In questo periodo dell'anno "sotto la copertina" diventa "sotto l'ombrellone" o al massimo "sotto il lenzuolino", perché parliamo di letture estive o giù di lì. Mi sono concentrato in questi mesi caldi su alcuni dei libri più letti scritti da autrici donne italiane, ma non è tanto la loro posizione in classifica ad avermi attirato, quanto per gli argomenti che trattano.
Il primo libro terminato non è un romanzo, ma più un saggio su una controversa inchiesta che è stata condotta da un'altrettanto controversa giornalista. Mi riferisco a Selvaggia Lucarelli e al suo Il vaso di Pandoro. Ascesa e caduta dei Ferragnez.
Genere: saggio, inchiesta Editore: Paper FirstPagine: 256 Data di pubblicazione: 14 maggio 2024 Prezzo: €15.20/ ebook €9.99 |
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Un titolo che trovo geniale perché effettivamente il libro vuole far luce sull'arcinota vicenda della caduta di Chiara Ferragni (ed ex consorte) dall'Olimpo delle influencer più amate, seguite e idolatrate d'Italia (e non solo), a seguito della multa dell'Antitrust per aver camuffato un'operazione commerciale sotto le vesti di atto benefico. Era dicembre dello scorso anno e da imprenditrice digitale e paladina dei social, attiva in varie attività caritatevoli, Ferragni si è ritrovata a perdere follower, credibilità e contratti con le più grandi aziende con cui collaborava.
Così i titoli delle testate giornalistiche, che prima ne tessevano le lodi, finiscono per raccontarne il caso giudiziario che ancora adesso deve trovare una sua definizione.
Selvaggi Lucarelli, che da sempre si occupa di raccontare le contraddizioni dei Ferragnez, cercando di raschiare sotto la patina dorata di cui è rivestita ogni loro apparizione sui social e non, ha raccolto nel suo libro tutti i dettagli di questa vicenda, partendo dagli albori della carriera di Chiara Ferragni, passando ad esaminare le sue défaillance e di qual era il sistema con cui sembra cercasse insieme al marito di riparare a situazioni che ne avrebbero minato la reputazione con quella che viene definita come "filantropia notiziabile".
Lucarelli ovviamente sottolinea il suo ruolo all'interno di questo caso, che non è meramente gossipparo o eventualmente giuridico, ma come dice la stessa giornalista, riguarda tutti noi.
Il Vaso di Pandoro è un libro multistrato, che racconta in modo chiaro, completo e dettagliato tutti i punti del pandoro gate, e più in generale dell'approccio social dell'ex coppia Fedez-Ferragni, ma anche arrivando a quello che è stato l'effetto di queste vicende sul mondo dei social, degli influencer e della comunicazione in generale.
So che per molti può sembrare una faccenda appunto da relegare a giornali di serie B o che non li tocca, solo perché non si seguono questi personaggi (nemmeno io lo faccio attivamente) o perché da sempre li si è reputati negativamente, ma tutti subiamo l'influenza di quello che vediamo sui social ed ormai si parla sempre più spesso sulla correlazione fra salute mentale e uso dei media che facciamo. Qui e lì, Il vaso di Pandoro tenta di porre le basi per una discussione più ampia, anche di come può essere calata la fiducia negli enti benefici in generale, ma appunto si concentra sulla questione Ferragni.
È una lettura svelta, che non richiede troppa attenzione, con uno stile semplice e comprensibile anche da chi il mondo dei social lo conosce solo perché al massimo condivide le foto delle vacanze e chi in generale ha guardato a quel mondo con troppo disincanto.
Non apprezzo però molto quando dalla corretta indagine giornalistica, Selvaggia Lucarelli sfocia in quella che potrei definire come attacchi personali. Definire "scialba" ad esempio Valentina Ferragni, sorella di Chiara, mi sembra una di quelle sottolineature non necessarie. Ma non condivido nemmeno le ripetizioni su quanto i Ferragnez ostentassero (e ostentino) la loro ricchezza generando invidia sociale: con questo ragionamento ogni cosa condivisa sui social può essere oggetto di invidia, ma sta a noi avere un approccio sano su tutto quello che vediamo e sentiamo e che scegliamo di seguire sui social. È un discorso però molto più ampio.
Dopo un saggio controverso mi sono voluto dedicare ad un romanzo più tradizionale, puntando a La portalettere della scrittrice leccese Francesca Giannone, che si è aggiudicata il Premio Bancarella 2023.
Genere: narrativa Editore: NordPagine: 419 Data di pubblicazione: 10 gennaio 2023 Prezzo: €18/ ebook €9.99 |
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E proprio in un paesello del Salento che Giannone inserisce la sua protagonista Anna, torinese d'origine che nel 1934 si trasferirà al sud per amore, e qui conoscerà la famiglia di suo marito Carlo e tenterà di ambientarsi pur mantenendo il suo carattere forte, volitivo e soprattutto non sostando alla visione di una donna remissiva e casalinga come si confaceva alle figure femminili dell'epoca, specie al sud. Invece la visione moderna di Anna la porterà a diventare la prima portalettere donna di Lizzanello, e da forestiera riuscirà per più di vent'anni ad entrare in punta di piedi nella vita dei suoi abitanti, lasciando un segno profondo anche in alcuni di loro.
