Quali di questi film meritano l'Oscar?

Il prossimo 12 Marzo si terrà la 95esima edizione degli ambitissimi premi Oscar e, come provo a fare più o meno tutti gli anni, ho cercato di recuperare almeno le pellicole che più mi incuriosiscono in vista dell'evento.
In realtà ho già parlato di film da Oscar, ad esempio Ana de Armas ha avuto la candidatura come miglior attrice protagonista per Blonde (qui la mia recensione), e credo che potrebbe spuntarla perché il suo lavoro, al netto delle critiche rivolgibili al film, è ammirevole. 
Anche Glass Onion - Knives Out si è beccato una candidatura come miglior sceneggiatura non originale, ma, sebbene non abbia visto gli altri film nominati nella categoria, penso ci possa essere di meglio. 
Mi era invece piaciuto tantissimo il Pinocchio di Guillermo del Toro, candidato nella sezione dei miglior film d'animazione, e penso che potrebbe anche questo avere buone chance.
Ho visto altri quattro film con più candidature a loro favore, e vorrei dirvi la mia.


Elvis (2022)

Genere: drammatico, biografico
Durata: 159 minuti
Regia: Baz Luhrmann
Uscita in Italia: 22 Giugno 2022 (Cinema)
Paese di produzione: Stati Uniti d'America, Australia

L'ultimo film di Baz Luhrmann punta l'attenzione agli aspetti più drammatici e difficili dell'ascesa e la caduta di Elvis Presley, l'artista che divenne iconico nel mondo, e che scomparse prematuramente ad appena 42 anni. A narrare però le vicende non è una qualunque figura esterna o lo stesso Elvis, ma il Colonnello Tom Parker, l'uomo che scoprì il talento del cantante e lo lanciò alla ribalta, soprattutto perché ne aveva colto il potenziale economico che ne avrebbe tratto. Parker infatti non si farà scrupoli a strizzare la sua creatura, anche quando il corpo di Elvis sarà ormai provato dall'uso di sostanze di varia natura, pur di farlo lavorare.

Con uno stile frizzante, energico, coloratissimo, a tratti frenetico direi, Elvis racconta questa parabola di uno degli artisti più noti, ma non lo fa in modo canonico e didascalico.
O meglio, il film di Luhrmann ricalca anche in modo dettagliato alcune delle esibizioni del re del rock and roll, ma questo film non è un compitino che in ordine cronologico ci racconta la vita di Presley. Il cantante infatti viene più descritto come un usignolo in una gabbia dorata, quasi fosse la fiaba di un eroe che deve quasi liberarsi dal cattivo. Mancano infatti tutte le parti più oscure che riguardano la vera storia di Elvis, mentre il Colonnello è l'unico villain che ci viene presentato in questo film.
In questo senso secondo me hanno fatto un ottimo lavoro sia Austin Butler, che ci dà un Elvis convincente e che non sembra una caricatura, e che secondo me è papabilissimo nella vittoria agli Oscar, che Tom Hanks nel ruolo di Parker.

Alcuni ho notato hanno criticato la scelta di mettere così tante protesi su Hanks per il suo personaggio, ma io invece l'ho trovato viscido e fastidioso anche visivamente, e credo proprio che dia il giusto aspetto al ruolo. E non l'ho trovato nemmeno troppo ingombrante rispetto ad Elvis, pur essendo la voce fuori campo che ci guida nella narrazione. 
Vi dicevo che il risultato non è un film biografico, anche perché alcune parti sono semplicemente inventate o comunque modificate rispetto a quanto accaduto realmente, ma più un tributo alla musica di Elvis, ma anche di altri grandi del soul e blues che lo hanno ispirato, come B.B. King. C'è anche una ennesima denuncia al mondo malato dell'intrattenimento, che tratta gli esseri umani solo come macchine per fare quattrini.

