30 settembre 2013

When Stupidity can't strike

Ho sempre pensato che un buon motto per la vita sia " se dovessi curarti di ciò che dicono gli altri non dovresti metter naso fuori di casa" con tutte le dovute conseguenze.
Il che è effettivamente utopico, perchè, volente o nolente, ciò che sentiamo sui nostri riguardi, seppur non ci stravolga in alcun modo, seppur abbiamo sviluppato un carattere tale da proteggerci, ci spinge quantomeno a riflettere.
Avrei voluto parlarne diversamente, ma fatti attuali mi hanno fatto pensare sia meglio parlarne ora.
Succede che qualche sera fa, uscendo in totale tranquillità da casa, ho son sentito una voce sconosciuta urlarmi da una macchina in velocità


"RICCHIONE!"

Fermi tutti, un attimo,
No, non si tratta di un attacco omofobo.
Mi spiego meglio.
Non che avvalli la cosa, anzi, ma oltre a non avere io aspetti che possano far trapelare a primo impatto la mia omosessualità, la macchina andava davvero a velocità e la strada in cui vivo non è certamente illuminata a giorno per vedere chi o come fossi.
Credo ci fosse stata una partita  di calcio o whatever e il tipo voleva fare il simpaticone, come i ragazzini che uscendo da scuola suonano i campanelli e scappano.
Ho pensato alla questione che accadde a Cassano, e a come certe persone vengano mossi più da ignoranza che da odio verso la sessualità altrui.
Lì per lì son rimasto un po' turbato, non tanto per il gesto in sè, quanto perchè era la prima volta che mi sentissi dire una cosa simile e mai avrei pensato che potesse accadere nel mio paesino, di cui conosco ogni singolo angolo e in cui ho visto letteralmente generazioni susseguirsi.
Il turbamento tuttavia è passato subito perchè francamente poco mi frega di essere o sembrare ricchione.
Ho avuto la fortuna di non dover superare alcuna difficoltà interiore nell'accettarmi.
Anni fa quando ho capito che per le ragazze non provavo altro che un senso di affetto, stima e ammirazione, mentre preferivo avere al mio fianco un uomo, tutto è successo in maniera naturale e spontanea come decidere di cambiare una maglia per un'altra che mi stesse meglio.
E adesso, molto più che allora, sono sicuro di me, di ciò che voglio e ho preso coscienza di essere.
Sono felice di avere il mio uomo accanto, di amarlo. 
Sono contento di come mi faccia sentire poterlo abbracciare e vederlo sorridere.
Adesso sono sereno di vivere ciò che mi piace. 
Mi diverte avere un blog rosa, anche se Pier così rosa non è, mostrando e giocando con clichè che in fondo non mi rappresentano.
Mi piace prendermi cura di me tanto da poterlo insegnare.
Questo fa di me un ricchione? 
Who cares!?
Tuttavia, se io non son rimasto troppo a rimuginare su quanto mi son sentito urlare per strada, ho pensato a chi quelle parole se le sente dire ogni giorno, di continuo, e ne resta ferito. 
Ho pensato a chi magari ancora non è in pace con se stesso e non sa bene come affrontare la difficoltà più grande: accettarsi.
Ho pensato a coloro a cui è stato insegnato che "frocio", "ricchione", ma anche "gay", "omosessuale" è male, è da reprimere.
Quella ripetitività e violenza che trasformano l'ignoranza in odio, le cui conseguenze sono varie e non del tutto controllabili.
Poi, un paio di giorni fa poi il " caso Barilla", ed è stato spontaneo mettere sui piatti di una bilancia le due situazioni e metterle a confronto.
Il risultato è stato un'idea che ho da sempre: prima di puntare il dito, accusare di omofobia qualcuno, bisogna ascoltare e capire; e a quel punto sarà chiaro che la libertà di scelta, educata e sincera, è diversa dall'ignoranza, e l'ignoranza è diversa dall'omofobia, pur a volte intrecciandosi con essa.
E se alla base della scelta del signor Barilla si nascondono ragioni di marketing che lo fanno optare per quella fittizia e fiabesca famigliola felice che non esiste in natura su questa terra, ben venga.
Se il signor Barilla avesse scelto i suoi impiegati in base alle loro preferenze sessuali, se si fosse schierato contro i diritti omosessuali quali almeno il matrimonio, e se il signor Barilla avesse imposto di non acquistare i suoi prodotti, ci sarebbero state diverse cose da rivedere. 
Tuttavia così non è stato.
Il nostro sguardo dovrebbe rivolgersi verso coloro che ignorano le basi della convivenza civile e del rispetto altrui e che tentano di invadere in vario modo la sfera umana che non gli appartiene.
Saranno ovvietà, ma quello che a mio avviso deve essere sdoganato non è tanto il concetto di omosessualità, quanto l'idea ben più profonda di diversità, che in quanto tale merita rispetto, perchè siamo tutti ugualmente diversi.
E purtroppo non sarà uno spot a poter seminare quest' apertura mentale, a far capire quante sfumature abbia l'esistenza, le relazioni e gli affetti.
Se volessimo affidare ai media il compito di "istruire", allora questo deve essere totale, e forse dovremmo andare a cambiare proprio coloro che si reputano paladini delle diversità e delle minoranze, ma che poi non fanno altro che spacciare per reali e per presentare stereotipi più vecchi, stantii e, se è possibile, meno rappresentativi della famigliola felice che ogni mattina si sveglia sorridente, già truccata e pettinata, e va a far colazione in un mulino.

