficiale dei servizi segreti inglesi Nicholas Elliott (Lewis appunto) il quale scopre che il collega e soprattutto amico Kim Philby (Guy Pearce) ha lavorato segretamente come spia per il KGB. Elliott dovrà mettere tutto in discussione quando l'MI5 e l'MI6 lo sceglieranno per smascherare l'amico ormai da più di 20 anni e non sarà semplice scegliere fra questo rapporto e il suo ruolo e la fedeltà che deve alla sua patria.


Già dal titolo secondo me si può intuire che Una spia tra noi non è solo una serie storiografia con lo sfondo della guerra fredda e i fantasmi della seconda guerra mondiale, e sui rapporti fra USA, Russia e Gran Bretagna, ma gira molto sul rapporto dei due protagonisti, su fiducia e fedeltà, e sul senso di responsabilità che emerge in queste delicate circostanze. In questo caso è appunto una fedeltà doppia, sia rispetto al proprio ruolo, e in questo caso si parla di posizioni importanti, e alla propria nazione, sia nei confronti di un amico fraterno.
Questo argomento viene toccato più e più volte, sia ricostruendo l'amicizia fra Elliott e Philby, sia le fasi di rottura, e dei vari interrogatori che entrambi subiranno.
In questo senso Damien Lewis mi ha stupito perché, sebbene molto spesso metta la sua solita faccia di bronzo, che è uno dei motivi per cui ho smesso di seguire Billions, spesso lo si vede in difficoltà, sinceramente diviso e logorato.


Il cast in generale è il punto di forza di A Spy Among Friends, ed anche la ricostruzione dell'epoca, ma sarei falso a dirvi che è stata una visione che mi ha particolarmente entusiasmato. Per essere infatti comunque una serie di spionaggio, mi è mancata quella parte di intrighi e tensione, quel senso di paura che mi aspettavo, ma soprattutto il ritmo azzoppa la visione, tanto che secondo me va vista quando si è ben predisposti. Ad questa andatura claudicante, fanno da ulteriore zavorra un mix di flashback spesso incasinati che spingono a tenere sempre alta l'attenzione, e una saltuaria verbosità che non aiutano proprio per niente. È vero che qualche battuta alleggerisce un po' i dialoghi, ma non aspettatevi ovviamente il cabaret.
Inoltre, purtroppo, ci sono alcune scene davvero inutilmente scure, quindi anche fatica fisica a seguire la serie. 
Dovete essere molto amanti del genere per apprezzare Una spia tra noi, ma essendo solo sei episodi potreste darle comunque una chance.

La seconda miniserie è invece una produzione di Netflix, sempre in sei episodi ma disponibile dal 10 Agosto 2023, ed ispirata ad un articolo del New Yorker e da un libro, e si intitola PainKiller.

Ci spostiamo a metà degli anni '90 quando nasce la Purdue Pharma, l'azienda farmaceutica con a capo Richard Sackler (interpretato da Matthew Broderick) che, per risollevare le sorti delle casse familiari, decise di lanciare un farmaco chiamato OxyContin, un potente antidolorifico, che creava dipendenza, con tutto ciò che ne deriva. I piani di Sackler non erano però solo quello di mettere in vendita un prodotto pericoloso e che diventasse legale, ma far in modo che si diffondesse in modo capillare, e quindi fece leva su tecniche di marketing altrettanto discutibili, mandando in giro bellissime adepte che convincessero i medici di base affinché prescrivessero quanto più possibile alte concentrazioni di OxyContin.
Questo scatenerà una vera epidemia di oppioidi in America, e solo l'impegno dell'investigatrice Edie Flowers (Uzo Aduba), che si occupa di truffe in ambito medico, contribuirà a smantellare questo sistema che causò tantissimi morti.

Non avendo visto (ancora) Dopesick, che sarebbe la stessa storia ma raccontata da Apple Tv+, ho pensato di vedere intanto Painkiller che si è rivelata una buona miniserie, su una storia che in verità non conoscevo e che credo sia interessante, e dolorosa visto che molti diventarono vittime inconsapevoli, ed anche perché recente. Io l'ho seguita volentieri, grazie anche ad un ritmo costante e appunto alle buone interpretazioni di Broderick e Aduba.
Sto continuando a ripetere "buono", me ne rendo conto, ma ora arrivo al nocciolo.
Nonostante venga definita come drammatica, e vi siano tanti aspetti romanzati, Painkiller ha un taglio secondo me fortemente documentaristico. Questo perché è molto dettagliata nel fornire tutti gli elementi delle vicende, e c'è una coralità di voci e punti di vista differenti che vengono coinvolti. Troviamo anche le testimonianze dei familiari delle vere vittime, che ad ogni episodio ricordano i loro cari.

Dall'altro lato PainKiller cade nello spiegone, visto che Edie Flowers è anche la voce narrante che va a chiarire alcuni passaggi sulle pratiche della Purdue Pharma. Non diventa particolarmente difficile da seguire, ma ci sono diverse scene in flashback che uniscono i tasselli del puzzle. Questa tecnica finisce per risultare ridonante e ripetitiva nel corso dei diversi episodi, e in più punti ho avuto l'impressione che alcuni episodi potessero essere riassunti in meno tempo e spazio, ed avrebbero comunque trasmesso quel messaggio e quel significato.
Painkiller sbrodola sugli episodi finali, per quegli eccessi "alla Netflix", e perché appunto le parti puramente da documentario vengono fuse un po' a forza con la serie. 
Per il resto racconta una storia che merita di essere conosciuta e diffusa ancora e ancora, visto che resta una ferita aperta e sanguinante. 



2 commenti:

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  1. Per argomento la prima potrei dare chance, ma mai dire mai...

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    1. Nel senso che potresti skippare o nel senso che potresti anche dare una chance alla seconda?

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