|Sotto la copertina|
Due chiacchiere sui libri più letti delle scrittrici italiane del momento

In questo periodo dell'anno "sotto la copertina" diventa "sotto l'ombrellone" o al massimo "sotto il lenzuolino", perché parliamo di letture estive o giù di lì. Mi sono concentrato in questi mesi caldi su alcuni dei libri più letti scritti da autrici donne italiane, ma non è tanto la loro posizione in classifica ad avermi attirato, quanto per gli argomenti che trattano. 

Il primo libro terminato non è un romanzo, ma più un saggio su una controversa inchiesta che è stata condotta da un'altrettanto controversa giornalista. Mi riferisco a Selvaggia Lucarelli e al suo Il vaso di Pandoro. Ascesa e caduta dei Ferragnez.


Genere: saggio, inchiesta
Editore: Paper First
Pagine: 256
Data di pubblicazione: 14 maggio 2024
Prezzo: €15.20/ ebook €9.99

Un titolo che trovo geniale perché effettivamente il libro vuole far luce sull'arcinota vicenda della caduta di Chiara Ferragni (ed ex consorte) dall'Olimpo delle influencer più amate, seguite e idolatrate d'Italia (e non solo), a seguito della multa dell'Antitrust per aver camuffato un'operazione commerciale sotto le vesti di atto benefico. Era dicembre dello scorso anno e da imprenditrice digitale e paladina dei social, attiva in varie attività caritatevoli, Ferragni si è ritrovata a perdere follower, credibilità e contratti con le più grandi aziende con cui collaborava.

Così i titoli delle testate giornalistiche, che prima ne tessevano le lodi, finiscono per raccontarne il caso giudiziario che ancora adesso deve trovare una sua definizione.
Selvaggi Lucarelli, che da sempre si occupa di raccontare le contraddizioni dei Ferragnez, cercando di raschiare sotto la patina dorata di cui è rivestita ogni loro apparizione sui social e non, ha raccolto nel suo libro tutti i dettagli di questa vicenda, partendo dagli albori della carriera di Chiara Ferragni, passando ad esaminare le sue défaillance e di qual era il sistema con cui sembra cercasse insieme al marito di riparare a situazioni che ne avrebbero minato la reputazione con quella che viene definita come "filantropia notiziabile".
Lucarelli ovviamente sottolinea il suo ruolo all'interno di questo caso, che non è meramente gossipparo o eventualmente giuridico, ma come dice la stessa giornalista, riguarda tutti noi. 

Il Vaso di Pandoro è un libro multistrato, che racconta in modo chiaro, completo e dettagliato tutti i punti del pandoro gate, e più in generale dell'approccio social dell'ex coppia Fedez-Ferragni, ma anche arrivando a quello che è stato l'effetto di queste vicende sul mondo dei social, degli influencer e della comunicazione in generale.
So che per molti può sembrare una faccenda appunto da relegare a giornali di serie B o che non li tocca, solo perché non si seguono questi personaggi (nemmeno io lo faccio attivamente) o perché da sempre li si è reputati negativamente, ma tutti subiamo l'influenza di quello che vediamo sui social ed ormai si parla sempre più spesso sulla correlazione fra salute mentale e uso dei media che facciamo. Qui e lì, Il vaso di Pandoro tenta di porre le basi per una discussione più ampia, anche di come può essere calata la fiducia negli enti benefici in generale, ma appunto si concentra sulla questione Ferragni.

È una lettura svelta, che non richiede troppa attenzione, con uno stile semplice e comprensibile anche da chi il mondo dei social lo conosce solo perché al massimo condivide le foto delle vacanze e chi in generale ha guardato a quel mondo con troppo disincanto.
Non apprezzo però molto quando dalla corretta indagine giornalistica, Selvaggia Lucarelli sfocia in quella che potrei definire come attacchi personali. Definire "scialba" ad esempio Valentina Ferragni, sorella di Chiara, mi sembra una di quelle sottolineature non necessarie. Ma non condivido nemmeno le ripetizioni su quanto i Ferragnez ostentassero (e ostentino) la loro ricchezza generando invidia sociale: con questo ragionamento ogni cosa condivisa sui social può essere oggetto di invidia, ma sta a noi avere un approccio sano su tutto quello che vediamo e sentiamo e che scegliamo di seguire sui social. È un discorso però molto più ampio.

Dopo un saggio controverso mi sono voluto dedicare ad un romanzo più tradizionale, puntando a La portalettere della scrittrice leccese Francesca Giannone, che si è aggiudicata il Premio Bancarella 2023.

Genere: narrativa
Editore: Nord
Pagine: 419
Data di pubblicazione: 10 gennaio 2023
Prezzo: €18/ ebook €9.99

E proprio in un paesello del Salento che Giannone inserisce la sua protagonista Anna, torinese d'origine che nel 1934 si trasferirà al sud per amore, e qui conoscerà la famiglia di suo marito Carlo e tenterà di ambientarsi pur mantenendo il suo carattere forte, volitivo e soprattutto non sostando alla visione di una donna remissiva e casalinga come si confaceva alle figure femminili dell'epoca, specie al sud. Invece la visione moderna di Anna la porterà a diventare la prima portalettere donna di Lizzanello, e da forestiera riuscirà per più di vent'anni ad entrare in punta di piedi nella vita dei suoi abitanti, lasciando un segno profondo anche in alcuni di loro.

Francesca Giannone si è ispirata alla storia della sua bisnonna per raccontare uno spaccato della storia del nostro paese attraverso le vicende della sua protagonista Anna e non solo, creando un romanzo che è un ibrido fra la saga familiare, il romanzo di formazione e quello d'amore. Lo stile di questa sua prima opera è molto scorrevole, piacevole, sapendo dosare le descrizioni e i dialoghi. Purtroppo però non ho capito come abbia fatto a diventare il romanzo più letto del 2023 perché ha davvero tanti difetti secondo me.

