Le serie tv a cui ho detto BASTA (e perché)🙅🏻‍♂️

Ero un bambino quando iniziai ad appassionarmi alle serie tv. Dalle sitcom pre-serali per ragazzi, da guardare dopo i compiti in attesa della cena, che davano su Italia Uno, via via alle serie più articolate da seguire la sera. Guardavo solo pezzi di X-Files con le mie sorelle, perché sapevo che avrei avuto gli incubi, non mi ero appassionato a Beverly Hills 90210, ma peggio mi sentivo con Dawson's Creek.
Non c'era all'epoca l'idea di streaming, non si parlava di binge watching, si guardavano le cassette al massimo, o si aspettava il giorno della settimana in cui avrebbero trasmesso il nuovo episodio in tv.
A 9 anni ho iniziato a seguire per bene, stagione dopo stagione, una delle mie serie tv preferite, ovvero Charmed, cioè Streghe, seguita da Popular e Roswell, che però durarono troppo poco. Ero un po' più grandicello quando arrivò Prison Break, e quelle storie torbide e crude mi affascinavano, ma non potevo far nottata: il giorno dopo dovevo andare a scuola.



Questa è solo una microlista delle serie che fra gli anni '90 e i primi del 2000 mi sono rimaste nel cuore, ma sarebbe in realtà molto più lunga, compresi anche dei cult.
Col tempo il panorama di serie tv si è affollato sempre più, la scelta iniziava a diventare ampia così come i miei gusti iniziavano a delinearsi. Sono arrivati sempre più canali su cui seguire prodotti nuovi, a scuola prima, sui social poi, ci si scambia sempre più consigli e le liste di serie da iniziare sono diventate dei poemi interminabili. 
Ed io di stagioni ne ho cominciate tantissime, sempre con buoni propositi, ma nel tempo a molte di queste ho detto basta.

Ho deciso di fare un mega riassunto e mettere un punto proprio a quelle serie che ho smesso di seguire definitivamente, nonostante in principio mi piacessero (a volte anche molto, altre per niente) e soprattutto spiegando come si è rotto l'idillio.
Sono uno di quelli che non si fa spaventare da una stagione fiacca o da un paio di episodi noiosi, anzi spesso voglio proprio sapere cosa si inventano per concludere una serie, o se magari ci sono dei miglioramenti nel corso delle puntate. Questo per dire che, se ho chiuso con queste serie tv, il motivo è sicuramente importante e ci sono stati aspetti che proprio mi hanno fatto ripudiare l'idea di proseguire.


Altro che caffè / Family Business


Inizio proprio con una serie tv (francese) che ho bocciato di recente quest'anno (qui se volete leggerne di più), ovvero Altro che caffè, disponibile su Netflix. La seconda stagione dovrebbe essere in uscita l'11 settembre prossimo, ma io ho deciso di fermarmi alla prima perché, nonostante sia una commedia, non mi ha fatto proprio ridere. L'ho trovata una serie banale, ma soprattutto ho la sensazione che sia una di quelle storie che non avrà mai una conclusione sensata, ma accavallerà assurdità per andare avanti. Ne faccio volentieri a meno.


Alto mare / Alta Mar / High Seas

Alto Mare - Serie TV (2019) - MYmovies.it

La prima stagione di Alto Mare era stata piacevole, senza grossi picchi di sceneggiatura, ma mi sembrava un buon intrattenimento. Tuttavia, con la seconda, Netflix ha buttato alle ortiche qualunque senso logico, aggiungendo una componente fantasy assolutamente fuori contesto e gestita profondamente male. Già le produzioni spagnole non sono le mie preferite, ma aver impoverito la trama in questo modo, ha fatto sì che, nonostante la curiosità di sapere cosa si inventeranno, non ho alcuna voglia di sorbirmi la terza stagione (che esce il 7 Agosto se vi interessa) che pare sarà l'ultima, al contrario dei piani iniziali che ne prevedevano anche una quarta.


Peaky Blinders


Non ho mai parlato qui sul blog di Peaky Blinders, ma proprio di recente ho visto la prima stagione di questa serie tv, spinto da tantissime recensioni positive e consigli sparsi qui e lì. E non ho alcuna intenzione di dire che si tratti di una serie tv cattiva, anzi è altamente di qualità sia nella sceneggiatura, che nella ricostruzione, visto che è ambientata ai primi del '900, ed anche nella scelta del cast. Tuttavia, dopo aver terminato la visione dei primi episodi, non mi è rimasto molto: da un lato non mi sono annoiato, non ho fatto fatica a seguirla, dall'altro però non mi sono appassionato a tal punto dal voler affrontare 5 stagioni già disponibili più altre due inedite. I personaggi non mi hanno trasmetto particolari emozioni, e mi spiace un po', ma ammetto che mi aspettavo che Peaky Blinders fosse un po' più cruda, più amara, invece ho avuto l'impressione non volessero mai sporcarsi troppo le mani e dare svolte definitive agli eventi. Sono sicuro che sia una serie solida, ma ho detto basta a Peaky Blinders, e non credo cambierò idea.


Supernatural


Adoravo Supernatural, una delle serie tv che ho iniziato a seguire quando ero appena un ragazzetto, e mi ero affezionato anche ai personaggi, ma arrivato alla decima stagione, ho mollato il colpo, come dicevo qui, e non me ne pento. Non ce la facevo più, mi sembrava di essere un criceto sulla ruota, visto il rimescolare delle vicende che finivano sempre alla stessa maniera. Supernatural non riusciva più a coinvolgermi, non sentivo più il brivido per situazioni che dovevano essere di pericolo o tensione. Le avventure dei fratelli Winchester sono proseguite fino alla 15esima stagione, e a me ormai sembra una follia continuare con la stessa serie per così tanto tempo, ma pare sia l'ultima, per fortuna.


American Horror Story


Continuano a fioccare stagioni su stagioni di American Horror Story, che pare essere destinata ad averne addirittura tredici, ed io non capisco come Ryan Murphy continui ad avere così tanto spazio, visto che poi molti dei suoi prodotti si rivelano dei flop (vedi appunto Hollywood). Nel caso di AHS ho provato e riprovato, arrivando a vedere ben sette stagioni consecutivamente, ma ad un certo punto ho detto basta. Onestamente ero stanco di seguire questa serie tv costantemente piena di difetti, con personaggi costruiti male, storyline campate in aria, l'uso quasi ossessivo sempre degli stessi attori, la totale assenza di pathos ed effetto sorpresa, pur essendo un horror, e l'incapacità di sviluppare trame solide attorno ad argomenti seri ed interessanti. Credo che Murphy possa continuare ed arrivare anche alla centesima stagione di American Horror Story, ma io non farò più parte del loro pubblico.