Luhrmann ha lavorato tantissimo sulla messa in scena e sulle musiche, mettendo di mezzo anche cantanti contemporanei, lo avevamo già visto in Moulin Rouge! e Il Grande Gatsy, e credo che anche Elvis sia perfettamente in linea con la sua cifra creativa. Tuttavia l'impressione che ho avuto è che nella parte centrale del film, si tenda molto all'eye candy, e l'estetica prevale alla sostanza, forse nel tentativo di allungare un po' il brodo.
Io stesso, pur avendo apprezzato Elvis nel suo insieme, e pur pensando che qualche statuetta agli Oscar 2023, fra le otto candidature, se la meriti, farei fatica a rivederlo e a superare lo scoglio della durata. 


Everything Everywhere All at Once (2022)

Genere: fantascienza, drammatico, commedia, avventura
Durata: 140 minuti
Regia: Daniel Kwan, Daniel Scheinert
Uscita in Italia: 6 Ottobre 2022 (Cinema)
Paese di produzione: Stati Uniti d'America

È il film col maggior numero di nomination agli Oscar di quest'anno, e posso capire come nell'insieme Everything Everywhere All at Once abbia conquistato pubblico e critica.
La storia è quella di Evelyn Quan Wang una donna di origini cinesi che ha una lavanderia a gettoni insieme al marito Waymond. La donna ha un rapporto contrastato con la figlia omosessuale, ed è in crisi col marito che vorrebbe divorziare da lei, ma è soprattutto un problema col fisco a scatenare tutto. Mentre cerca di occuparsi delle sue finanze, Evelyn entra in contatto con la versione di suo marito di un altro universo. Attraverso AlphaWaymond, questo suo "altro" marito, infatti questa scopre come sarebbe stata la sua vita se avesse fatto altre scelte, perché ogni strada che decidiamo di intraprendere finisce per creare degli universi paralleli, purtroppo però non sempre accoglienti.

Vedere Everything Everywhere All at Once è stato come salire su una giostra per la prima volta, e non sai mai bene cosa ti aspetterai, un turbinio di scene, registri, stili e appunto di universi che si scontrano e che si portano dietro azione, metafore, situazioni strampalate e sopra le righe, ma che danno l'occasione di parlare di altro. Alla fine quella di Evelyn è una storia comune, di una donna in un momento di difficoltà personale, che ha bisogno di riconnettersi con se stessa, con l'amore, con la figlia. e di imparare ad ascoltare di più se stessa e gli altri. Il film espande poi a tematiche anche più alte, come il senso della vita e della genitorialità in senso ampio.
Io credo di aver capito abbastanza bene questo Everything Everywhere All at Once e credo di averlo guardato senza aspettative perché, a parte gli elogi, tendo a non leggere recensioni dettagliate prima di vedere un film, ma alla fine non mi ha lasciato nulla.


Se infatti mi concentro sul suo potere intrattenitivo devo riconoscere le idee tantissime, creative, a tratti geniali e fantascientifiche, altre semplicemente grottesche che hanno messo in scena, ma alla lunga mi sono stancato, anche perché non tutte queste idee sono così originali, e perché diventano inutilmente ingarbugliate ed assurde da allungare la narrazione senza aggiungere contenuto. Inoltre non le ho trovate così divertenti o in grado di suscitare ilarità.
La parte invece più introspettiva di Everything Everywhere All at Once, per quanto sicuramente giusta e ben raccontata, non ha nulla di diverso o così particolarmente emotivo da restarmi in mente. E io, che sono un frignone in genere, non mi sono commosso affatto.
Credo che meriti invece di essere sottolineata la bravura e la versatilità di Michelle Yeoh, ma spero che questo film non faccia incetta in tutte le categorie degli Oscar.