19 settembre 2013

La Poraccitudine #14

Quell'eleganza tipicamente anni '60.
Quell'accento inglese che manco Gerry Scotti quando ha ospiti a "Io Canto".
Quella leggiadria che solo una Maria de Filippi in reparto rianimazione avrebbe.
Un testo profondo, chiaramente ispirato ai poemi di Paola e Chiara, accompagnato da mossette a profusione e un'espressività che manco Miley Cyrus.
Di chi parlo?
Ma di Carla Gozzi e la sua hit "You can leave your hat on" ovviamente.


Perchè non bastava averla in 45 programmi su RealTime.
Non bastava ritrovarcela in pubblicità a dirci che crema spalmarci e che cosa mangiare per avere un sano aspetto cianotico.
No, lei deve anche cantare.
Carla, un appello dal cuore: lascia stare il canto e torna a rovinare vestiti e autostima a povere ragazze che non possono mandarti a fanculo stendere davanti una telecamera.
Grazie.





18 settembre 2013

#backtoseries #1 Mega Recap!

E torno a parlare di serie tv, e poi giuro la smetto.
Qui stiamo tutti frementi, in attesa che ritornino le nuove stagioni o inedite puntate delle serie preferite, e pure io, che di tempo ne ho poco e lo gestisco peggio, sono qui che ad aspettare sotto questo cielo trapunto di spoiler.
Ho pensato bene di copiare l'idea vista a destra e a manca, e stilare le mie attese telefilmiche.
Premetto che non guardo troppe serie, non amo quelle che in teoria dovrebbero far ridere perché non mi fanno ridere (sì, mi riferisco a Big Bang Theory, e no, non lo guarderò in inglese). Per me è intrattenimento e un momento per rilassarmi, indi per cui sono quasi tutti telefilm cheap.
In ordine sparso come branchi di pecore pascenti.


Revenge



Emily Thorne è sicuramente la più attesa per quanto mi riguarda. Non tanto perché io abbia cambiato sponda, quanto invece perché Revenge è proprio il tipo di serie che amo: suspense, azione, doppiogioco e tanta gnocchezza a profusione.
La seconda stagione è iniziata lenta, si è persa in un mare di intrecci più o meno interessanti ma si è ripresa con una season finale, per me, ben fatto.
Torna il 29 settembre con la terza stagione.


The Vampire Diaries

Diiiiimon, Helena e Daffy Duck, quanto mi piacciono. 'Sta storia del triangolo ha un po' scocciato ma ormai vogliamo vedere se Stefan se la cava dai fondali fluviali in cui è finito e se Silas muore e si toglie dalle balle in qualche maniera, una volta per tutte. E poi mi pare che Kathrine si debba risvegliare umana. Insomma ce ne sono delle belle.
The Vampire Diaries ritorna il 3 Ottobre con la quinta stagione.