I Durrell - La mia famiglia e altri animali / The Durrells


È terminata proprio quest'anno, con la quarta ed ultima stagione, I Durrell, che è andata in onda su LaEffe fino allo scorso 3 Aprile, ma, se ricordate, io mi fermai alla prima stagione. Il motivo è che detestavo tutti i personaggi, non li sopportavo completamente. Può capitare di parteggiare per un protagonista o per un altro, ma in I Durrell avrei avuto voglia di prendere a sberle chiunque, dal più grande al più piccolo. La storia inoltre mi sembrava spesso inverosimile, esagerata e artificiosa, e il risultato è che non ne ho voluto più sapere niente della serie. 


How to Get Away with Murder / Le regole del delitto perfetto


Quest'anno, con la sesta stagione, ha chiuso i battenti anche un'altra serie tv tanto apprezzata, ma che io proprio non ho più sopportato: Le regole del delitto perfetto. In principio l'avevo trovata molto intrigante, aveva la giusta tensione, e la storia mi sembrava anche originale, ma con la seconda stagione le cose per la combriccola di Annalise Keating e i suoi ragazzi si sono fatte irreali, esasperate, ed al tempo stesso noiose, e da lì ho perso interesse. Ho visto la terza trascinandomi per arrivare alla fine, e poi ho detto definitivamente basta senza rimpianti né rimorsi, se non forse qualche performance interessante di Viola Davis. Per il resto però ho completamente rimosso qualunque interesse per How to Get Away with Murder.


Orange is The New Black


Ho letto molto entusiasmo e molta tristezza per la chiusura, con la settima stagione, di Orange is The New Black, ma per me si sarebbe potuta fermare prima. Vi avevo raccontato che alla terza stagione mi era quasi preso un abbiocco a seguire la serie, e da lì non ho fatto più ritorno al penitenziario femminile Litchfield. Non trovavo la storia caustica, né emotivamente trascinante, né intimista, o dall'altro lato irriverente e ironica. Nulla. A dirla tutta ho sempre avuto l'impressione che col tempo Orange is The New Black avesse perso del tutto quella leggerezza che mi aveva dato in principio, volendo a tutti i costi rimestare nella vita di Piper, che però, secondo me, non aveva spunti così interessanti da offrire. Resta un mistero su come siano andati tanto avanti, visto che ogni stagione ha addirittura 13 episodi.


Questi sono i titoli più eclatanti o recenti a cui ho detto definitivamente addio, potrei andare ancora indietro nel tempo, ma lascerei al passato quel che è passato. Fatemi sapere voi magari quale serie tv avete abbandonato.
Qui ho aggiornato questa lista con ulteriori serie tv abbandonate. 



|Beauty Cues|
Gyada Cosmetics Scrub Co-Wash Rinforzante con Spirulina: promosso o bocciato?!

Ormai da anni sono un fan del cowash, questo metodo di lavaggio dei capelli alternativo che consente una detersione delicata, perfetta per chi ha il cuoio capelluto sensibile, i capelli secchi, o nella bella stagione, quando i lavaggi si susseguono più rapidamente.
Già quattro anni fa vi avevo lasciato non solo la mia ricetta per un cowash home-made, ma anche tutte le dritte per utilizzarlo al meglio.
Nel corso degli anni sono arrivati diversi prodotti studiati appositamente per essere utilizzati a questo scopo, come appunto lo Scrub Co-Wash Rinforzante con Spirulina di Gyada Cosmetics.



Se non avete ancora letto la mia recensione degli altri prodotti per capelli di Gyada alla spirulina, allora forse dovreste fare un salto qui, anche perché ho spiegato le proprietà dell'estratto di questa microalga. Ovviamente lo Scrub Co-wash ha alcune componenti diverse rispetto alla linea: si tratta di una crema al cui interno trattiene tanti piccoli granuli, che altro non sono che polvere di guscio di mandorle e nocciola, che danno un'azione esfoliante al prodotto.
La cremosità di questo cowash è molto gradevole, e, nonostante abbia ingredienti nutrienti come olio di cocco, di avocado, di semi di lino, e jojoba, burro di karitè, non è una consistenza untuosa o difficile da distribuire.
Ovviamente anche nel cowash Rinforzante Gyada ha inserito tutti gli altri ingredienti attivi della linea: dall'estratto di ginseng, alla sempre ottima niacinamide, alle proteine idrolizzate di soia e grano, tutti ingredienti noti per funzionare bene sulle chiome.
Il mio naso, anche in questo prodotto, percepisce la stessa buonissima profumazione della gamma alla spirulina che io associo, probabilmente erroneamente, alla mandorla.



Per quanto concerne l'uso, Gyada Cosmetics ne suggerisce due metodi:

"Prima o dopo lo shampoo (o in sostituzione) distribuire il prodotto su cute e lunghezze bagnate, massaggiare per qualche minuto ed emulsionare con acqua.
Se necessario ripetere il passaggio."

c'è anche chi lo utilizza su capelli asciutti per una esfoliazione più intensa e poi prosegue con il lavaggio. Per il mio cuoio capelluto sensibile però preferisco utilizzare esclusivamente il cowash, perché so che non tollererebbe un doppio lavaggio con due prodotti diversi. In genere prelevo più o meno la quantità di un cucchiaio colmo di prodotto, e lo distribuisco a poco a poco sulle varie zone del cuoio capelluto. Una volta che ho applicato il prodotto omogeneamente, cerco di massaggiare bene la cute aggiungendo un po' di acqua. Generalmente lascio lo Scrub Co-Wash Rinforzante in posa il tempo di proseguire con la doccia, così che possa avere i benefici dei vari ingredienti della formulazione.
Si tratta, secondo me, di un prodotto con diversi pro, ma anche alcuni contro. Il co-wash Gyada Cosmetics si è comportato bene sui miei capelli: riesce a detergermi bene sia cuoio capelluto che lunghezze, lasciandole morbide e leggere.



I capelli restano puliti più o meno i soliti quattro giorni come con un lavaggio classico, ma capisco che la scarsa produzione di sebo del mio cuoio capelluto non fa testo. Lo Scrub Co-Wash contribuisce a portarsi via secchezza e desquamazione, senza però irritare o lasciarsi dietro rossori. I granelli si sentono, ma non così prepotentemente, seppur ovviamente non si sciolgono come nel caso dello zucchero della versione home-made. Questo, dall'altra parte, è un contro: in genere il cowash richiede decisamente cura e tempo nel risciacquo, ma nel caso di questo di Gyada l'attenzione (e l'acqua necessaria) deve essere maggiore, o il rischio di non rimuovere tutti i granelli non è così raro. Il potere condizionante sui miei capelli lo ritengo accettabile: districa abbastanza, ma diciamo che non ammorbidisce né lucida particolarmente, due aspetti per cui devo aggiungere un altro balsamo o un prodotto per lo styling.
Tuttavia l'aspetto che mi fa veramente tentennare nel riacquistare lo Scrub Co-Wash Rinforzante è il rapporto quantità-prezzo, visto che, usando quantità maggiori di prodotto, si consuma abbastanza in fretta. Immagino che lo stesso discorso vale su capelli lunghi.
In definitiva credo sia un buon prodotto, ma che non riesce a superare la versione casalinga che ho sempre utilizzato e che posso fare con più o meno qualunque balsamo ho a disposizione.