La protagonista Anna, nonostante i modi all'avanguardia e dalla mentalità aperta, mi ha suscitato antipatia per tutte le pagine, soprattutto per la sua visione unilaterale: solo il suo punto di vista è quello che ritiene corretto, non contemplando che anche gli altri possano avere le loro ragioni, magari anche più di lei che non conosce certi dettagli delle vite altrui. E purtroppo Francesca Giannone non ha contemplato una evoluzione per Anna, ma nemmeno per gli altri personaggi che sembrano non essere scalfiti dalle lezioni impartite dalla vita.
Si arriva ad un finale che ovviamente non vi spoilero ma che appunto non cambia molto le storie raccontate, e che mi è risultato anche più sbrigativo rispetto a tutto il resto, come se fosse urgente concludere il romanzo. Capisco questa scelta, per non voler banalizzare troppo la storia con una sorta di prevedibile lieto fine, ma mi pare anche assurdo che nessun personaggio riesca ad emergere.

Altrettanto insopportabile è ad esempio è Lorenza, nipote di Anna e Carlo, che questa giustamente coccola e protegge.
Ho trovato poi stucchevoli ed inverosimili alcuni dialoghi, come Carlo e Antonio che si chiamano a vicenda costantemente "fratellone" e "fratellino", nemmeno fossimo in una sit-com degli anni '80. Ma tutto il contesto storico sembra sottosviluppato: il fascismo e la guerra che ne consegue quasi non influisce sulle vite dei salentini, e alcune cose suonano strane, come un prete che si mette a fare una violenta scenata di gelosia per strada. 
Inutile dire che anche i temi che si vanno a toccare, sia più contemporanei che più datati, sono tutti abbozzati. 

Amando le saghe familiari, mi sarei voluto innamorare dei personaggi de La portalettere, ma alla lunga è solo cresciuta in me una grossa delusione e un po' di pentimento per aver iniziato un romanzo che non ha la brevità per potersi permettere certi difetti.

Poco dopo aver terminato questo romanzo, è uscito il nuovo lavoro di Francesca Giannone, Domani, Domani ma ho preferito evitare e per cercare di rimediare a questa frustrazione, ho cambiato del tutto genere passando a quella che, oltre ad essere una biografia è anche un testamento, e mi riferisco a Ricordatemi come vi pare. In memoria di me di Michela Murgia.


Genere: biografico
Editore: Mondadori
Pagine: 324
Data di pubblicazione: 30 aprile 2024
Prezzo: €18.52/ ebook €11.99

Con Michela Murgia ho fatto un percorso particolare, esplorando prima le ultime uscite e dopo Tre Ciotole mi sono mosso ancora in avanti con questo suo libro pubblicato postumo la sua morte avvenuta ormai un anno fa.
Proprio per il lancio di Tre Ciotole pare che sia nata l'idea dietro Ricordatemi come vi pare: per una settimana Murgia ha raccontato al suo editor e amico Beppe Cottafavi le sue storie, la sua visione della vita, del mondo e della sua famiglia queer, ma anche quello che è stato il suo passato, dalla vita in Sardegna, fino ai primi successi letterari e all'impegno politico, passando per il rapporto con il padre e la madre ed anche la sua passione per il coreano e i BTS.
Ancora una volta Michela Murgia mantiene la sua lucidità, il suo eloquio per raccontare come è diventata quello che è stata e che è tutt'ora: una delle intellettuali più brillanti ma al tempo stesso contemporanee che abbiamo, che ha vissuto questo tempo a pieno, prendendosi il bello ed anche il brutto.

A volte si ha proprio l'impressione di sentire la sua voce in questo racconto che diventa scorrevole per il linguaggio quasi dialogico ma che è spesso, denso, intenso ed intimo, in cui ho letto sincerità e come sempre non si tira indietro dal manifestare quello in cui crede anche da un punto di vista socio-politico. È questa forse la cosa che più mi ha stupito: Michela Murgia poteva anche "farsi i fatti suoi", godersi gli ultimi giorni della sua vita e raccontare cioè che le aggradava di più con uno slancio egoriferito. Ed invece ancora una volta dimostra la sua voglia di lottare e condividere i suoi ideali e ciò in cui ha creduto e dibattuto da sempre, lasciandoci ancora una eredità importante.

Non credo ci sia molto da aggiungere su un libro simile, non è forse possibile una recensione e dire se sia bello o brutto, ma non è certamente una lettura da spiaggia, perché richiede una attenzione in più e non sempre c'è leggerezza, per quanto si colga la sua ironia. L'unico intoppo che ho incontrato sono i racconti e i testi perduti di Michela Murgia che si alternano qui e lì ad appunto il suo racconto principale, e che non sempre secondo me si collegano con quanto stava raccontando. A volte, ma capisco sia un mio limite, mi sono sembrati dei racconti troncati, che tolgono fluidità alla lettura.
Per il resto sono molto contento di averlo letto.


Per il momento mi fermo qui, visto che ho sproloquiato abbastanza, anche se ho quasi terminato un altro romanzo che sta avendo tanto successo, e magari farò un altro episodio di Sotto la copertina senza aspettare altri quattro mesi.



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Le mie opinioni sugli altri prodotti corpo che ho usato questa estate

Se pensate che questa estate abbia usato solo questa linea di Biolis per prendermi cura della pelle del corpo, sappiate che mi sento quasi offeso, perché secondo me è inevitabile che con le alte temperature si consumino molti più prodotti. 
Ho pensato quindi di raccogliere in un'unica recensione quella che potrei definire la skincare corpo di questi mesi, con prodotti economici e che in linea generale mi sono piaciuti, anche se alcuni non li ricomprerei.

In queste recensioni mancano però i due deodoranti che vedete in foto e che ho utilizzato in questo periodo, ovvero il Deodorante No Gas Melagrana di Biolis, di cui avevo parlato qui un paio di anni fa e che ho riacquistato di recente confermando la stessa impressione che ho avuto all'epoca, e quello di Salt of The Earth che è un refill acquistato l'anno scorso, che vale per 5 flaconi e che ho alternato appunto ad altri deodoranti, per questo mi è durato esattamente quanto il PAO. Qui trovate la recensione in caso l'abbiate persa.
Quindi vediamo i "nuovi" prodotti sperando di non ammorbarvi troppo.