The Originals


Lo metto subito dopo TVD solo perché è la stessa roba in flashback o giù di lì. Lo attendo, ma non so se mi conquisterà. Non sono un fan di queste robe con vampiri, ma c'è Joseph Morgan e credo che basti e avanzi per farmi stare davanti allo schermo.
Inizia il 3 ottobre, e vi farò sapere.

Pretty Little Liars

Sì, ormai ne abbiamo parlato tutti e non fa più ridere. Specie adesso che la storia ha assunto una sembianza più accattivante e qualcosa si sta muovendo. Mi incuriosisce soprattutto vedere Aria restarci ddimmerda e vedere se riescono a prendere Cece per le extension e darle tutti gli schiaffoni che si merita.
Io tifo #teamSpencer.
Torna il 22 Ottobre con lo speciale Halloween.

Ravenswood

Un altro prologo, ma di Pretty Little Liars. Sento meno l'attesa di Ravenswood rispetto al vampiresco qui su, più che altro perché temo una roba troppo adolescenziale, ma mai dire mai. I trailer sono accattivanti e fatti abbastanza bene, aspettiamo il 22 del mese prossimo e vediamo se cestinarla o meno.

New girl

Questa è forse l'unica serie che ha un intento umoristico, fra ciò che seguo. In realtà è una serie cuscinetto, ovvero che guardo ogni qual volta non c'è nulla di carino da vedere, infatti la guardo in italiano. Col tempo è diventata più sensata con più intrecci amorosi, più narrazione. La terza stagione è iniziata ieri, mentre in Italia credo arrivi il prossimo anno verso Febbraio.


Supernatural

Supernatural è un'altra serie cuscinetto/forza di inerzia. Ho scordato il motivo per cui la seguo visto che son passate 9 stagioni, e loro ormai la mandano avanti a prescindere. Evidentemente la gnocchezza dei protagonisti #teamDean tira più di un carro di buoi. Anche questa in italiano che poco me frega. L'8 ottobre trasmetteranno la nona stagione inedita, mentre in Italia manca ancora l'ottava, perchè la Rai deve prendere i diritti, doppiare e così via.

American Horror Story: Coven



Dottori folli, esoterismi, Alien vs Predator, sangue a spruzzo, gechi e vampiri hanno abitato la seconda stagione manco fosse una canzone di Gerardina Trovato. Un po' mi ha deluso, ormai lo sanno anche le tombe, ma comunque ho apprezzato. Nella terza stagione di AHS si parlerà di streghe e questo è forse uno dei temi più apprezzati dal pubblico, questa però è un'arma a doppio taglio. Comunque spero in primis che non diventi American Jessica Lange Story, perché per quanto apprezzi questa attrice, non avrebbe senso, anzi credo si snaturerebbe la coralità che un po' accompagna tutta la serie.
Il 9 ottobre la terza stagione.

Game of Thrones

Che tornerà l'anno prossimo.
Piccola delusione la nona puntata, non tanto per la storia in sé, che mi ha rincoglionito più del solito, ma per come è stata girata la sequenza più importante, un po' scattosa e poco fluida. Comunque resta un buon prodotto, accattivante, fatto bene. Continuerà Daenerys Targaryen ad avanzare?
Riuscirà Jon Snow a ritrovare i pezzi della sua famiglia, sparsi per tutte le lande?
E riuscirà Pier a non vomitare alla prossima gola trinciata? Ve lo dico la prossima primavera.


E basta miei cari.

Questo è tutto. Ma voi che serie attendete? E soprattutto quali mi consigliereste che vale la pena di vedere?
Ho sentito parlare bene di Smash ma non so.
Ho già abbandonato The Carrie Diaries e Once Upon a Time, troppo gne gne per i miei gusti.
Vi bacio, mi scuso per l'assenza, ma casa mia è un porto di mare il giorno del mercato del pesce: gente che va, gente che viene e tutti urlano.
Mi preparo per un esame e quindi cerco di stare focused su quello.