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Che ne pensate del cowash? È un metodo che utilizzate o vi intriga? Oppure proprio non fa per voi?



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Molte mi sono piaciute, ma preparatevi al peggio

La corsa al tormentone estivo genera mostri, per citare in modo quasi blasfemo il pittore spagnolo, ma è tristemente la verità, visto che, dopo la scorsa playlist che era traboccante di brani trash e personaggi poco raccomandabili, ho scoperto qualche altro pezzo che non potete non conoscere così lo evitate. Non è però tutto da buttare, anzi ci sono anche alcune novità che straordinariamente mi sono piaciute.

Fred De Palma - Paloma (feat. Anitta)


Pure i miei follower brasiliani su Instagram si sono sperticati per dirmi che Anitta, la regina del Brasile (come la chiamano loro), avesse fatto una canzone con un rapper italiano. Loro contentissimi, io un po' meno perché Paloma è quel tormentone che vuole farcela a tutti i costi: ritmo stra collaudato, nomi noti appunto, testo fintoromantico con le solite banalità.
E poi Anitta è bellissima, ma i gays non possono accettare gli abiti Dolce e Gabbana.


Levante Sirene


Io e la musica di Levante stiamo andando un po' più d'accordo ultimamente ed infatti ho apprezzato molto che Sirene, il suo ultimo singolo, non voglia essere appunto il brano da passare alla radio, ma il modo della cantate di metaforizzare sul periodo della quarantena, sulla sfuggevolezza del sogno di questa estate. Un bel brano da ascoltare con attenzione e magari leggere il testo a parte.


Alicia Keys - Perfect Way To Die


Anche se è uscita il 30 giugno, quindi non è più l'ultima novità, volevo farvi ascoltare Perfect Way To Die, perché, seppur semplicissima come canzone, mi ha colpito molto l'amarezza che trasmette. Questo brano di Alicia Keys si riferisce ovviamente alle violenze che la comunità nera subisce quotidianamente specie negli Stati Uniti. Anche se la melodia può sembrare dolce, secondo me riesce a trasmettere quella malinconia, quella voglia di cercare un senso, un risvolto, in qualche modo positivo, a qualcosa che non ha senso ed è solo una tragedia.
A proposito di testi da leggere, soffermatevi su questo se potete.


Mahmood, Sfera Ebbasta, Feid - Dorado


Ho ascoltato Dorado più e più volte eppure, ogni volta, il nuovo e attesissimo singolo di Mahmood non mi ha lasciato nulla. Non so dirvi perché, non è nemmeno colpa dei rapper che anzi credo creino un bel punto di rottura, ma è un bicchiere d'acqua in queste giornate torride: sì, mi aiuta per pochi minuti, ma preferisco accendere l'aria condizionata.
Credo che, essendo tornato a questi ritmi, a questi topic, Mahmood perda ormai un po' freschezza e effetto sorpresa che in certo senso aveva scatenato Rapide.
E, visto che siamo tra noi, non è che questo zompettare qui e lì lo trovi così sexy.



Anna Tatangelo - Guapo feat. Geolier


Ho molta simpatia per Anna Tatangelo e non lo dico solo per indorare la pillola, però questa veste (o forse dovrei dire crop top con cappotto) urban non ce la vedo benissimo su di lei. Poteva funzionare forse con un testo meno pregno di banalità, e magari senza il rapper partenopeo di turno, che pare essere un nuovo arrivato.
Non mi soffermo sul video, perché fra la ballerina di flamenco in mezzo ad un cantiere, la coreografia nel container e il signore col muletto, non ho capito niente.


Valeria Marini - Boom


Vi avevo detto di prepararvi al peggio, ed il peggio è arrivato: Valeria Marini ha fatto una "canzone". Basterebbe già questo per farvi scappare, ma non posso non soffermarmi su quanto sia tutto squisitamente senza senso: dalla canzone appunto, che dubito abbia anche un testo, al video dove si susseguono camion, feste in piscina, Valeria che salva gente con un colpo di gomito, gli scarti delle coreografie del Bagaglino e trucco e parrucco su una jeep. Fate voi perché non ho parole.

Katy Perry - Smile


Nonostante la gravidanza quasi agli sgoccioli, Katy Perry sta lavorando alacremente alla sua musica, ma per me, da Never Really Over, è stata una parabola discendente. Prima Never Worn White, poi Daisis, ora Smile (singolo che dà il nome all'album in uscita il 14 Agosto) sono stati tutti singoli che nonostante la radiofonicità, non mi hanno colpito particolarmente. Li sento con piacere ma, un po' come con Dorado, tempo poco e me ne dimentico.
Anche la cover ufficiale del disco è stata (giustamente) "battuta" da un fan art, e questo non preannuncia nulla di buono.



Ellie Goulding Brightest Blue 


Non pensavo che Ellie Goulding sarebbe diventata una di quelle artiste che avrei ascoltato frequentemente e con piacere. D'altronde credo che tutti abbiamo ancora nelle orecchie la sua Love me like you do trasmessa ovunque quasi fosse terrorismo psicologico, e da quel momento la simpatia nei suoi confronti è calata. Giorno 17 Luglio però è uscito il suo ultimo album Brightest Blue, e mi so ritrovato ad ascoltarlo più volte, tanto da spammarlo nelle storie di Instagram.



Non aspettatevi la rivoluzione musicale, è un disco pop con tendenze elettroniche, non è tanto l'originalità ad avere la meglio, ma Brightest Blue mi è sembrato un album piacevole, scorrevole, emozionante, a tratti molto dolce e romantico. Forse è un pelo troppo lungo, considerando che è suddiviso in due parti, e personalmente ad esempio avrei tolto quelle sorta di interlude come Cyan e Wine Drunk, ma anche Tides ha qualcosa che non mi convince. Tuttavia non annoia perché ci sono pezzi come Power o Worry About me che risvegliano al momento più giusto. Insomma credo che Ellie Goulding abbia fatto un buon lavoro.



Kylie Minogue - Say Something


Kylie Minogue sta preparando il suo come-back con il prossimo album chiamato Disco, in uscita il 6 novembre, ed anticipato da Say Something. L'ho ascoltata un po' per caso, perché non è generalmente fra le artiste che ricerco su Spotify, ma son rimasto deluso: un brano banale, fiacco, con il solito ritmo dance anni '80 che non solo Kylie ha già esplorato, ma che nel panorama musicale mondiale è stato praticamente consumato.


Achille Lauro 1990



Concludo con due novità così recenti che quasi non ho avuto il tempo di ascoltarle, e la prima di queste è il nuovo album di Achille Lauro, che a quanto pare se n'è fregato dei singoli precedenti ed ha lanciato un progetto del tutto a parte. Un voler raccontare e riscrivere a modo suo gli anni '90 (anche anno della sua nascita) e soprattutto la musica di quel periodo.