Alverde Docciaschiuma Rinfrescante
Pompelmo e Bambù



INFO BOX
🔎 dm-drogeriemarkt.it, catene DM
💸 €1.59
🏋 250ml
🗺 Germania
⏳  Scadenza sulla confezione
🔬 Natrue, Vegan


Credo sia ormai il quarto doccia gel Alverde che provo e la sensazione che ho avuto è che questi prodotti si somiglino un po' tutti, sia negli aspetti positivi che quelli negativi.
Nel caso specifico il Docciaschiuma Pompelmo e Bambù contiene sia gli oli essenziali che l'estratto dell'agrume, che hanno proprietà antiossidanti e seboregolatori, e quello appunto della pianta asiatica che dovrebbe idratare la pelle ma anche renderla elastica. Inoltre c'è sempre il trittico di glicerina, tocoferolo e succo di aloe che rendono la formulazione più idratante.
Anche questo Docciaschiuma Alverde ha una consistenza in gel fluido che diventa quella che ritengo una sufficiente quantità di schiuma per rendere il momento della doccia soddisfacente. Preferisco in generale prodotti più avvolgenti, ma per una rinfrescata veloce estiva si può fare, anche perché si sciacqua in fretta.


Il doccia gel Pompelmo e Bambù Alverde si merita una promozione su più fronti: pulisce infatti bene la pelle, ma senza seccare eccessivamente e senza irritare anche appunto nei lavaggi frequenti o su una cute che è già stressata da altri fattori. È un prodotto che secondo me accontenta un po' tutti, ma se cercate un detergente un po' più nutriente, leggete più in basso.
Oltre a rendere la pelle abbastanza elastica e morbida, dà anche una sensazione di freschezza delicata, ma è soprattutto la profumazione che mi dà quell'effetto energizzante e rinfrescante. Ha infatti una fragranza con note agrumate che si sprigionano durante la doccia e sicuramente svolgono la loro funzione sebbene non riescano ad aderire al 100% alla pelle o a permanere una volta fuori dalla doccia.

A non farmi riacquistare, almeno nell'immediato, questo docciaschiuma Alverde non è solo la questione che ancora non ci sono negozi DM dalle mie parti, ma anche il fatto che non abbia nulla di così particolare da farmelo preferire a prodotti che potrei invece trovare anche da Tigotà o affini. Quindi l'ho usato e terminato volentieri, ma non è il mio doccia schiuma per la vita.


Balea Natural Beauty Gel Doccia
con Mandorla e Fiori di ciliegio


INFO BOX
🔎 dm-drogeriemarkt.it, catene DM
💸 €1.39
🏋 250ml
🗺 Germania
⏳  Scadenza sulla confezione
🔬 Vegan

Resto fra i brand di DM con quella che credo sia la linea più "green" di Balea, e infatti questo gel doccia Mandola e Fior di Ciliegio contiene circa il 96% di sostanze di origine naturale ed il 98% di sostanze biodegradabili. Si tratta comunque di una formulazione molto semplice con attivi come l'olio di mandole, la glicerina e appunto l'estratto di fiori di ciliegio che pare abbia un effetto antiossidante.
Anche in questo caso abbiamo a che fare con un gel fluido che non produce tantissima schiuma, ma è sufficiente per potersi lavare senza dover utilizzare troppo prodotto.
Sul sito DM ci sono alcune recensioni che descrivono questo Gel Doccia Balea come troppo liquido o troppo delicato, ma io non ho riscontrato questi problemi.

Infatti, usandolo con una spugna o con le mie spazzoline in silicone, non ho avuto difficoltà ad utilizzarlo, e soprattutto non lo trovo così delicato, ma credo che deterga abbastanza bene.

È vero che il doccia gel Mandorla e Ciliegio Balea è un po' più emolliente ad esempio rispetto a quello di Alverde di cui vi ho parlato sopra, e credo possa accontentare anche pelli leggermente più esigenti, specie se associato ad una buona crema corpo.

Quindi da questo punto di vista è anche questo un detergente che apprezzo, che ho potuto utilizzare tutti i giorni senza problemi o irritazioni, e che ho quasi terminato con soddisfazione.
Arrivo però al tasto dolente che è il motivo, oltre alla reperibilità, per cui non riacquisterei questo gel doccia Balea, ovvero la profumazione. Io mi aspettavo qualcosa di fresco, floreale, anche in questo caso vagamente energizzante, ed invece ha una fragranza dolce, come di fragola e panna, con una nota che non comprendo e che non mi fa impazzire. Fortunatamente per me non è né troppo penetrante ne particolarmente intensa e persistente sulla pelle una volta asciugatomi, quindi l'ho tollerata, ma non è fra le fragranze che più apprezzo.



Lady Venezia Crema Corpo al Tè Matcha
Rivitalizzante e Purificante


INFO BOX
🔎 Grande Distribuzione
💸 €2.50
🏋 200ml
🗺 Italia
⏳  12 Mesi
🔬 //
È stata una piacevole scoperta questa crema corpo di Lady Venezia, che è un brand made in Italy, di Vicenza per l'esattezza, che ho trovato da Splendidi e Splendenti ma che credo sia disponibile anche da MD. 

Ad avermi colpito è stato sicuramente il prezzo, del tutto equo, ma anche l'INCI, visto che troviamo ben due estratti di tè verde, attivo non solo ricco di caffeina e teina, che quindi stimola il microcircolo, ma anche di tannini e varie sostanze che lo rendono un ottimo antiossidante. Il resto della formulazione di questa crema corpo Lady Venezia è composta da emollienti e nutrienti come burro di karitè, olio di mandole dolci, e umettanti come glicerina e acido ialuronico. 

L'aspetto che nell'uso mi ha convinto è la consistenza: infatti ha una texture cremosa ma leggermente gelificata che la rende molto facile da stendere, senza creare patine bianche, ma soprattutto leggera e fresca.
Temevo un po' che la presenza di oli e burri vegetali potessero appesantire questa Crema Corpo Tè Matcha, ed invece ho trovato un prodotto perfetto per l'estate, che si stende senza fare scia bianca e soprattutto che si assorbe rapidamente senza lasciarmi unto o appiccicoso, aspetto fondamentale con questo caldo.

Dall'altra parte, questa leggerezza della texture, si traduce in una idratazione sufficiente per pelli normali e leggermente secche, ma credo non per pelli più disidratate, a meno che magari non la applichiate più volte durante la giornata.
A me comunque risulta abbastanza efficace e non ho mai sentito ad esempio la pelle secca o tirante nel corso della giornata, ma probabilmente non la acquisterei durante l'inverno e la stagione fredda perché preferisco consistenze più spesse ed un nutrimento più intenso.
Non mi sono soffermato sulla profumazione di questa crema corpo Lady Venezia perché è molto leggera, direi fresca e neutra, ma soprattutto poco persistente quindi non c'è molto altro da aggiungere se non che vorrei scoprire meglio questo brand.


