25 novembre 2014

À Paris de Pier

Cara Parigi,
Sono tornato a casa, ma non volevo tornare a casa. 
Sono trascorsi due giorni da quando ti ho lasciata e porto ancora i segni delle tue giornate. 
Dall'aereo mi sembrava di scorgerti in quel manto di nuvole fra cui stavamo volando, ché ti stampi nelle cornee come poche cose sanno fare.
Sul polso rivedo ancora i localetti di Boulevard de Belleville, con la paglia sparsa sul pavimento o arrabattati alla meglio. 
Ricordo il calore di quei posti, in grado di farti scordare gli occhi stanchi e il mal di testa.

Parigi, sei come un libro che non smetteresti di sfogliare, dove ogni parola, spontanea o studiata, è un luogo che ti porta altrove.
Ci hai raccontato la storia di mille volti, tutti diversi - tranne i cinesi, non li distinguerò mai - che se pensi che i francesi sono un po' stronzi poi una signora ti ferma e ti aiuta con le indicazioni senza nemmeno chiederlo.
La Senna è il tuo segnalibro che divide ogni capitolo, rilegata da ponti diversi ma ugualmente belli. E sei piena di sottotesti fatti di infinite metropolitane che confondono anche chi ti abita.

Sei come una donna nuda di cui potresti vedere tutto, ma di cui non saprai mai nulla senza conoscerla davvero. 
E io, in fondo, devo fare molta strada per conoscerti.
Mi hai solo mostrato che l'autobus 72 fa un bellissimo giro lungo la Senna, e che esiste un ristorante con un solo tavolo.
Ho scoperto che puoi far festa in casa di qualcuno fino alle 3, mentre la gente ti guarda da sotto e sorride un po' invidiosa e che la fuga degli italiani all'estero è tangibile e forte. 
Ho scoperto che intorno a Quai de Valmy sembra d'essere a Milano e che i tuoi mercatini sembrano la metafora della vita: piena di tesori, tutti da scoprire, ma che la fretta può farti perdere.
Ho visto la tua torre, credevo fosse un pezzo di ferro e invece vederla esplodere di luce mi ha sopraffatto.

Ti ho annusata, Parigi, e adesso so che odori di piscio, ma anche di vaniglia, di burro, di vino caldo e di sorrisi.

E ci hai dato così tanto che provo vergogna a farlo, ma c'è ancora una cosa da chiederti a cui tengo. 
Fra le tue pagine ho conosciuto Simon, il bimbo che guarda le stelle e gliele vedi brillare negli occhi anche di giorno. 
Sta facendo dei passi nel mondo dei grandi, ma non fargli perdere, tu che puoi, la spontaneità che nasconde dietro ad un sorriso. Non farlo smettere di arrossire quando la gente aspetta in fila per parlargli, e non fargli perdere quello sguardo dolce di quando si imbarazza. 
Fa che non diventi una fattucchiera repressa, ma che resti l'osservatore del cielo attento e garbato qual è e, se possibile, resti saldo a quel filo d'aquilone in grado di non farlo perdere su nel cielo. 

Senza di lui questa magia non ci sarebbe stata.

Adesso devo augurarti buonanotte, mia cara Parigi, da qui giù così lontano. 
Sei e resterai per me una maratona, che ti spezza le gambe ma ti fa battere forte il cuore. 
E sono pronto a correrti ancora.


Con amore,
Pier.





18 novembre 2014

{Aggiornamento #28}
L(a)egnosa ma gioiosa

La mia costanza di questi giorni nello scrivere è pari al numero di volte in cui il sole ha fatto capolino in queste piovose giornate, e questa metafora non ha bisogno di spiegazioni.
Vedo certe immagini in tv e sui giornali e mi sento in colpa e provo vergogna e lo trovo frustrante. Suona tremendamente banale, ma non so come farei se fossi un abitante della Liguria o della Lombardia, e parlo da siciliano che mica siamo stati molto meglio.

Sfoglio un'altra pagina e vedo un 14 enne, che pare sia stato picchiato dal professore, oltre ad aver, in modo non molto sottile, sottolineato l'omosessualità del ragazzino. Che sia vero è ancora da accertare, ma se vanno così le cose non voglio più sfogliare nemmeno il volantino dell'Ipercoop.
La notizia più tranquilla pare essere diventata la doppia spunta blu su WhatsApp, che, diciamolo non ci voleva molto a capire quando una persona ha letto il messaggio ma vuole ignorarti e/o ha qualcosa da fare.
Mi fan sorridere quelli che parlano di violazione della privacy, come se la spunta blu possa significare, che so, che stai placando fastidiosi pruriti intimi e non puoi rispondere.
Perché non può, vero?

