Se dovessi proprio scegliere, il period drama è forse uno di quei generi che trovo più affini e di comfort per me, ed appena ce n'è uno interessante mi ci butto volentieri. Se piace altrettanto anche a voi e siete rimasti magari un po' delusi da Il Gattopardo di Netflix, allora non potete perdere queste due serie tv.
A Thousand Blows
Prima stagione
Nella mia carriera di amante delle serie tv ho qualche onta sul curriculum, e in particolare sono forse fra i pochi che non è riuscito a farsi assorbire dal fascino di Peaky Blinders. Non entrando in sintonia con i personaggi e sopraffatto dal numero di stagioni da recuperare, ho mollato il colpo, ma quando lo sceneggiatore Steve Knight (padre tra l'altro dell'amatissima Taboo) è tornato con una nuova serie tv ho pensato che non potevo perdermela.
Il 21 Febbraio su Disney Plus è arrivata A Thousand Blows, che ci porta a Londra durante l'epoca vittoriana. Ispirandosi vagamente a fatti realmente accaduti, conosciamo Hezekiah Moscow (Malachi Kirby da Cattiverie a Domicilio) e Alec Munroe (Francis Lovehall), due giovani ragazzi giamaicani alla ricerca di nuova fortuna in una Londra brulicante e caotica. Qui però si affacceranno presto alla malavita, ed in particolare ad un gruppo di ladre che si fanno chiamare i 40 Elefanti, capeggiato da Mary Carr (Erin Doherty di The Crown e Chloe). E poi ci sono i fratelli Sugar (Stephen Graham, ormai feticcio delle produzioni di Knight) e Treacle (James Nelson-Joyce) Goodson, entrambi noti pugili a mani nude.
Tutti questi personaggi si incontreranno e si scontreranno (letteralmente) nei sporchi sobborghi di una Londra di fine '800, tutti mossi da una voglia di rivalsa o di sopravvivenza.
A Thousand Blows si muove sui binari del period drama tradizionale, in cui una coralità di personaggi finisce in qualche modo per essere coinvolta, mentre lo sfondo storico si muove ed evolve. Ovviamente il lavoro di Steve Knight non è stato quello di ricostruire, come in un documentario, tutti gli avvenimenti dei personaggi realmente accaduti, ma di farli esistere e coesistere in modo coerente e credibile. Ognuno dei protagonisti di A Thousand Blows ha infatti un suo vissuto, un suo carattere ma anche tutta una serie di sfumature che lo rende interessante.
Ognuno dei personaggi si porta dietro infatti tutta una serie di traumi e di ferite pregresse, ma anche desideri ben celati e tutti devono confrontarsi con una società che non li vorrebbe: da Hezekiah che viene escluso per il colore della sua pelle, a Mary che pur avendo un carattere forte, è una donna in un mondo estremamente patriarcale.
E se il ring che più volte vediamo diventa un luogo in cui scontrarsi, è la strada il vero campo di battaglia che spingerà appunto i personaggi ad utilizzare i propri talenti, non solo la forza fisica ma anche quella mentale, l'astuzia, e la determinazione.
Oltre ad un cast in grado di dare delle ottime interpretazioni (vi ho segnalato giusto alcuni dei lavori precedenti per sottolineare che non sono proprio gli ultimi arrivati), A Thousand Blows può contare su un budget che ha permesso una ricostruzione dell'epoca e una generale messa in scena curata. E poi c'è anche un'ottima regia dal sapore cinematografico.
I sei episodi di A Thousand Blows si gustano abbastanza facilmente e sanno tenere compagnia anche se a volte si ha la sensazione che la serie potesse essere ancora più carica di eventi, di snodi, di momenti di tensione che potessero renderla anche più avvincente. È vero che non manca la suspense, che gli incontri di pugilato, che sono ben realizzati, riescono a creare quella agitazione che ci si aspetta anche se non si è particolarmente fan dello sport, ma si poteva fare forse di più. Infatti a volte ho avuto la sensazione che si parlasse molto ma si concretizzasse poco, come per prendere tempo.
Credo che in parte sia stata una scelta voluta perché il finale stesso prepara la strada per una seconda stagione di A Thousand Blows che ormai sembra essere in programma, ed essendomi affezionato ai personaggi, non mancherò.
L'Arte della Gioia
Miniserie
Ispirandosi al romanzo di Goliarda Sapienza, pubblicato postumo alla sua morte, la protagonista è Modesta (Tecla Insolia), si svela passo dopo passo, a partire dall'infanzia segnata dalla povertà assoluta e dai peggiori maltrattamenti che un bambino possa subire. Queste esperienze la trasformeranno in una giovane determinata, pronta a tutto pur di conquistare la sua fetta di appagamento.
In realtà la sfortuna diventerà per Modesta la sua svolta: finita in un convento dove viene accudita e istruita dalle suore, diventa una delle predilette della Madre Superiora, Suor Leonora (Jasmine Trinca). Proprio il rapporto fra le due sarà la causa per cui verrà poi accolta nella villa della Principessa Brandiforti (Valeria Bruni Tedeschi) in cui finalmente potrà avere il potere che tanto desiderava.
Non avendo mai letto il romanzo di Goliarda Sapienza e non sapevo cosa aspettarmi dalla serie tv, ma una volta terminata l'unica perplessità è stata sul come mai l'opera non avesse avuto un adattamento cinematografico di qualche tipo. Quella de L'arte della gioia è infatti una storia intrigante, a tratti seducente, ma cruda e straordinariamente moderna, pur essendo nata negli anni '60. È soprattutto la sua protagonista, Modesta, che movimenta tutto, e che è un personaggio estremamente sfaccettato: la sua femminilità è fuori da ogni schema o quasi, ed offre il fianco per toccare tematiche che ancora oggi hanno un peso importante, anche se la sua vita è ambientata agli inizi del '900.
Modesta è infatti quella che oggi potremmo definire una Lolita, ma matura, conscia di ciò che vuole, consapevole del suo corpo, che vive una sessualità libera, disinibita, fuori dagli schemi, determinata a raggiungere la sua emancipazione. È una sopravvissuta verso cui si finisce di tifare, eppure è una antieroina a tutti gli effetti: è una ragazza manipolatrice per certi aspetti, furba, disposta a tutto (davvero tutto) pur di ottenere ciò che vuole.
Proprio con il personaggio di Modesta, L'arte della gioia, pur essendo la storia di un coming of age, passa attraverso generi diversi, oscillando dal drammatico all'erotico, e raggiunge momenti quasi da thriller e senza dimenticare l'evoluzione storica. Nonostante però l'indubbia fisicità della serie tv, resta una produzione raffinata ed elegante, grazie sia alla messa in scena curata (ritorna Villa Valguarnera a far da sfondo, come ne Il Gattopardo) ed ovviamente le interpretazioni, a partire da Tecla Insolia che secondo me è riuscita a dimostrare il suo talento e a trovare un ruolo che credo possa essere una evoluzione in positivo per la sua carriera.
L'arte della gioia, nonostante comunque sia un costante flusso di avvenimenti, si segue facilmente, ed ha un ottimo ritmo. A voler trovare un neo, ho avuto l'impressione che gli ultimi due episodi (in totale sono 6) fossero un po' meno dinamici e più lenti rispetto all'impatto iniziale.
Ma è poca cosa, perché la qualità c'è e si vede, e spero che ci sia il lascia passare per almeno un'altra stagione visto che il romanzo de L'arte della Gioia si divide in quattro parti.
0 comments:
Posta un commento
E tu cosa ne pensi?
Info Privacy