Greenique Crema Corpo Rivitalizzante Fresca


INFO BOX
🔎 Tigotà, Grande distribuzione
💸 €2.99
🏋 250ml
🗺 Italia
⏳  12 Mesi
🔬 //
Visto che adesso bazzico di più Tigotà, sto provando vari marchi e Greenique è uno di quelli che avevo notato da diverso tempo. Abbiamo a che fare sempre con una azienda prodotta in Italia, e ad attirare la mia attenzione verso questa crema corpo è stata quel "fresca" che specificano sulla confezione, ma il "profumazione intensa", due caratteristiche che mi piacciono molto e che cerco.

A proposito della freschezza, questa deriva dall'estratto di menta, ma immagino anche dall'azione lenitiva del succo di aloe, ma questa crema corpo Greenique è ricca di emollienti come il burro di karitè, e nelle posizioni più alte dell'INCI ci trovo anche il tocoferolo antiossidante.

Scorrendo fra gli ingredienti troviamo anche acido ialuronico, che non guasta, ma se notate, in basso, c'è anche un colorante, perché in effetti la crema ha una tonalità di azzurro baby che mi ha stupito. Fortunatamente non mi sono ritrovato a trasformarmi in un puffo e non ho notato macchie sui vestiti, ma diciamo che non ne vedo tantissimo la ragione.

A parte questo, la crema corpo Rivitalizzante Greenique mi è piaciuta tantissimo: abbiamo a che fare con una consistenza leggermente più spessa e soda rispetto a quella di Lady Venezia, che fa una leggera scia bianca ma che comunque riesco a stendere con facilità e che nel giro di tipo un minuto si è completamente assorbita. Per queste caratteristiche l'ho preferita la sera quando le temperature sono un po' più clementi ed è una crema corpo che penso possa piacere a pelli un po' più tendenti al secco e vogliono un prodotto più nutriente ma sempre non troppo pesante o grasso.

Io stesso potrei usare questa crema corpo in autunno e nelle stagioni intermedie, quando il clima è un po' più indulgente. In ogni caso ha un ottimo potere idratante e nutriente, mi lascia la pelle morbida, liscia, elastica e soffice al tatto, ma che dà comunque una gradevole sensazione di freschezza (anche in questo caso nulla di glaciale, ma comunque piacevole e non disturbante).

E per quanto riguarda il "profumazione intensa"? Direi che Greenique rispetta anche questo aspetto: la crema infatti ha un odore molto buono, anche questo fresco, con note di muschio bianco e abbastanza unisex. Io credo abbia una intensità medio alta e una buona persistenza sulla pelle, ed ammetto che trovare una crema corpo con una profumazione che si senta e rimanga anche per alcune ore e che sia comunque economica, non è una impresa semplice. 
Sicuramente darò altre chance anche a Greenique



Bottega Verde Eau de Toilette Legno Marino 
Uomo

INFO BOX
🔎 Sito dell'azienda, negozi monomarca
💸  €8.50 (in offerta)
🏋 50 ml
🗺 Made in Italia
⏳  36 Mesi
🔬 //

La mia routine corpo estiva non poteva non concludersi con un profumo ed ho voluto dare un'altra possibilità a Bottega Verde, visto che avevo avuto un'ottima esperienza con una loro eau de toilette, di cui vi ho parlato qui

E potrei dirvi di Legno Marino le stesse cose che vi avevo raccontato all'inizio di quest'anno perché ha le stesse qualità. Ovviamente la piramide olfattiva è completamente diversa perché questa eau de toilette ha

  • Nota di testa: bergamotto, mandarino, arancio, bacche di cardamomo, pepe nero,
  • Nota di corpo: lavanda, noce moscata, rosmarino, accordo ozonato,
  • Nota di fondo: legno di cedro, patchouli, muschio bianco, ambra orientale
e ne nasce una profumazione che mi piace tantissimo. Appena spruzzata Legno Marino emana una fragranza agrumata ma non banale né tipo detersivo per i piatti, anche perché si sente subito la parte centrale della profumazione, ed in particolare la lavanda e le note di ozono, che sono quelle più marine, e per fortuna non percepisco il rosmarino che probabilmente, fosse più intenso, non mi garberebbe.

Passato del tempo emergono gli accenti legnosi e di muschio bianco, ma senza dimenticarsi di essere una profumazione fresca e che secondo me è perfetta per l'estate. 
Ho scelto Legno Marino proprio sperando che avesse delle note salmastre estive ma che non risultasse troppo salina e così è stato, perché trovo che l'accordo sia ben bilanciato, ed una volta che si setta è una fragranza che mi piace tanto proprio perché non risulta troppo scontata e cheap.

È una eau de toilette che mi fa sentire a mio agio, che credo sia piacevole da sentire senza risultare invadente, perché ha una intensità buona, ma senza diventare troppo penetrante o pungente. È pur sempre una eau de toilette quindi sapete che si tratta di un profumo ad intensità moderata.
Per quanto riguarda la durata, Legno Marino Bottega Verde regge bene sulla pelle per circa 5 ore, ma è sugli indumenti che secondo me dura maggiormente tanto da sentirlo anche il giorno dopo.
Per me è più una fragranza da sera, pur non essendo forse fra le più eleganti che abbia mai sentito e pur potendola indossare anche di giorno senza diventare "troppo".
Credo che rispetto all'altro profumo Bottega Verde, questo è forse un po' più maschile, ma se vi piacciono queste note non vedo perché non dargli una chance.

Ho diversi profumi da utilizzare e di cui parlare, anche andando incontro all'autunno, ma Bottega Verde in questo senso per me sta diventando una certezza e di questo passo finirò per provare tutte le loro eau de toilette. 




Le serie tv crime tratte dai romanzi che mi hanno deluso (anche una insospettabile)

Due serie tv crime recenti ed attese (forse una più dell'altra) e due delusioni (una più dell'altra).


Come uccidono le brave ragazze
Prima stagione

Avrete sicuramente sentito parlare di Come Uccidono le brave ragazze, uno dei titoli che mi sembravano interessanti quando Netflix aveva lanciato a fine luglio il classico video con le nuove uscite di agosto. La curiosità nasceva soprattutto dal vedere Emma Myers in dei panni diversi da quelli che l'hanno resa famosa in Wednesday, mentre la stori ami sembrava un giallo young adult godibile.