Gli spiriti dell'isola (2022)


Titolo originale: The Banshees of Inisherin
Genere: drammatico, commedia
Durata: 114 minuti
Regia: Martin McDonagh
Uscita in Italia: 2 Febbraio 2023 (Cinema)/ 22 Marzo 2023 (Disney+)
Paese di produzione: Stati Uniti d'America, Regno Unito, Irlanda

Mentre si consuma la guerra civile irlandese, agli inizi degli anni '20 del secolo scorso, accade un'altra piccola guerra fra due amici fraterni sull'isola di Inisherin. Il mandriano Padraic, una di quelle persone che vive tutto con gioia, improvvisamente inizia ad essere rifiutato dall'amico e violinista Colm, che inizia a trovarlo noioso. Colm è così stufo dell'ormai ex amico che, quando questo cercherà di capire le ragioni del suo allontanamento, gli farà una stranissima promessa affinché gli stia lontano.
Ovviamente Padraic non crederà subito all'uomo, ma alla fine dovrà ricredersi, e quei piccoli equilibri si sposteranno.


Sono ben nove le nomination de Gli spiriti dell'isola, molte delle quali anche ambite, e devo dire che in parte le merita perché si tratta di un film interessante e originale, in cui si sente il sapore di teatralità (fa parte di una trilogia di opere scritte proprio da Martin McDonagh) da cui deriva la sceneggiatura, e che mi ha spinto a riflettere a termine della visione. 
Gli spiriti dell'isola infatti mette in scena sì la fine dell'amicizia fra i due ma anche questo microcosmo della comunità che abita sull'isola e tre diverse personalità. Da un lato Padraic, che si accontenta della sua condizione di uomo semplice, che vive una vita comune, forse banale ma comunque a modo suo serena. Dall'altro lato c'è Colm, che vorrebbe creare qualcosa che resterà ai posteri attraverso la sua musica, e conta di trovarne ispirazione staccandosi in parte da quello che reputa noioso, ma in fondo vive solo nella sua frustrazione, senza fare davvero qualcosa che cambi il suo destino.

C'è poi una terza figura più collaterale ma nemmeno tanto, ovvero la sorella di Padraic, Siobhán, che stanca della sua condizione e sapendo di non poter trovare nulla per lei sull'isola, decide di andare via. Perché in fondo gli spiriti, i fantasmi di quest'isola che sembra non dare alcun futuro e speranza, non sono solo quelli raccontati dal folclore irlandese e che annunciano scenari sconfortanti, ma sono tutti coloro che la abitano e che con frustrazione vi restano. 
Ho letto che The Banshees of Inisherin viene definito come una tragicommedia, ed in effetti alcune caratteristiche ci sono, ma non posso dirvi che si ride o si piange in qualche modo.
È alla fine un film strano, con quei toni sopra le righe che avevo trovato anche in Tre Manifesti a Ebbing, Missouri, e che punta credo moltissimo sulle interpretazioni di Colin Farrell e Brendan Gleeson, e sui paesaggi irlandese. Potrebbe però non arrivare a tutti, e io stesso non posso dire di essere stato abbattuto da una emozione fuori dall'universo. Vincerà l'Oscar come miglior film? Non credo.



The Whale (2022)



Genere: drammatico
Durata: 117 minuti
Regia: Darren Aronofsky
Uscita in Italia: 23 Febbraio 2023 (Cinema)
Paese di produzione: Stati Uniti d'America

L'ultimo film del regista de Il Cigno Nero, Darren Aronofsky, è una pellicola drammatica che sembra seguire una struttura tradizionale, ed invece ha altre caratteristiche più particolari. Charlie è un uomo che vive in uno stato di grave obesità, e sente che il suo tempo sta per scadere: non riesce più a muoversi, vive solo sul divano di casa, anche mangiare gli riesce difficile senza affogarsi, e l'unica attività che compie nella sua giornata è quella di dare lezioni online, ma non accende mai la webcam per non mostrarsi ai suoi studenti.
Il rapporto malato di Charlie col cibo non nasce però dal puro gusto di mangiare, ma da un disagio ben più profondo, nato da una serie di traumi e di errori che ha subito e compiuto nella sua vita.
Proprio perché sente che non gli resti molto da vivere, cerca di riallacciare i rapporti con la figlia Ellie, che ha abbandonato anni prima, ma la ragazza sembra ben poco propensa a perdonare il padre.

