Barbie: 5 motivi per vedere il film (e 5 per non farlo)👱🏻‍♀️👱🏻‍♂️

Recensione Film Barbie 2023

Stavo per mollare il colpo per tutta questa campagna di marketing così massiccia e ficcante, ma alla fine ho deciso di buttarmi e vedere Barbie (2023), il nuovo film di Greta Gerwig con Margot Robbie e Ryan Gosling.

Genere: commedia, fantastico, avventura, sentimentale
Durata: 114 minuti
Regia: Greta Gerwig
Uscita in Italia: 20 Luglio 2023
Paese di produzione: Stati Uniti d'America, Regno Unito

Ne avrete letto in lungo e in largo, probabilmente anche voi stanchi e saturi di informazioni, meme, canzoni e oggetti rosa più o meno di dubbia utilità. 
Ho pensato di quindi di raccogliere cinque motivi per cui secondo me vale la pena vedere Barbie e cinque per cui potreste evitarlo, sta poi a voi fare la tara.


La storia

Quando ho sentito di un film su Barbie ero perplesso su cosa avrebbe girato la trama, ma poi sono arrivati i vari trailer che mi hanno dato più speranza. C'è però di più ovviamente rispetto alle anticipazioni, e, lungi dal fare spoiler, posso dire che hanno saputo creare una storia di per sé interessante e piacevole da seguire.
Conosciamo la Barbie Stereotipo, l'emblema assoluto nel mondo delle bambole Mattel, che è bella, bionda, impeccabile, e vive a Barbieland insieme ad una nutrita schiera di altre Barbie, le quali, al contrario suo, hanno ruoli e qualità di spicco all'interno del loro mondo, e ad altrettanti Ken che però sono un po' le loro appendici. 

Un giorno però questa Barbie Stereotipo, sempre sorridente, inizia a fare pensieri non propriamente positivi, e soprattutto il suo corpo cambia. Dovrà cercare di scoprire perché e cosa le sta accadendo andando nel mondo reale.

Non c'è solo la stupida avventura di una bambola che cerca di ritornare con i suoi piedi a punta nella trama di Barbie, ma è proprio una scoperta del proprio valore, della propria essenza, al di là della possibile perfezione (o imperfezione). Le avventure della Barbie stereotipo diventano una completa metafora per raccontare l'adesso e soprattutto il peso del patriarcato sull'intera società, sia di donne che di uomini. Se state però pensando ad un mattone woke vi sbagliate perché è tutto raccontato con estrema ironia, ma in modo preciso, puntuale e pungente.
La storia di questa Barbie sa secondo me uscire dallo schermo attraverso una emotività delicata, bilanciando tutti questi elementi.


Greta Gerwig, che ha scritto la sceneggiatura insieme a Noah Baumbach, ha saputo prendere un prodotto di così largo consumo nel mondo, ma altrettanto controverso per questo stereotipo (appunto) che ha "venduto" per tanto tempo e che non funziona più in una società che sta evolvendo, e, con una mossa geniale, l'ha reso personaggio di una critica ampia, che include anche l'autocritica verso quello che per anni ha rappresentato il giocattolo Mattel.
Altrettanto sapientemente studiate sono le scelte della storia, quelle note vagamente kitsch, sopra le righe, che però non sono fuori luogo, ma organiche all'universo che viene creato.
Ci si diverte, ci si commuove, si balla attraverso momenti musicali studiati a tavolino, e risulta un arco narrativo completo, appagante e scorrevole, e che sa gestire e distribuire tutti i suoi momenti salienti da inizio a fine.


Margot Robbie e il cast (quasi tutto)


Che Margot Robbie potesse essere una perfetta Barbie lo vediamo tutti: è bionda e bellissima. Ma c'è altro perché secondo me hanno saputo trovare la giusta attrice che ne incarnasse le fattezze estetiche, ma che riuscisse a rappresentare l'evoluzione più ampia, fatta anche di profondità, dolcezza, e soprattutto attraversare un momento di cambiamento importante, che la renderà adulta (se così si può dire) e consapevole che non deve vivere cristallizzata in una perfezione prestabilita. Serviva insomma una attrice che potesse essere anche matura, e sapesse emanare quell'aurea di positività che la bambola incarna, e lei in questo senso vi riesce a spuntare tutte le caselle.