Lei interpreta Pippa "Pip" Fitz-Amobi, una sveglia ragazza inglese che è in qualche modo perseguitata da uno degli ultimi ricordi che ha di una ragazza uccisa qualche anno prima. La morte di Andie Bell ha infatti sconvolto tutta la comunità di Little Kilton, e Pip non può perdere questa occasione: con la scusa di un progetto scolastico decide di indagare su cosa sia successo veramente ad Andie e se è stato davvero il suo ragazzo dell'epoca, Sal, ad averla uccisa. 

Non ho letto il libro di Holly Jackson da cui Come uccidono le brave ragazze è stata tratta ma, presa a sé, posso dire che è stata una piccola delusione, o per lo meno non quello che mi aspettavo.
Si parte da una storia che credo sia stata utilizzata su più fronti in serie tv e film, sia per quanto riguarda ragazze carine e popolari che scompaiono o appunto vengono fatte fuori, come succedeva in Cruel Summer per esempio, sia per quanto riguarda l'altra parte della medaglia ovvero giovani investigatori ed investigatrici che, con fatica ed osteggiati da tutti, riescono a risolvere un caso che polizia e agenti non sono riusciti a chiarire, come in Home Before Dark.

Niente di nuovo sotto il sole, e forse va bene così ché di storie davvero inedite ce ne sono poche, e soprattutto a volte il senso di certezza, di sicurezza, è forse la chiave vincente per rendere una serie (o un film) interessante per lo spettatore.


Non è stato così per me con Come uccidono le brave ragazze, che casca fatalmente proprio nella costruzione della crime story che vuole raccontare, perché l'impressione che ho avuto più volte è stata quella di essere lasciato o troppo fuori dall'intreccio del mistero da risolvere, o troppo dentro, arrivando io stesso alla soluzione prima che venisse mostrata sullo schermo. 

Senza contare che sono poi troppe le coincidenze con cui Pip e le sue indagini riescono ad andare avanti, richiedendo così un costante spostamento della propria logica e credulità.
La stessa protagonista fa spesso scelte che non sono poi così logiche, nonostante ci venga presentata come una ragazza molto sveglia e intelligente.
In generale i personaggi sono tutti abbastanza piatti e poco sviluppati, nonostante facciano tutti un buon lavoro. La stessa Emma Myer secondo me non aveva molti appigli per poter spaziare con la sua caratterizzazione.


Senza contare che, come spesso accade, alcuni personaggi secondari sono interpretati da attori che non sembrano esattamente adolescenti o al massimo ventenni.

Per fortuna A Good Girl's Guide to Murder dura solo 6 episodi da circa 40 minuti ciascuno, quindi non si può dire che abbiano tirato le cose troppo per le lunghe, ma penso che si poteva fare di meglio.
Ho apprezzato comunque che abbiano miscelato bene i temi che la serie tocca, come razzismo, amicizia, droga, consensualità, integrazione e rapporti genitori-figli, senza far diventare il tutto moraleggiante. 
Pare che i romanzi di Holly Jackson con protagonista Pippa, siano una trilogia, quindi immagino che se la serie Netflix riscuoterà il sufficiente successo ci saranno altre stagioni, ma è presto per dirlo.


La donna del lago
Miniserie

Sempre più attori e attrici si stanno avvicinando al mondo della serialità, consci del fatto che non si tratta più di produzioni minori o di qualità inferiore, ma possono essere intrattenimento di primo livello. L'ultima ad essersi convinta è addirittura Natalie Portman, attrice premio Oscar che fino ad ora aveva snobbato le serie tv, ma si è lanciata per La Donna del Lago, miniserie su Apple Tv +, di cui è anche produttrice esecutiva e che è terminata proprio il 23 Agosto.

Portman interpreta Maddie Schwartz, una donna e madre di buona famiglia che conduce una vita che oggi definiremmo "very demure", seguendo i dettami e le tradizioni della comunità ebraica di cui fa parte. Qualcosa però in lei esplode, facendole ritornare la sua passione per il giornalismo, quando una ragazzina di nome Tessie Durst scompare per poi essere ritrovata morta, evento che sconvolgerà la comunità di Baltimora. Siamo a metà degli anni '60 ed è impensabile che una donna venga presa sul serio come giornalista investigativa, ma Maddie è tenace e non potrà fare a meno di seguire il suo istino e cercare il killer, specie quando un'altra donna, una certa Cleo Johnson (Moses Ingram) sembra essere stata assassinata. 

Spero che questa introduzione seriosa vi faccia capire quanta roba sia La donna del lago e quanto fosse pulsante la mia curiosità e le mie aspettative prima di vederla, e quanto altrettanto cocente sia stata la mia delusione una volta arrivato alla fine dei 7 episodi di cui è composta.

Anche in questo caso abbiamo una serie tv tratta da un romanzo, di Laura Lippman per essere precisi, che tra l'altro si ispira a due fatti realmente accaduti e a come questi vennero trattati in modo differente dalla stampa dell'epoca.

Il primo impatto con La donna del lago è più che positivo e si capisce che l'investimento di Apple Tv deve essere stato importante perché l'impressione che si ha è quella di una produzione cinematografia che non ha badato a spese per cast e ricostruzione dell'epoca, con scene e costumi ottimi.
È però lo sviluppo che non mi ha convinto: l'idea di far proseguire e quasi confrontare i vissuti delle due donne, molto vicine nel modo in cui la società le marginalizza, ma comunque molto diverse, mi piaceva, ma poi diventa tutto un guazzabuglio.

Ci vogliono infatti tre episodi prima che la storia inizi davvero e che la parte più thriller finalmente inizi ad essere dispiegata. Impiegare praticamente metà stagione per porre le basi e farci conoscere tutte le pedine sullo scacchiere mi è sembrato un po' troppo, anche perché La donna del lago è una serie tv a cadenza settimanale e seguirla in contemporanea, senza accumulare episodi, è stato un po' frustrante.
La conferma che i primi episodi fossero troppo dilatati l'ho trovata nel fatto che gli ultimi hanno effettivamente una durata inferiore, per cercare di dare ritmo all'intreccio che forse più interessa, ed arrivare ad una risoluzione.

Credo che l'intento (buono sicuramente) di questa costruzione narrativa sia dovuta al fatto che volessero rendere più articolata e meno convenzionale una vicenda che in realtà non è così complessa, ma anche poter inserire quanti più temi possibili per creare uno scenario storico più "realistico" e completo.