Sulla carta potrebbe essere un lavoro interessante, grazie alla collaborazione di nomi noti della musica attuale, e all'uso di questa Barbie alterego, ma il risultato l'ho trovato un po' meh: se voglio sentirmi i pezzi dance degli anni '90, non aspetto certo Achille Lauro che me li canti. È tutto un po' troppo piatto, eccetto i vari, sospiranti intermezzi, e il remake di Blue degli Eiffel 65, peccato però che già Faouzia ne avesse fatto uno più interessante, sconvolgendone molto di più la struttura.
Sicuramente servono più ascolti per decidere se un album sia valido, e non sono certo io in grado di dirvi cosa abbia valore e cosa no, ma sono quasi certo che non darò altro tempo e orecchie a 1990.


Taylor Swift Folklore


È uscito proprio oggi 24 Luglio anche il nuovo album di Taylor Swift. Nessun clamore particolare, nessuno snippet lasciato sui social, nessun leak anticipato, ma solo l'annuncio che sarebbe arrivato Folklore quasi a sorpresa.
Leggevo su Twitter che Taylor ha creato questo album sfruttando la quarantena come se fosse un flusso di coscienza, lasciandosi trasportare dalla fantasia e diventando quasi una cantastorie. 


Folklore mi sembra anch'esso un progetto interessante, che sicuramente riascolterò con più calma, anche se non ha proprio il mood ideale per l'estate. Sono quasi tutti brani lenti, riflessivi, con basi semplici, senza sovrapproduzioni eccessive dove prevalgono piano e chitarra acustuca. Lo capisco se insomma alcuni non avranno voglia di sorbirsi un intero album con 16 canzoni indie folk dai suoni sommessi, dolci e malinconici. Fosse stato autunno probabilmente saremmo tutti a frignare ad ogni brano, ma con le ascelle pezzate è un po' diverso.


Il primo singolo Cardigan mi sembra azzeccato, anche se forse avrei puntato a qualcosa con uno slancio ritmico maggiore come August, per quanto sarebbe suonata inflazionata.
Insomma staremo a vedere come evolve questo disco e quante volte ascolterò Folklore.


|Beauty Cues #WeeklyMask|
La mia esperienza (da dimenticare) con le maschere viso La Dispensa 🙄

Nonostante la mia passione per la cosmesi sia ormai più che decennale, ci sono delle aziende che conosco ancora poco e che non ho avuto modo di approfondire. Una di queste è La Dispensa Bellusco, azienda brianzola che avevo scoperto un paio di anni fa, ma che pare abbia una lunga esperienza nel mondo cosmetico. Forse conoscerete ad esempio i loro saponi Florinda, io invece avevo provato un paio di anni fa uno stick labbra della linea della linea Delicato d'asina, con appunto il latte di questo animale, che mi era piaciuto tantissimo.
Ho pensato che sarebbe stato interessante provare la maschera viso di questa gamma insieme a quella della Helidermina, a base di bava di lumaca.



Avrei voluto davvero tanto apprezzare queste maschere in tessuto, anzi le conservavo quasi fossero reliquie, aspettando il momento più opportuno, ma è stata un prova che preferisco dimenticare, perché questi trattamenti La Dispensa non mi sono piaciuti affatto.
Sulla carta sembrano due prodotti ottimi: entrambe le maschere non contengono siliconi, parabeni e PEG, anzi sono anche certificate. Hanno ambedue degli INCI brevi solo con pochi attivi funzionali, e una posa rapida di 10 minuti.
La forma di queste maschere in tessuto è geniale nella teoria, ma snervante nella pratica: dovrebbe coprire viso e collo, ma, oltre ad essere soffocante sul naso, visto che ha solo un taglio verticale per inserirlo, la parte che deve andare a trattare il collo non vuole aderire alla pelle.



L'unico modo, suggerito anche da La Dispensa, è star sdraiati, meglio se con il collo leggermente all'indietro, posizione non molto comoda onestamente per me. Anche così non è perfettamente aderente alla pelle, e la colpa di ciò è il tessuto troppo spesso e non abbastanza siero. Tutto sommato sono maschere ben imbevute, ma 20ml di siero è poco per inumidire come si deve un tessuto così ampio. In generale avanza tessuto per il mio viso, che non è proprio minuscolo, ma trovo comodi i fori di occhi e labbra.
Se già dal punto di vista pratico, insomma, ci sono stati dei problemi, peggio è stato il risultato che ho ottenuto con queste maschere viso La Dispensa.


La Dispensa Delicato d'Asina Maschera Viso
Idratante Nutriente con Latte D'asina



"La Maschera Viso BIOLOGICA al Latte di Asina si presenta come un foglio in morbido tessuto non tessuto imbevuto di principi attivi dalle specifiche proprietà idratanti e nutrienti. Texture leggera dal profumo fresco e delicato, in confezione pronta all'uso e monodose per assicurare l'integrità dei suoi preziosi componenti. Il Latte di Asina*, associato al Gel di Aloe Vera*, svolge un’azione nutriente e idratante, l’Acido Ialuronico aiuta a mantenere la pelle morbida."
Vi accennavo che ero molto curioso di provare queste maschere La Dispensa, e soprattutto questa con latte d'asina, visto che è un ingrediente che apprezzo da diverso tempo.
Non mi ripeto sulla scomodità di utilizzo, ma vi posso dire che per tutto il tempo della posa mi ha tenuto compagnia un profumo molto gradevole, fresco, vagamente dolce. La sensazione sulla pelle non mi è sembrata né particolarmente fresca, né che stesse dandomi dei problemi. Infatti l'ho tenuta in posa circa 20 minuti, nonostante la forma come vi dicevo non era affatto rilassante.
Quando ho rimosso la Maschera Viso Delicato D'asina, tuttavia, ho fatto l'amara scoperta: il naso, la parte alta degli zigomi, ed in particolar modo la fronte e le tempie, erano arrossati, e così sono rimasti per almeno mezz'ora dopo l'uso.



Dopo aver provato centinaia di maschere viso di ogni tipo e origine, con gli ingredienti più disparati, e non avendo io allergie o particolari sensibilità, queste reazioni per me sono particolarmente rare e inconsuete. In particolare in questa maschera La Dispensa non vedo nulla che possa avermi creato questo arrossamento. Nella confezione del prodotto ho trovato un piccolo tagliando in cui si faceva riferimento al fatto che il trattamento possa arrossare la pelle e potrei anche chiudere un occhio se, dall'altro lato, avesse portato qualche miglioria.