Barbie inoltre è riuscita a farmi stare simpatico Ryan Gosling: il suo Ken è impeccabile, ed è fondamentale all'interno di questa storia, perché passa dall'essere un accessorio di Barbie Stereotipo, che aspetta che le dia attenzione affinché possa esistere e diventare rilevante, all'essere quasi il villain di Barbie Land. Avrà però anche lui la sua mutazione.
Tutte le altre Barbie sono bravissime ed azzeccatissime, ma è America Ferrera nei panni dell'umana Gloria che secondo me non va sottovalutata. A lei vengono spesso affidati dialoghi importanti, e sono lei e la figlia a ridare forza e speranza a Barbie. Una scelta che ha molto senso considerando che siamo noi che possiamo dare valore o meno ai nostri simboli.
Buono anche Michael Cera che interpreta Allan, un particolare Ken fuori produzione, che però avrà modo di dimostrare il suo valore. Non amo moltissimo il suo tipo tipo di ironia, ma qui è stato perfettamente inserito.
Nel cast ci trovate anche alcune star Netflix, soprattutto da Sex Education

La cura estrema in ogni singolo dettaglio

Tutti sanno che non capisco molto di aspetti tecnici dei film, però Barbie ti dà proprio l'impressione che sia tutto al posto giusto, e che sia appagante come ci si aspetta. Le scenografie sono esattamente quelle che immagini da un film su Barbie, ed hanno secondo me fatto benissimo a ricostruire tutti gli scenari perché danno proprio il senso delle case giocattolo Mattel. Non ho dubbi sul fatto che abbiano finito le scorte di vernice rosa perché è proprio una gioia per gli occhi.
I costumi sono uno più bello dell'altro, e tutta la parte tecnica secondo me è già solo un aspetto per cui vale la pena vedere Barbie: anche se non vi appassiona la storia comunque sarà bello da vedere.
La regia di Gergwig non è mai scontata o banale: ha saputo ricreare un mondo fantastico che vive perfettamente secondo le leggi di Barbie, dove non c'è acqua corrente e non si scendono le scale un gradino alla volta, ma ci si ritrova direttamente al pian terreno.


Lo stesso vale per il mondo reale: si resta sempre in un mood fantasy leggero e frizzante, ma si avverte quel senso di pesantezza e bruttura e trovare questo bilanciamento non è semplice.
La parte che mi ha inoltre incuriosito è stata la scelta di ripescare alcune Barbie e Ken fuori produzione o particolari, diventati outsider in Barbieland, e sfruttarli per risolvere la vicenda, ma che è l'occasione anche di autoironia per quelli che sono stati degli scivoloni commerciali di Mattel.
Ovviamente anche i dialoghi sono perfettamente calibrati per far passare tutti messaggi di empowerment che il film vuole condividere, facendo anche ironia su se stesso.
Inutile dire che è ovvio che con questo livello maniacale di cura, moltissime scene sono già diventate iconiche e cult.


Il messaggio non solo femminista

Si parla di patriarcato in Barbie, si parla di emancipazione femminile, ma anche di piena coscienza di sé in qualunque ambito della società. È quindi un film che si rivolge alle donne, in diverse fasce di età e periodi della loro vita, ma non è un film che vuole andare contro il maschio a prescindere.
In questo senso scende in campo Ken, che si trova imprigionato prima in un ruolo e poi in un altro, ed in entrambi i casi ha bisogno di trovare la sua dimensione.
Prima è infatti solo un bambolotto incapace di esistere di per sé nel mondo, poi è il rappresentante di un patriarcato e un sessismo ottuso e basico imparato nel mondo reale, ma anche lui ha il suo percorso, perché in fondo tutti abbiamo i nostri margini per poter migliorare.
Si arriva quindi ad una situazione di maggiore parità (non totale, visto che Barbie Land è pur sempre lo specchio inverso della nostra società), e di maggiore consapevolezza.

Barbie è un film anche distruttivo, di stereotipi e schemi: la prima scena stessa (anche qui niente spoiler lo vedete nel trailer) con queste bambine che distruggono i loro bambolotti perché è arrivata la Barbie che non le fa più essere delle immaginarie mammine, ma delle giovani ragazze, ne è la riprova.
Ma secondo me non è nemmeno un film ciecamente femminista: se ci pensate, anche il mondo in cui tutte le Barbie sono al potere viene criticato e considerato sbagliato per molte dinamiche. È paradossale che Barbie sia passata dal rappresentare un canone di bellezza irraggiungibile, al quasi tacito obbligo di esistere solo se si raggiunge i vertici della società.
Se infatti un universo come il nostro, basato sul patriarcato, non può funzionare, lo stesso vale un mondo in cui il maschile è assoggettato. Ma qualcuno vuole negare che le guerre più stupide vengono iniziate dagli uomini?