Si parla infatti di razzismo a più livelli, di antisemitismo, di oppressione verso le donne e di diritti ancora assenti, di disuguaglianza sociale, della politica e dei tumulti dell'epoca, ma anche di salute mentale, ma anche qui è tutto troppo.

Quello che manca in Lady in the lake è invece spesso la tensione, quella reale spinta a voler vedere cosa accade dopo senza troppi giri e perdite di tempo. 
E la serie di minutaggio ne ha parecchio a disposizione ma punta a troppe scene oniriche (e anche qualche copulazione che avrei evitato) che non ci dicono nulla sia sulla protagonista che sull'avanzamento della storia. Dedicare un'intera puntata a una sequela di sogni e visioni, e lasciare l'ultimo episodio come spiegone della parte crime è quel colpo di grazia che non mi aspettavo.

Sono sicuramente buone le interpretazioni di Natalie Portman e Moses Ingram anche se sono convinto si potesse fare qualche sforzo più con i dialoghi che spesso suonano finti e altisonanti.

Pur avendo tutte le carte in regola per essere una serie tv di primissimo livello (ed in parte lo è), La donna del lago secondo me non ha saputo coniugare e far coesistere il dramma sociale con l'indagine da thriller tradizionale, finendo per perdersi dietro scelte che non sempre ho capito. Sarà colpa mia, ma è un peccato.




Due prodotti Garnier alla vitamina C da provare

Qualche tempo fa bazzicavo in rete ed ho notato dei prodotti di Garnier che non avevo visto da nessuna parte nella grande distribuzione e mi hanno subito attirato per la presenza di vitamina C, e non avendone letto né bene né male, ho pensato di metterli alla prova io stesso.

Devo ammettere che non capisco perché Garnier non li abbia ancora fatti arrivare o distribuiti nel nel nostro territorio, nonostante penso possano attecchire da noi, ma soprattutto non credo che l'azienda abbia delle referenze simili. Per me sono subito diventati parte della mia skincare estiva e penso possano piacere anche a molti di voi.


Garnier Skin Naturals Vitamin C Clarifying Wash Gel
Detergente illuminante per il viso


INFO BOX 
🔎 Notino, Online
💸 €4.20
🏋 200ml
🗺 Made in Francia
⏳  12 Mesi
🔬 Vegan


Conosco poco i detergenti viso di Garnier: ho provato quelli più cremosi Pure Active 3 in 1, e l'acqua micellare gel, una sorta di ibrido fra due diversi prodotti. Quindi con molta contentezza ho voluto testare questo Detergente viso illuminante, che ha una formulazione molto semplice.
Nell'INCI troviamo infatti la glicerina che si unisce al pantenolo come agenti idratanti e lenitivi, e la vitamina C arriva invece da due fonti: sia il derivato chiamato Ascorbyl glucoside, che è più stabile della vitamina C pura e idrosolubile, e l'estratto di limone con proprietà astringenti ed antiossidanti.
Molto in basso nella composizione c'è anche acido salicilico, che non so se sia stato inserito per bilanciare l'acidità della formulazione o per il suo potere purificante, ma in ogni caso male non fa.

Da un punto di vista "tecnico" non c'è molto altro che possa aggiungere se non che ha una consistenza in gel mediamente fluido ed un profumo fresco, carino, non troppo intenso per la mia percezione.
Devo però sottolineare che va usato poco prodotto per volta, meno di mezza pushata, perché crea una schiuma abbondante più che sufficiente a detergere bene il viso. Esagerare comporta non solo uno spreco, ma anche rendere il risciacquo inutilmente più lungo.

Quando arriva l'estate e la mia pelle si fa più mista non posso non avere nella mia routine un detergente viso in gel e questo di Garnier alla Vitamina C è stato perfetto. Mi pulisce bene il viso, si porta via ogni traccia di sporco, sebo, e prodotti senza però lasciarmi la pelle secca, tirante o irritata, ma tutto sommato morbida. 

Questo detergente viso Garnier mi è piaciuto moltissimo più per la skincare serale che mattutina: appena sveglio, anche adesso con in grande caldo, ho difficilmente bisogno di un prodotto così lavante. Invece mi è proprio congeniale la sera, quando devo rimuovere sicuramente più "sporco" dal viso e soprattutto quando vado di doppia detersione e mi serve un ultimo step più incisivo ma non aggressivo.
Di suo non ha uno spiccato potere struccante, ma sicuramente può rimuovere le tracce di un make-up leggero.

Il Clarifying Wash Gel non mi dà fastidio nemmeno sugli occhi, dove non pizzica persino di sera quando tolgo le lenti a contatto e magari sono più sensibili. L'unico appunto che mi sento di fare è sull'effetto illuminante che promette che in verità non ho notato, ma in una routine con dei trattamenti che hanno questo scopo secondo me trova la sua posizione ideale. È secondo me un detergente viso onesto, che funziona, e ad un prezzo più che accessibile.



Garnier Skin Naturals Vitamin C Glow Jelly Daily Moisturizing Care
Gel viso Idratante e Illuminante


INFO BOX 
🔎 Notino, Online
💸 €5.60
🏋 50ml
🗺 Made in Francia
⏳  12 Mesi
🔬 Vegan

Se di gel detergenti viso validi se ne trovano parecchi in giro, non è semplice invece trovare una crema che non appesantisca la pelle specie durante l'estate. Le texture più leggere sono quelle in gel ma non sempre sono valide, questa di Garnier invece lo è.

La Glow Jelly è appunto un gel per il viso arricchito con vitamina C, e potrei dire che per gli ingredienti vi basta guardare quanto ho detto sopra per il detergente perché sono davvero simili, fatta eccezione per la presenza in questo caso di acido ialuronico per dare maggiore idratazione. Garnier specifica che la formulazione è naturale al 98%, mentre il resto sono ingredienti inseriti per garantire la sensorialità del prodotto.
Segnalo la presenza di alcol che però non ho sentito né nell'odore, che mi risulta invece gradevole, fresco e delicato, né in termini di reazioni cutanee, ma credo sia stato inserito per rendere più volatile questo gel e soprattutto per accentuare la sensazione di freschezza che dà appena la si applica.