Dopo il trattamento, la pelle era leggermente appiccicosa, ma nel giro di qualche minuto la sensazione è sparita, il siero si è assorbito ed ha lasciato una lieve idratazione. Inutile dire che l'aspetto della pelle non era proprio gradevole (ho anche messo una foto nelle storie di Instagram), anche una volta superata l'infiammazione. In generale non avevo affatto la sensazione di una pelle sana, ma anzi più vicina ad essere irritata.
Personalmente non intendo ripetere l'esperienza con questa maschera Delicato D'Asina, e non credo che il gioco valga la candela.

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La Dispensa Helidermina Maschera Viso Bio Idratante Rivitalizzante alla Bava di Lumaca



"La Maschera-trattamento viso BIO alla Bava di Lumaca è in morbido tessuto-non tessuto imbevuto di attivi dalle specifiche proprietà idratanti e tonificanti. Formula innovativa oil-free e senza profumo in confezione monodose pronta all'uso per assicurare l’integrità dei suoi preziosi componenti. Dona alla pelle un’immediata sensazione di benessere e relax. La Bava di Lumaca* nutre la pelle del viso rendendola morbida e vellutata. L'Acido Ialuronico aiuta a mantenere la pelle idratata. L'Aloe Vera* svolge un'azione lenitiva e decongestionante. Usata con regolarità settimanale aiuta la pelle del viso a ritrovare un aspetto più fresco e luminoso."
Onestamente non avevo molta voglia di usare questa seconda maschera La Dispensa, nonostante la bava di lumaca sia un attivo che apprezzo da tempo, ma mi sono lanciato avendola già in casa. Ho preferito comunque far passare un po' di tempo dall'uso della maschera al latte d'asina perché ho pensato potesse essere anche un momento di sensibilità della mia cute.
Comunque, tornando alla maschera Helidermina, anche con lei ho riscontrato l'estremo fastidio del tessuto che resta adeso al viso e soprattutto al collo solo se si sta sdraiati, così come ha tutte le caratteristiche dell'altra: il tessuto è ben umido ma non abbastanza da aiutare l'adesione alla pelle, ma in questo caso non spicca un particolare aroma.
Pare che La Dispensa abbia inserito nel trattamento il 5% di bava di lumaca.



Confesso che non so se fosse suggestione, ma mentre la usavo, ero particolarmente attento anche al minimo formicolio, ed ho sentito in effetti una lieve sensazione di calore in alcuni punti del viso. Ho comunque cercato di resistere per una decina di minuti, temendo che con la maschera Delicato D'Asina fosse anche stata colpa della mia posa troppo lunga, fin quando non mi ero scocciato di star sdraiato, e rimuovendo la maschera ho notato che anche la maschera alla bava di lumaca mi aveva arrossato viso. 
In questo caso il viso non era appiccicoso, il siero si era assorbito quasi subito, ma più che idratata, sentivo la pelle tirante, tutt'altro che la "sensazione di benessere e relax" promessa dall'azienda. L'arrossamento ha impiegato un po' ad andare via, e per fortuna non ha lasciato la pelle sensibilizzata o irritata il giorno seguente, ma anche la maschera viso Helidermina non fa proprio per me. Inoltre non c'era alcun bugiardino che avvisasse dell'eventuale rossore.

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Mi è capitato in passato che alcune maschere dessero rossore al viso in modo più o meno evidente, ma credo che quell'arrossamento deve essere accompagnato da una sensazione di comfort e di idratazione della pelle: credo ci sia differenza fra stimolare e rigenerare la pelle, ed invece essere ad un passo dal'irritare la pelle come mi è successo con queste maschere maschere in tessuto La Dispensa.
Ma anche escludendo la soggettività della reazione, non posso consigliare una maschera con un tessuto così poco comodo, che su visi sottili diventerebbe un lenzuolo.
Fatemi sapere se anche voi le avete provate ed avete avuto problemi.





|Beauty Cues|
La verità su REVOLUTION SKINCARE... e il mio (mini) confronto con THE ORDINARY

Che The Ordinary abbia portato un po' di scompiglio nel mondo della cosmesi è ormai acclarato, dato l'interesse che scatena questo brand, e che io stesso noto quando ne parlo. Ma la sua influenza si è espansa al punto che molte aziende hanno iniziato ad ispirarsi, come ad esempio nel caso di The Inkey List, e mi ha spinto a cercare alternative a The Ordinary, come Cos De Baha. Persino alcune aziende nostrane, come Venus, hanno creato dei concentrati con attivi puri.
Un altro brand che si è posto come un'ulteriore opzione, o forse dovrei dire clone, del marchio canadese, è Revolution Beauty London, che forse conoscete come Make-Up Revolution, la quale nel 2018 ha lanciato la sua prima linea di skincare.



Questa azienda inglese, nata nel 2014, si proponeva proprio come un brand di make up ed il loro obbiettivo (conclamato) è di offrire appunto delle linee di trucco di qualità, a costi accessibili a chiunque, ma stringendo appieno il concetto di inclusività, cosa di cui all'epoca si discuteva ancora poco.
"Il trucco è importante, indipendentemente da età, sesso, etnia o sessualità. #OpenMinds è l'appello di Revolution a tutti per celebrare la diversità, abbracciare l'imperfezione, rispettare l'espressione personale e sostenere la bellezza nelle sue molteplici forme."
così si legge sul loro sito, e così in effetti dimostrano con range di colorazioni adatte ad ogni tono di pelle, e sui loro social, aperti a chiunque abbia talento e creatività. Inoltre Revolution Beauty (o Make-up Revolution, o Revolution PRO, o Makeup Obsession, sono tutti parte della stessa famiglia) non è testata sugli animali ed ha pure la certificazione PETA, molti dei loro prodotti sono vegan, ma soprattutto sul loro sito appaiono dichiarazioni importanti in merito alla "Modern Slavery" che si traduce in un buon trattamento dei dipendenti ma anche in una accurata selezione della filiera degli approvvigionamenti delle materie prime. 
Revolution insomma sembra un brand con una etica molto forte, ma sin da subito una imponente ombra si è posta su questa azienda: infatti i loro prodotti sono stati più e più volte definiti come "dupes" ovvero copie di brand più famosi e/o costosi, e questo si ricollega alla stessa Revolution Skincare, che come potete vedere voi stessi, ricorda tantissimo i sieri viso di The Ordinary. Packaging molto simile, nomi e componenti quasi identici, ed il range di prezzo, che in genere non supera i 15 euro, rendono queste due aziende quasi come due sorelle.


La proprietà intellettuale non è però una cosa che può essere semplicemente ignorata, e questo ha portato a dividere gli appassionati: da un lato c'è chi apprezza di poter acquistare ad un prezzo decisamente più piccolo (magari chiudendo un occhio o entrambi sulla qualità) una palette che ricalca i colori e le texture di prodotti più costosi, dall'altro c'è chi invece preferisce investire sul makeup "originale", sostenendo chi ha creato quel concept.
Un altro "problema" meno noto con Revolution Beauty è secondo me la quantità di prodotti che l'azienda lancia settimanalmente: va bene essere al passo con i trend, ma la "fast beauty" non è proprio quanto di più etico, oltre al fatto che ci potrebbero essere dei problemi nella produzione e nei test dei cosmetici.
In generale, Make-up Revolution credo abbia fatto troppo affidamento sugli influencer e sui social, e penso che questo non li aiuti molto ad evolvere, e ad uscire da questo mondo virtuale.
Essere così "Instagram friendly" credo contribuisca a renderlo un marchio che si rivolge ad un pubblico più giovane, ed il rischio che si possa perdere di credibilità e di maturità con queste premesse, secondo me è alto, specie se si parla di skin care che vorrebbe essere efficace.