Francesca Giannone si è ispirata alla storia della sua bisnonna per raccontare uno spaccato della storia del nostro paese attraverso le vicende della sua protagonista Anna e non solo, creando un romanzo che è un ibrido fra la saga familiare, il romanzo di formazione e quello d'amore. Lo stile di questa sua prima opera è molto scorrevole, piacevole, sapendo dosare le descrizioni e i dialoghi. Purtroppo però non ho capito come abbia fatto a diventare il romanzo più letto del 2023 perché ha davvero tanti difetti secondo me.
La protagonista Anna, nonostante i modi all'avanguardia e dalla mentalità aperta, mi ha suscitato antipatia per tutte le pagine, soprattutto per la sua visione unilaterale: solo il suo punto di vista è quello che ritiene corretto, non contemplando che anche gli altri possano avere le loro ragioni, magari anche più di lei che non conosce certi dettagli delle vite altrui. E purtroppo Francesca Giannone non ha contemplato una evoluzione per Anna, ma nemmeno per gli altri personaggi che sembrano non essere scalfiti dalle lezioni impartite dalla vita.
Si arriva ad un finale che ovviamente non vi spoilero ma che appunto non cambia molto le storie raccontate, e che mi è risultato anche più sbrigativo rispetto a tutto il resto, come se fosse urgente concludere il romanzo. Capisco questa scelta, per non voler banalizzare troppo la storia con una sorta di prevedibile lieto fine, ma mi pare anche assurdo che nessun personaggio riesca ad emergere.
Altrettanto insopportabile è ad esempio è Lorenza, nipote di Anna e Carlo, che questa giustamente coccola e protegge.
Ho trovato poi stucchevoli ed inverosimili alcuni dialoghi, come Carlo e Antonio che si chiamano a vicenda costantemente "fratellone" e "fratellino", nemmeno fossimo in una sit-com degli anni '80. Ma tutto il contesto storico sembra sottosviluppato: il fascismo e la guerra che ne consegue quasi non influisce sulle vite dei salentini, e alcune cose suonano strane, come un prete che si mette a fare una violenta scenata di gelosia per strada.
Inutile dire che anche i temi che si vanno a toccare, sia più contemporanei che più datati, sono tutti abbozzati.
Amando le saghe familiari, mi sarei voluto innamorare dei personaggi de La portalettere, ma alla lunga è solo cresciuta in me una grossa delusione e un po' di pentimento per aver iniziato un romanzo che non ha la brevità per potersi permettere certi difetti.
Poco dopo aver terminato questo romanzo, è uscito il nuovo lavoro di Francesca Giannone, Domani, Domani ma ho preferito evitare e per cercare di rimediare a questa frustrazione, ho cambiato del tutto genere passando a quella che, oltre ad essere una biografia è anche un testamento, e mi riferisco a Ricordatemi come vi pare. In memoria di me di Michela Murgia.
Genere: biografico Editore: MondadoriPagine: 324 Data di pubblicazione: 30 aprile 2024 Prezzo: €18.52/ ebook €11.99 |
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Con Michela Murgia ho fatto un percorso particolare, esplorando prima le ultime uscite e dopo Tre Ciotole mi sono mosso ancora in avanti con questo suo libro pubblicato postumo la sua morte avvenuta ormai un anno fa.
Proprio per il lancio di Tre Ciotole pare che sia nata l'idea dietro Ricordatemi come vi pare: per una settimana Murgia ha raccontato al suo editor e amico Beppe Cottafavi le sue storie, la sua visione della vita, del mondo e della sua famiglia queer, ma anche quello che è stato il suo passato, dalla vita in Sardegna, fino ai primi successi letterari e all'impegno politico, passando per il rapporto con il padre e la madre ed anche la sua passione per il coreano e i BTS.
Ancora una volta Michela Murgia mantiene la sua lucidità, il suo eloquio per raccontare come è diventata quello che è stata e che è tutt'ora: una delle intellettuali più brillanti ma al tempo stesso contemporanee che abbiamo, che ha vissuto questo tempo a pieno, prendendosi il bello ed anche il brutto.
A volte si ha proprio l'impressione di sentire la sua voce in questo racconto che diventa scorrevole per il linguaggio quasi dialogico ma che è spesso, denso, intenso ed intimo, in cui ho letto sincerità e come sempre non si tira indietro dal manifestare quello in cui crede anche da un punto di vista socio-politico. È questa forse la cosa che più mi ha stupito: Michela Murgia poteva anche "farsi i fatti suoi", godersi gli ultimi giorni della sua vita e raccontare cioè che le aggradava di più con uno slancio egoriferito. Ed invece ancora una volta dimostra la sua voglia di lottare e condividere i suoi ideali e ciò in cui ha creduto e dibattuto da sempre, lasciandoci ancora una eredità importante.
Non credo ci sia molto da aggiungere su un libro simile, non è forse possibile una recensione e dire se sia bello o brutto, ma non è certamente una lettura da spiaggia, perché richiede una attenzione in più e non sempre c'è leggerezza, per quanto si colga la sua ironia. L'unico intoppo che ho incontrato sono i racconti e i testi perduti di Michela Murgia che si alternano qui e lì ad appunto il suo racconto principale, e che non sempre secondo me si collegano con quanto stava raccontando. A volte, ma capisco sia un mio limite, mi sono sembrati dei racconti troncati, che tolgono fluidità alla lettura.
Per il resto sono molto contento di averlo letto.
Per il momento mi fermo qui, visto che ho sproloquiato abbastanza, anche se ho quasi terminato un altro romanzo che sta avendo tanto successo, e magari farò un altro episodio di Sotto la copertina senza aspettare altri quattro mesi.
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