A proposito della consistenza, come vedete, è un gel sodo completamente trasparente, che io preferisco prelevare con una spatolina solo per questione di igiene, ma che in realtà, sebbene possa sembrare troppo compatto, si stende con estrema facilità e soprattutto su di me si assorbe senza creare pellicole o risultare appiccicoso. È come stendere sul viso acqua, dà quella bella sensazione di freschezza che specie al mattino e con le giornate calde, risulta molto piacevole.

Temevo che la Glow Jelly Vitamin C di Garnier potesse creare pasticci una volta stratificata con altri sieri e creme, per intenderci mi prospettavo già tutti quei pallini che fanno quei prodotti che non vanno bene fra di loro, specie se sono in gel e creano l'effetto patina. Per fortuna non è stato questo il caso e sono riuscito ad utilizzarlo anche come base trucco, e sotto le varie protezioni solari che ho testato questa estate, senza dover ricominciare tutto da capo.

Vi dicevo che questo gel Garnier è molto leggero e fresco ma non è inutile in termini di idratazione. È penso chiaro a tutti che una consistenza del genere sia adatta a pelli miste e grasse, chi magari suda molto e chi trova grassa e untuosa qualunque crema viso specie durante l'estate. Per me ad esempio è perfetta per il giorno, preceduta da un siero molto leggero e seguita appunto dall'SPF, ma si sente il suo apporto idratante all'interno della skincare, perché anche da sola riesco a sentire la pelle comunque elastica e morbida.

La percentuale di vitamina C non è specificata ma nella mia esperienza non credo che il Glow Jelly Garnier possa andare a contrastare macchie cutanee specifiche, ma dia più che altro un effetto antiossidante preventivo, e possa aiutare pelli generalmente stanche e ingrigite. O ancora, se magari non avete utilizzato la vitamina C sulla vostra pelle, potrebbe essere il prodotto ideale perché non crea alcuna irritazione.
Forse più che il detergente, è questo gel viso che spero Garnier inserisca nel nostro mercato perché se la cava molto bene e sono pochi i prodotti di questo tipo davvero validi. 




Tre film per chi ama la musica... ma non i musical

Potrei inserire me stesso in quella categoria di strana gente che, pur amando la musica a 360°, ascoltando generi differenti senza troppa schizzinosità, non sempre si trova a suo agio con un musical. Quelle scene improvvise di gente che balla e canta per raccontare il suo stato d'animo o far procedere la narrazione, possono essere una croce, specie se pacchiane, fatte male, troppo frequenti o, peggio, utili solo ad allungare il film.
Nel corso delle settimane passate ho visto tre film che parlano di musica e soprattutto di musicisti in periodi storici differenti e in momenti particolari della loro vita, ed ho pensato di raccoglierli tutti in un'unica recensione.


Chevalier (2022)


Genere: drammatico, biografico, storico
Durata: 107 minuti
Regia: Stephen Williams
Uscita in Italia: 16 giugno 2023 (Disney+)
Paese di produzione: Stati Uniti d'America

Quando vengono pubblicate serie tv come Bridgerton o l'ormai cancellata My Lady Jane, c'è sempre qualcuno che lamenta la presenza di attori neri o di colore in ruoli che non sono coerenti con l'epoca storica, ma non è questo il caso, perché Chevalier racconta la storia di un uomo di ascendenza africana in una posizione di spicco alla corte di Maria Antonietta. Il suo nome è Joseph Boulogne Chevalier de Saint-George, conosciuto semplicemente come Chevalier, figlio di una schiava e del proprietario di una piantagione, che divenne uno dei più bravi compositori dell'epoca, tanto da essere appellato come il "Mozart nero", per far comprendere il suo talento attraverso un suo contemporaneo, e fu anche un abile schermidore. 

La vita di Joseph Boulogne però, nonostante la posizione di influenza e le conoscenze importanti, non è stata affatto facile, sia per il colore della sua pelle, che gli renderà impossibile poter diventare il direttore dell'Opéra de Paris, sia quando il potere della regina di Francia si spegnerà, e Napoleone Bonaparte tenterà di cancellare dalla storia la figura e le opere di Joseph.

Stephen Williams firma una biografia pulita, diretta e che ho trovato interessante, su una storia che non conoscevo e che mi fa piacere sia stata riportata ad un grande pubblico. Joseph Boulogne è a tutti gli effetti uno dei primi compositori neri della storia e uno dei migliori violinisti, che diventa un simbolo non solo di rivalsa, ma anche di come, nonostante gli ovvi tentativi di cancellarlo, l'arte riesca a sopravvivere nei secoli.

Partendo appunto da un assunto biografico, Chevalier romanza la storia vera e come una parabola narrativa inizia dalla giovinezza per arrivare al successo, passando attraverso una parentesi più romantico-drammatica, quando racconta la storia fra il violinista e la marchesa Marie-Josephine (Samara Weaving), e questa è forse la parte meno di impatto, e più prevedibile di tutto il film.
Quando si esce da questa divagazione, si torna a dei temi più spessi, non solo per quanto riguarda il razzismo subito da Joseph Boulogne, ma anche per il suo bisogno di riscoprire se stesso, visto che la sfavillante corte francese lo aveva allontanato dalle sue stesse origini.

Chevarlier trova ulteriore solidità in un'ottima messa in scena e delle interpretazioni convincenti. È vero che Weaving e Lucy Boynton (che qui interpreta Maria Antonietta) hanno ruoli più secondari non molto sviluppati, ma non per questo sono meno credibili. È però Kelvin Harrison Jr (che non ricordavo di aver visto in Elvis e L'assistente della star) a prendere la scena e a saperla tenere per tutto il tempo.

Quindi un buon film, che fa riflettere senza mappazzonare, con un buon ritmo, che cerca di uscire dalla bolla della biografia sempliciotta pur dando tutti gli elementi per conoscere la storia da inizio a fine, e che mette qui e lì dei bei momenti di musica classica.
Forse non ha l'impatto emotivo che mi sarei aspettato da un film da vedere al cinema, ma sicuramente nella collocazione streaming trova il suo ambiente ideale.