Sapete che io stesso mi diverto a provare delle maschere viso strane e particolari, ma non acquisterei un intero range di tonici dai colori fluo e dalle profumazioni intense, né trattamenti viso slime.
In principio quindi ho storto anche io un po' il naso, perché Revolution Skincare, al contrario di The Inkey List ad esempio, non mi sembrava avesse portato una sua idea originale, magari sul packaging o sui nomi dei prodotti, ma poi ho cambiato idea. Infatti, guardando da un'ottica più ampia, ho pensato che non è del tutto un male avere alternative comunque economiche per prodotti similari, specie se magari uno dei due è out of stock, oppure se sono venduti in canali diversi, con la possibilità di scontistiche. Inoltre Revolution Beauty ha comunque proseguito la strada della skin care in parte a modo suo, aggiungendo attivi differenti, e prodotti più vari come diversi detergenti e struccanti viso, e appunto molte maschere.
Per me resta un po' inevitabile fare un confronto con The Ordinary, specie con alcuni prodotti, e per questo ho deciso di addentrarmi nel mondo di Revolution Skincare iniziando proprio a paragonare le formulazioni di queste due aziende.



Per far ciò ho scelto di provare lo Starter Pack Never Basic Collection (al momento sold out), ovvero un set di minitaglie (altro punto a loro favore) con tre sieri viso per una skin routine "base", che credo sia disponibile solo sul sito Revolution Beauty
Il mio intento non è stato capire come funzionino gli attivi di questi prodotti su di me nel lungo periodo, perché lo so già, ma studiarne gli INCI per vedere se siano migliori o peggiori rispetto a quelli di The Ordinary. Tutti e tre i sieri dello Starter Pack sono ovviamente disponibili singolarmente nel formato da 30ml, per questo vedremo le caratteristiche di ognuno.



Revolution Skincare Blemish and Pore Refining Serum 10% Niacinamide + 1% Zinc
Siero antiimperfezioni e pori dilatati 



Anche Revolution ha proposto un siero a base di Niacinamide (o Vitamina B3) rivolgendolo a pelli grasse, impure, visto che questo ingrediente
"regola la produzione del sebo della pelle per aiutare ad evitare ulteriori congestioni, mentre lo zinco ha proprietà lenitive che aiutano a ridurre la comparsa delle imperfezioni attive."
Proprio parlando del Niacinamide 10% di The Ordinary (qui la review) avevo spiegato le ulteriori proprietà di questo ingrediente e come mai mi piace utilizzarlo pur non avendo una pelle particolarmente grassa.
A primo acchito i due sieri sembrano quasi identici, ma le formulazioni hanno alcune differenze: Revolution Skincare infatti non ha inserito l'estratto di tamarindo, ma ha optato per l'aggiunta di glicerina che a mio avviso fa la differenza. Il loro Blemish and Pore Refining Serum ha una consistenza più liquida, trasparente e leggera rispetto a quello di The Ordinary, mi piace molto come si stende e la freschezza che rilascia. Non lo trovo appiccicoso e non mi ha dato l'impressione di cozzare con altri prodotti della skin care. Inoltre non ha alcun odore, nemmeno quello dei componenti.
Per me il siero 10% Niacinamide + 1% Zinc di Revolution Beauty batte quello di The Ordinary, anche se leggermente più costoso: trovo che infatti abbiano saputo fare una formula più bilanciata, che ha un potere astringente ma che non mi ha seccato la pelle come accadeva con il brand canadese già dopo pochissime applicazioni. Credo che proprio la glicerina (e il propanediol) contribuiscano a dare un potere più umettante al siero, due elementi che rendono il Blemish and Pore Refining Serum più adatto secondo me a diversi tipi di cute, anche quelle un po' più delicate e miste, e che per me è ideale per l'estate. Sono molto curioso anche della variante con il 15% di Niacinamide di Revolution, visto che lo descrivono come idratante.

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🔎 RevolutionBeauty.com, BeautyBay, Makeuprevolution.it, Online
💸 €6.99
🏋 30ml/ 5ml
🗺 Made in UK
⏳ 12 Mesi
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Revolution Skincare Plumping & Hydrating Solution 2% Hyaluronic Acid
Soluzione idratante e rimpolpante


Anche il siero a base di acido ialuronico di Revolution è praticamente un clone di quello di The Ordinary (ne ho parlato qui): contengono le stesse due forme di questa molecola, ma l'INCI del brand inglese è più spoglio, non contenendo né pantenolo né quell'estratto di alga rossa
Sono sempre dell'idea che a me non serve un prodotto specifico con solo acido ialuronico perché è un componente che su di me non ha l'efficacia straordinaria tanto decantata, ma soprattutto che è già presente in tantissimi prodotti per la cura della pelle, tuttavia, se devo proprio scegliere, per me vince di poco la Plumping & Hydrating Solution di Revolution.
La consistenza è anche in questo caso liquida e molto gradevole da massaggiare sulla pelle, e non presenta alcun odore, ma soprattutto ho notato che riesce a dare al mio viso una idratazione un po' più "stabile", non troppo influenzata dal clima esterno, come mi accadeva per il siero The Ordinary. Inoltre non lo trovo vischioso o sgradevole, e la mia pelle lo assorbe nel giro di un paio di minuti.
Credo che anche per la Solution 2% Hyaluronic Acid la carta vincente sia una maggiore presenza di glicerina, che evidentemente piace molto alla mia pelle. Questo a mio avviso lo rende ideale per cuti più secche, o a chi come me lotta nel trovare un siero con acido ialuronico che funzioni sempre.
Tuttavia, come dicevo per il siero The Ordinary, non mi sono innamorato follemente nemmeno di questo di Revolution Beauty.