A presto!

07 settembre 2013

American Horror Story: Delusyum

Era l'anno scorso quando, sfidando me stesso, decisi di guardare la prima stagione di American Horror Story.

Io, che avevo considerato per lungo tempo E.R. troppo sanguinolento, X- Files troppo terrorizzante, Prison Break troppo angustiante, avevo deciso di mettere la mia impressionabilità e seguire chi osannava questo capolavoro.
E c'avevano pure ragione.

La stagione era ben fatta, ben recitata. 
Angosciante dall'inizio, sigla compresa che io skippo, alla fine. 
Peccato per l'ultima puntata un po' pizza e fichi.
Tuttavia arrivata la seconda stagione, American Horror Story: Asylum, un blocco mi

portò a rimandarne la visione. 
All'inizio pensavo fosse solo la mia rinnovata reticenza verso il genere horror, ma questo non aveva senso. 
Mi sono allora imposto di vederla, soprattutto perchè la terza stagione sta per essere sfornata, e avevo inteso bene: il mio sesto senso aveva sentito puzza de sola.
Premetto che guardare American Horror Story non è esattamente come guardare Anna dai capelli rossi, ci vuole un minimo di stomaco, coronarie salde, psicosi e disturbi della personalità non latenti, ma avevo alte aspettative riguardo al fatto che, per dirla elegantemente, la serie avrebbe smosso le mie funzioni intestinali.
Ma l'unica è stata una colite nell'attesa che qualcosa accadesse, e invece.

Andiamo per gradi, ma ve lo dico che mi scappa lo SPOILER.

Storia

La serie di AHS non ha un filone narrativo continuo. Ogni stagione cambia tema, ambientazione e vicende.
Questa volta ci troviamo a Briarcliff, un ospizio per malati di mente e criminali, nel 1964. 
La giornalista Lana Winters vuole indagare su "Bloody Face" un assassino seriale che uccide e scuoia giovani donne, che sta per essere trasferito proprio nel manicomio. Sembra che sotto la maschera del killer si nasconda il volto di Kit Walker, giovane meccanico sposato con una donna di colore, anch'essa scomparsa.
Tuttavia la situazione si ribalterà quando Suor Jude, direttrice dell'ospizio, temendo che la testarda Lana possa metterle i bastoni fra le ruote nella sua ascesa al potere del soglio pontificio, la farà internare in quanto lesbica.
Gli ospiti del manicomio, i quali vivono in condizioni disumane, hanno tutti una storia particolare alle spalle; e fino a qui sarebbe tutto normale visto il luogo in cui si trovano, se non fosse che Kit si scoprirà un prescelto dagli alieni, Suor Jude dovrà fronteggiare una sua consorella Mary Eunice, posseduta da Satana e il medico dell'ospizio, il dottor Arden, altro non è che un ex criminale nazista con manie di grandezza.
Dico, sul serio?!
Questa roba te la risolve una puntata di Mistero ben assestata. 
Non è ciò che mi aspetto, è poco originale ed è trattato in maniera già vista in svariati film e telefilm. Un mare di prevedibilità solcato da onde di banalità, e qualche errore ( vedi l'uccisione della suora per liberarla da Satana).
Non che io sia una mente brillante ma seguendo un racconto, nel punto di suspense, tendo a farmi in testa due o tre possibilità di sviluppo, e se queste coincidono con ciò che accade sullo schermo allora qualcosa non quadra.
Il tutto risulta non troppo, ma troppo ridicolo.