Per quanto mi riguarda ho cercato di, come sempre, starmene in disparte quando le cose non vanno o quando sto cercando di farle funzionare ché riempire un blog di lamentele e piagnistei mi avrebbe dato l'orticaria, e in caso contrario mi sarei scudisciato da solo.
Sì, vi ho raccontato che ho rosicato a sentirmi dire che "dovevo fare di più"quando, non solo ho fatto il possibile, ma mi sono ritrovato con una porta sbattuta in faccia e nemmeno un grazie di consolazione, non tanto per lamentarmi dell'accaduto, quanto perché pur cadendo, mi son sentito cadere in piedi.
Tra l'altro sto cercando di mettere da parte il rosicamento, considerato anche il fatto che ultimamente il piagnisteo mi fa scattare quella molla in testa che credo abbia sentito anche Anna Maria Franzoni.

In verità avrebbe aiutato magari sfuggire verso altri lidi per spezzare questo fatras des sentiments ma non c'è stato modo, quindi posso attaccarmi ad uno dei mezzi pubblici che passerà certamente in ritardo.

Insomma, piuttosto che mandare in corto la tastiera scaraventandoci sopra lacrime e sangue, preferisco essere legnosa ma gioiosa come Leona Lewis che canta I Wish It Could Be Christmas Everyday.


A proposito, voi ci state pensando al Natale? 
Io sempre in preda alla bipolarità sto da un lato a pensare di che colori addobbare l'albero ( oro e bianco?), ma dall'altro lato non ho alcuna voglia di festeggiare.
Quanto al blog sono stato assente, ma scrivere mi fa riflettere, e io non voglio riflettere, voglio essere frivolo. Essere frivoli dovrebbe essere un diritto inalienabile dell'uomo. 
Mi perdonerete, ma è ciò di cui ho bisogno per adesso. 

Anticipo che non credo ci saranno in futuro altri post riguardo le Yankee Candle, non perché abbia smesso di usarle, ma perché mi sembra troppo ripetitivo continuare a parlarne anche se cambiano le fragranze. Dovessi trovare qualche altro marchio interessante, ve ne parlerò!
Invece ci saranno tanti post sul beauty, con qualche approfondimento e credo farò, seppur non era nei piani iniziali, qualche recensione singola. 
Tra l'altro per adesso mi sto dando agli acquisti.
Intanto avrete visto su Instagram, un paio di scarpe nuove, fuggendo da quelle marroni-tortora di Benetton che vi avevo mostrato qualche tempo fa - mentre vi sto scrivendo mi sono reso conto che mi si è rotta la cuffietta destra - perché una volta indossate convincevano poco e la fattura era scarsa per il prezzo.

Mi sono aggiudicato invece un bel (per me, magari a voi faranno piangere sangue) paio di scarpe blu scamosciate, alla modica cifra poraccia di 10 euro marchiate Piazza Italia.

Una foto pubblicata da Pier (@pier_ef_fect) in data:
Forse vi avrò già detto che dalle mie parti non ci sono moltissime della catene d'abbigliamento più note, se non spostandomi di diversi chilometri, per cui tocca accontentarsi, ma in questo caso non mi spiace affatto, sono anche comode.
Esempio di acquisti compulsivi e non necessari.

Per il reparto cosmetica&co. invece ho acquistato qualche rifornimento per i prossimi mesi. Ma da voi accade che una marca o un prodotto venga esposto per una settimana circa e poi svanisce?
Questo è uno dei motivi per cui acquisto roba pur non avendo urgenza, perché se ho una curiosità o mi accaparro la roba subito, oppure posso tenermi i miei dubbi.

In verità credo che questa giostra emotiva sia dovuta al fatto che fra pochissimo compirò un quarto di secolo!
Sto invecchiando signore e signori, mi tocca ammetterlo pubblicamente.
Quando sei bambino ti fai sempre grandi aspettative - leggasi aspetti festeggiamenti per giorni e giorni nemmeno fosse un matrimonio indiano - ma poi crescendo ti pare un giorno come un altro.
Non so bene ancora come trascorrerò quel giorno, ma mi basta poter non uscire da sotto le coperte.
E avere una torta uber calorica.

E nulla miei cari, spero di avervi tenuto un po' compagnia, di non avervi ammosciato troppo e ora aspetto tutto il vostro amore.

Ok, come non detto.





14 novembre 2014

The Normal Heart (2014)



Titolo originale: The Normal Heart
Paese: Stati Uniti d'America
Genere: drammatico
Durata: 133 min
Regia: Ryan Murphy

Al contrario dei soliti film, quello di cui vorrei scrivere questa volta, è un film per la tv, e non trasmesso nelle sale cinematografiche. Ammetto che ho tergiversato un po' per parlarne, ed ammetto che è in questi momenti che la scansione a rubriche che ho dato al blog mi sta un po' stretta.