C'è secondo me un bellissimo messaggio anche di libertà, forse un po' più sotterraneo, ma che vi arriverà alla fine se lo vedrete. Tutta la prima parte in cui Barbie è comunque felice della sua perfezione, mi ha dato quasi un senso di disagio, di loop, di gabbia, nonostante sia tutto sgargiante e appunto perfetto. Slegarsi da questo mondo, nonostante tutte le difficoltà che può aver l'altra parte, mi ha messo i brividi, mi ha quasi tolto un peso. Lo stesso varrà per Ken.
Il saper veicolare questi temi con uno stile ed un'immagine del genere secondo me rendono Barbie uno dei film meglio riusciti degli ultimi anni. 


È un film pop adatto a tutti (o quasi)

Strettamente legato al discorso del messaggio che Barbie vuole mandare, c'è secondo me l'ampio pubblico a cui il film si rivolge o può rivolgersi. È indubbiamente creato per un pubblico femminile, specie della mia generazione, ed ha l'estetica per attirare un'audience giovane e queer, ma è soprattutto contemporaneo, prende molto dai social e dalla nostra cultura odierna.
È importante sottolineare che non è un film per appassionati di Barbie o per chi ci giocava.
Anzi, il giocatolo nella forma come lo conosciamo noi, appare ben poco, perché si tratta di una sorta di live action che vuole rivedere, commentare, criticare, ed approfondire tutti i significati che noi abbiamo dato alla Barbie nel corso del tempo.

Ipoteticamente, mettendo da parte tutta la questione di Barbie e Ken, si parla di altro in questo film, e lo si fa con una ironia e un linguaggio alla portata di tutti. In un certo senso fa il lavoro che Una donna promettente (un film semplicemente geniale, con una crudezza che taglia) non riesce a compiere del tutto, specie su un range ampio di spettatori. 
Secondo me Barbie di Greta Gerwig non spinge nemmeno troppo sul fattore nostalgia come ci si potrebbe aspettare: è più una riflessione sul cosa siamo diventati che sul quel che eravamo.
Inoltre, nella sua ironia, non è greve, non è volgare, sa intrattenere a prescindere dalle tematiche, e le parti musicali sono comunque scorrevoli e non troppo invasive, se non amate i musical. 
Ha insomma una ampiezza di contenuti e stili che lo rendono adatto a tutti.
Credo però che i bambini più piccoli, se non abbastanza svegli, possano non apprezzarne l'ironia e coglierne i sottotesti. 

Passando ai motivi per cui, forse, non vale la pena vedere Barbie, sottolineo che si tratta di mie considerazioni più endogene che esogene del film. Sono insomma non dei difetti ascrivibili al film, o considerabili come errori, ma dati da aspettative e preferenze personali. 

Barbara Handler non ha fatto il cameo


Sembra una stupidaggine, ma ci sono rimasto male. C'è una scena che è semplicissima ma molto toccante: Barbie arriva nel mondo reale, e per cercare di capire cosa deve fare, si ferma un attimo a riflettere su una panchina, qui incontra una donna anziana e, sebbene duri pochi istanti, è una delle scene che ho trovato più emotive. Si era detto che si trattava di Barbara Handler, la donna, o meglio la bambina, che alla fine degli anni '50 ispirò la creazione di Barbie. Un momento che poteva essere bellissimo, la chiusura di un cerchio, quell'attimo in cui Barbie Stereotipo vede il suo futuro e ci fa pace. 

In realtà pare che la donna della panchina non sia la Handler ma la costumista Ann Roth, che pare sia molto nota nel mondo del cinema, ed abbia a suo carico 5 nomination agli Oscar per il suo lavoro. Credo quindi che il significato di quella scena sia quello di realizzazione da parte di Barbie di quanto possano essere belle tutte le sfumature della realtà. Però sì, quando l'ho scoperto ci sono rimasto male.


Le parti didascaliche


Barbie è un film leggero, brioso, allegro, ma che ha un suo risvolto impegnato che è palese sin da subito e che passa sia attraverso scelte sottili e calibrate, ma anche passaggi abbastanza diretti e palesi. Io credo che sia un didascalismo voluto, sia per ridicolizzare l'assurdità di certi temi, come il patriarcato, sia quello di mandare un messaggio ampio e forte, appunto comprensibile da tutti. 
È però una scelta che può remare contro il film: da un lato, chi come me è contro le disparità di genere, può trovare questi continui e smaccati riferimenti come troppo ridondanti e appunto ripetitivi. Se vuoi attaccare il patriarcato, sono con te, ma non mi serve che me lo nomini di continuo.
Dall'altro lato, chi invece non ha una posizione netta come la mia, potrebbe percepire una sensazione di predica moralista che può scoraggiarlo o farlo sentire in difetto solo perché non è semplicemente pronto o abbastanza preparato. 


