Esattamente un anno fa eravamo bombardati da notizie sul processo per diffamazione in Virginia fra Johnny Depp e Amber Heard, che aveva trasformato chiunque sul web come un esperto di diritto.
In questo caso non si trattava solo di un caso giudiziario fra due belli e ricchi attori di Hollywood, ma anche implicazioni sociali più ampie, e il nuovo documentario Netflix Depp v. Heard, disponibile dal 16 agosto, ricostruisce la vicenda cercando di andare oltre.
È il 2018 quando Amber Heard scrive sul Washington Post di essere anche lei stata vittima di violenze domestiche, senza fare però il nome dell'uomo violento a cui si stava facendo riferimento, ma non c'è voluto molto per capire visto che l'uomo con cui aveva divorziato nel 2017 era proprio Johnny Depp.
Così arriviamo al 2022, anno in cui lui decide di citare l'attrice per diffamazione, visto il danno di immagine e lavorativo che aveva subito dopo queste dichiarazioni.
In realtà nel 2020 Depp ha perso una causa in Gran Bretagna contro il The Sun, su cui era stato definito come un "picchiatore di moglie", ma le leggi inglesi sono indubbiamente diverse rispetto a quelle americane, basti pensare alla presenza della giuria.
Il processo dello scorso anno fra Depp e Amber Heard è diventato subito un caso mediatico, che ha fatto un ping pong sui social a cui è stato impossibile sfuggire anche se la questione non vi interessava.
La documentarista Emma Cooper (che ha già diretto la docuserie I segreti di Marilyn Monroe: i nastri inediti) cerca non solo di ricostruire le udienze in tribunale, ma anche il risvolto mediatico e sociale del caso.
In tre episodi da circa 50 minuti, vengono in parte ricostruiti i momenti più importanti dei vari snodi del processo Depp contro Heard, ma praticamente quasi tutti i passaggi vengono anche corollati da tutte le reazioni avute sul web, soprattutto da commentatori su Twitter, TikTok e Youtube, che quasi in parallelo hanno affiancato quanto stava accadendo nell'aula di tribunale.
Non è quindi un puro documentario crime-poliziesco che vuole scoprire chi fra i due avesse davvero ragione, ma più concentrarsi su quanto siamo influenzati dai media, e soprattutto quanto questi si polarizzino su un versante o sull'altro, e siano, in questo senso, manipolabili. Non conta più il reale colpevole, ma più come ci si presenta.
Non è un caso che la Heard sia finita a diventare un meme, con le sue esternazioni spesso poco chiare o le sue espressioni esagerate, mentre Johnny Depp sia riuscito nel suo intento di ripulire la sua immagine, sia grazie al supporto dei media ma anche al suo modo di mostrarsi in aula, misurato e sempre preciso nei suoi interventi.
Questo documentario Netflix secondo me, pur non essendo unico nel suo genere, riesce a raccontare bene questa realtà, che probabilmente molti di noi conosciamo da vicino, ma che a volte ci sfugge.
Ha inoltre un buon ritmo infatti i tre episodi si bevono uno dopo l'altro.
C'è però un altro discorso da fare, oltre alla quantità di parole spese (e soldi guadagnati) durante quel processo: infatti abbiamo spesso assistito a donne che per fortuna denunciano le violenze subite dagli uomini, ma, meno spesso si sente parlare di quel che accade a parti inverse.
È indubbio che siano le donne maggiormente coinvolte in casi di violenza di genere, per motivi tristemente statistici, ed è anche vero che c'è una maggiore vergogna e difficoltà quando è un uomo a subire le stesse violenze, ma depotenziare la vittima di abusi, facendola passare per pazza o per poco credibile, ha un grosso impatto sulla società ed è un problema.
Nello specifico, memizzare la stessa Heard nella sua esposizione, e ridicolizzarla dando per scontato che sia nel torto e menta, è sbagliato.
In questo senso Depp contro Heard mette forse troppa carne a fuoco che non ha tempo di essere cotta, e forse non è nemmeno questa la sede ideale per discuterne.
Per quanto non sia qualcosa di imperdibile, credo che questo documentario Netflix abbia il pregio di ricordarci che la verità di ciò che vediamo sui giornali o in rete non è mai quella che siamo convinti di credere. E penso che la battaglia mediatica su questi due attori debba farci riflettere su quanto siamo diventati ossessionati dal conoscere le vite di persone che alla fine ci sono estranei, ma soprattutto siamo affamati (più o meno consciamente) dei dettagli più scabrosi e pungenti. Questo costante bisogno di spiare dal buco della serratura ed ergersi a giudici severi ma parziali, non sano per nessuno.
La Verità la sanno soltanto loro
RispondiEliminaQuesto è vero, infatti il documentario cerca di parlare di altro proprio perché cercare ancora la verità era inutile
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