Questa recensione non porta buone notizie perché in queste ultime settimane di maggio ho visto tre film che alla fine non mi hanno lasciato granché. Ecco perché li "sconsiglio".
La voce della pietra (2017)
Titolo originale: Voice from the Stone Genere: drammatico, thriller Durata: 90 minuti Regia: Eric Dennis Howell Uscita in Italia: 2017 (Cinema) Paese di produzione: Stati Uniti |
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Mentre scorrazzava a bordo di draghi volanti, la cara Emilia Clarke si è dedicata anche ad un altro progetto, ovvero l'adattamento cinematografico del romanzo dello scrittore italiano Silvio Raffo intitolato La voce della pietra.
La storia si svolge in una Italia del dopoguerra, quando una giovane infermiera inglese, Verena (Clarke) viene assunta per aiutare a "sbloccare" Jacob, un bambino di 10 anni che ha da poco perso la madre, trasferendosi nella grande villa in cui vive con suo padre Klaus. Verena tenterà di convincere il bambino a ritrovare la serenità, ma si ritroverà a sua volta troppo coinvolta e risucchiata da tutte le ombre e gli spettri che vivono nella grande villa, perdendo lei stessa la sicurezza di poter aiutare il ragazzino, ma anche la capacità di distinguere ciò che è vero da ciò che la sua mente le fa vedere.
Io ad Emilia Clarke voglio quasi bene, e in fondo la capisco: il personaggio di Daenerys rischiava di diventare per lei un marchio di fabbrica e bloccarle la carriera, e quindi era necessario mettersi alla prova anche con ruoli differenti e magari, visto che era al centro di una saga parecchio famosa, ci ha tirato su anche un bel gruzzolo. Tuttavia La voce della pietra è un film che non ha nulla.
Il suo stile è quello di un thriller psicologico che si vena di atmosfere gotiche, dark e di ispirazione quasi soprannaturale, ma tutto questo è solo sulla carta, perché poi, da un punto di vista della sceneggiatura, accade ben poco.
Tutta una prima parte del film risulta abbastanza piatta, con pochi elementi narrativi di rilievo, mentre la seconda parte mette il piede sull'acceleratore e butta di mezzo tante cose che risultano in parte esagerate, visto che non c'è stata una costruzione dietro, e in parte prevedibili.
Voice from the stone secondo me si ispira in parte a film come The Others, ma non riesce ad emularne la suspense, la tensione e l'intensità. Anche i messaggi di fondo che passano, come ad esempio l'accettazione di un lutto o il trauma, secondo me sono trattati in modo molto annacquato, e si poteva giocare molto di più sul concetto di pietra intesa anche come lapide, oltre che alla parte da cui si sentono improbabili voci o alla cava vicino alla villa, e in generale credo che tutta la storia si prestasse alla creazione di un mistero più articolato, ma così non è stato.
Le interpretazioni sono tutto sommato buone, sia Clarke che gli altri (fra cui Remo Girone e Caterina Murino) portano a casa i loro ruoli ma hanno poco da dare perché sono privi di sfumature. La stessa Verena è l'unica che ha un cambiamento, sia esteriore che interiore, ma non si capisce bene per cosa accada. Non prendetemi per scemo, sono arrivato a darmi delle spiegazioni ma non è il film che le racconta.
Le uniche cose che salvo in La voce della pietra sono gli scenari e le ambientazioni, che sono davvero suggestivi, ed il brano finale interpretato da Amy Lee, ma per il resto forse potevo dedicare questa ora e mezza ad altro.
Pig - Il piano di Rob (2021)
Genere: drammatico Durata: 92 minuti Regia: Michael Sarnoski Uscita in Italia: 15 settembre 2021 (on demand) - Maggio 2024 (Prime Video) Paese di produzione: Stati Uniti |
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Mentre navigavo un po' su Amazon Prime Video alla ricerca di qualcosa da vedere, mi sono imbattuto in questo Pig, titolo particolare che mi ha attirato tanto quanto il volto di Nicolas Cage sulla locandina.
La trama sembra anch'essa curiosa: Robin "Rob" Feld (Cage appunto) vive nei boschi in compagnia di un maiale da tartufi, quasi come un reietto della società, ma in realtà è stato un grande chef in passato. Tutto è tranquillo nella routine dell'uomo, fino a quando però non gli rubano il maiale, e così Rob cercherà di recuperarlo, in parte affrontando la sua vecchia vita prima che si isolasse dal resto del mondo.
Sembra insomma l'incipit per una sorta revenge movie alla "Io vi troverò", ma in realtà Pig si muove in un contorno umano più profondo e su di un uomo consumato dalla sua stessa passione.
Nonostante un inizio particolare, visto che questo benedetto maiale viene nominato talmente tante volte da risultare quasi una barzelletta, sono voluto andare fino in fondo a questo Pig e alla fine ho trovato un film forse pretenzioso, che aveva tutto sommato una buona idea, ma che la costruisce secondo me male e in modo incompleto. Sebbene la durata infatti non sia così eccessiva, la storia si muove molto lentamente, ed è come se lasciassero lo spettatore sempre in attesa di alcune rivelazioni o spiegazioni, molte delle quali non arrivano mai.
Si nota proprio secondo me come abbiano frenato lo sviluppo affinché si potesse arrivare ad un finale più riflessivo e in qualche modo intenso, ma onestamente mi è rimasto ben poco.