Ripescando un'altra opera teatrale, The Whale non ha tantissime candidature agli Oscar, solo tre, ma è stato indubbiamente il film che ho preferito. A primo impatto riesce ad emozionare perché racconta una tragedia umana che potrebbe anche essere comune, ma ci sono dei sotto testi più profondi.
Charlie è un uomo schiacciato dal senso di colpa, come molti di coloro che hanno dei disturbi alimentari, infatti non fa altro che chiedere scusa per qualunque cosa faccia o non faccia. Lui ha sommerso sotto i chili in eccesso le sue ferite, nascondendole al mondo, e lui stesso vive in un mondo sommerso, come una balena appunto. Non è un caso che per quasi tutto il tempo, fuori da casa di Charlie, non smetta mai di piovere.
Nonostante sembri comunque un uomo buono, in realtà è anche lui colpevole di aver abbandonato la figlia, seppur con una ragione importante di fondo. È convinto che col suo amore possa aiutare e guarire gli altri, ma il suo passato ed il suo presente dimostrano altro.

Dall'altro lato la figlia Ellie espone al mondo le sue ferite, ciò che la fa stare male, al punto da pubblicarlo anche sui social senza il minimo scrupolo. Il suo odio per il padre è viscerale, ritenendolo ripugnante non per la sua condizione fisica ma proprio in quanto essere umano, e sarà brutale con lui per tutto il tempo, mossa principalmente dall'egoismo nato forse dall'abbandono, forse dalla sua natura.
L'impostazione teatrale di The Whale si nota soprattutto nella messa in scena e nella regia, visto che tutto si svolge in una stanza, ad eccezione di un'altra camera, che però non sembra quasi appartenere alla casa fisica di Charlie, ma sembra più un ricordo a cui ormai è anche difficile accedere.

È insomma un film crudo, che non si preoccupa di mettere in scena una tragedia umana che si consuma lentamente ma inesorabilmente.
C'è anche una denuncia sociale però: infatti il film ci mostra in maniera anche sottile, quanto la chiesa possa essere oppressiva ed ottusa, perdonando persino un ladro, ma non un omosessuale (so che questo riferimento può sembrare confuso, ma se vedrete il film capirete).
Oltre ad una storia semplice nella sua linea narrativa, ma intensa nei contenuti, è il cast a rendere The Whale un film da Oscar: Brendan Fraser ci dà forse il suo ruolo della vita e, nonostante la coltre di protesi che ricostruiscono bene il corpo di un uomo obeso, riesce a trasmetterci tutto il dramma del suo vissuto. Ma la sorpresa è forse Sadie Sink, che da Stranger Things sembra cresciuta bene e mi è sembrata convincente nei panni di Ellie.
Spero che The Whale faccia presto un passaggio in streaming perché merita di essere visto e mi è sembrato un film solido. 


Quali film candidati agli Oscar vi hanno davvero convinti?

4 commenti:

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  1. Non li ho visti ancora ma a naso voto Gli spiriti dell'isola, se non altro perché il terzetto mi meravigliò già nel gioiellino di In Bruges.

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    1. Io credo che qualcosa vincerà Gli spiriti dell'isola (se non fosse anche solo per la legge della statistica), ma il miglior film lo prenderà purtroppo EEATO

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  2. Sto leggendo la tua recensione de "Gli spiriti dell'isola". Arrivo alla prima foto subito dopo la locandina e mi dico "Ma questo qui seduto a destra di Farrell l'ho già visto!"... e in effetti, l'attore seduto sulla destra - Barry Keoghan - ha recitato in "Dunkirk".

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    1. Hai ragione! Non ci avevo fatto caso, anche perché sono passati anni da quando ho visto Dunkirk

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