Mi sono reso conto che quasi tutte le serie tv che ho visto quest'anno erano delle novità e non rinnovi dagli anni precedenti. Questo mi ha fatto un po' riflettere sul fatto che ormai la fidelizzazione alle serie tv è quasi impossibile: molti rinnovi arrivano a distanza di anni dalla stagione precedente, e tanti titoli si perdono nel tempo con cancellazioni improvvise. O ancora, arrivano nuove stagioni che sono spesso deludenti, come queste di cui vi vorrei parlare.
Ginny & Georgia
Terza Stagione
Il 5 giugno è tornata Ginny & Georgia, con una terza stagione che riprende esattamente da dove si erano conclusi gli episodi più di due anni fa.
Georgia (Brianne Howey) infatti era stata arrestata proprio il giorno delle sue nozze col sindaco Paul (Scott Porter), con una grave accusa: aver ucciso il marito di Cynthia (Sabrina Grdevich).
La nostra amata Georgia quindi dovrà affrontare un complicato processo, che la porterà a dover anche fare i conti con tutto il suo passato costellato di segreti che verranno inesorabilmente a galla. A doverne pagare purtroppo il prezzo saranno Ginny (Antonia Gentry) e Austin (Diesel La Torraca), che si ritroveranno molto più a contatto con i loro rispettivi padri con cui hanno comunque dei rapporti complicati. Come farà Georgia a sfangarla anche questa volta?
Non c'è molto di nuovo che vi possa raccontare su Ginny & Georgia, perché questa terza stagione conferma i pregi e i difetti che già si erano palesati nelle precedenti. Anzi, forse in questi nuovi dieci episodi sono stati più i problemi che le cose riuscite bene.
Infatti, l'inevitabile arresto di Georgia comporta un grosso blocco alla narrazione: lo sviluppo del suo processo arriva praticamente solo più o meno dal quinto episodio, e tutto quello che viene prima è fatto per lo più di flashback sulla vita della protagonista e dei figli. Tutta questa roba (scusate la definizione poco elegante ma non saprei come definirla) ci dice poco o nulla di nuovo su di loro, e sembra più che altro un riempitivo ripetitivo.
Non se la cavano meglio però nemmeno quando entrano nel vivo del processo a Georgia perché viene trattato in modo superficiale e spesso irreale, soprattutto nella sua risoluzione.
Ho fatto davvero fatica, infatti, a comprendere come mai abbiano scelto di far durare le puntate anche un'ora e più, quando sembra evidente che gli sceneggiatori non avessero del materiale così forte da reggere tempistiche simili. Secondo me questa terza stagione perde anche un po' di quella capacità di intrattenere, magari con qualche momento un po' kitsch, perché la serie è farcita di momenti che rischiano di annoiare.
Ginny & Georgia ha poi sempre voluto raccontare anche il mondo adolescenziale, non solo attraverso Ginny ma anche con i suoi compagni di scuola, toccandone i suoi risvolti più complessi, sempre però con un tocco di leggerezza. Una scelta lodevole, che non sempre riesce: a volte ho avuto l'impressione che l'approccio fosse più vicino al melodramma da soap che da serie tv contemporanea.
Penso soprattutto a come viene caratterizzato Marcus (Felix Mallard), la cui depressione (mai del tutto approfondita) è sfociata in un vortice di dipendenze. Sul versante dei giovani invece ho apprezzato Max (Sara Waiglass), l'unico personaggio che secondo me ha un arco narrativo coerente, interessante e maturo, pur essendo pur sempre una ragazzina.
Arrivando al finale, Ginny & Georgia 3 si lascia dietro alcune domande che speriamo trovino una risposta logica e ben strutturata nella quarta stagione che era stata già confermata due anni fa e che magari si decidano a trovare una chiusura del cerchio prima che la serie rischi di diventare ancora più assurda.
Beauty in Black
Prima stagione / Seconda parte
Il 6 marzo è arrivata su Netflix la seconda parte di Tyler Perry's Beauty in Black, serie tv di cui avevo parlato lo scorso dicembre, e che si conferma ancora un prodotto di serie B.
In estrema sintesi potrei dire che Beauty in Black è una sorta di Beautiful con al centro la famiglia Bellarie, che però è invischiata in affari ben più loschi di una casa di moda. Suo malgrado in questi affari si ritroverà invischiata anche Kimmie (Taylor Polidore), una spogliarellista di uno dei club dei Bellarie che cercava un futuro migliore per se stessa, ma che, come abbiamo visto, si è trovata costretta ad agire d'astuzia per poter sopravvivere in questo mare di pesci grandi.
In questa seconda parte tutto è un po' come lo avevamo lasciato: Kimmie cerca appunto la sorella che è stata rapita, mentre i Bellarie si fanno guerra a vicenda sperando di non perdere almeno una fetta della grossa eredità che prima o poi spetterà ai componenti.
Come vi dicevo per la prima parte, Beauty In Black è un compitino elementare non riuscito nei suoi intenti per i tanti problemi che ha, tutti in buona parte legati a come malamente sono costruiti i personaggi. Essendo un po' tutti rifiniti grossolanamente e mancando di sfaccettature, si fa fatica a seguirne le vicissitudini o a provare un qualche interesse o empatia per loro.
Questa seconda parte poi narrativamente si impantana in ripetizioni, come Kimmie che continua a ripetere che sta cercando la sorella, trasformandosi improvvisamente in un Rambo senza scrupoli, almeno fino ad un certo punto.
Se lei, che comunque ha un ruolo centrale, risulta insopportabile, provate ad immaginare cosa ho pensato alla millesima volta in cui Norman (Richard Lawson) ripeteva che sua moglie era stata uccisa e cercava vendetta, o per Roy (Julian Horton) che continua ad accusare la moglie di tradimenti senza alcuna logica, visto che la detesta.
Per farla breve, parentesi narrative prive di interesse, personaggi di scarsa profondità, dialoghi scontati, spesso esageratamente volgari, e che suonano datati, prove attoriali non sempre allo stesso livello, scene di violenza gratuita e che non creano quella tensione sperata, l'incapacità di sviluppare nuove dinamiche e tante facilonerie, sono i troppi elementi che rendono gli episodi 9 - 16 di Beauty In Black forse anche peggiori dei precedenti.
Purtroppo ancora una volta non è stata sfruttata la dicotomia fra le due protagoniste femminili che in qualche modo condividono un percorso simile, per dar spazio alla ricerca di un sensazionalismo che alla fine non arriva.
La serie tv di Tyler Perry potrebbe assumere il ruolo di guilty pleasure se apprezzate questi bei attori muscolosi, le scenografie lussuose, i momenti trash, e se cercate una serie tv comunque facile da approcciare, con episodi che in questo caso hanno una durata giusta per ciò che raccontano.
Per me invece Beauty in Black termina qui, e non credo vedrò la ormai confermata seconda stagione.
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