Le riflessioni e diciamo la saggezza che Rob ha maturato, sono in parte anche condivisibili, ma anche fine a loro stesse perché, piuttosto che sovvertire quel sistema vuoto e "malato", in questo caso nel mondo della cucina di un certo livello, pur avendone i mezzi vista la sua posizione, se ne allontana (anche per altre vicende personali, questo bisogna aggiungerlo). Non ho capito fino in fondo che sensazioni avrei dovuto provare nei suoi riguardi.
Anche allargando il campo, e quindi spostandoci dai fornelli, la ricerca più ampia di verità, autenticità e semplicità che la parabola di Rob dovrebbe raccontare, risulta un po' stereotipata: non serve necessariamente isolarsi dal mondo per poter riscoprire se stessi e tornare ad una realtà più "concreta".
La cosa più strana di Pig è che oltre a questi aspetti che mi hanno lasciato perplesso e alcune scene evitabili, ha una buona fattura, una messa in scena, per quanto cupa, sicuramente curata, e poi c'è anche un'ottima interpretazione di Nicolas Cage che riesce ad equilibrare bene i due lati di Rob. Ma la sua caratterizzazione è davvero basilare, come dicevo man mano spunta qualche dettaglio ma poca roba, e risultano ancora più superficiali i personaggi secondari, come Amir (Alex Wolff) l'amico di Rob che si imbarca in questa odissea alla ricerca del maiale.
Pig sta tutto sommato bene nel mondo dello streaming ma al cinema sarebbe stato una grossa delusione per me.
IF - Gli amici immaginari (2024)
Genere: commedia, fantastico, drammatico Durata: 104 minuti Regia: John Krasinski Uscita in Italia: 16 maggio 2024 (Cinema) Paese di produzione: Stati Uniti |
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Scritto, prodotto, diretto e interpretato da John Krasinski, IF purtroppo non è il film che speravo, e in un periodo in cui di uscite cinematografiche magre o ad orari improponibili, forse pesa di più.
If è la storia di Bea (Cailey Fleming), una ragazzina di 12 anni che da un po' di tempo si è ritrovata a dover fare l'adulta: sua madre è infatti morta a causa di una malattia, e adesso deve riaffrontare lo stesso calvario con il padre (John Krasinski appunto) che deve essere operato, appesantendo ancora di più questo bagaglio emotivo. Un po' per caso però, mentre vive a casa di sua nonna Margaret (Fiona Shaw), incontra una strana creatura, ma questo è solo l'inizio, perché dopo averne viste anche altre, nei giorni dopo il primo "avvistamento", grazie ad un misterioso uomo di come Cal (Ryan Reynolds) scoprirà che c'è un mondo di amici immaginari - gli IF appunto, come imaginary friends - che cercano dei nuovi bambini da accompagnare e con cui giocare, visto che quelli che li hanno creati sono ormai cresciuti e non possono più vederli.
Credevo e speravo che IF - Gli amici immaginari potesse essere uno di quei film per bambini che alla fine però ti toccano e ti commuovono anche se sei ormai un ragazzone fatto e finito con i capelli bianchi, ma non è stato così, e mi spiace dire che, in un certo senso, si avvicina (negativamente) a La voce della pietra.
Il tema di fondo in questo caso è quello sì della elaborazione del lutto e della malattia specie da parte di chi, come i bambini appunto, non hanno ancora gli strumenti per farlo (se mai ci dovesse essere un metodo per riuscirci), ma c'è anche la ricerca di quella infanzia e immaginazione che gli adulti molto spesso dimenticano, sotto il peso di problemi, preoccupazioni e ansie.
Anche preso come una favola da raccontare ai bambini IF - Gli amici immaginari secondo me non funziona da un punto di vista narrativo perché non crea un mondo strutturato o particolarmente interessante, non ha spunti nuovi e non è sempre chiaro negli intenti.
È come se alcune scene e alcuni passaggi mancassero di legante fra di loro o sia stato utilizzato solo un quarto del loro potenziale che la storia aveva, come la parte della "casa di riposo" per appunto amici immaginari, e più in generale non l'ho trovato un film così avventuroso e divertente da poter intrattenere davvero i bambini più piccoli. Gli stessi amici immaginari non hanno poi chissà che peso nello sviluppo narrativo, e quel pupazzone viola di nome Blue che vedete nella locandina appare davvero poco.
Ma allo stesso tempo, IF non mi sembra un film ideato davvero per adulti come me perché appunto manca spesso di focus, ha dei cambi di ritmo troppo meccanici e anche l'emotività è troppo oscillante, passando dal triste, allo sciocco, al prevedibile.
John Krasinski ha pensato che coinvolgere amici e parenti sarebbe stata una buona idea per dare volti e voci ai suoi personaggi, d'altronde è un film per famiglie, ma il Cal di Ryan Reynolds è un personaggio piatto, che non fornisce particolari spunti comici, se non quel tipico sarcasmo che l'attore utilizza in questi ruoli più "leggeri". Cailey Fleming è invece carina, ma anche qui non ho notato una particolare evoluzione.
IF secondo me è nato con delle buone intenzioni, anche se per niente originali, ma fallisce nel trovare una sua strada.
Pig per me vale, ma la Pietra dico anch'io no, era meglio evitare.
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