Personaggi
Uno a caso.
C'è una cosa che detesto che accada nelle serie tv: il riciclo di un attore per più personaggi in stagioni diverse. Il problema è che, se alcuni attori sono bravi a riadattarsi, altri portano ancora le tracce del precedente personaggio diventando così un fardello.
Questo magari è un aspetto legato al gusto personale, ma ci sono anche aspetti oggettivi.
Intanto il nome: tutti hanno un nome. TUTTI.
Questo fa sì che la spersonalizzazione, tipica di posti in cui le anime venivano ammassate, se ne va dritta dritta nella mondezza.
Secondariamente i protagonisti sono scollegati da ogni questione passata. Solo Suor Jude sembra avere avuto una vita a 360°. Gli altri rischiano di risultare piatti, poco tridimensionali se non per la loro condizione attuale. Ma anche il loro presente non è dei migliori: i caratteri perdono di tridimensionalità perchè l'aspetto che spicca di più è solo uno, e quasi sempre portato all'estremo. Così Suor Mary Eunice diventa la suorina smielata e squittente tutta chiesa e chiesa, Lana Banana la giornalista che vuole svoltare con lo scoop del secolo, lo psichiatra Oliver Thredson basta guardarlo per capire che non ha questo animo caritatevole, Kit invece è pressapoco inutile, ma un buon padre di famiglia.

Ambientazione

L'intera serie si svolge praticamente all'interno delle mura dell'istituto. Che siano le stanze dei pazienti, o i sotterranei, i luoghi sono sempre angusti, scarsamente illuminati e sporchi. Colpisce in particolare la scalinata che porta ai piani superiori, che gira intorno come fosse un vortice, a rappresentare probabilmente il turbinio di sofferenze in cui si trovano i residenti di Briarcliff. Il problema è che io, pur soffrendo di claustrofobia, non ho avvertito questo senso di oppressione, soprattutto perchè all'interno c'è spazio per tutti. Le stanze sono spoglie, asettiche, esattamente come ti aspetti che siano.
E Dominique non riecheggia abbastanza a lungo per diventare fastidiosa, anzi, quasi quasi ti viene voglia di canticchiarla.
Regia

La regia di AHS è particolare. Le inquadrature non sono convenzionali. A volte seguono lo sguardo di chi parla, altre del pubblico, altre ancora non seguono nulla, ma creano un angolatura straniante, a rincarare la scena che sta avvenendo.
Ecco, Ryan, mi riferisco propria a te. Per carità, alcune sono belle, fanno sentire lo spettatore parte della scena. Ma se devo guardare una lobotomia frontale, quella inquadratura dall'alto che struscia verso il dottor Arden, sinceramente mi fa venire il voltastomaco. E siccome la cena sulla tastiera non ce la voglio, sappiti regolare.
Splendidi ancora i primi piani, forse anche grazie alla capacità interpretativa di certi attori.

In breve, American Horror Story è comunque una delle migliori serie in circolazione per quanto mi riguarda, ma questa stagione mi ha deluso non poco. Un pesante tentativo di calcare la mano, che alla fine della fiera è risultato ridondante e già visto nelle tematiche.
Ah, comunque io partecipo alla petizione per dare un Oscar a questa donna e a questa scena


02 settembre 2013

Misadventures of an Imperfect Pier(ef)fect #3

Io adoro i pacchi.
E che non si facciano illazioni di bassa lega. 
Parlo dei pacchi di cartone contenenti qualcosa, quelli che arrivano per posta, in genere con un corriere.
Adoro ricevere anche pacchi non a me destinati.
Secondo me ha qualcosa di magico. 
Il corriere che suona alla porta, la firma sulla ricevuta, e poi dilani l'involucro come Tyson fa con le orecchie scarti con dovizia, grazia e eleganza il desiderato oggetto.
La gioia.
Se potessi farei ordini online ogni giorno, pure per un gelato.
Ma non posso.
Comunque succede che io, che ho la sfiga attaccata come le etichette dei barattoli della Nutella, ho sfortuna anche con i pacchi.
E chi non ne ha, direte voi.
Ciò che sto per narrare è avvenuto qualche mese fa, ma mica sto qui a pettinare le scimmie per essere puntuale. E poi dovevo riprendermi dal duro colpo.
Succede che un mio amico, una volta tornato in Italia dopo un viaggio a New York, decide di spedirmi qualche pensiero.
Nessun diamante per carità, che poi un diamante è per sempre e mi viene l'ansia.
Era passato da poco il mio compleanno e, conoscendomi, ha pensato di acquistare Lotus di Christina Aguilera e delle cremine della Burt's Bees. 
No, non mi ha spedito l'intero stand.




