Will Ferrell e l'ironia demenziale

Personalmente amo poco la comicità di Will Ferrell e, per quanto il suo ruolo sia quello emblematico di rappresentare una Mattel patriarcale composta da soli uomini, con un pensiero malamente machista, che vuole legare (in tutti i sensi) Barbie dalla possibilità di diventare qualcosa altro, e soprattutto la raffigurazione di un capitalismo senza scrupoli.

Tuttavia devo dire che le scene che lo riguardavano sono per me leggermente troppo stupide e banalizzanti, troppo forse svilenti per un personaggio/simbolo che invece è davvero temibile. Se non fosse per Margot Robbie e per tutti gli altri personaggi che interagiscono nelle scene con Ferrell/Mattel, allora non mi avrebbero nemmeno fatto sorridere.
Non so poi come leggere il fatto che Mattel sia a capo di tutto, mentre quella che è la creatrice di Barbie, Ruth Handler, diventi quasi un fantasma dello scantinato. È vero che la sua uscita da Mattel non fu proprio brillante, però mi aspettavo che magari spuntasse soltanto alla fine.


Le mosse di marketing smaccate

Questo nuovo film Barbie ha avuto una campagna promozionale ampissima, capillare, trasversale e duratura, che ha fatto vacillare una persona come me che ha provato da subito entusiasmo e curiosità per questo progetto. E capisco che, dopo essere stati martellati così tanto, ci siano persone che alla fine abbiano aspettative così alte da poter restare delusi perché la perfezione non esiste, e la lineare complessità di Barbie potrebbe non essere colta da tutti. Ma c'è altro.

Dall'abbigliamento, al make-up, dalle candele profumate al cibo, dall'arredamento ai filtri AI, fino ad un intero album di canzoni dedicate ed interpretate da alcuni degli artisti più famosi al momento, il reparto marketing di Barbie ha puntato ad una copertura ampissima, creando un po' una contraddizione.
Il settore del cinema è strettamente legato al capitalismo, questo non è l'unico film che ovviamente ha una sua campagna promozionale e il merchandising annesso, ed anche il mondo delle bambole Barbie fa parte di uno dei settori più consumistici della nostra società. Ed è noto che capitalismo e patriarcato spesso camminino di pari passo, ma fa un po' strano pensare che un film che vuole criticare tutto questo, alla fine sia prodotto da chi vive attraverso questi fenomeni, e generi introiti anche per tantissime altre aziende.
È indubbio che Barbie sia una immensa operazione commerciale, che comunque, pur schernendo le mosse fatte da Mattel negli anni, finirà per dare al brand una boccata di aria fresca. Per quanto non stimoli all'acquisto della bambola in sé, credo sia indubbio che il marchio ed il giocattolo puntino ad avvicinarsi anche alla generazione Z, che al contrario di noi Millennials non giocano più con Barbie. 
Inoltre Mattel ha messo in cantiere tantissimi altri progetti simili a questo sui loro prodotti.

Non amate il citazionismo, il rosa e i musical

Barbie non fa sicuramente al caso vostro non solo se avete una repulsione incontrollabile per l'universo Mattel, per il rosa o per qualunque film che abbia delle scene cantate e ballate, ma anche se detestate le citazioni e le autocitazioni. Io ad esempio ho colto quelle per 2001: Odissea nello spazio, Grease e soprattutto ho subito pensato a Toy Story, ma sono sicuro che quelli più bravi di me sappiano trovare altri riferimenti. Ma è anche la stessa Greta Gerwig ad aver elencato una serie di film da cui si è ispirata. Se siete fra quelli che si aspettano un'opera incontaminata da idee altrui (se mai fosse possibile), allora Barbie potrebbe non soddisfarvi.


Voi lo avete visto?




6 commenti:

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  1. Il didascalismo l'ho un po' patito anche io, per il resto sono contentissima di averlo visto: era uno dei film che aspettavo di più quest'anno e ha mantenuto fede alle mie alte aspettative. It's more than Kenough!

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    1. Più che altro secondo me è che questo didascalismo è costante da inizio a fine, perché mi sta bene che mi ripeti un concetto "sbattendomelo in faccia", ma io che ho ben chiaro quel pensiero, lo trovo ripetitivo

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  2. Le parti didascaliche sono l'unico difetto che ho trovato anch'io, che Will Ferrell lo amo e mi fa ridere anche se sta fermo. Colpa di Elf, il mio film natalizio del cuore.
    Il marketing smaccato farà sorridere fra qualche anno, quando qualcuno girerà ancora con il maglione I'm Kenough :)

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    1. Sono curioso in effetti dell'impatto del film nel tempo. Vedremo che fine farà la Barbie Mania

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  3. Hai scritto una recensione molto puntuale e accurata, complimenti!

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    1. Grazie mille! 😊 Contento ti sia piaciuta! Tu l'hai visto?

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