Monster: La storia di Ed Gein - Una terza stagione che funziona ma a metà

Il 3 Ottobre è arrivato su Netflix il terzo capitolo della saga Monster, che sta avendo un discreto successo in streaming. La serie antologica, firmata in principio da Ryan Murphy, adesso non solo ha cambiato protagonista ma anche sceneggiatore.

Monster: la storia di Ed Gein è infatti scritta da Ian Brennan, co-creatore comunque di altre serie tv dell'universo Murphy, ed è dedicata appunto al killer Ed Gein, qui interpretato da un magistrale Charlie Hunnam (The Gentlemen).

Tocca ammettere che in questo caso il lavoro è stato complesso rispetto ai precedenti, infatti ho trovato tre diversi livelli di lettura.
Monster - La storia di Ed Gein parte sicuramente dalla vita di quello che diventerà conosciuto come il "Macellaio di Plainfield", a cominciare dal rapporto assurdo con la madre Augusta (interpretata da Laurie Metcalf).
Fervente religiosa fino al fanatismo, Augusta crebbe Edward in modo a dir poco brusco e violento, imponendogli delle regole di condotta tutte sue. Proprio con la morte della madre, Ed non sentirà più quel controllo asfissiante, lasciandosi andare alle sue più oscure pulsioni che portarono agli omicidi e alla necrofilia.

Dal quadro biografico, Monster si sposta verso quello metanarrativo, raccontando l'impatto di Ed Gein nel mondo del cinema horror, la cui storia ispirò Alfred Hitchcock (qui interpretato da uno scarsamente riconoscibile Tom Hollander) nell'adattamento di Psyco, di Non aprite quella porta e de Il silenzio degli innocenti, e in generale nel mondo dell'intrattenimento e della letteratura.

C'è poi una terza prospettiva che Monster ha su Ed Gein ovvero quella del mostro fra i mostri. Non solo la serie fa riferimento all'olocausto e ad Ilse Koch, una delle più efferate torturatrici naziste, che sembra abbia ispirato Gein, ma anche ad altri serial killer che invece hanno visto in lui una sorta di mentore.

E poi ci sono altri mostri, che magari non commettono gesti sanguinolenti, ma che allo stesso modo hanno cercato di strappare pezzi di Ed Gein: mi riferisco a noi, alla società, a tutti coloro che in quegli anni, con curiosità morbosa si avvicinavano alla casa del killer o pagavano per cimeli e per fare una foto sulla sua auto. 

The Ed Gein Story cerca di superare così i capitoli precedenti, allargando i suoi orizzonti in modi in cui la più didascalica stagione su Jeffrey Dahmer e quella più patinata sui fratelli Menendez non erano riuscite. Si punta su una narrativa molto ricca ma che per me, alla lunga, diventa eccessiva e non necessaria. 

La vicenda di Ed Gein si presta ad essere rimaneggiata e non aderire strettamente ad una linea di accuratezza storica proprio per i tanti angoli oscuri che ha lasciato dietro. E mi sta benissimo come approccio, ma la narrazione di Ian Brennan esonda da più punti di vista.

Si concede infatti tante digressioni basate essenzialmente sul nulla, come quelle su Adeline Watkis (Suzanna Son) che ebbe probabilmente un legame o addirittura una relazione con Gein. 

Ma anche l'episodio finale, per quanto comprensibilmente voglia gettare luce sull'importanza delle cure psichiatriche, non solo suona come assolutorio nei confronti dell'assassino, ma è appunto un complesso schizofrenico (tocca dirlo) di pezzi messi insieme fra loro e puramente frutto della mente dello sceneggiatore, che non dà e non toglie nulla alla serie nel suo sguardo più ampio.

L'uso di scene oniriche e allucinatorie infatti, pur coerente con il profilo psicologico di Ed Gein, finisce per creare un po' di confusione: la narrazione si disperde tra visioni, flash e le sequenze "dietro le quinte" dei film che Gein ha ispirato, con passaggi spesso troppo bruschi o discontinui.

L'approccio non documentaristico è sicuramente compreso nel prezzo di una serie tv che non si definisce tale, ed anzi è auspicabile, ma divagare così tanto, su otto episodi da un'ora, fa perdere secondo me il focus alla serie. Non sono arrivato a provare noia, o almeno non sempre, ma in questi momenti mi chiedevo quale fosse lo scopo della serie, cosa volessero dirci davvero.

L'ottimo comparto tecnico, dal cast alla messa in scena, dalla colonna sonora alla regia, non bastano per poter dare una promozione piena a Monster: La storia di Ed Gein, che tra l'altro soffre anche di una sorta di ipocrisia di fondo.
La serie stessa infatti, mentre critica quel voyerismo macabro e quella curiosità pruriginosa di noi spettatori verso certe storie, non fa altro che monetizzare quel buco che ha creato per spiare dalla serratura.

C'è già stata la conferma di una quarta stagione della saga che si chiamerà Monster: la storia di Lizzie Borden sulla assassina vissuta alla fine dell'800. Charlie Hunnam pare tornerà in un nuovo ruolo, ma spero che appunto non decidano di strafare.

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