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Revolution Skincare Fine Line Correcting Serum 0.2% Retinol
Siero viso antiage al retinolo


Se per gli altri sieri Revolution Skincare non c'è una differenza abissale con The Ordinary, devo lasciare qualche specifica in più per quanto riguarda il Serum 0.2% Retinol
A proposito di questo ingrediente ho fatto un approfondimento che trovate qui, e per me è diventato fondamentale. Non mi soffermerò sull'efficacia del retinolo nei cosmetici, perché si tratta di un attivo cosmetico che agisce nel corso di mesi con un uso costante: io ho notato che aiuta la mia pelle a restare tonica, liscia, morbida, luminosa e credo mi abbia aiutato anche a migliorare alcune cicatrici da acne. Lo 0.2% è una quantità ideale per cominciare ad usare questo attivo, specie in una formulazione oleosa ed emolliente come quelle proposte da Revolution e The Ordinary appunto.
Il marchio canadese inserisce il retinolo in una soluzione di squalene, olio di jojoba e aggiunge l'estratto di pomodoro che dovrebbe essere antiossidante e contrastare eventuali irritazioni date dalla vitamina A (se volete leggere la recensione completa la trovate qui).
Revolution Beauty invece ha scelto oli vegetali come olio di cocco, di mandorla, di semi d'uva e di semi di girasole, il tutto a creare una texture oleosa (ovviamente) ma molto gradevole, liquida e che la mia pelle ha apprezzato fin da subito. Non li ho usati in contemporanea, ma credo che la consistenza sia anche più leggera di quella del prodotto The Ordinary, e penso sia più adatta anche a pelli leggermente miste. Prevale l'odore di questi oli, ma non mi dà troppo fastidio. 
Tuttavia da un punto di vista più tecnico capisco che molti non amino l'olio di cocco e di mandorle sul viso, perché possono risultare comedogenici. Inoltre Revolution Skincare ha optato per una confezione trasparente per il Fine Line Correcting Serum, anche nel formato da 30 ml, e sappiamo che il retinolo è suscettibile alla luce. 
Quindi seppur da un punto di vista dell'uso mi è piaciuto il 0.2% Retinol Serum di Revolution, da una prospettiva più teorica credo che The Ordinary abbia fatto un prodotto migliore, oltre ad offrire altri sieri viso con retinolo più potenziati.

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🏋 30ml/ 5ml
🗺 Made in UK
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Spero che questo approfondimento vi aiuti ad iniziare a destreggiarvi fra i prodotti di Revolution Skincare e magari quali scegliere rispetto a The Ordinary. Ho già in programma altri confronti e altre recensioni su questa azienda per cui, se vi va, seguitemi su Instagram e Facebook dove aggiorno sempre con le ultime review.








Delusioni, serie tv troppo complicate e seconde stagioni "sorprendenti"

Sono relativamente delle novità nel mondo seriale e pure io, per i miei standard almeno, non ho tardato molto a recuperarle. Negli ultimi giorni ho terminato tre serie tv, ed il caso ha voluto che non solo fossero tutte di Netflix, ma anzi due condividono pure lo stesso regista.


Hollywood
Miniserie
⭐⭐


Nei fulgidi anni '40 moltissimi avevano un sogno in America: sfondare ad Hollywood e diventare una stella del cinema. Tuttavia non era un sogno semplice da realizzare e, anche dopo ore di attesa davanti agli studios, cercando di frasi assumere come comparsa in qualche pellicola, Jack Castello, un giovanotto di bell'aspetto e grandi speranze, avrà bisogno di trovare un'altra strada per mantenere se stesso e la moglie.
Conoscerà il particolare Ernie West che gli proporrà di lavorare nella sua stazione i servizio, la Golden Tip Gas Station, dove però il compito di Jack e dei suoi colleghi, non è solo quello di fare il pieno o gonfiare le gomme, ma di intrattenere più "privatamente" i clienti e portarli a "Dreamland".
Ovviamente Jack non sarà del tutto favorevole, quello che però sembrava un lavoro di terz'ordine ed anche rischioso, finirà per aprirgli le porte verso il suo sogno. Ma questa entrata dorata dell'impero cinematografico si rivelerà presto solo una facciata, una placcatura che cela delle mura marce, un soffitto cadente e delle fondamenta che stanno per cedere.


Hollywood è approdata su Netflix proprio lo scorso maggio, e nelle prime puntate mi aveva entusiasmato: tutto l'apparato estetico mi aveva attirato, così come l'idea di miscelare personaggi realmente esistiti ad altri di finzione, o magari solo ispirati a persone reali, mi incuriosiva molto. La stessa base di partenza di Hollywood, ovvero l'idea di poter riscrivere una storia fatta di soprusi, di pregiudizi, ed anche di razzismo, mi avevano decisamente convinto.
Ryan Murphy tenta di rivolgere i riflettori verso coloro che sono sempre rimasti nell'ombra, non solo nel dopoguerra ma anche oggi, di sovvertire la frustrazione e la rabbia instillata da una società che imponeva una maschera, o ti rinchiudeva in una immagine statica, in cambio di una sorta libertà, del successo e di una posizione di rilievo, con il prezzo dell'onestà verso se stessi e gli altri.


Il punto di partenza c'è e credo sia anche forte, ma come spesso accade per i lavori di Murphy, questi prendono presto la tangente, non riuscendo ad esempio a slegarsi dal risvolto trash, che, sebbene in Hollywood non sia eccessivo, c'è sempre. Buona parte dello sviluppo è innescato dalla randomicità delle situazioni, a volte risolte un po' a caso.
Il riflesso di ciò ad esempio è la confusione fra buoni e cattivi, o meglio come i ruoli vengono trattati all'acqua di rose, motivo per cui non c'è una reale scala dei valori, ma quello che conta è arrivare allo scopo. Questa dualità dei personaggi, che possono essere positivi e negativi allo stesso tempo, segnati magari dalle proprie tragedie, può essere interessante perché crea tridimensionalità, ma, per come viene trattata in Hollywood, non fa altro che togliere ai personaggi appunto la credibilità, la morale, e di conseguenza anche l'obbiettivo perde di valore, visto che è stato raggiunto in modo scorretto.
Inoltre non sembra che emerga il talento di ognuno, ma solo il fatto che sia "amico di" in un grosso giro di raccomandazioni.


Ho apprezzato la scelta del cast, sebbene buona parte degli attori maschili sono così somiglianti che sembrano presi in pacchi formato convenienza su Groupon, e sebbene nessuno sembra si sprechi poi troppo.
Probabilmente, se guardata con una aspettativa più bassa, Hollywood può anche risultare una miniserie piacevole da seguire, scorrevole e a tratti simpatica, però ritengo che, sebbene le buone intenzioni ci siano, sperare di ricavarne qualcosa in più, è tempo perso.



Dark
Terza stagione 
⭐⭐⭐⭐🌠


Il 27 Giugno siamo giunti alla terza ed ultima stagione di Dark, che finalmente ha sciolto il nodo che ci ha tenuti legati per 26 episodi nelle avventure di Jonas e di tutte le famiglie che popolano Winden.
Sin dalla prima stagione, ho pensato che Dark fosse una buona serie, intrigante, ben strutturata, e convincente, e questa mia idea si è consolidata, ed anzi in parte è cresciuta, anche con la stagione 2, e non è sempre così per tutte le serie tv, perché molte, al contrario, tendono a perdere di impatto. Dark invece è riuscita a cavalcare la sua onda, anche tentando di tenere a bada quelle imperfezioni che l'hanno un po' sempre caratterizzata, e che non mi hanno fatto innamorare, ad esempio, dei personaggi, mancando di connessione fra l'emotività della loro storia e me.
È vero che gli sci-fi sono solo una variazione sul tema, ma non il mio pane quotidiano, ma non ho pregiudizi e mi lascio trasportare. In Dark mi sembra però palese che la bilancia propende molto di più sulla struttura complicata della trama che sulle sensazioni emotive, ma questo non mi ha impedito di apprezzarla. Con l'ultima stagione fanno però un passo ancora più in profondità, rendendo la storyline un vero e proprio grattacapo.


