Che fatica terminare queste serie tv 🙄

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 Il titolo non è clickbait: terminare la visione di queste serie tv è stato davvero faticoso, per ragioni diverse. Sono recenti o più datate, ma tutte mi sembravano eterne.


Avvocato di difesa - The Lincoln Lawyer
Prima Stagione

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Quando, un anno fa, Avvocato di difesa venne resa disponibile su Netflix, ebbe davvero successo arrivando subito alle prime posizioni, ma non amando il genere legal drama ho preferito attendere prima di recuperarla. Peccato che forse avrei fatto bene a risparmiarmi questo tempo.
The Lincoln Lawyer si basa su una serie di romanzi di Michael Connelly, che videro anche una trasposizione cinematografica, e che raccontano le vicende dell'avvocato Mickey Haller (Manuel Garcia-Rulfo). A seguito di un incidente, Mickey finisce per avere problemi di tossicodipendenza, pendendo così il lavoro, ma per lui c'è una seconda doppia possibilità: dovrà risolvere il caso dell'omicidio di un altro avvocato suo amico, e gestire lo studio dello stesso, che sorprendentemente gli è rimasto in eredità, insieme alle cause che aveva in corso. 
Ma anche la vita personale di Haller non è messa meglio, fra una figlia adolescente da gestire e due matrimoni finiti male.

Poteva essere una interessante e gradevole compagnia, ma questa The Lincoln Lawyer (scusate ma il titolo italiano è cacofonico), mi è sembrato tremendamente banale e noioso. Sarà che forse il romanzo da cui è tratta è del 2011, ma mi sembra che sia la storia che i suoi personaggi risultino estremamente prevedibili, stereotipati, un condensato di roba già vista in decine di serie tv simili dagli anni '90 ad oggi.
Mickey Haller è il solito tipo che sì, fa l'avvocato, ma ha tutti i suoi metodi, è tormentato (non si sa bene da cosa), può sembrare duro e aspro, ma in fondo è un tipo generoso, che preferisce avere a che fare con i suoi clienti criminali piuttosto che con le cosiddette "persone per bene".
Ovviamente lui non può che essere sempre un passo avanti, il più furbo, quello che riesce a vedere oltre e trovare la soluzione ai casini della gente. Tutto bello, ma scarsamente credibile. 
Non mi soffermo poi sui personaggi secondari ché tanto risultano ancora più banali.

Avvocato di difesa si muove narrativamente (e prevedibilmente, di nuovo) su due binari: da un lato i vari casi da risolvere di episodio in episodio, dall'altro il caso centrale che prosegue orizzontalmente lungo tutta questa prima stagione. Entrambi questi filoni sono allo stesso tempo trattati con superficialità, in modo standard, e soprattutto con lungaggini che rendono la visione tediosa. Se avessero ridotto tutto ad una miniserie da sei episodi, Avvocato di difesa sarebbe stata anche abbastanza gradevole, ma così è talmente tanto condita di momenti inutili che proprio ho fatto fatica a vederla. Inoltre ci sono alcune scene in auto, usate come spiegone, che non solo sono girate male, ma azzoppano ancora di più qualunque slancio della storia. 
Purtroppo ho capito che le sceneggiature di David E. Kelley non sempre riescono a fare colpo su di me, come nel caso di Nine Perfect Strangers e Anatomia di uno scandalo.
Avvocato di difesa ha una seconda stagione, ed io stoicamente l'ho guardata. Ne parlo qui


La banda dei guanti verdi (Gang Zielonej Rekawiczki)
Prima stagione

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Zuzanna, Alicja e Kinga sono tre ladre, non proprio di primo pelo, che rubano con successo a persone ricche ma losche. Tuttavia, per una distrazione, la polizia riesce a riconoscere il tatuaggio di una delle tre e si metterà alla ricerca del gruppo di ladre dai guanti verdi, che sono il loro simbolo distintivo. Le donne, per sfuggire alle indagini, decidono di nascondersi in una casa di riposo, spacciandosi per delle anziane signore comuni. Qui tuttavia non solo troveranno che i degenti sono trattati con scarsa attenzione, ma chi dirige la struttura è coinvolta in situazioni oscure.

Lo dico con dispiacere, ma La banda dei guanti verdi non è stata esattamente quel che mi aspettavo pur avendone il potenziale. Si tratta di una produzione polacca, in otto episodi da mezz'ora circa ciascuno, uscita su Netflix lo scorso Ottobre e credevo che potesse essere una serie tv ironica ed appassionante, in grado di affrontare il tema della terza età con un modo più fresco, interessante, raccontandoci il bello e il brutto che questo periodo della vita può darci. 

