È un periodo di recuperi lenti e, purtroppo, piuttosto deludenti sul fronte cinematografico. E tra titoli che, inaspettatamente, si sono assestati più al di sotto delle aspettative c'è Il Ragazzo dai Pantaloni Rosa.
Lo avevo perso al cinema lo scorso novembre, ma ci ha pensato Netflix che lo ha reso disponibile dal 19 Marzo di quest'anno.
Genere: drammatico Durata: 123 minuti Regia: Margherita Ferri Uscita in Italia: 7 Novembre 2024 (cinema) / 19 Marzo 2025 (Prime Video) Paese di produzione: Italia |
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Il caso di cronaca da cui è tratto purtroppo penso che lo conosciamo tutti, all'epoca ne avevo parlato anche io qui sul blog: era il 2012 quando Andrea Spezzacatena, un ragazzo di appena 15 anni, si tolse la vita a seguito del bullismo subito dai suoi compagni di classe e online. Tutto è partito per un pantalone diventato rosa a causa di un lavaggio sbagliato, ma che Andrea aveva indossato comunque con orgoglio perché regalo di sua madre.
Non lasciò nemmeno un biglietto per spiegare le possibili ragioni del gesto, ma sua madre Teresa Manes ha cercato di trasformare il suo dolore in un messaggio di supporto e sensibilizzazione contro il bullismo, pubblicando il libro Oltre il pantalone rosa. E proprio da questo libro è nato il film Il Ragazzo dai Pantaloni Rosa che racconta cosa accadde ad Andrea.
Nonostante siano passati diversi anni, mi ricordavo bene di Andrea, e credo che sia un bene che non si sia spenta la luce sulla sua vita e in generale sul problema del bullismo. Anche Il ragazzo dai pantaloni rosa dimostra questa necessità di continuare a raccontare storie del genere, nella speranza che non si ripetano (anche se sappiamo che purtroppo non basta parlarne), e quindi sono stato comunque contento di vederlo, perché quello di Andrea è purtroppo il destino di tanti ragazzi.
Quando però certi film trattano storie vere dai risvolti così drammatici, cerco sempre di scollare il contenuto dal contenitore e mi spiace dire che Il ragazzo dai pantaloni rosa non ha la potenza che mi aspettavo.
Riesce sicuramente ad essere chiaro, comprensibile, fruibile e completo nel raccontare la storia di Andrea, della sua passione per il canto e dell'intenso rapporto con la madre, ma purtroppo ci sono state scelte che non mi hanno convinto.
Nonostante le ottime interpretazioni di Claudia Pandolfi e Samuele Carrino, e di tutto il cast di giovanissimi, Il ragazzo dai pantaloni rosa ha una impostazione, una fotografia, una sorta di patinatura che lo rende troppo effetto fiction all'italiana da rete tv generalista. Ad esempio ho sofferto questo ricorrere ai primi piani, spesso stretti, che cercano quasi di strappare ed evidenziare in modo smaccato l'emotività dagli interpreti, ma non di farcela percepire come spontanea. Non ho amato anche il voice over che apre il film, che non mi è sembrata una scelta adatta non solo alle tematiche, e non viene sfruttato per raccontare l'universo interiore di Andrea.
Ho avuto anche l'impressione che Il Ragazzo dai pantaloni rosa si concentrasse molto sul bullismo, ma non avesse il coraggio di parlare di omofobia, se non per accenni.
È ormai quasi anacronistico raccontare tematiche del genere con un approccio secondo me troppo delicato, troppo televisivo, perché non riesce più a focalizzare quanto invece dolorose siano certe storie e quanto distruggano le persone coinvolte, e a "sfruttarne" il potenziale.
Purtroppo queste scelte secondo me sottraggono un po' del valore umano che un film come questo avrebbe dovuto avere. Penso ad esempio ad Adolescence che riesce non solo ad essere duro per certi aspetti, ma a raccontare in modo interessante tutto un sistema socio, educativo, genitoriale e istituzionale che sembra stia fallendo nella promozione di comportamenti anche solo più umani. Ma anche la difettosissima 13 Reasons Why aveva dalla sua un approccio più efficace.
Il ragazzo dai pantaloni rosa invece sembra quasi un film vecchio che riesce nella sua funzione solo se guardato con la giusta consapevolezza e maturità.
Il classico filmetto da Giffoni Film Festival, da fare vedere alle scuole medie nell'ora di educazione civica. Molto insincero, purtroppo. Concordo. Oltretutto che cattivo gusto rendere Andrea più bello, più popolare, più etero. Altrimenti gli spettatori non avrebbero empatizzato? Bah.
RispondiEliminaInsincero è forse il termine più adatto che si possa dare a questo film: sembra manchi proprio la voglia di denuncia che invece dovrebbe avere.
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