Cosa penso delle nuove Serie Tv più viste di Netflix

Ti giri un attimo e su Netflix spunta una nuova serie tv che raggiunge la cima della classifica fra le produzioni più viste e lì sorge l'incognita: varrà la pena recuperare l'ennesima acclamata novità o è pura fuffa? Vi dico la mia su cosa ha preso il posto di Kaos e The Perfect Couple al momento. 


Monsters: La storia di Lyle ed Erik Menendez 


Già poco dopo l'uscita due anni fa di Mostro: la storia di Jeffrey Dahmer, si sapeva che la miniserie del prolifico Ryan Murphy (che unisce le forze con suo compare Ian Brennan) sarebbe diventata una antologia e che sarebbero quindi arrivati altri episodi che si concentrano su altre crime story di serial killer americani. Così il 19 settembre è arrivata La storia di Lyle ed Erik Menendez, che racconta la vicenda di due rampolli di buona famiglia che uccisero i loro genitori alla fine degli anni '80 e che tutt'ora si trovano in carcere per scontare la pena a cui sono stati sottoposti. Messa in questi termini sembra che ci sia solo un efferato omicidio da raccontare, ma c'è molto altro e Monsters cerca di raccontarcelo.

Infatti la vicenda di Lyle (interpretato da Nicholas Alexander Chavez) ed Erik (Cooper Koch) Menendez fece e fa tutt'ora discutere perché i fratelli portarono in tribunale una tesi diversa all'accusa: il loro movente non fu accaparrarsi l'ingente patrimonio del padre Josè (Javier Bardem), ma porre fine agli abusi psico-fisici a cui erano sottoposti fin dalla tenera età.

Come dicevo un caso che come sempre accade spacco l'opinione pubblica e mise in difficoltà la giuria, e che Murphy fa diventare un true crime sfaccettato, in cui appunto cerca di raccogliere tutte le prospettive della vicenda, e non fermandosi ai meri fatti giuridici ma calandoli nel contesto sociale dell'America del periodo e soprattutto quello di un dramma familiare pieno di segreti.
Una buona idea, tutto sommato con intenti interessanti, visto che io ad esempio non conoscevo affatto le vicende e soprattutto vista la questione etica che va a sollevare, ma il risultato di Monsters è stato alquanto deludente.

Il caro Murphy sa come prendere queste storie torbide al limite del malato e come rimestarci dentro e soprattutto sa cosa vuol vedere il suo pubblico e così prende una storia dai contorni dubbi, la fa interpretare da due begli attori, li cala nel contesto glam degli anni '80/'90, e va più e più volte a sottolineare le tematiche incestuose e omoerotiche, pensando che sia fatta, ed invece no, non basta. 

Nonostante infatti Monsters: La storia di Lyle ed Erik Menendez abbia anche un episodio in meno rispetto al capitolo precedente, mi è sembrata una miniserie caotica nei suoi passaggi, con salti temporali a volte rifiniti grossolanamente e che si perde in semplici congetture, come i dialoghi fra i signori Menendez, di cui probabilmente non conosceremo mai i dettagli.
E se Murphy sa creare anche degli episodi intensi, come il quinto, che si sostiene sulla bravura di Cooper Koch, si perde poi nel sesto proprio con quelle lungaggini a cui facevo riferimento. Restando in questo esempio, se l'Erik Menendez di Koch è credibile e misurato nelle sue oscillazioni, il José di Bardem mi è sembrato una macchietta strepitante.

È interessante che questa volta, rispetto al caso Dahmer che sottolineava l'incapacità delle istituzioni, non sia solo la crudezza di un efferato omicidio ad essere messo in scena o le possibili molestie subite dai fratelli, ma tutta una serie di "mostri" che la nostra società coltiva: dallo psichiatra dalla dubbia morale, alla avvocata che non vuole la verità ad ogni costo, ma solo vincere il suo caso. Peccato però che queste digressioni siano solo sprazzi qui e lì e non vengano mai approfonditi.