Back To Black (2024)


Genere: drammatico, biografico
Durata: 122 minuti
Regia: Sam Taylor-Johnson 
Uscita in Italia: 18 aprile 2024 (Cinema)
Paese di produzione: Regno Unito, Stati Uniti d'America

Da un artista che stava per essere dimenticato, ad un'altra che invece difficilmente potrà finire nell'obblio ma che merita di essere sempre ricordata, e proprio per questo ho visto Back to Black, biopic dedicata a Amy Winehouse, scomparsa prematuramente nel 2011.
Si parte dagli inizi della sua carriera, quando ancora era una ragazza inglese sconosciuta, fino ai suoi successi più grandi che la portarono a vincere un Grammy, passando attraverso il suo rapporto con la famiglia, specie il padre con cui condivideva la passione per la musica, e la nonna sua musa ispiratrice.

Ma Back to Black non può non raccontare anche i momenti più difficili, come l'abuso di droghe e alcol, la riabilitazione e i rapporti complicati con gli uomini, soprattutto Blake Fielder-Civil, che sposò nonostante avessero una relazione burrascosa. 
Non manca poi l'approccio che la stampa e i giornali di gossip ebbero all'epoca con la cantante, visto che agli inizi degli anni '00 i tabloid non sembravano avere limiti nell'intromettersi nella vita dei personaggi famosi.

Sembra non manchi nulla nel film di Sam Taylor-Johnson, e invece manca molto.
Iconico è un termine spesso abusato in circostanze in cui non ci azzecca nulla, ma nel caso di Amy Winehouse è forse il più appropriato. Anche solo nominarla porta alla mente la sua voce e il suo stile, senza poi contare l'impatto che ha avuto nel mondo della musica e dell'arte. 
Raccontarne la vita pubblica non è quindi indubbiamente semplice, ma è forse ancora più difficile mettere sullo schermo il suo privato, le sue contraddizioni, e la sua fragilità, e qui fallisce Back To Black.

Non riuscendo a scavare a fondo, ma mettendo in modo sequenziale tutti i momenti della vita della cantante inglese, che sembrano legati fra di loro solo dall'ordine cronologico e non dalle maree che Amy ha affrontato, interne o esterne che fossero, si toglie anche l'anima a questo film, qualcosa che facesse capire non solo il talento e i traguardi, ma anche l'emotività e la complessità di Amy.


Back To Black è allo stesso tempo frammentario e didascalico, facendo dei salti temporali che sembrano troppo netti e che vadano a togliere parti alla coesione del tutto.
E, ancora, è un film troppo pulito, che non si vuole sporcare, ma che sembra cercare quasi la leggerezza della fiaba drammatica e non la durezza della realtà.
È poi troppo secondo me il focus sull'interno, sul privato, e poco sull'esterno, sul suo impatto avuto nel panorama mondiale.
L'unico modo di salvare questo Back to Black è quello di considerarlo un omaggio, un modo per ricordare una artista che in pochissimo tempo ha saputo segnare un'epoca e rendersi distinguibile, ma anche guardare la buona interpretazione di Marisa Abela. Non ho visto infatti in lei il tentativo di emulare, di creare una macchietta, ma secondo me calibra abbastanza bene le caratteristiche di Amy Winehouse, anche quelle vocali.

Non il peggior film biografico, ma qualcosa in più si poteva fare. 



Io sono: Céline Dion (2024)


Titolo originale: I Am: Celine Dion
Genere: biografico, documentario
Durata: 102 minuti
Regia: Irene Taylor Brodsky
Uscita in Italia: 25 giugno 2024 (Prime Video Amazon)
Paese di produzione: Stati Uniti d'America

Da una voce iconica ad un'altra voce iconica e inconfondibile, che si racconta in un docufilm uscito su Prime Video a Giugno di quest'anno, e che non potevo non vedere.
Con oltre 250 milioni di dischi venduti al mondo Céline Dion è una delle cantanti di maggior successo, spesso paragonata o comunque messa al livello di artiste come Barbra Streisand, Whitney Houston, Aretha Franklin e Mariah Carey, ma da diversi anni non si esibisce più dal vivo. Dopo una serie di rinvii del suo tour, Céline non ha potuto più tenere il segreto e in un video diffuso a fine 2022 racconta la verità: le è stata diagnosticata una rara sindrome neurologica chiamata Stiff Person Syndrome, la sindrome della persona rigida, che provoca spasmi muscolari molto forti e dolorosi che rendono impossibile controllare il proprio corpo.
Proprio a causa di questa malattia, le è quasi impossibile cantare (le corde vocali sono controllate da muscoli in fondo) e lei stessa racconta in I am Celine Dion come sia cambiata la sua vita.

Ve lo dico subito: tocca preparare i fazzoletti se volete guardare questo documentario. Già dopo i primi 20 minuti mi sono ritrovato a singhiozzare colpito soprattutto dal modo in cui Celine Dion racconta di non riconoscersi più, di non sentirsi più se stessa, di non sapersi capacitare di non poter fare tutto quello che prima faceva senza problemi. Come si può in fondo separare quello che fai da tutta una vita, e per cui sei praticamente programmato, con quello in cui ti può trasformare una malattia?

Un racconto senza filtri, senza troppi giri di parole, che ho trovato per una volta onesto, diretto e sincero. Lei stessa si mostra nei suoi momenti di debolezza, ma nonostante la malattia non riesce a mettere da parte il suo umorismo e la sua grinta, o anche le sue piccole ossessioni, come quella per le scarpe. 


Parliamo pur sempre di una star mondiale, che ha fatto del suo essere istrionica la sua cifra, quindi è inevitabile che sappia stare su uno schermo di fronte ad una telecamera, e soprattutto che non possa negare la grandezza del suo strumento e della sua carriera, eppure non ho visto momenti di divismo, o di autocelebrazione, ma nemmeno di commiserazione verso se stessa.

Io sono Celine Dion è poi un documentario completo ma non didascalico: parte dall'infanzia, dalla sua famiglia numerosissima, proseguendo anche al matrimonio e alla perdita del marito, ma passando con la giusta attenzione in queste fasi della sua vita, con chiarezza ma senza eccessivi approfondimenti, perché il fulcro resta la malattia, che in realtà dura da 17 anni, e come la sta affrontando.
Fra le recenti apparizione e l'esibizione alla cerimonia di chiusura delle Olimpiadi di quest'anno, sappiamo che Celine Dion ha preso alla lettera la sua idea di rispondere a questa malattia al meglio che può. Resta comunque una riflessione, forse cinica, che fa ancora più male: se una star multimilionaria, che può accedere alle migliori cure e trattamenti, viene comunque schiacciata da questa patologia, come vive la gente "comune" con la sindrome della persona rigida?




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