Ho terminato due delle serie tv che stanno cavalcando la classifica TOP 10 di Netflix, entrambe diverse fra loro per tematiche, ma con quel quid che forse le distingue dai titoli che troviamo in streaming e con qualche elemento sotterraneo in comune.
The Beast in Me
Miniserie
Aggie Wiggs (Claire Danes) è una scrittrice famosa e con un premio Pulitzer da vantare nella sua carriera, tuttavia sul piano personale è profondamente segnata. Dopo la tragica morte di suo figlio non si è più (ovviamente) ripresa, e non ha più scritto molto. Inoltre questo lutto ha portato anche alla separazione dalla moglie Shelley (Natalie Morales).
Quando però Nile Jarvis (Matthew Rhys, The Americans, Perry Mason), imprenditore ben ammanicato nel settore immobiliare, e sua moglie Nina (Brittany Snow) si trasferiscono vicino ad Aggie, la scrittrice ha un nuovo guizzo. È vero, in un primo tempo trova il nuovo vicino molesto, fastidioso ed ingombrante, ma quando ha modo di parlare con Nile, Aggie scopre un uomo inquietantemente affascinante, ricco di luci ed ombre.
Sa bene infatti che il magnate è stato sospettato in passato di aver ucciso la sua prima moglie, e questo potrebbe essere uno spunto per un nuovo libro e magari scoprire la verità sulla faccenda.
Peccato però che quelle ombre sono tutt'altro che frutto di una fama mediatica poco lusinghiera e finiranno per risucchiare anche Aggie.
Con un cast del genere e scoprendo che fra i produttori ci sono nomi come Conan O'Brien e Jodie Foster era inevitabile che The Beast in Me si presentasse con qualche aspettativa in più rispetto alle tante serie tv Netflix. E per una volta tocca ammettere che hanno fatto un buon lavoro, al netto di qualche scivolone.
La serie è, presa nel suo insieme, un thriller psicologico che in fondo non brilla eccessivamente per originalità, lo potete capire anche dalla mia trama: è dai tempi di Jessica Fletcher che scrittrici più o meno equilibrate si lanciano in indagini su crimini di varia natura. In The Beast in Me però questo incipit trova un terreno più fertile perché la storia si intesse con altre vicende secondarie che si basano su temi più ampi. Da un lato c'è il lutto di Aggie, di come questo abbia distrutto la sua famiglia e la sua carriera, dall'altro c'è il mondo dei Jarvis, dei ricchi che riescono a farla franca e a corrompere chiunque. C'è insomma una dualità fra faccende pubbliche e private che si legano e si scontrano.
Gli otto episodi di The Beast in Me hanno poi un ottimo ritmo, si guardano con piacere, c'è suspense da vendere ma è soprattutto la prova interpretativa del duo Danes/Rhys a sorreggere tutta la miniserie. Lei sembra sempre (giustamente) sull'orlo di una crisi di nervi, con una espressività a tratti forse eccessiva ma calzante; lui invece un maestro nel far uscire la bestia dal suo personaggio, per poi tornare più compassato. L'impostazione generale poi ha una allure, uno stile che rendono The Beast in Me qualitativamente più appagante di altre produzioni.
Perde però qualche punto nella votazione complessiva perché purtroppo lo scotto di Netflix va sempre pagato, ed alcuni elementi rendono la miniserie più generalista. Oltre ad una non ampissima originalità generale, qui e lì la storia trova soluzioni, risoluzioni e snodi che sono un po' troppo facili, a tratti prevedibili, specie sul finale.
Ciò comunque non toglie la promozione e la solidità a The Beast in Me, non forse fra i titoli migliori in assoluto quest'anno, ma efficace e appassionante.
The Abandons
Prima stagione
Nel 1854, nella cittadina mineraria di Angel's Ridge, nel pieno del selvaggio west, due matriarche si sfidano e mettono in difficoltà i fragili equilibri del luogo. Da un lato c'è Fiona Nolan (Lena Heady, Game of Thrones), vedova immigrata irlandese che ha adottato alcuni ragazzi emarginati ed orfani insieme all'ormai compianto marito. Dall'altro c'è Constance Van Ness (Gillian Anderson, Sex Education, The Crown), ricca, gelida, calcolatrice, severa ma anch'essa vedova e madre, e detiene il controllo degli affari minerari.
Fra di loro nasce un tiro alla fune sempre più complesso: ad un capo della corda Constance cerca di mostrarsi generosa con Fiona per poterla mettere a tacere, dall'altro quest'ultima non ha intenzione di piegarsi, conscia che ogni cosa ha un costo.
A complicare le dinamiche fra le due donne non è però solo il controllo sul territorio e sui giacimenti, ma anche il rapporto fra i loro figli, pronti a scontrarsi e incontrarsi.
Il genere western non è il mio preferito, ma negli anni avrete capito che mi piace variare e quindi mi butto anche su robe diverse. Ci ho provato con The English e American Primeval, e ora The Abandons con cui non è andata affatto male.
Creata da Kurt Sutter, padre dell'arcinota Sons of Anarchy (che non ho visto), in realtà questa serie tv rimpasta il genere western prendendone alcuni ingredienti ma aggiungendone altri. C'è il sangue, la polvere, gli omicidi, i tradimenti, le sparatorie e la sensazione di essere in un non-luogo con regole tutte sue e con gente disposta a tutto per sopravvivere. In questo senso The Abandons ha delle ottime ricostruzioni del periodo storico e sfrutta bene i bellissimi paesaggi naturali.
Poi però la serie si distacca dal genere e punta più al dramma familiare, alle sotto trame e alle sotto tematiche che forse sono più contemporanee. Già avere due donne al comando si discosta dal solito machismo proposto dai western, ma scavare poi, ad esempio, nelle relazioni più o meno sentimentali dei discepoli Van Ness/Nolan, ci porta verso altri lidi.
Come in The Beast in Me, anche The Abandons si attualizza con temi come appunto la famiglia, vista da prospettive diverse, e l'elaborazione del lutto, ma c'è anche un sentimento quasi politico in fondo. I personaggi e le dinamiche infatti non sono mai bianchi o neri, ma The Abandons si muove su una scala di grigi, dove anche i buoni sono un po' cattivi.
Anche qui inoltre a reggere il peso della serie ci pensa il cast, a cominciare dell'accoppiata Heady/Anderson, passando ai comprimari come Michiel Huisman (L'assistente di volo, Adaline, Hill House) e Nick Robinson (Damsel, Tuo, Simon).
C'è poi la qualità generale a rendere The Abandons piacevole e scorrevole, e la durata di soli sette episodi, alcuni da meno di 40 minuti, aiuta a bersi velocemente tutta questa prima stagione.
Devo però ammettere che questo forte potere intrattenitivo non basta a far eleggere The Abandons come una serie tv davvero unica. Non saprei dirvi nemmeno io perché, ma c'è la sensazione che manchi qualcosa, che sia forse una emotività più corroborante o una non totale adesione al periodo storico.
Certo è che mi piacerebbe se proseguisse e spero salti presto fuori la conferma di una seconda stagione.
0 comments:
Posta un commento
E tu cosa ne pensi?
Info Privacy