Questa seconda stagione di Monsters non riesce a rinunciare nemmeno a quella patinatura che un true crime non necessita, con una cura dei dettagli meno utili e mettendo attori dai fisici perfetti persino nelle docce in carcere.
Parlando di La storia di Jeffrey Dahmer avevo fatto una panoramica su quella che per me è stata la parabola discendente dei tanti lavori di Ryan Muprhy, ormai tutti accomunati dagli stessi difetti, soprattutto nello squilibrio fra forma e sostanza, ed ammetto che a distanza di tempo speravo che le 
cose fossero cambiate, ma Monsters: The Lyle and Erik Menendez Story mi ha confermato che questa è la cifra stilistica dello sceneggiatore e l'unica strada per me, se non voglio star qui a lamentarmene ogni volta, è starne alla larga. 

Spero di riuscirci, e magari di rileggermi prima di iniziare la terza stagione di Monsters quando arriverà.



Nobody Wants This 
Prima stagione

Già rinnovata (per fortuna) per una seconda stagione, Nobody Wants This è la commedia che forse le persone della mia generazione stavamo aspettando.
Kristen Bell è Joanne, una giovane donna dal carattere forte, indubbiamente disillusa nei rapporti, ma molto socievole e soprattutto libera e disinibita, tanto da aver creato, insieme alla sorella, un podcast che racconta di empowerment femminile e sesso. 
Adam Brody è invece Noah, un rabbino molto preciso sul suo lavoro, che proviene da una famiglia ebraica molto credente e che sta facendo carriera, ma che ha improvvisamente chiuso la storia con la sua fidanzata storica non più soddisfatto del rapporto. Per caso i due si conoscono ad una cena a casa di amici e scatta un feeling difficile da mettere da parte, ma due mondi così distanti possono collimare? In realtà sì, perché il problema non riguarda il rapporto fra Joanne e Noah, ma sono le persone a loro vicine che metteranno i bastoni fra le ruote.

Prendendo alcuni cliché delle romcom che conosciamo, Nobody Wants This riesce comunque a creare quel comfort show che si adatta perfettamente al periodo e che forse da un po' di tempo mancava su Netflix e in generale nel panorama streaming. 
Kristen Bell e Adam Brody, oltre a riportarci alla mente alle serie tv della nostra adolescenza da Millennials, sono perfetti nella loro imperfezione, sono bellissimi in modo umano, riescono a raccontare finalmente una storia d'amore positiva, con due persone che si stanno conoscendo, scoprendo e imparando appunto ad amarsi ed apprezzarsi. Siamo lontani dall'impossibilità di Fleabag nel trovare amore nel suo prete, visto che i rabbini possono sposarsi ed avere una famiglia ma non è semplice, come per qualunque coppia: soprattutto infatti le famiglie dei due protagonisti (in particolare quella di Noah) a mettere i bastoni fra le ruote.
Ma siamo pur sempre in una commedia romantica e quindi ogni inconveniente diventa un disguido su cui ridere perché alla fine Nobody Wants This è una operazione feel-good ben riuscita secondo me.

Ma ad avermi convinto non è solo il modo positivo di raccontare una relazione, con da un lato una persona più equilibrata, che deve fare le sue scelte, ma sa comunque avere polso quando serve, e dall'altro una che invece deve trovare quell'equilibrio, ma anche lo stile con cui questo viene raccontato. Perché infatti è uno modo di raccontare fluido, a tratti divertente, a volte riflessivo e sicuramente molto contemporaneo. Ma soprattutto Nobody Wants This è promossa perché non mi sembra vogliano creare una serie rivoluzionaria, che sconvolga o che sia unica nel suo genere, ma qualcosa di solido e convincente per animi romantici ma non troppo sdolcinati e soprattutto per noi grandicelli, visto che entrambi i protagonisti hanno più di 30 anni. 
È imperdibile? No, certamente, ma terrà compagnia, specie se cercate una fuga da cose seriose e malate come la storia dei fratelli Menéndez.

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