Io sono abbastanza semplice: mi regali un burrocacao e ti faccio un carpiato dove sono sono.
Comunque decidiamo di comune accordo che per la spedizione va benissimo SDA, considerando che, benchè fossi reticente, il valore della merce non era poi così elevato.
Per chi non lo sapesse, SDA, un tempo compagnia autonoma, è stata acquisita da Poste Italiane per occuparsi del servizio spedizioni pacchi.  Offre diverse soluzioni per spedire merce ed effettivamente è una delle compagnie più economiche in circolazione in Italia.
E te credo visto che il servizio fa piangere le montagne e i fattorini girano con furgoni su cui non farei salire nemmeno il mio peggior nemico.
Ma andiamo ai fatti.
Il mio pacco partì da Jesolo il 30 Novembre 2012, diretto per la Sicilia con la soluzione Pacco Celere 3.
Qualche giorno dopo, il sito, da cui si può essere monitorata la spedizione, indicò che il pacco era arrivato all' Hub Pacchi Bologna.
Da quel momento il nulla.
Il baratro. Il vuoto. L'abisso.
Dando la colpa alle feste, mantenni l'aplomb che mi appartiene.
Tuttavia, una volta che passò il Natale, l'Epifania portò via anche la mia pazienza. 
Così decisi di attaccarmi al telefono, chiamando il numero verde 803 160 e vedere chi avesse informazioni a riguardo.
Non è che volessi fare lo spilorcio, ma il numero sopracitato era l'unico disponibile, anche perchè pare che l'Hub Pacchi in questione si trovi al centro del triangolo delle Bermuda, piuttosto che nel capoluogo emiliano. 
Non un numero, né un indirizzo. 
A volte ho il sentore che questo calendario Gregoriano sia un fake e in realtà siamo ancora nel 1013.
Comunque, intestardito e speranzoso, attesi che un bel giorno il corriere suonasse alla porta, e, scusandosi dell'incredibile ritardo, mi consegnasse il mio mischino pacchetto.
Ma nulla. E intanto due mesi erano volati.
L'unico suggerimento giuntomi dal servizio clienti di Poste Italiane era stato quello di fare un reclamo, perchè loro non hanno alcun modo di contattare il luogo da cui parte la spedizione (???) e una volta che il pacco esce dall'ufficio postale non è più di loro competenza.
Così il mittente si recò alla posta, compilò un bel modulo e attese invano il rimborso.
Vista la situazione, e avendo capito con chi avevamo a che fare, non ci credevamo più molto. 
Dice Febbraio, ma per posta è giunto solo ad Aprile.
In ritardo.
E invece a distanza di soli sei mesi, ad Aprile del 2013, è giunto il rimborso di ben 50 sacchi, ovvero il costo del servizio, più i mesi di ritardo. 
In questa maniera il mittente coprì le spese anche dei regali.
Tuttavia il vostro scrittore, me medesimo, rimase sconsolato senza il suo pacco.
Ora, superato il trauma, io vorrei fare una domanda a Poste Italiane: ma come minchia gestite le spedizioni e i partners a cui vi affiliate?
E' come se io chiamassi una donna delle pulizie e le dicessi di rubarmi l'argenteria, pagandola pure.
E vorrei appellarmi a te che hai intenzione di spedire un pacco: piuttosto che darlo in mano a Poste Italiane, buttalo in mare. Stai certo che un bambino sulle coste della Florida lo troverà e lo spedirà e allora arriverà a destinazione.
E vorrei mandare un messaggio a te a te sfranta, perchè tale devi essere per esserti ciulato un cd dell'Aguilera e 4 creme ecobio, che lavori per SDA e che so mi stai leggendo. Sappi che io magari non avrò avuto il mio pacco, ma tu sarai destinato a dover rubare i pacchi altrui per poterne toccare uno, e che sarà sempre e solo di cartone, e io sarò lì a pregare che piova.



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