Il fatto è che The Normal Heart è difficile da inquadrare, o per lo meno così è stato per me.
Ci prende e ci trasporta negli anni '80, periodo in cui la comunità gay, almeno negli Stati Uniti, sta attraversando un periodo di maggiore libertà sessuale. Ma ogni battaglia, seppur vinta, lascia dietro di sé dei morti e dei feriti.
Ned lo sa, soprattutto quando vede morirsi davanti il suo amico Craig, e cerca di avvertire tutti gli altri, appena viene a sapere che c'è questo strana malattia che si diffonde per via sessuale fra gli omosessuali, e sta mietendo vittime. Ma molti di loro non ci credono, temono sia una scusa per farli recedere dalle posizioni acquisite con tanta fatica. Non basteranno né la dottoressa Brookner, che si è occupata della maggior parte dei pazienti deceduti per questo cancro, né il giornalista del New York Times Felix Turner, né l'organizzazione di Ned, la Gay Men's Health Crisis, a far da cassa di risonanza.


Siamo tutti impotenti, brancolando nel buoio che solo l'ignoranza può dare, e nessuno intende farsi carico di quella che sembrava essere una malattia "dei gay". 
Ci vorranno anni prima che il governo prenda atto della gravità della situazione e si decida a stanziare dei fondi per iniziare una ricerca scientifica. Passeranno 4 anni dall'esplosione della malattia prima che il presidente degli Stati Uniti, allora Ronald Reagan, dichiari l'AIDS essere una priorità del governo.
Un film inteso, vero e sincero. A me ha lasciato un senso di incompiuto, come una strada ancora tutta da percorrere, o meglio come l'inizio di un cammino ancora lungo prima di trovare la sua meta.



Voto 9




Ps: no, Ruffalo non mi è piaciuto lo stesso. In alcuni momenti è abbastanza convincente, in altri sembrava un bambino capriccioso con manie di divismo e, visti i suoi precedenti ruoli, anche questa volta non si capiva se l'esagerazione fosse un carattere del personaggio o del suo modo di recitare. Propendo per quest'ultima. Ciao Mark.



06 novembre 2014

Di ciò che è stato dimenticato

Le scelte sono fatte di ingranaggi, che per metterli in modo servono una chiave e un motore.
Ci vuole coraggio, convinzione, anche un po' di cecità.
Tipo quando l'oculista ti mette le gocce midriatiche per far dilatare l'iride, che ti lasciano la vista offuscata per mezza giornata.
E tu sei lì che pensi
Cazzo, non vedrò mai più!
Ma quando si tratta di scelte non ci pensi che resterai cieco, a costo di sbattere ovunque, perché quando hai un sogno, un'idea, un amore, che sta prendendo corpo, il cervello ti va in pappa.
La tua mente non macina altro che quel singolo pensiero, che va via e ritorna, e va via per poi restare come una macchia sulla tovaglia buona.
Ti vengono gli occhioni a cuore, sempre lucidini, un misto fra allergia di primavera e il matrimonio della tua migliore amica.

Serve energia, che pare ti stia bruciando l'anima, tanto è forte e strana la sua origine. Ti sembra che con un soffio puoi buttare giù qualsiasi montagna.
Come un lampo che si sente sole quando illumina a giorno il cielo scuro.


Nella tua mente, quella prima idea, quel primo mattone diventa un castello. Riesci a costruirci le tue mura di cinta che inizi a chiamare speranza. Che inizi a vedere come futuro.

Anche nelle scelte degli altri, ci vogliono una chiave e un motore. Anche quando fai parte delle scelte degli altri. Anche quando scegli di aiutare gli altri, perché te lo chiedono o perché hanno bisogno, o perché gli altri, in qualche modo, fanno parte di te.
La cecità arriva quando pensi che quel che stai aiutando a mettere insieme, sarà anche parte del futuro, e completa la sua evoluzione quando pensi di avere un valore in più.
Il fatto è che non lo sai, e non lo vedi nemmeno.
Brancoli in un buio fatto di "tu". E se ti chiederanno altro, tu darai molto di più.

Ma i fulmini durano istanti e se li porta via la pioggia.
La luce si spegne nei "grazie" mai ricevuti e arriva il buio di ciò che è stato dimenticato.
Quel poco, una nota rispetto ad un intero spartito, ma che credevi aiutasse la melodia. Credevi fosse bene.
Quando di tutto non resta altro che la cenere di un anima bruciata, pensa a quanta energia è in grado di darci il  nostro cuore, e che "il nostro cuore è lì dove riponiamo le nostre energie".
Pensa che quando tutto finisce, niente è ancora finito.





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