Nella terza stagione di Dark infatti, oltre ai viaggi in tre diversi archi temporali, vengono aggiunti quelli in universi paralleli, creando così tre ulteriori strade a cui tener conto.
Non starò qui a sondare tutti i punti della trama o ad immergermi in simbologia, fisica quantistica, citazioni colte e filosofia, perché chiaramente non sono di mia competenza, quello che posso dirvi è che sin dai primi episodi, questa ultima stagione mi hanno fatto sudare: Dark ha sempre richiesto una soglia di attenzione decisamente alta, cosa che non sempre io ho, considerando che le serie tv sono il mio svago serale, ma in questo caso mi hanno messo decisamente a dura prova. La stessa Netflix ha creato per questo una guida (la trovate qui, è fighissima) per destreggiarsi fra la genealogia dei personaggi.



È possibile che io sia poco sveglio (più che probabile direi), ma credo che una serie tv non debba sfiancarti per farsi seguire, ma deve mettere sempre davanti l'intrattenimento e dare un pugno nello stomaco a chi la segue. Dark si arrovella un po' troppo, non sono sufficienti 10 minuti di riassunto per racchiudere le precedenti stagioni, rinfrescarti la memoria, e riuscire ad unire tutti i puntini da episodio ad episodio. Sicuramente i fan più accaniti avranno goduto nei vari passaggi perché sono fatti bene, le due fazioni contrapposte, quella di Adam e Eva, diventano più  conclamate, cercando di delineare meglio i campi di battaglia, e la stessa serie cerca di aiutarci a farci capire con qualche spieghino qui e lì, però io ammetto la fatica.
A questo punto penserete che la terza stagione di Dark non mi sia piaciuta, ma non è così: ho sempre affermato che, pur essendo una serie tedesca, può stare sullo scaffale accanto a prodotti più blasonati e con budget più cospicui, con un cast di giovani di talento, con effetti quasi sempre riusciti, ed una storia originale e coerente. Ma soprattutto questa ultima stagione ha saputo dare una conclusione più che degna a questa serie tv.


Mi è piaciuto infatti tantissimo il finale di Dark perché ricongiunge tutto, e riporta tutte le vicende a cui abbiamo assistito ad un equilibrio di estrema umanità: non ci sono buoni e cattivi a prescindere, ma ognuno dei personaggi ha agito per una reazione di causa ed effetto. I protagonisti si rivelano estremamente umani, tutti fanno qualcosa, giusta o sbagliata che sia, mossi dall'amore, in qualunque forma esso si possa palesare. Questa è stata per me una conclusione semplice, ma ben congegnata e appagante, che è riuscita anche ad emozionarmi. Ho adorato Claudia Tiedemann, perché, nonostante non sia presente da ogni scena, ha portato una forza incredibile alla serie, e risulta uno dei personaggi femminili più intelligenti, potenti e ben costruiti che abbia visto di recente.
Dark insomma può avere i suoi difetti, come tutte le serie tv, ma il suo ingranaggio funziona con una coerenza quasi estrema, e credo abbia saputo dare alla maggior parte del suo pubblico, me incluso, una serie tv soddisfacente da inizio a fine, e questo è quello che conta. Se non l'avete ancora vista, vi consiglio una mega maratona di tutte le stagioni di fila, dedicandole un po' di tempo potrebbe farvi innamorare, specie a confronto con la dimenticabilità di tanti teen drama che Netflix sforna.


The Politician
Seconda Stagione
⭐⭐⭐


Ritorno a parlare dei lavori di Ryan Murphy, sperando non mi quereli, con la seconda stagione di The Politician. Lo scorso anno si era fatta notare, ma non era riuscita ad avere un forte impatto su di me, complice il solito modo del regista di buttare tutto in caciara fra canti, balletti e glitter a volontà. Eppure questa seconda stagione mi ha convinto, specie rispetto agli episodi della precedente
Con un rapido flashforward siamo usciti dalle mura del liceo, e Payton adesso non è più candidato a presidente del consiglio studentesco, ma punta ad un seggio nel senato di New York. Dovrà però sfidare la politica dalla lunga carriera Dede Standish, e nessuno dei due avversari si tirerà indietro dallo sferrare colpi bassi, pur di primeggiare.


Questa seconda stagione si è ripulita al meglio secondo me, togliendo via orpelli inutili, e mettendo da parte personaggi che non avrebbero avuto poi grande spazio, e concentrandosi in modo scaltro sull'attualità, con uno sguardo ancora più tagliente e cinico. Via le vesti da teen drama trash, e su l'abito di una comedy più brillante e interessante. Nella grossa sfera delle elezioni politiche, raccontate con un occhio critico, con tutte le contraddizioni che le caratterizza specie nel panorama americano, vengono racchiuse tematiche dal respiro più ampio, come il rispetto dell'ambiente, la sessualità, la cancel culture e l'appropriazione culturale, che tra l'altro viene anche spiegata a parole semplici ma comprensibili.


Il bello di The Politician 2 è che finalmente hanno trovato una chiave di narrazione più sagace, che riesce davvero a denunciare gli eccessi della politica e dell'opinione pubblica che manipola anche temi importanti per farne lo stendardo delle loro battaglie. È secondo me molto interessante l'occhio esterno della quinta puntata, dove conosciamo l'opinione di due elettrici, e diventa un ulteriore scontro generazionale.
Credo che anche la trama abbia funzionato abbastanza bene, e le diverse linee narrative, anche quelle meno convincenti, come la parte della madre di Payton, Georgina Hobart (scusa Gwyneth, ma speravo avessi un po' più spazio), riescono a trovare il loro incastro.


Inutile dire che è invece esilarante Bette Midler nei panni di Hadassah Gold, a cui spettano i dialoghi forse più divertenti.
È vero che i rapporti fra i personaggi sono spesso trash, esasperati e poco realistici, così come gli stessi protagonisti cadono in una caricatura, ma con questa nuova prospettiva più centrata, secondo me The Politician ha funzionato meglio, diventando per me più piacevole da seguire, più fluida, magari non estremamente illuminante, ma di buona compagnia. I piani iniziali di Murphy erano quelli di creare 5 stagioni della serie, ed io mi chiedo come quest'uomo abbia così tanto libertà di azione, ma fortunatamente è rinsavito e pare che la serie avrà solo una terza stagione conclusiva. Staremo a vedere.




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