Il problema che ho riscontrato è che se gli snodi salienti dei vari momenti della serie hanno senso, e possono risultare carini nell'insieme, fornendo anche dei momenti o dei dialoghi simpatici, i vari anelli di collegamento fra un passaggio e l'altro, sono spesso caotici e raccontati in modo superficiale.
Di conseguenza la crescita del ritmo e della narrazione risulta poco avvincente e soprattutto poco fluida. Ti ritrovi ad esempio con dei nuovi personaggi che non sai da dove siano spuntati e con una mancanza di credibilità per come vengono risolte alcune delle varie linee narrative.

La banda dei guanti verdi vuole poi sdoganare, se così si può dire, un approccio alla terza età differente, attraverso tre protagoniste con uno spirito ed una vitalità non comune, anche da un punto di vista amoroso e relazionale (un po' come avevamo visto ne Il Metodo Kominsky), contrapposto a come la società si relazione agli anziani, spesso considerati invisibili o, peggio, inutili. Questo buon intento è inserito all'interno di una struttura che non funziona fino in fondo. Se la cavano molto bene le tre attrici protagoniste, e non si nota che abbiamo a che fare con una produzione differente dallo stile a cui penso un po' tutti siamo abituati (penso quello prevalente inglese o americano) ma l'impegno e una buona alchimia nel cast non sono sufficienti per farvi soffermare su una eventuale seconda stagione (ancora da confermare) de La banda dei guanti verdi



Conversations with friends - Parlarne tra amici
Miniserie


Rispetto a questa serie tv invece ero più pronto nell'aspettarmi che potesse anche non piacermi, perché Parlarne tra amici è la trasposizione dell'omonimo romanzo di Sally Rooney, esattamente come è accaduto tre anni fa con Normal People. 
Questa nuova miniserie, disponibile su RaiPlay dal 10 Marzo di quest'anno, però esaspera tutti i difetti di Persone normali, portando le storie di alcuni personaggi estremamente insipidi. In Conversations with friends conosciamo Frances, del suo rapporto con l'amica ed ex compagna Bobbi, ma soprattutto della sua storia con un uomo più grande e sposato, Nick, che a sua volta dovrà scegliere fra la giovane ragazza, e la moglie più matura e con una carriera in ascesa.


Parlarne tra amici non porta, esattamente come il primo capitolo, una storia particolarmente movimentata e con colpi di scena inaspettati, ma in questo caso si esagera con la scarsezza di contenuti per buona parte dei primi episodi e con la conseguenza che  vederne 12, anche se da mezz'ora, ti fa percepire la sensazione di un rapimento senza richiesta di riscatto. Anche sei sarebbero stati eccessivi, per capirci. 

In Conversations with friends tutto ruota molto intorno alla psicologia dei personaggi, alle relazioni e ai problemi che si tessono fra di loro. Per compiere questa missione in maniera soddisfacente servono però dei caratteri ben strutturati e ben narrati, che possono, magari lentamente, coinvolgerci e farci appassionare. Tutto questo però manca, e in questa miniserie non solo non riusciamo a sapere molto dei protagonisti, ma quel poco che conosciamo è noioso, mal gestito e con un appeal pari a zero. 

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Ne consegue che le dinamiche fra di loro sono spesso mosce, poco interessanti, costellate di silenzi incomprensibili. Perché questi amici che dovrebbero parlare fra di loro, hanno in realtà un pessimo modo di dialogare.
La Frances di Alison Oliver dovrebbe essere una ragazza introversa e riservata, invece risulta spesso infantile, respingente, e poco carismatica per essere il centro di tutte le vicende. La sua amica Bobbi suscita facilmente irritabilità, mentre il Nick di Joe Alwyn non è così maturo ed affascinante da lasciarci di ammaliati, anzi anche lui spesso è immaturo. Ma in particolare manca proprio la carica erotica e il feeling fra Frances e Nick, non c'è nulla che ci renda palese questa passione travolgente o affinità.

Non sto qui a soffermarmi su eventuali confronti con Normal People, con le differenze che ho letto qui e lì rispetto al romanzo, e nemmeno sul finale da sbattere la testa al muro. 
Salvo però Dublino, che fa da sfondo alla serie, perché mi piace sempre rivederla.
Mi spiace solo che Parlarne tra amici possa azzoppare una piattaforma di streaming gratuita come Raiplay. 



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